Ancora Palestina
di Dario Culot
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/
1. Quando sento dire – purtroppo ancora oggi da parte di alcuni cattolici (perfino presbiteri) - che le continue guerre in cui è coinvolto Israele è la punizione di Dio perché gli ebrei hanno ucciso Gesù, mi cade la mandibola. È vero che per secoli, in base all’interpretazione data al Vangelo di Matteo, l’intero popolo ebraico è stato indicato dalla Chiesa cattolica (a cominciare da papa Paolo IV[1]) come il mandante dell’uccisione di Gesù. Ma questa tesi è infondata perché Israele era in guerra con le popolazioni vicine ben prima che Gesù arrivasse sulla terra: basta leggere in proposito la Bibbia. Inoltre, per confutare la possibilità di attribuire all’intero popolo ebraico la colpa della morte di Gesù mi sembrano più che sufficienti queste poche righe che mi hanno convinto oltre mezzo secolo fa: ammessa l’esattezza storica del racconto evangelico (Mt 27, 22-25), secondo cui la folla innanzi a Pilato gridava crucifige e ancor più sfrontatamente che il suo sangue ricadesse pure su di lei e sulla sua discendenza, il delitto di cui è poi stato accusato tutto il popolo ebraico si riduce a questo: che un gruppo di essi gridò che si mettesse a morte Gesù. Quanti furono? Cento? Mille? Ammettiamo diecimila. Erano ebrei, ma fra di loro potevano benissimo esserci anche romani o siriaci, perché la folla non ama mai i perdenti, e Gesù era ormai uno che davanti alla folla aveva fallito. In ogni caso gli ebrei erano già allora almeno un milione, e vivevano sparpagliati in tutto il mondo romano, per cui come si può parlare di deicidio quando l’infinita maggioranza di essi non solo non prese parte a quella pubblica manifestazione, ma non ne seppe niente?[2]
Finalmente il concilio Vaticano II[3] ha affermato che quanto è stato commesso durante la Passione non può essere imputato indistintamente a tutti gli ebrei, e anche papa Benedetto XVI[4] - l’ultimo vero papa per i cattolici più conservatori - ha a sua volta riconosciuto che Matteo non esprime un fatto storico proprio perché in quel momento e in quel luogo non poteva essere presente tutto il popolo ebraico. Dunque la verità dei papi antisemiti propugnata per secoli non era garantita da Dio, anche se loro erano sicuri del contrario, e anche la Chiesa cattolica ha dovuto alla fine riconoscere che «La verità non s’impone che per forza della stessa verità» (Vaticano II, Dignitatis humanae 1), nel senso che possiede in sé stessa la propria ragione di validità,[5] a prescindere dal fatto che per secoli il magistero abbia imposto autoritariamente una sua verità diversa, causa di tante sofferenze e tante morti. Per non parlare dei ghetti,[6] che non sarebbero esistiti se gli ebrei non avessero avuto questa fama di deicidi da parte della Chiesa cattolica.
2. Mi cade di nuovo la mandibola quando sento dire che i palestinesi sono un popolo antico, che da sempre ha occupato la Palestina, e che Israele – costituito appena nel 1947,- è un intruso solo di recente insediatosi in un territorio che non accoglieva in precedenza che pochi ebrei. Pertanto i palestinesi espulsi da Israele hanno pieno diritto di ritornare e quelli ancora residenti a rimanere nella loro terra, mentre sono gli ebrei a doversene andare, perché gli Ebrei sono gli “altri” sopraggiunti a sostituire una popolazione già esistente in loco[7].
