Domande e risposte a settembre - 2
di Dario Culot
Angeli, dsegno di Rodafà Sosteno
5. Perché nella numerazione dei Salmi c’è una differenza: ad esempio il 35 riporta a fianco (34), il 110 riporta a fianco, sempre fra parentesi, il numero 109, e così si può dire per tutti.
Perché nella traduzione greca i salmi 9 e 10, tenuti separati nella Bibbia ebraica, sono stati riuniti in uno solo. In effetti se guardate i salmi dall’1 al 9 non riportano vicino alcun altro numero. Conseguentemente utilizzando il numero fra parentesi si segue il testo greco che è di una cifra inferiore.
Poi, se il canone finisce col n.150, nell’antichità ne esistevano ancora altri di salmi, tanto che a Qumran è stato trovato ad esempio, il salmo 151 che non si trova nel testo masoretico (cioè nel testo canonico della Bibbia ebraica).
6. Cosa rispondo a un bambino che mi chiede perché Gesù è finito in croce?
Non mi è mai successo, ma se un bambino piccolo, vedendo il crocefisso, mi chiedesse chi è, e perché è così, non gli darei certamente la spiegazione più frequente che ho sentito io quand’ero a mia volta bambino: Gesù è morto a causa degli uomini cattivi, che sono peccatori, ed essendo anche noi peccatori anche noi abbiamo contribuito alla sua crocifissione. In parole povere, siamo tutti cattivi. No! Gli direi che Gesù è morto per mano di persone troppo religiose, troppo pie, troppo devote, che non accettavano che venisse mostrata alla gente un’immagine di Dio diversa da quella in cui loro credevano, perché con la nuova immagine veniva messa in discussione la loro autorità e il loro modo di guidare il popolo. Il problema si presenta ogni qualvolta una religione pretende di avere il monopolio di Dio, perché allora non tollera che altri possano mettere in dubbio le sue certezze. Col che, tutte le religioni che pretendono di essere le uniche vere sono per loro natura violente,[1] perché chi si sente depositario di una Verità Assoluta vuole a tutti i costi correggere il resto dell’umanità errante, ed estirpare la zizzania.
Sottolineo invece che, secondo i vangeli, Gesù non si è mai scontrato né con gli oppressori pagani romani, né con gli impuri stranieri, né con i tanti peccatori; in particolare va sottolineato che non si è mai scontrato con nessuna donna, ma solo con i pii osservanti della religione (sommi sacerdoti, scribi, farisei). Era la religione che non tollerava lo spostamento del punto d'incontro con Dio, e Gesù ha tolto la "religione" dal Tempio per metterla nella "strada" laica e profana[2]. Ma in tal modo Gesù ha tolto al magistero la sua autorità, il suo potere e perfino il grande affare che era il Tempio[3]. La pretesa dell’obbedienza del popolo-gregge, che gratifica ogni potere, si fondava sulla legge, ricevuta da Mosè direttamente dalle mani di Dio; ma Gesù non ha insegnato mai a osservare la legge; invece ha insegnato sempre e solo l’accoglienza dell’amore del Padre, e non ha esitato a trasgredire ripetutamente la legge (ad es. guarendo di sabato, mangiando e bevendo con i peccatori), ritenendo la legge la causa principale per cui gli uomini erano impossibilitati a conoscere il vero volto misericordioso del Padre.
Gesù è venuto a liberare gli uomini da quell’incessante senso di colpa collegato al peccato instillatoci dall’insegnamento religioso, che imprigionava il rapporto con Dio. Giovanni Battista definisce Gesù “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29), non che toglie i peccati, come si ripete nella nostra liturgia stravolgendone il significato. Non sono i peccati degli uomini cattivi che l’agnello deve espiare, ma l’agnello di Dio estirpa il peccato del mondo, cioè quella cappa oscura che impedisce nella comunità la comunicazione tra Dio e gli uomini.
7. Da dove ricavo l’idea che per essere cristiani non occorre avere una buona relazione con i presbiteri e con la propria Chiesa?
