Qumran
di Dario Culot
Fortezza di Masada (foto aerea da internet).
Sulla sinistra (con colore biancastro in ombra) i resti della rampa costruita dalle legioni romane
di Tito per raggiungere le mura ed espugnare il sito.
Oggi cercherò di sintetizzare in poco spazio quanto ho recepito nella giornata di studio su Qumran, del 22.5.2025, al museo ebraico di Trieste.
Devo dire, per prima cosa, che nell’incontro di studio ho avvertito (e non credo di essermi sbagliato) un nervo scoperto: come i cattolici non sono molto contenti di vedere studiosi di altre religioni indagare a fondo sui loro dogmi, così molti rabbini non hanno piacere di vedere che dei cristiani studino e interpretino la Bibbia masoretica[1]. La soluzione ideale sarebbe formare delle commissioni di studio miste, ma evidentemente motivi di gelosia prevalgono ancora oggi sulla volontà di collaborazione: insomma, anche se non mancano persone di buona volontà, generose, che vorrebbero coinvolgere altri non avendo particolari interessi personali, sembra ancora prevalere la divisione rispetto all’unione.
Immagino che questo succeda perché per ogni religione monoteista, anche quando non si esprime violentemente, la parola e la norma divina giungono unicamente attraverso il proprio libro sacro, e non si deve cercarla altrove: c’è la convinzione che, altrove (cioè in tutte le altre religioni), Dio tace. E nessuno, che segua un Dio che tace, può permettersi di andar a interpretare le vere parole che Dio ha lasciato nell’unico libro sacro che ha rivelato. Perciò ogni religione monoteista vive quanto meno con un senso di superiorità, in quanto rivendica di essere solo lei nata dalla rivelazione divina,[2] soprannaturale (è così, anche per la nostra,[3] vedi n.2244 Catechismo[4]). Per ogni religione monoteista vale quindi l’equazione: differente religione eguale religione inferiore. Si capisce allora perché una persona che osserva scrupolosamente le norme della propria religione, vedendo la sua buona condotta si auto-loda e si trasforma in persona religiosamente orgogliosa; perciò di frequente è una persona che non ha dubbi; inevitabile che questa persona priva di dubbi avverta un inconfessabile senso di superiorità per tutti coloro che non pensano come lei (Lc 18, 11: “perché lui non è come gli altri”). I grandi osservanti della religione sono spesso anche i grandi disprezzatori[5]. Nulla di nuovo sotto il sole: anche nella Scrittura, i profeti dubitano (Mt 11, 2: Giovanni Battista, ad esempio, dubita che Gesù sia il Messia); i sacerdoti, che non hanno mai dubbi, disprezzano Gesù (Gv 9, 24: “noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”).
Tornando però ai testi di Qumran, va detto che, pur depositati in un museo a Gerusalemme, essi sono stati probabilmente studiati più da studiosi non ebrei che da ebrei. Oggi tutti i documenti[6] sono a disposizione del pubblico (in foto ad alta intensità, e in forma critica con tutti i dati possibili di riferimento) in circa 40 volumi. Gli originali, conservati nel museo di Gerusalemme, non sono invece a disposizione del pubblico, a causa della loro fragilità.
Com’è noto, nel 1947 un pastore che inseguiva una capretta è finito dentro a una grotta nella zona di Qumran (parola tronca, con l’accento sulla “a” e non sulla “u”), vicino alla fortezza di Masada e al Mar Morto, e ha trovato delle giare chiuse con coperchi. All’interno manoscritti antichi. È così iniziata quella che forse è stata la più grande scoperta archeologica del XX secolo.
La scoperta iniziale ha dato luogo al successivo ritrovamento di altre giare, con altri manoscritti, in altre dieci grotte, e alla fine del 2010, dopo tante difficoltà,[7] si è riusciti a catalogare tutti i rotoli[8] e soprattutto i frammenti, in numero ben maggiore rispetto ai testi completi: in tutto un migliaio di reperti. Teniamo presente che all’inizio dei ritrovamenti e per molti anni non esistevano ancora i computer, moltissimi erano i frammenti e diversi di essi erano piccoli come francobolli. Quindi con solo dei frammenti in mano era estremamente difficile inquadrare lo scritto e ricostruire il suo ordine se non si possedeva già anche una copia integra pregressa di quello stesso scritto, ovviamente conosciuta da chi cercava di interpretare quel francobollo. Inoltre, fino alla guerra arabo-israeliana, il territorio di Qumran faceva parte della Giordania, mentre oggi è in Israele.