Le piazze occidentali si sono presto riempite di persone che sprizzavano antisemitismo (odio verso gli ebrei), gridando che i palestinesi hanno diritto a una “Palestina libera dal fiume al mare” (cioè dal fiume Giordano alla striscia di Gaza che è sulla costa del Mediterraneo), il che sottintende depennare lo Stato d’Israele. Questo è quanto invocano coloro che partecipano ai cortei pro Palestina,[8] consapevolmente o inconsapevolmente (a prescindere da coloro che cercano solo lo scontro con le forze dell’ordine[9]) perché fanno parte di gruppi in cui l’idea base è negare legittimità allo Stato d’Israele[10]. Esattamente allo stesso modo avevano negato questa legittimità gli Stati arabi che nell’immediatezza della proclamazione dello Stato d’Israele, lo avevano attaccato, disconoscendo la risoluzione dell’ONU[11] che aveva invece previsto la costituzione contemporanea di due Stati separati: Israele e Palestina. E questa negazione corrisponde ancora oggi perfettamente al programma di Hamas che negli articoli del suo Statuto si propone pubblicamente di conseguire la cancellazione di quello Stato, mediante distruzione/eradicazione degli ebrei nemici di tutti i musulmani e un pericolo per l’intera umanità. Lo stesso Statuto indica inoltre come traditori coloro che cercano laicamente una pace riconoscendo legittimità allo Stato israeliano:[12] altro che negoziare in via pacifica!
Forse sarebbe ora di mandare tutta questa gente, prima che in corteo, a scuola; se solo a scuola si facesse ancora un po’ di storia, perché è evidente che siamo davanti all’ignoranza più crassa. Mai, infatti, è esistito uno Stato palestinese dal Giordano al mare.
Erodoto (V sec. a.C.) fu il primo a chiamare Palestina l’area fra Fenicia (oggi Libano) ed Egitto, in precedenza conosciuta meglio col nome di Canaan. Gli ebrei, come del resto gli assiri e gli egiziani, si riferivano al territorio dei Filistei come Purasati, o Pĕleshet (assonante con Palestina). I filistei – probabilmente di origine ellenica, anche se la loro origine resta incerta - erano una popolazione che, venendo dal Mediterraneo e non dall’Arabia, avevano occupato quella che oggi è la striscia di Gaza, più o meno fino a Tel Aviv: quindi occupavano la costa e a lungo si sono scontrati con gli ebrei, perché tendevano a espandersi verso l’interno, territorio da poco occupato dagli ebrei. Dunque i filistei sono diventati i nemici per antonomasia degli Ebrei, perché gli Ammoniti, i Moabiti, gli Aramei, ecc., altre popolazioni locali, ma molto più deboli, con cui gli Ebrei si erano scontrati, avevano tutte la stessa origine comune, erano cioè apparentati essendo tutti popoli semiti. Per i romani, che avevano conquistato quelle terre ai tempi di Pompeo, quel territorio era stato denominato provincia di Giudea (a sud) col regno vassallo di Galilea (a nord). Dopo una prima grande rivolta, finita male, che aveva portato alla distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., ci fu una seconda grande rivolta nel 135 d.C. A quel punto i romani cacciarono definitivamente gli Ebrei dalle loro terre (han fatto quello che vuole fare Hamas), e cambiarono anche il nome, trasformandolo in Siria Palestina, con evidente intento punitivo. Dunque, dal 135 gli Ebrei non hanno più avuto un loro Stato fino al 1947, quando l’assemblea generale dell’ONU ha ritenuto di dover dare una casa al popolo ebraico, dopo secoli di progrom[13] e dopo il genocidio[14] della II guerra mondiale. E dove darla, se non nel luogo che già avevano abitato prima di venire cacciati?