Rispondo come sempre non con considerazioni mie, ma con gli scritti del prof. Castillo[4]. In occasione della festa della “consacrazione del Tempio” e già vicini al grande racconto della passione, l’evangelista mette in bocca a Gesù delle parole in cui si dice che il Padre aveva “consacrato” Gesù, e – da sottolineare - utilizza la stessa parola (in greco il verbo hagiázō) (Gv 10,36) già usata dall’Antico Testamento per parlare della “consacrazione del Tempio”. Perciò il vangelo sta dicendo che “la persona di Gesù” sostituisce “l’edificio del Tempio”. Vale a dire, Gesù ha cambiato completamente la religione, perché essere una persona religiosa non consiste più nell’avere una buona relazione con il Tempio (noi cristiani diremmo oggi: con la Chiesa), con i sacerdoti e con le loro cerimonie, bensì assomigliare il più possibile a Gesù, alla sua vita, alle sue abitudini. La religione di Gesù non è più la religione dell’obbedienza ai preti e ai rituali sacri, bensì la religione della bontà che si dà da fare per alleviare la sofferenza e migliorare la vita della gente.
E se fin al concilio Vaticano II s’insegnava che il Regno di Dio si conquista con l’obbedienza ai legittimi pastori della Chiesa, mentre si perde con la disobbedienza, vuol dire che quel cambiamento portato da Gesù era ed è troppo forte, ieri come oggi. Un cambiamento che i capi giudei di allora avevano percepito come qualcosa di impossibile da accettare. Perché, se simile progetto andava avanti, era finita per loro, per i loro guadagni, per i loro privilegi. La “spelonca di ladroni” crollava e il loro potere naufragava. Per le autorità del Tempio sentire che la gente andava con i seguaci di Gesù si poteva interpretare come un abbandono della religione del Tempio per passare alla religione di Gesù. Gesù doveva morire se loro volevano continuare a vivere.
8. Cosa risponderei se uno mi chiedesse “Dov’è Dio?” Si trova in chiesa? Ma allora in tutte le chiese o solo in alcune, dove ad esempio si riceve l’indulgenza plenaria?
Risponderei con le parole di Enzo Bianchi, ex priore di Bose, il quale ha detto “Dio è là dove l’uomo lo fa entrare mediante lo svolgimento fedele del suo compito, con il suo vivere le relazioni con gli uomini, con le cose, con il creato intero[5]. Insomma Dio si può vedere dove un essere umano aiuta qualcun altro a vivere, come ha fatto il buon samaritano.
Dov’era Dio quando succedevano i genocidi nei campi di concentramento nazisti? Se era onnipotente ed era lì, perché non è intervenuto? Una donna ebrea internata ad Auschwitz aveva capito tutto:[6] “Mio Dio, questi sono tempi tanto angosciosi…tu non puoi aiutare noi, ma siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi… forse possiamo contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini”. Questo pensiero è anche un proprium del cristianesimo: tutti i cristiani hanno il compito di rendere presente Dio dove Egli è assente, di testimoniare il suo amore dove esso non è efficace[7].
Occorre ricordare che Gesù non è andato neanche una volta a pregare al Tempio, l'unico luogo dove - secondo il magistero di allora - Dio era presente in terra. Invece, secondo Gesù, il Tempio di Gerusalemme, la casa di Dio era stata trasformata in un mercato perché il vero dio del Tempio non era più il Signore, il vero dio del Tempio erano i soldi, il profitto: di qui la cacciata di tutti quelli che vendevano e compravano nel Tempio (Mt 21, 12; Mc 11, 15; Lc, 19, 45; Gv 2, 14). Gesù non si serve della sacra casa di Dio come luogo dell’incontro con Dio; anzi col suo comportamento scredita il luogo santo, fino ad annullarlo: si pensi ad esempio, a quando Gesù ritrova l’uomo da lui guarito nel Tempio lo rimprovera e gli dice di non peccare più (Gv 5, 14): essendo escluso che Gesù consideri il peccato causa della malattia, avendolo espressamente negato (Gv 9, 3; Gv 11,4), questo significa che Gesù sta associando l’idea di peccato alla frequentazione del Tempio,[8] al rimanere sottomesso all’istituzione religiosa. Piuttosto diverso da quello che c’insegna anche oggi il magistero, non vi sembra?
