Febbraio - prendere il largo
Nel cuore dell’inverno, febbraio si presenta come un mese di transizione, un ponte tra la quiete invernale e i primi sussurri della primavera. In questo periodo, la liturgia cattolica ci offre una serie di letture evangeliche che sembrano echeggiare un invito comune: prendere il largo.
Il 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, abbiamo ascoltato in Luca 2,22-40 di Maria e Giuseppe che portano Gesù al tempio. Questo gesto simboleggia un “prendere il largo” nella fede, un affidarsi completamente al progetto di Dio, anche quando non se ne comprende del tutto il significato. Gesù, presentato al Tempio è la luce venuta per illuminare le genti, come un faro in un mondo spesso buio e confuso. D’altra parte oggi solo se ci riconosciamo dei “templi viventi”, luoghi in cui il divino e l’umano si incontrano, possiamo continuare ad essere portatori di luce nel mondo.
Proseguendo nel mese, incontriamo la chiamata dei primi discepoli in Luca 5,1-11. Qui, l’invito di Gesù a Simon Pietro è esplicito: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Questa chiamata a spingersi oltre le acque sicure della riva è un potente simbolo del coraggio necessario per seguire Cristo. “Prendere il largo” oggi può significare molte cose: potrebbe essere il coraggio di perseguire una vocazione autentica, di abbandonare abitudini tossiche, di aprirsi a relazioni più profonde e significative. Potrebbe significare sfidare le nostre convinzioni limitanti, esplorare nuovi orizzonti spirituali o impegnarci in cause che trascendono il nostro interesse personale.
Le letture successive (Lc 6,17-26 e Lc 6,27-38) ci presentano le Beatitudini e l’invito ad amare i nemici. Anche qui, Gesù ci chiede di “prendere il largo” nel nostro modo di vivere e amare, spingendoci oltre i confini del consueto e del comodo.
Ma cosa significa per noi oggi, in questo febbraio di un Giubileo che stenta a far sentire la voce della speranza fra invocazioni di “scatenamento dell’inferno” e altre voci testosteroniche e belligeranti?
Per i giovani, potrebbe significare osare sognare in grande, come i ragazzi della Rosa Bianca di cui ricordiamo fra tutti Sophie Scholl, martirizzati per essersi opposti al nazismo proprio il 22 febbraio 1943: rimuovere le vie dell’indifferenza, non accontentarsi del già noto, ma esplorare nuove possibilità per il futuro. Come le gemme che in questo mese iniziano a gonfiarsi sui rami, i giovani sono chiamati a prepararsi a sbocciare in tutta la loro potenzialità.
Per gli adulti in piena attività lavorativa e familiare, “prendere il largo” potrebbe tradursi nel coraggio di rinnovarsi, di non cadere nella routine, ma di cercare nuove sfide e opportunità di crescita. Come la natura che, pur ancora nel freddo, si prepara silenziosamente al risveglio primaverile, così gli adulti possono coltivare nuovi progetti e visioni.
Per gli anziani, l’invito potrebbe essere quello di non chiudersi nei ricordi, ma di continuare ad aprirsi alla vita, condividendo saggezza ed esperienza. Come gli alberi secolari che, pur radicati, continuano a stendere i rami verso il cielo, così gli anziani possono continuare a portare frutto nella profondità delle relazioni e nella condivisione della loro ricchezza interiore.
Prendere il largo significa avere il coraggio di affrontare l’ignoto, fidandoci che, come per Simon Pietro, anche le nostre reti si riempiranno di una pesca miracolosa se avremo il coraggio di gettarle dove il Signore ci indica: solo tornare alla radicalità del vangelo della pace e della condivisione può darci la direzione giusta.
Lo stesso tema del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, dovrebbe portarci a intraprendere un viaggio spirituale, a “prendere il largo” verso una rinnovata comprensione della nostra fede e della nostra missione nel mondo, altrimenti rischia di ripiegarsi in una serie di autocelebrazioni o esperienze devote di corto respiro. Questo tempo di grazia speciale ci esorta a uscire dalle nostre situazioni spirituali in cui facciamo gruppo, ci sentiamo confermati nelle nostre sicurezze per andare incontro alle sfide senza chiare o univoche soluzioni, per cercare nel comune discernimento una via percorribile per la vita di tutti. Come pellegrini di speranza, o meglio come marinai di speranza, possiamo navigare verso le acque più profonde della nostra fede, portando con noi il messaggio di misericordia e rinnovamento autentico che il Giubileo rappresenta.
Allo stesso tempo, la Chiesa si trova nel mezzo di un processo sinodale, francamente oscurato da altre date e ricorrenze, mostrando come non siamo esenti da un certo consumismo spirituale. Siamo invece ad uno snodo rilevante per crescere in consapevolezza e sviluppare il modo in cui viviamo e comprendiamo la nostra appartenenza ecclesiale. Non ultime, anche le istanze per una maggiore e significativa partecipazione femminile ai processi decisionali della Chiesa, non in modo episodico ma strutturale, rischiano di perdere la propria spinta. Questo processo richiede coraggio, apertura e la volontà di navigare in acque inesplorate, proprio come fecero i discepoli quando Gesù li invitò a gettare le reti dall’altra parte della barca. In questo tempo di sinodo, abbiamo l’occasione di cui dovremo rispondere se non sarà sfruttata, per riflettere su come possiamo, come comunità di fede, “prendere il largo” verso una Chiesa più inclusiva, partecipativa e missionaria, rispondendo alle sfide del nostro tempo con rinnovato vigore e speranza.
Che si tratti di fede, di scelte di vita o di relazioni interpersonali, potremmo tutti alzare le nostre asticelle e spingerci oltre i nostri limiti percepiti, prepararci per nuove avventure, nuove sfide, nuovi orizzonti di maturazione evangelica e di amore vissuto.