I diritti dei fedeli nel Codice di diritto canonico
di Maria Giovanna Titone
In occasione di questo anniversario della rivista, possiamo celebrare insieme la vitalità del diritto all’interno della Chiesa Cattolica.
In effetti, il diritto canonico viene guardato ancora oggi con un certo sospetto, considerato come elemento oscuro nella vita di una chiesa che ha una missione carismatica da portare avanti nel secolo. Anche negli stessi ambienti giuridici si sollevano dei dubbi sulla opportunità di un codice di diritto canonico, ritenendo più adeguato al cammino della cattolicità una regolamentazione che parta dalle periferie.
Non spetta certamente a noi dare una risposta definitiva ad una riflessione, aperta da duemila anni all’interno della chiesa, su come coniugare aspetti carismatici e istituzionali. Ciò che possiamo fare è compiere qualche passo nella direzione della divulgazione dei contenuti del codice di diritto canonico, come strumento vivo e vitale per la missione della Chiesa.
L’anniversario della rivista è l’occasione propizia per celebrare i diritti che il codice riconosce ai fedeli e che, anche negli stessi ambienti ecclesiali, risultano poco conosciuti.
Ci muoviamo all’interno del Libro II del Codice del 1983 dedicato al Popolo di Dio. La Parte I, I Fedeli Cristiani, consacra il Titolo I agli obblighi e diritti di tutti i fedeli e il Titolo II agli obblighi e diritti dei fedeli laici. Parliamo di 33 canoni che inquadrano lo statuto giuridico di tutti i fedeli con uno zoom di 7 canoni sulla condizione dei laici.
Pochi, troppo pochi?
Ciò a cui possiamo con certezza rispondere è che questi canoni definiscono la condizione giuridica dei fedeli, individuando in questi coloro che in virtù del battesimo sono incorporati a Cristo e sono resi partecipi della sua funzione sacerdotale, profetica e regale (can 204).
Tra di essi è riconosciuta una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire secondo la condizione e i compiti di ciascuno (can. 208), con il diritto, e in egual modo dovere, di conservare la comunione con la Chiesa (can. 209), promuovere la crescita e la santificazione della stessa (can. 210), impegnarsi perché l’annuncio del Vangelo si diffonda in ogni tempo ed in ogni luogo (can. 211). Consapevoli della propria responsabilità – e qui è d’uopo domandarsi a quanta consapevolezza sia formati i fedeli oggi, e ogni tempo all’interno, della Chiesa – sono tenuti ad osservare con cristiana obbedienza ciò che i Pastori dichiarano come maestri della fede e capi della Chiesa (can. 212). Su questo canone ritengo sia necessario soffermarsi per chiarire la necessità di una adeguata formazione all’obbedienza cristiana. La chiesa oggi più che mai ha bisogno di adulti nella fede che assumano l’impegno di una testimonianza credibile ed equilibrata al contesto storico e sociale che abitano. È per tale ragione che devono essere resi consapevoli della libertà loro riconosciuta di manifestare ai Pastori le proprie necessità e i propri desideri (can. 212 § 2) e, in modo proporzionato alla competenza e ai ruoli sociali che rivestono, di manifestare il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della comunità (can 212 § 3), coinvolgendo quest’ultima nella condivisione di quelle informazioni necessarie per perseguire insieme la missione della chiesa.
Vengono poi consacrati una serie di diritti e libertà che definiremmo universali, come il diritto a ricevere i beni spirituali (can. 213) secondo il rito proprio e seguendo la propria dimensione di vita spirituale (can. 214); la libertà di associazione e di riunione (can. 215); il diritto di partecipare alla missione della Chiesa e la libertà di promuovere e sostenere l’attività apostolica anche con proprie iniziative (can. 216); e il diritto a ricevere una educazione cristiana con cui possano debitamente essere formati per conseguire la maturità umana e spirituale (can. 217). Viene, altresì, riconosciuta la libertà intellettuale per coloro che si dedicano agli studi sacri (can. 218) e la libertà nella scelta dello stato di vita, priva pertanto di qualsiasi forma di costrizione fisica o psicologica (can. 219). Vengono inoltre riconosciuti a tutti i fedeli il diritto alla buona fama e alla privacy (can. 220) e la legittimazione ad agire in difesa dei propri diritti e delle proprie libertà, come il diritto di difesa e ad un legittimo processo nel caso in cui fossero chiamati in giudizio (can. 221 §§ 1 e 2).
