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 Robert, Ivana e don Milani


di Stefano Sodaro


Foto tratta dal seguente link: https://www.krizevacka-eparhija.com/index.php/arhiva/vijesti-2021/1688-svecenicko-redenje-dakona-robaerta-cabraje - si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti

Nell’Eparchia cattolica di rito bizantino di Križevci, in Croazia, a tre ore e mezzo di viaggio in macchina da Trieste, è stato ordinato ieri un presbitero con moglie e quattro figli. Lo si può apprendere direttamente dal sito dell’Eparchia, qui.

Di per sé non è niente di particolare: il diritto canonico delle Chiese Cattoliche Orientali, esattamente all’opposto del diritto canonico latino, consente tali ordinazioni presbiterali, come solennemente riconosciuto e sancito dal Vaticano II, al n. 16 del Decreto Presbyterorum Ordinis – pochissimo citato nei testi magisteriali successivi - in un passaggio che vale la pena riportare integralmente: Essa [la perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli] non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato.

Il sito dell’Eparchia riporta, però, qualche ulteriore notizia che appare di notevolissimo rilievo: il neo-ordinato prete, Robert Cabraja – questi il suo nome e il suo cognome -, seguiva il normale percorso di seminario per divenire presbitero latino dell’Arcidiocesi di Sarajevo (Vrhbosna), capitale della Bosnia Erzegovina. Nel corso dei suoi studi, prima dell’ordinazione diaconale, conosce alla Facoltà di Teologia di Zagabria, la sua futura moglie, anch’ella poi laureata in teologia, Ivana Brijačak, di rito bizantino. I due si sposano e Robert diventa diacono. Stando alla prassi pastorale ed al diritto della Chiesa latina, sarebbe diventato diacono permanente, non essendogli più possibile – sempre a norma di diritto latino – l’ordinazione presbiterale. Ma la moglie di Robert, Ivana, è, come si dice un po’ approssimativamente, “greco-cattolica”, meglio: bizantino-cattolica, ed il can. 112 del codice di diritto canonico contiene questa previsione, al n. 2 del § 1: Dopo aver ricevuto il battesimo, è ascritto a un’altra Chiesa sui iuris il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler passare alla Chiesa sui iuris dell’altro coniuge. Robert ricorre a questa perfettamente legittima possibilità canonica, attua il passaggio di rito nel 2022 e diventa diacono bizantino – non più permanente – dell’Eparchia di Križevci, che ha giurisdizione sulle comunità cattoliche bizantine di tutta la Croazia, così come pure della Slovenia e della Bosnia Erzegovina. Ieri, due anni dopo quel passaggio di rito, è stato ordinato prete dal vescovo eparchiale di Križevci, mons. Milan Stipić. Senza alcuna obiezione, senza silenzi pudibondi – anzi con la dovuta pubblicità -, senza timori e scandali. Addirittura si può notare, dalle foto dell’evento, che, così come prevede la liturgia bizantina di ordinazione di un prete, l’ordinando è stato accompagnato per tre volte attorno all’altare da due preti, di cui uno di rito latino (rivestendo la casula, il paramento presbiterale della liturgia romana).

Facciamo un salto di contesto.

Il prossimo 7 dicembre – giorno dell’annunciato Concistoro per la creazione di nuovi 21 cardinali – ricorreranno i settant’anni dall’arrivo di don Lorenzo Milani alla Pieve di Barbiana, il cui Parroco ha, aveva, il singolare titolo di “Priore”.

Don Milani, fermissimo nella sua scelta vocazionale (così bisogna dire, benché la teologia post-conciliare abbia ormai ben chiarito che la vocazione è vocazione della comunità, della Chiesa, tramite il Vescovo e non pulsione volontaristica, ma allora – nella prima metà del Novecento – trionfava la retorica spiritualista della “vocazione a prete”), aveva troncato il fidanzamento con Carla Sborgi e, prima di lei, anche la conoscenza con la pittrice Tiziana Fantini non era proseguita. Un ascetismo talmente convinto, inflessibile e diamantino che le feroci opposizioni ecclesiastiche e politiche poterono sfogarsi, quando divenne prete, sui pretesi aspetti politici o politico-sociologici del suo ministero, ma non certo su incertezze affettive di qualunque tipo.

Eppure quel prete era interamente dedito ai suoi ragazzi – ed alle sue ragazze (a Barbiana non c’erano solo maschi) -, così come possiamo leggere, sempre nel sito dell’Eparchia di Križevci, che don Robert e sua moglie attualmente lavorano a Slavonski Brod come insegnanti di religione in una scuola elementare e Robert lavora con bambini che hanno particolari necessità.

Sinceramente, riconosciamolo, fa impressione.

Ma è un’impressione – come dire? – di stupita e commossa meraviglia, nel dover constatare (ci dispiace per oltranzisti del tradizionalismo e per i fan della Chiesa come covo di briganti) che la comunione cattolica fa convivere al suo interno non solo esperienze clericali di opposto segno affettivo, ma addirittura diritti diversi, pur dentro una medesima passione pastorale ed educativa.

Una delle giustificazioni del celibato ecclesiastico latino – probabilmente la sola possibile - è che esso dev’essere necessariamente “di tipo monastico”. Proviamo a spiegare: la Chiesa latina non nega che uomini sposati possano essere ritenuti adatti all’ordinazione presbiterale, ma decide di ordinare solo chi, altrettanto adatto, scelga il celibato. E del resto in tutte le Chiese Cattoliche Orientali, accanto ai presbiteri sposati, esistono gli “iero-monaci”, cioè, per appunto, i presbiteri monaci e per ciò stesso, dunque, celibi.

La madre di don Milani, Alice Weiss, era triestina, ed ebrea. I nonni materni di don Milani, Emilio Weiss e Giustina Emilia Iacchia, sono sepolti nel cimitero israelitico di Trieste. Alice Weiss non prese bene la decisione del figlio di entrare in seminario.

Don Lorenzo conosceva la disciplina canonica orientale così diversa da quella incontrata anche da lui nel seminario di Firenze? Non lo sappiamo e non sappiamo se sia possibile saperlo.

Compare una suggestione, fortissima: le più adatte a comprendere come e perché sia configurabile un ministero ordinato celibe ed uno coniugato, senza contraddizioni, sono – udite, udite – le appartenenti all’Ordo Virginum nella Chiesa Latina. Certo, non tutte, sarebbe disonesto sostenerlo. Ma è ben presente una fiera e compatta pattuglia di teologhe appassionate e consapevoli della propria scelta celibataria – senz’altri voti di povertà ed obbedienza – che, attraversando con la preghiera contemplativa, la ferialità di ogni giornata, insegnano, attestano che la nuzialità è dimensione di tutti e tutte. Che, cioè, quel Gesù di Nazaret, confessato come il Cristo per chi ci crede, sa essere sposo e sposa e chi di lui si innamora, sia coniugato o sia celibe, ne diventa sposa ma anche sposo.

Don Robert, Ivana, don Lorenzo, lo testimoniano.

Una buona notizia.

Buona domenica.