E i palestinesi? Non c’è mai stato, fino ai giorni nostri, uno Stato palestinese, grande o piccolo che fosse, anche perché non è mai esistito un popolo palestinese. Increduli? Probabilmente pochi conoscono Zahir Muhsein, che pure è stato un leader dell’OLP[15] tra il 1971 ed il 1979: quindi un non un ebreo, anzi un nemico d’Israele. La cosa che però tutti dovrebbero sapere, soprattutto quelli che vanno in corteo, è la dichiarazione rilasciata da questo leader il 31.3.1977 al giornale olandese Trouw,[16] quando affermò espressamente che “Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solamente un mezzo per continuare la nostra lotta per l’unità araba contro lo Stato d’Israele. In realtà oggi non c’è differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Oggi parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese per ragioni politiche e strategiche poiché gli interessi nazionali arabi richiedono che venga assunta l’esistenza di un distinto popolo palestinese da opporre al sionismo. Per ragioni strategiche la Giordania, che è uno stato sovrano con confini ben definiti non può vantare diritti su Haifa e Jaffa mentre io, come palestinese, posso senz’altro vantare diritti su Haifa, Jaffa, Beersheva e Gerusalemme. Comunque nel momento in cui i nostri diritti saranno riconosciuti non attenderemo nemmeno un minuto per unire la Palestina alla Giordania”. Dunque, proprio da parte araba, si riconosce che si è sostanzialmente inventato un popolo più piccolo d’Israele, solo per contrapporlo politicamente a Israele, sentito come un corpo estraneo nella zona.
Altra cosa che i partecipanti ai cortei normalmente non sanno, è che fino alla fine della prima guerra mondiale, la Turchia occupava il medio oriente, e l’impero turco musulmano è durato dal 1300 circa al 1922. Fino alla fine della prima guerra mondiale, i confini fra le varie province mediorientali (chiamate sangiaccati, sancak in turco che significa “distretto”) erano meramente confini amministrativi interni dell’impero ottomano, e solo Gerusalemme era un governatorato sotto il diretto controllo di Istanbul. Ma già nel 1800 i cristiani residenti a Gerusalemme pareggiavano il numero dei residenti ebrei, e i due insieme erano circa la metà degli arabi ivi residenti.
Alla fine della prima guerra mondiale, dunque, quei vasti territori mediorientali, tolti all’impero ottomano, sono stati spartiti fra Francia (che ha governato gli attuali Siria e Libano) e Gran Bretagna (che ha governato tutto il resto), formalmente solo come protettorati in vista della creazione di futuri Stati autonomi, senza però aver fissato alcun termine finale per costituirli. Tutto questo vasto territorio sotto il dominio inglese è stato denominato Palestina, ma non esistevano ancora gli Stati odierni; men che meno – lo ripeto,- esisteva uno Stato di Palestina. Quindi gridare “Palestina ai palestinesi” è un grossolano errore storico dovuto a questo malinteso geografico.
Essendo ormai chiaro a tutti che il colonialismo europeo non poteva più durare, finalmente Francia e Inghilterra hanno lentamente permesso la nascita di Stati autonomi, favorendo comunque regimi monarchico-conservatori, sì da tenerli ancora legati alla propria sfera d’influenza. L’Egitto è stato costituito in regno nel 1922 al fine di por fine a una crescita pericolosa del nazionalismo. L’Iraq è stato costituito in regno sotto l’hashimita Fiasal nel 1921, con l’opposizione però della maggioranza scita che abitava quelle terre. La Siria è tornata indipendente appena nel 1942. Il Libano a prevalenza cristiana aveva ottenuto dalla Francia un potere auto-governativo di fatto già nel 1920, staccandolo dalla Siria a maggioranza musulmana; ma i musulmani, che non erano d’accordo, han continuato a brigare e solo nel 1943 il potere politico è stato lì diviso col bilancino fra cristiani, sunniti e sciti; questa situazione fra alti e bassi è durata fino all’arrivo dei palestinesi cacciati dalla Giordania,[17] divenuta a sua volta Stato indipendente nel 1946. Israele è stato costituito nel 1947/48. Dunque gli occupanti dell’odierna Palestina non erano e non potevano definirsi palestinesi, perché si sentivano egiziani, siriani, ecc., proprio come sosteneva Muhsein; cioè si trattava di arabi, che nulla avevano a che vedere con gli antichi Filistei, popolo venuto – come detto - dal mar Mediterraneo e non dall’Arabia. Nel periodo fra le due guerre mondiali, in quel vasto territorio, c’è stata poi una costante immigrazione araba ma soprattutto ebraica, e presto sono cominciati gli attriti fra arabi ed ebrei (già circa la metà degli abitanti arabi).