Quando Gesù pregava, lo faceva sempre in luoghi profani. Ancora oggi, invece, ci sono dei credenti convinti che Gesù abbia invitato la gente ad andare al tempio per assistere alle funzioni religiose (il che tradotto oggi, sarebbe andare a messa per pregare), a star bene con i sacerdoti, ad avere timore e rispetto per le cose sacre, che abbia organizzato la Chiesa con i suoi apostoli (oggi, per successione apostolica, i suoi vescovi), e altre cose del genere. Invece Gesù non ha fatto nulla del genere; non era sacerdote,[9] mai si è mai messo al servizio del tempio o della religione organizzando atti religiosi o culti sacri,[10] e non si è nemmeno mai sognato di ordinare sacerdote nessuno dei dodici apostoli; non ha organizzato una sola funzione religiosa. Come detto più volte, Gesù ha tolto la religione dalle mani dei sacerdoti. Ha proprio trascinato la religione fuori dall'ambito del sacro, per porla piuttosto nella vita, nelle migliori relazioni possibili fra gli uomini (credenti o non credenti) dove occorre relazionarsi con empatia[11] e misericordia[12].
Con Gesù, Dio abbandona il Tempio e pone la sua tenda fra di noi (Gv 1, 14), in ogni singolo uomo che amerà come lui ha amato (Gv 14, 23), sì che ogni suo seguace diventa una dimora divina (1Cor 3, 16). Di più: ogni uomo è un tempio di Dio; anche il malvagio perché Dio ama indistintamente tutti allo stesso modo, come il sole si leva su tutti, buoni e cattivi. L’edificio chiesa, allora, non è affatto la casa di Dio, ma il luogo dove si riunisce il popolo di Dio. Se il Tempio era prima considerato la casa di Dio, unico luogo in cui Dio abitava sulla Terra, con Gesù è l’uomo che diventa la casa (tempio) di Dio. Perciò Dio non sta oggi neanche nelle nostre chiese, che sono solo il luogo dove i credenti si riuniscono[13].
Se nel vangelo di Matteo Gesù ripete, per due volte, che Dio non vuole sacrifici, ma chiede opere di misericordia (Mt 9,13; 12,17), dal momento che i sacrifici si potevano celebrare solo nel Tempio, Gesù sta dicendo che, se Dio non vuole sacrifici, non vuole neanche il Tempio; inutili allora diventano i sacerdoti del Tempio che eseguivano i sacrifici, inutili sono i riti con cui si pensava di contattare Dio e inutili sono le cerimonie dell’altare. Quindi, da duemila anni, l’incontro con Dio si è spostato dallo“spazio sacro” alla “relazione umana”[14]. Lì si può trovare Dio. Eppure, ancora oggi, non abbiamo capito che il modello religioso che aveva il suo centro nel luogo sacro è finito con Gesù, il quale lo aveva detto chiaramente alla samaritana al pozzo mettendo la parola “fine” allo scontro fra samaritani e giudei i quali litigavano in quale Tempio abitasse Dio: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte Garizim, né a Gerusalemme adorerete il Padre…” (Gv 4, 21ss.). Non è un caso, allora, se proprio in quella che si riteneva la Casa di Dio, dove Gesù andava sempre per insegnare (Mc 14, 49; Gv 7, 14), le persone religiose cercheranno di lapidarlo (Gv 10, 31-33).
Ma se l’uomo è l’unico santuario di Dio (1Cor 3, 16), non è strano allora che ancora tanti cattolici credano che Dio si possa trovare solo nel luogo sacro (l’edifico chiesa che frequentano),[15] e comunque solo nella Chiesa cattolica[16].
Quando Filippo chiede a Gesù «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8), vuol dire che i discepoli non si erano accorti che Gesù stava rivelando loro Dio, non avevano capito che Gesù era all’altezza di Dio. Per loro Gesù era un uomo normalissimo, un grande profeta (Lc 24,19), ma per questo volevano sapere come e in che luogo potevano incontrare Dio. Gli apostoli continuavano a pensare come noi che Dio si trovava nel “sacro”. Non veniva loro in mente che lo si trova realmente nel“più profondamente umano”[17]. Il grave è che noi, dopo duemila anni, seguiamo ancora gli apostoli. Dopo duemila anni ancora non abbiamo il coraggio di dire che Gesù non ha mai invitato nessuno ad andare al Tempio (cioè in chiesa) per incontrare Dio.
