Corsivo primo
di Stefano Sodaro
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L’udienza privata concessa venerdì da Leone XIV al Segretario Federale della Lega, Matteo Salvini, ha segnato un momento di svolta nella relazione tra la Chiesa cattolica e la destra politica italiana. Dopo anni di freddezza, incomprensioni e accuse reciproche, Salvini ha finalmente trovato un ponte verso il Vaticano. E non è un ponte qualunque: è quello che lo conduce a un Papa che, ai suoi occhi, non è più “comunista”.
Una discontinuità con Francesco
Durante il pontificato di Francesco, la Lega ha spesso percepito il Vaticano come un interlocutore ostile, troppo sbilanciato su temi sociali, migratori e ambientali. L’immagine di un Papa vicino ai poveri, ai migranti e alle periferie del mondo ha suscitato diffidenza in chi, come Salvini, ha costruito la propria narrazione politica su sovranismo, sicurezza e identità nazionale.
Con Leone XIV, invece, qualcosa è cambiato. L’udienza di venerdì non è solo un gesto di apertura diplomatica, ma un segnale politico forte: il Papa non è più percepito come un antagonista ideologico. E questo, paradossalmente, apre una nuova questione ecclesiale per i cattolici italiani. Perché se la Chiesa smette di essere “contro” la destra, cosa ne sarà della sua funzione profetica, della sua capacità di disturbare il potere?
Ma attenzione: il Papa non è un conservatore
Chi pensava che Leone XIV fosse il “Papa della destra” potrebbe aver parlato troppo presto.
Questo sabato, infatti, il Pontefice ha nominato il nuovo Vescovo eparchiale di Piana degli Albanesi, sede cattolica di rito bizantino in Sicilia. È padre Raffaele De Santis, del clero di Lungro, in Calabria. Un gesto che, sotto la superficie, è tutt’altro che rassicurante per i conservatori.
La valorizzazione delle tradizioni liturgiche orientali, come quella degli Arbëreshë, non è solo un atto di tutela culturale. È una scelta ecclesiale che rimette al centro la pluralità, la contaminazione, l’osmosi tra mondi diversi. E questo, in un’Italia ancora segnata da pulsioni identitarie e nostalgie nazionaliste, è un messaggio potente.
Il paradosso della destra: tra Dio, Patria e… rito bizantino
Storicamente, le comunità di rito bizantino in Italia hanno goduto di una certa attenzione da parte della destra - e tuttavia non di quella fascista che voleva italianizzare ogni minoranza -, proprio per il loro radicamento in valori come “Dio, Patria e Famiglia”.
Ma oggi, alla fine di agosto 2025, la nomina episcopale di Leone XIV rompe questo schema. Non è più una celebrazione dell’identità, ma un invito alla diversità.
La presenza arbereshe bizantina si rianima, si riposiziona al centro delle dinamiche culturali italiane. Non solo religiose, ma anche linguistiche, sociali, economiche. È una sfida alla visione monoculturale, un’apertura che inquieta chi vorrebbe che “tutto rimanesse com’è”. Basti pensare che a Piana, così come a Lungro, vi sono presbiteri cattolici che sono divenuti tali dopo essersi sposati e vivono dunque, attualmente, come mariti e padri di famiglia, in perfetta liceità canonica.
Un Papa che sorprende tutti
Leone XIV, dunque, si muove su un crinale sottile.
Da un lato, offre alla destra un’immagine di Chiesa meno ostile, più dialogante. Dall’altro, rilancia una visione ecclesiale che abbraccia la complessità, la pluralità, l’alterità. E lo fa proprio attraverso le diocesi cattoliche, il terreno più familiare alla politica italiana.
Il Papa “per fortuna non più comunista”, agli occhi di Salvini, si rivela un innovatore silenzioso. Non urla, non provoca, ma nomina vescovi che mettono in crisi le certezze identitarie. E forse, proprio per questo, è ancora più difficile da decifrare.
E siamo appena agli inizi.