Dunque, il 29 novembre 1947, con la risoluzione 181, l’ONU ha deciso di creare in contemporanea due Stati: lo Stato d’Israele e, vicino, lo Stato di Palestina, che fino a quel momento non esistevano. La votazione favorevole è stata di 33 voti, i contrari 13[18], gli astenuti 10. La Gran Bretagna avrebbe dovuto rimettere il proprio mandato il 1° agosto 1948.
Come spesso in quel periodo, quando le popolazioni erano mischiate, i confini venivano tirati sulla carta con un righello (pensiamo in effetti ancora ai confini di vari Stati africani) e con linee spesso discutibili[19]. È così accaduto che uno Stato potesse anche essere costituito in più parti separate, come è stato fatto ad esempio col Pakistan e l’India. Ovviamente la mancanza di unità crea problemi, tant’è vero che la parte orientale del Pakistan a un certo punto si è proclamata autonoma diventando al Bangladesh.
La cartina sopra riportata è tratta da internet. La parte rossa doveva essere lo Stato d’Israele La parte verde lo Stato di Palestina. Al centro, in giallo, Gerusalemme, corpo separato amministrato dall’ONU.
Anche se fin dall’inizio erano stati previsti due Stati separati, Martin Buber, il noto filosofo ebreo del ‘900, sollecitava invece da tempo un solo Stato arabo-israeliano, comprendente l’attuale Israele, Gaza e Cisgiordania, dove arabi e israeliani avrebbero vissuto fraternamente con pari dignità e pari diritti. Purtroppo questo è apparso subito un sogno utopistico, perché il fondamentalismo ortodosso degli ebrei e quello musulmano ha reso da subito impossibile simile soluzione[20].
Con un po’ di anticipo, nel 1948 gli inglesi hanno abbandonato il territorio, in una situazione di grande tensione e anche di scontri, e subito (il 14.5.1948) è stata dichiarata la nascita dello Stato d’Israele da parte ebraica, prontamente riconosciuto da Urss (che vedeva nei programmi dei kibbutz un’applicazione concreta del socialismo) e USA. L’Italia l’ha riconosciuto nel 1949.
Immediatamente, con un cablogramma del 15 maggio 1948 al Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Segretario Generale della Lega Araba affermava invece che: «gli Stati Arabi si trovano costretti a intervenire per ripristinare la legge e l'ordine e per controllare ulteriori spargimenti di sangue» (Segretario generale della Lega degli stati Arabi)[21]. Alla parola seguirono prontamente i fatti, e la Palestina non ha fatto tempo a costituirsi perché gli eserciti dei Paesi confinanti col neonato Stato d’Israele hanno immediatamente attaccato quest’ultimo, non avendo accettato la risoluzione dell’ONU. Curioso è andare a vedere come i giornali dell’epoca hanno intitolato questo attacco: “Gli Arabi invadono la Palestina”. Sottotitolo: Forze siriane e libanesi attaccano all’alba; si riferisce di un attacco egiziano da sud.
Non si dice che gli Arabi invadono Israele. Questo perché, nella mentalità dell’epoca, tutta l’area in precedenza sotto il controllo inglese era – come si è detto, - denominata Palestina, mentre Egitto, Siria e Libano erano ormai Stati autonomi.
A causa dell’immediata invasione non è stato costituito concretamente lo Stato di Palestina in concomitanza con quello d’Israele (cioè tutto è rimasto sulla carta), ma la colpa non è sicuramente attribuibile a Israele.
Presto la sinistra europea ha appoggiato l’ideologia wahabita[22] e la propaganda dell’Urss (che ha cambiato alleanza per i propri interessi politici) dando la colpa di tutto al fatto che i poveri palestinesi erano stati calpestati dallo stivale colonizzatore occidentale: ma in realtà se la “colonizzazione” della Gran Bretagna era durata circa 25 anni, quella ottomana era durata più di mezzo millennio.