Dunque oggi la presenza di Dio si può vedere solo nell’immagine degli esseri umani che raggiungono la pienezza (lo zoppo salterà, il cieco vedrà (Is 35, 5-6). Il divino può essere visto solo attraverso l’umano. L’ho già detto altre volte: non esiste per l’uomo un rapporto con Dio che NON passi attraverso il rapporto con gli altri uomini. Quindi dobbiamo accontentarci di un rapporto terreno, carnale, non celestiale. Dio non ci appare finché non ha luogo il gesto di un uomo che lo rende presente. In quel momento, e in quel luogo si può vedere la presenza di Dio.
Torna sempre fondamentale la parabola del buon samaritano di cui ho parlato più volte (Lc 10, 29-37). Il samaritano (eretico per la religione ufficiale, tanto da essergli vietato l’accesso al Tempio) assomiglia a quel Padre misericordioso descritto da Gesù. E non c’è dubbio che il rapinato ferito, vedendo la carità del samaritano, vede il volto di Dio, perché Dio invisibile diventa visibile e presente solo attraverso i nostri gesti[18]. Dio non ha mani: può servirsi solo delle nostre mani quando decidiamo di collaborare al suo progetto. Invece il sacerdote ed il levita, pii, puri e senza peccato secondo la religione, veri osservanti della legge divina, convinti di essere in contatto diretto con Dio per essersi purificati al Tempio, col loro comportamento tutto teso verso l'alto dei cieli ad onorare la legge di Dio, che vogliono essere santi perché Dio è Santo,[19] hanno messo in luce un’immagine sinistra di Dio. Infatti tutti percepiscono che il sacerdote, la persona religiosa che si crede credente, in realtà sta togliendo la vita a chi è ferito e in quel momento ha più che mai bisogno dell’aiuto di altri. Tutti si rendono conto che un impuro peccatore al quale è perfino vietato l’accesso al sacro Tempio di Gerusalemme, il quale neanche lontanamente pensa in quel momento di essere credente, assomiglia a Dio perché in lui tutti possono vedere la presenza di un Padre che ridona vita, la garantisce, la cura.
Nel cambiare il concetto di Dio, Gesù ha umanizzato il volto di Dio, identificando Dio con gli uomini: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Dunque, se Dio si fonde e confonde con l’essere umano, Dio lo si offende solo nell’essere umano, non profanando un luogo ritenuto sacro o bestemmiando il suo nome. Non è che a Gesù non importi niente del peccato, ma per lui il peccato contro Dio (tanto caro ai farisei, agli scribi e anche ai ferrei tutori dell’ortodossia di oggi) s’identifica con la sofferenza causata a qualsiasi essere umano[20]. Dio, come divinità, non può soffrire il male causato dall’umanità. Ma la sua incarnazione, la sua umanizzazione[21] fa sì che si possa parlare del peccato come qualcosa che offende Dio[22]. Solo in questi termini si spiega come mai Gesù, nell’elencare i peccati (Mc 7, 21-22), ha evidenziato solo quelli che riguardano la dignità dell'uomo (cfr. Mt 19, 18-19: il caso del giovane ricco angosciato; cfr. anche Rm 13, 9-10), omettendo completamente i primi tre comandamenti delle tavole della Legge che riguardavano il rapporto con Dio, e che ancora tanti di noi ritengono assolutamente i più importanti. Dunque, nel messaggio di Gesù c’è di mezzo nientemeno che la protezione del valore assoluto della dignità umana (visto che ogni uomo è Tempio di Dio), valore che prevale perfino sull’aspetto religioso e divino.