A sostegno di uno status giuridico riconosciuto per sostenere la vita e la missione della chiesa, il can 223 § 1 invita tutti i fedeli a considerare i diritti e le libertà loro riconosciuti non come un privilegio esclusivo ma come condizione di dignità che deve essere esercitata nel rispetto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri. Ecco perché (can. 223 § 2) l’autorità ecclesiastica, proprio in vista di tale bene comune, può intervenire regolando l’esercizio di tali diritti.
I fedeli laici – e qui entriamo nel merito del loro statuto giuridico proprio- oltre agli obblighi e ai diritti comuni a tutti i fedeli, hanno riconosciute delle libertà che sono proprie della loro condizione. Tra questi il diritto/dovere di impegnarsi nell’annuncio della salvezza ad ogni persona ed in ogni tempo, tanto più la dove solo per il loro tramite questo annuncio può essere portato (can. 225 § 1). Qui si fa chiaramente riferimento a tutti quei contesti nei quali i laici hanno un accesso privilegiato come l’ambito lavorativo, familiare, politico, e tutti quegli ambiti di vita che li riguardano da vicino nel secolo.
Una attenzione particolare – che ritroviamo anche in altre parti del codice – è dedicata ai coniugi cristiani e a coloro che sono genitori nel loro ruolo di edificazione della Chiesa. Essi, infatti, hanno l’obbligo gravissimo e il diritto di vivere e di educare i propri figli secondo la fede cristiana (can. 226 §§ 1- 2)
Il codice poi afferma per i laici il diritto di avere riconosciuti i diritti e le libertà di cittadinanza, vivendoli e animandoli dello spirito evangelico (can. 227); il diritto, se ne hanno le competenze, ad assumere uffici ecclesiastici (can. 228 § 1) e a svolgere il ruolo di esperti e consiglieri a fianco dei Pastori (can. 228 § 2); e altresì, il diritto ad essere ammessi allo studio delle scienze sacre e ad insegnare le stesse (can. 229 §§ 2-3).
Il nuovo can. 230, nei suoi tre paragrafi, riconosce anche il diritto all’ammissione ai ministeri laicali, anche con incarichi temporanei, per esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la comunione, secondo quanto stabilito dal diritto della chiesa. Si arriva così al riconoscimento di una onesta rimunerazione adeguata alla loro condizione, per potere provvedere decorosamente alle proprie necessità e a quelle delle loro famiglie, qualora svolgano un particolare servizio a favore della Chiesa, attribuendo così alle autorità ecclesiastiche il dovere di rispettare anche le disposizioni del diritto civile in materia di previdenza, sicurezza sociale e assistenza sanitaria.
Dopo questa veloce disamina si può provare a rispondere alla domanda con cui questo testo ha preso il via: si tratti di pochi o troppo pochi canoni dedicati allo statuto giuridico dei fedeli e, in particolare, dei laici? A ben vedere si tratta di diritti e libertà fondamentali che vengono riconosciute ai cittadini di ogni ordinamento giuridico e alla persona umana a livello universale. Non è, dunque, tanto il numero dei canoni ad essi dedicati, ma la reale coscienza che i fedeli ne abbiano a lasciare aperta la domanda. E qui la parola va proprio ai lettori, che questo anniversario della rivista vuole celebra: è necessario per voi una rinnovata coscienza dei diritti e delle libertà – oltre che dei doveri – all’interno della chiesa cattolica? I fedeli, in particolare i laici, sono consapevoli di essere titolari di una posizione giuridica all’interno della comunità ecclesiale e, soprattutto, la vedono riconosciuta e onorata dai loro pastori?