A guerra scoppiata gli ebrei avevano inizialmente una milizia di circa 30.000 uomini (quanti ne contava Hamas il 7.X.2023), ma quel punto, essi combattevano per la propria vita; gli eserciti arabi no. O come diceva Golda Meir, poi diventata primo ministro d’Israele, “la nostra forza è che non abbiamo un altro posto in cui andare”; i palestinesi sì, tanto che molti se ne sono andati. Contro ogni previsione, nel 1948, gli ebrei hanno vinto la guerra e salvato il neonato Stato. Nel 1949 sono stati firmati gli armistizi con gli Stati arabi attaccanti e, con la guerra vinta, Israele aveva allargato il suo territorio iniziale anche su parti di quello che – secondo la risoluzione dell’ONU - sarebbe dovuto essere lo Stato palestinese. E siccome nei decenni successivi ci sono state altre due guerre, vinte sempre da Israele, gli israeliani hanno continuato ad allargare i propri territori.
Da che mondo è mondo, lo Stato che vince si prende anche terre dello Stato che perde: pensiamo solo allo smembramento dell’impero ottomano e dell’impero austro-ungarico alla fine della prima guerra mondiale. Oppure alle perdite dell’Istria e Dalmazia da parte dell’Italia a favore della Yugoslavia alla fine della seconda guerra mondiale, dopo che le aveva acquisite alla fine della prima. Per non parlare delle perdite territoriali della Germania. Inoltre, mentre oggi, solo a Gaza, ci sono circa due milioni e pezzo di persone, all’inizio non erano milioni, ma circa 700.000 in tutti i territori che sulla carta dovevano diventare lo Stato di Palestina. Ricordo che l’Italia ha assorbito dopo la guerra circa 300.000 istriano-dalmati; la Finlandia circa un milione di finlandesi fuggiti dalle terre finlandesi occupate dai russi, i tedeschi svariati milioni di connazionali dalle terre occupate dai Paesi dell’est (Polonia in testa).
È chiaro quindi che, in Medio oriente, è da sempre mancata una volontà politica di risolvere il problema, perché tutti gli arabi abitanti il territorio chiamato Palestina, senza essere palestinesi, avrebbero ben potuto essere assorbiti facilmente dagli altri Paesi arabi.
Ma arriviamo ai giorni nostri.
(continua)
NOTE
[1] Colpiti con le sue aspre disposizioni contenute nella bolla Cum nimis absurdum del 14 luglio 1555.
[2] Guerriero A., Quaesivi et non inveni, ed. Mondadori, Milano, 1973, 11 ss.
[3] Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane -Nostra aetate n.4 – del 28.10.1965.
[4] Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II parte, ed. Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2011, 209.
[5] Culot D., Gesù questo sconosciuto, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2024, 257, parlando della verità dei dogmi.
[6] La parola “ghetto” viene da geto che, in dialetto veneto (in cui tendenzialmente non si raddoppiano le consonanti), indicava il luogo dove a Venezia c'era la fonderia; la G dolce era pronunciata dura dagli ebrei tedeschi che per primi arrivarono in quel luogo, e la parola è diventata internazionale, rimanendo identica sia in inglese, francese e in spagnolo. Lì vennero segregati i giudei dal 1516, esclusi dalle cariche pubbliche, dai mestieri e arti liberali e dal possesso fondiario, con l'unica libertà di commerciare denaro (Laggia A., Venezia, i 500 anni del ghetto più antico, "Famiglia cristiana", n.13/2016, 50s.). Napoleone, gran distruttore di chiese e mangiapreti, fu però anche quello che ordinò la fine del ghetto a Venezia nel 1797 (Laggia A., cit., 51).