È triste, allora, far notare che un simile messaggio, vecchio ormai di duemila anni, faccia ancora fatica ad essere accettato in un Paese come il nostro che, a parole, si dichiara cristiano. Pensiamo solo alle polemiche seguite ai tentativi di rimpatrio di stranieri irregolari verso Stati ritenuti sicuri da parte del governo, ma non dalla magistratura[23]. Se anche per gli stranieri mettessimo al centro la dignità dell’uomo…
NOTE
[1] S. Tommaso, Summa Theologiae, II-II, 11, 3, in www.documentacatholicaomnia.eu: afferma che l’eretico merita la scomunica e anche di essere messo a morte. Ciò accade perfino nel mite buddhismo: “Il Bin Laden buddista gran maestro dell’odio,”, in “La Repubblica” 3.5.2013, 34, dove si parla del successo di un monaco birmano nell’istigare alle violenze contro i musulmani.
[2] Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016, 39: anche Papa Francesco ha spostato il centro della religiosità dal rituale all'umano. Per papa Benedetto XVI il centro era il dogma con le sue ortodossie; per papa Francesco l’elemento centrale è la bontà con la sua misericordia. Questo non viene accettato da molte pie persone religiose ancora oggi, come Gesù non era accettato dalle pie persone religiose di allora.
[3] Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016, 67.
[4] Castillo J.M., Teologia popolare, III – La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 27s.
[5] Nella Prefazione a Buber M., Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Magnano (BI), 1990, 11.
[6] Hillesum E., Diario, ed. Adelphi, Milano, 2006, 169.
[7] Molari C., Per una spiritualità adulta, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 237.
[8] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 44.
[9] Né poteva esserlo, perché solo i discendenti della tribù di Levi potevano esserlo per diritto ereditario.
[10] Castillo J.M., Teologia popolare, III – La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 116. E più ampiamente Castillo J.M., Declive de la religión y futuro del Evangelio, Desclée De Brower, Bilbao, 2023, 180ss.
[11] Empatia vuol dire sentire l’interiorità dell’altro; è vivere-con. Con l’empatia si va dentro, una sorta di affinità, una reazione comune in cui ognuno provoca la risposta dell’altro (Andreoli V., La gioia di vivere, ed. Rizzoli, Milano, 2016, 178s.).
[12] Vari esempi ci confermano la laicità del vangelo: ad es., nel fondamentale racconto del cosiddetto giudizio finale (Mt 25, 31-46) la nostra vita sarà giudicata non in base alla pratica religiosa, ma in base a come ci siamo comportati con gli altri: anche qui gli esempi sono di situazioni che non si risolvono con la religione, ma con la bontà (Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016, 53, 72, 75). Inoltre, i primi discepoli che hanno seguito Gesù (Mt 4, 18-22- Mc 1, 16-20; Lc 5, 1-11; Gv 1, 37) non hanno cominciato col pregare insieme a lui, né a praticare certe norme religiose: ecco perché il vangelo è un progetto di vita e non un libro di religione (Castillo J.M., La laicità cit., 100. Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 216s.: la grande rivoluzione religiosa compiuta da Gesù è quella di aver aperto un’altra via di accesso a Dio, diversa da quella del sacro: l’aiuto al fratello bisognoso. La religione non ha il monopolio della salvezza; il cammino più sicuro è quello dell’aiuto al bisognoso.
[13] Ma vi ricordate quanto cattolici si sono rivoltati quando dei parroci avevano ospitato in chiesa degli stranieri senza documenti, perché così si profanava la ‘casa di Dio’?
[14] Castillo J.M., Teologia popolare – III, La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 36.
[15] Correttamente, allora, i protestanti ci fanno rilevare che, in realtà, nella Chiesa cattolica c’è ancora una reminiscenza del Tempio di Gerusalemme, visto che la conservazione delle ostie consacrate costituisce, per noi, una sorta di presenza permanente della divinità nell’edificio chiesa (Gounelle A., I grandi principi del protestantesimo, ed. Claudiana, Torino, 2000, 46). Kampen D., Introduzione alla spiritualità luterana, ed. Claudiana, Torino, 2013, 48, rammenta che Cristo non ha istituito la Santa Cena affinché il pane fosse esposto e venerato, ma affinché venisse distribuito e mangiato.
[16] Già i protestanti osservano come sostenere che solo nella Chiesa cattolica si trovi Cristo, e non altrove, è letteralmente contrario a quanto afferma il Vangelo (Mt 18, 20): dove due o più si radunano in nome di Gesù, lì in mezzo già si trova Gesù. O almeno Gesù dice così, ma poi il magistero cattolico ha detto qualcosa di diverso.
[17] Castillo J.M., Teologia popolare – III, La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 37.
[18] Il samaritano che fa vedere il volto di Dio ha raggiunto una condizione divina, nel senso che il divino lo conosciamo solo nell'umano. Non possiamo conoscerlo in altro modo. Perché noi siamo umani, viviamo nell'umano, e alla nostra portata non c'è altro che l'umano. Pertanto, solo nell'umano conosciamo il divino (Castillo J.M., Teologia popolare, II, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 115).
[19] Originariamente “santo significa “trascendente”, “separato” (Rudolf O., Il sacro, ed. SE, Milano, 2009, 72). Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 218ss.: Tutti comprendevano all’epoca la santità come la separazione da ciò che è impuro. Secondo la comunità degli esseni non era più possibile vivere in maniera santa in mezzo a quella società così contaminata, e si ritirano nel deserto. I farisei, sforzandosi di osservare la legge cercavano di trasformare la terra promessa in una sorta di tempio abitato dal Dio santo, sì che tutto il popolo fosse un regno di sacerdoti santi.
Per Gesù, Dio è santo non perché vive separato dagli impuri (se a nessuno piace avere accanto gente infetta e sgradevole, questo doveva valere anche per Dio, secondo l'opinione comune), ma perché è compassionevole con tutti. La misericordia è per Gesù i modo di imitare Dio, di essere santi come lui. Dunque, il santo non ha bisogno di essere protetto dalla separazione per evitare la contaminazione; al contrario, è il santo a contagiare con la sua purezza e a trasformare l’impuro. Quando Gesù tocca il lebbroso, non è Gesù a restare impuro, ma è il lebbroso impuro che guarisce.
[20] Castillo J.M., Vittime del peccato, ed. Fazi, Roma, 2012, 91s.
[21] Stando agli insegnamenti della Chiesa, l'incarnazione di Dio si realizzò per opera e grazia dello Spirito Santo. Quali che siano le interpretazioni che diamo alla parola "incarnazione" una cosa è indubitabile: parlare dell'incarnazione di Dio è parlare dell'avvicinamento del divino all'umano. Se poi affermiamo che l'incarnazione si realizzò per opera dello Spirito Santo, allora quello che affermiamo è che il caratteristico e proprio dello Spirito è rivelare Dio in forma umana. Di modo che, se quello che noi cristiani dobbiamo fare in pratica è fare quello che fa Dio, la conseguenza è chiara: la nostra missione e il nostro compito, come cristiani, è umanizzarci, fare quello che fece Dio, profondamente umano. La qual cosa esige e porta con sé il liberarci - per quanto possibile - della disumanizzazione che ci fa tanto danno (Castillo J.M., Teologia popolare, III – La fine di Gesù, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2025, 78 e 87).
[22] Castillo J.M., Vittime del peccato, ed. Fazi, Roma, 2012, 93.
[23] Con sentenza del 1.8.2025, la Corte di Giustizia europea ha detto che spetta al Governo decidere se uno Stato terzo, nel quale si vuol rimandare lo straniero irregolarmente entrato in Italia, sia sicuro; ma quando il giudice nazionale è chiamato a risolvere una controversia sul punto, egli ha l’obbligo di controllare che la designazione da parte delle autorità amministrative sia stata fatta nel rispetto delle norme dell’Unione che, in quanto tali, sono vincolanti per tutti. Quando, ad esempio, uno straniero entra irregolarmente in Italia, è entrato anche nel territorio dell’Unione e quindi si deve applicare il diritto europeo che prevale su quello nazionale. Ebbene, l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione statuisce, fra l’altro, che «nessuno può essere allontanato … verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto … a trattamenti inumani o degradanti”. Viene dunque richiamata la protezione del valore assoluto della dignità umana, che prevale su ogni altra norma, compresa quella che disciplina la sicurezza interna nazionale.
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