Va anche aggiunto che a Venezia, nonostante operasse l’Inquisizione, non si eseguivano normalmente le condanne a morte degli eretici, e i patrizi tendenzialmente proteggevano sia gli eretici sia gli ebrei da Roma (Del Col A., Inquisizione e dissenso nel Friuli del primo Cinquecento, relazione tenuta al Seminario di Pordenone il 23.11.2024).
[7] Che tutta la terra palestinese debba essere restituita ai legittimi proprietari, cioè ai palestinesi, lo diceva in un’intervista anche Naim Qassem, all’epoca n.2 di Hezbollah; ora promosso a n.1 dopo la morte dei due capi precedenti: “Israele non ha diritto di esistere. La «resistenza» (contro l’occupante israeliano) spiana la strada verso il Paradiso. Il «sacrificio», fino al dono della vita, è una caratteristica essenziale del buon sciita” (in https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/dalle-donne-a-israele-che-non-ha-diritto-di-esistere-chi-è-naim-qassem-il-nuovo-leader-di-hezbollah/ar-AA1t8jFP?ocid=msedgdhp&pc=LCTS&cvid=ab5a0bb86d1a43a2880d505412483906&ei=34)
[8] L’unico cartello che mi sarebbe piaciuto vedere nei cortei è: “La situazione è complessa. Parliamone”. Invece molti che vogliono essere dalla parte giusta danno spiegazioni semplicistiche. Non c’è dubbio, poi, che chi si dimostra aggressivo pretende anche di essere depositario unico della Verità.
[9] È un dato di fatto che ci sono non pochi individui, nei cortei, che partecipano all’inizio gridando “pace” e subito dopo ricorrono alla violenza.
[10] A dire il vero ci sono anche ebrei che negano legittimità allo Stato d’Israele costituito dagli uomini. Ad es. i Neturei Krta, una setta di ortodossi, nega la legittimità perché lo Stato attuale non è stato costituito dal Messia.
[11] Invece hanno accolto di buon grado in data 18 settembre la risoluzione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, con cui si chiede la fine dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi illegalmente occupati, nell’arco di dodici mesi. In questo caso è stato Israele a far orecchi da mercante.
[12] Vedi infra alcuni estratti dello Statuto, che è pubblico. Il testo è reperibile su vari siti internet. Fra gli altri quello del Center for Studies of New Religions (Cesnur) da cui ho estrapolato alcuni significativi passi degli articoli statutari.
[13] Pogrom è parola che deriva dal russo (significa devastazione) e si riferisce a un’improvvisa sommossa popolare che si accanisce contro una minoranza.
[14] L’11.12.1946 l’assemblea dell’ONU, con la risoluzione n. 96 (I sessione) ha definito genocidio la negazione del diritto all’esistenza di un’intera popolazione.
[15] Nel 1945 Libano, Siria, Transgiordania, Iraq, Egitto, Arabia Saudita e Yemen –formarono la Lega Araba, un’alleanza economica e politica. Nel 1964 l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è stata fondata per decisione e come proxy della Lega araba, con l’obbiettivo dichiarato della liberazione della Palestina attraverso la lotta armata.
[16] Trouw (in italiano vuol dire Fedele) è stato nominato "Giornale europeo dell'anno 2012" nel 2012.
[17] In seguito si spiegherà il perché.
[18] I paesi arabi, che si erano tutti opposti al piano, hanno proposto di interrogare la Corte internazionale di giustizia sulla competenza dell'Assemblea generale a dividere un paese, ma la risoluzione è stata respinta.
[19] Scrive, ad es. l’archeologo Paolo Matthiae, lo scopritore di Ebla, che sir Leonard Woollley fu il primo a scavare prima della prima guerra mondiale il tell (la collina) Atshanah allora in territorio siriano, ma passato alla Turchia dopo la seconda guerra “per le disinvolte volubilità delle potenze coloniali del tempo – in quel caso la Francia”(Matthiae P. Senza veli, il Mulino, Bologna, 2024, 20).
[20] E per render oggi ancora più difficile la situazione, sotto il governo Netanyahu, il Parlamento israeliano ha approvato una legge sullo Stato-nazione che definisce Israele come la patria storica del popolo ebraico, incoraggia la creazione di comunità riservate agli ebrei, declassa l’arabo da lingua ufficiale a lingua a statuto speciale. Ovvio che, se lo Stato è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica. Quindi, checché se ne dica, dopo questa legge Israele non è più l’unica democrazia del Medio oriente, perché ha smesso di essere una democrazia egualitaria: era bello dire che l’apartheid riguardava solo il Sudafrica; ora i suoi Arabi sono cittadini di seconda classe e non sono parte dello Stato (dal quotidiano israeliano – non arabo - Haaretz, 19 luglio 2018).
Del resto Netanyahu, che governa grazie all’appoggio dei fondamentalisti di destra, ha in cambio permesso ai coloni di portare avanti una prassi di occupazione di terre, continuando a cacciare gli arabi che da generazioni le occupavano, aggiungendovi muri, posti di blocco e strade riservare ai soli ebrei. Tutto questo, insieme al rifiuto di riconoscere lo Stato di Palestina, non può che essere concausa della violenza che tragicamente investe quei due popoli. È chiaro che con la costante occupazione di terre arabe in Cisgiordania da parte dei coloni c’è un preciso progetto: arrivare all’annessione della West Bank e di tutte le terre bibliche di Giudea e Samaria. Ma così è Israele che si mette in una posizione di illegalità internazionale.
[21] L’originale è leggibile in inglese su wikisource.
[22] Nel Corano ci sono i versetti del periodo de La Mecca e quelli di Medina. In quelli scritti a La Mecca, Maometto parla di amore, i giudei e cristiani sono nostri amici, non c’è obbligo nella religione, e Dio è vicino a noi; quindi un discorso aperto e conciliante. In seguito, Maometto cacciato da La Mecca va a Medina, e il 622 diventa l’anno della sua migrazione (l’Egira). Fa scegliere alla sua cammella il nuovo luogo della sua sede a Medina (cioè si fermerà dove vuole Dio e così disinnesca le rivalità di chi lo voleva come vicino). Fino a Medina i musulmani erano rimasti passivi e perseguitati; poi giunge l’ordine di difendersi e cercano di recuperare quanto hanno lasciato a La Mecca. Quindi da capo spirituale, Maometto diventa un capo di Stato, militare e politico. Oggi i tre quarti del Corano sono versetti della Medina e sono un appello alla guerra, alla violenza e alla lotta contro gl’infedeli. I musulmani nei secoli IX e X avevano ben preso atto di questa contraddizione e l’hanno risolta con una semplice decisione: i versetti di Medina prevalgono su quelli de La Mecca. Non solo. Sono iniziate le guerre sante, e il sufismo (la linea più aperta e pacifica dell’Islam) è stato rifiutato.
Anche se nel mondo islamico molti sono i musulmani moderati (pensiamo solo a come l’Indonesia, lo Stato musulmano più popoloso, sostanzialmente non ha mai creato problemi nel mondo) i moderati non hanno quasi voce e potere in Medio oriente, e il vero potere sta quasi sempre nelle mani dei più radicali. È prevalso cioè l’islam chiuso e rigoroso di Muhammad ibn Abd al-Wahhab (il wahabismo).
L’ultima riforma è stata quella tentata dal teologo e politico sudanese Mahmoud Taha, che però a Khartum è stato impiccato nel 1985 (nel totale disinteresse e silenzio del mondo occidentale) nella piazza della città perché aveva osato dire che i versetti della Mecca dovevano abrogare quelli di Medina, con conseguente abolizione della sharia così come applicata in Sudan.
L’islam ha sette secoli meno del cristianesimo, e sette secoli fa anche la Chiesa liquidava rapidamente chi osava contestarla.
Certamente questo è innanzitutto un problema interno all’islam, ma vista la globalizzazione del mondo è un problema che ormai interessa anche noi occidentali.