La datazione dei documenti, scritti in ebraico e aramaico (solo pochi sono in lingua greca), dapprima fatta con la paleografia, poi col carbonio 14 e infine con la spettrometria di massa, ha permesso di fissare la scrittura dei documenti di questa vasta biblioteca fra il II secolo a.C. e il I secolo d.C. In realtà si parla impropriamente di biblioteca, perché non c’era alcun ordine, anche se l’intero contenuto costituiva buona parte di tutta la letteratura palestinese dell’epoca: una vera biblioteca, com’è noto, deve essere invece un modello ben organizzato e fruibile per chi vi accede. Quindi si deve pensare che il tutto sia stato nascosto in fretta e furia. Ma perché e da chi? Non si sa.
Seguendo un metodo di catalogazione moderno i documenti sono stati divisi in testi biblici e non biblici. Questi ultimi, in particolare rivelano un modo di vivere e anche una teologia di comunità in precedenza poco o del tutto sconosciuta. In particolare, per districarsi fra i tantissimi rotoli e frammenti, i testi non biblici sono stati ulteriormente classificati sotto differenti tipologie. Cioè i testi sono stati suddivisi in base
- al genere letterario,
- al contenuto,
- all’utilizzo che ne è stato fatto.
Ovviamente l’importanza della scoperta sta proprio nell’antichità di questi testi. Fino a questo eccezionale ritrovamento il testo biblico più antico era la Bibbia di Aleppo risalente al 930 d.C. (però incompleta), e la Bibbia di Leningrado risalente al 1009 d.C.: fino alla scoperta di Qumran questo era, in assoluto, il più antico manoscritto della Bibbia ebraica, conservatosi integralmente. Con questa scoperta si è potuto fare un salto indietro di quasi un millennio.
A Qumran sono stati rinvenuti quasi tutti i libri della Bibbia ebraica (come detto nella nota 1, all’epoca non esisteva ancora un canone ufficiale fra gli ebrei).
Come si è visto negli articoli di giugno sui canoni, non solo i vangeli all’inizio erano testi vivi e fluidi: anche il testo biblico era fluido e non ancora cristallizzato. Il canone biblico è stato fissato una volta per tutte e definitivamente appena fra il VI e il X secolo d.C., quindi ben dopo i vangeli. Ebbene, la nuova scoperta ha permesso di vedere sotto nuova luce la Bibbia dei LXX, scritta in greco intorno al III secolo a.C.: infatti il testo greco era spesso diverso da quello ebraico, ma non si sapeva se la differenza era dipesa da chi aveva tradotto dall’ebraico in greco, oppure se la motivazione era diversa. Ebbene, con i documenti di Qumran in mano, si è visto che il modello usato dai settanta spesso corrispondeva perfettamente a questi vecchi documenti ebraici. Deduzione: della Bibbia scritta in ebraico esistevano fin dall’inizio più versioni.
Di questo c’è anche un’ulteriore riprova. Quand’anche i testi di Qumran abbiano più somiglianza con la Bibbia dei LXX, restano comunque diverse varianti, le quali si spiegano in parte con errori di copiatura (ortografia errata, omissioni di qualche lettera[9]), ma soprattutto con copiatura da una testo diverso. È così emersa perfino qualche pericope (breve passo del testo) che non si trova né nella Bibbia masosretica, né in quella dei Settanta, il che ci fa capire nuove cose sulla storia della Bibbia, perché se qualche volta quel determinato testo è presente solo nei manoscritti di Qumran, significa che nell’antichità già esisteva questa diversa versione. Vediamo ora qualche esempio.
Ad esempio i Salmi dall’1 all’89 hanno poche differenze col testo masoretico. Dal 91 al 150 le varianti sono sia testuali sia c’è qualche cambiamento d’ordine. Il salmo 90 manca del tutto.
Curioso nel salmo 145, detto acrostico (cioè siamo in presenza di una composizione dove ogni verso inizia con la lettera alfabetica successiva), che il versetto 13 non inizi con la lettera prevista al n. 13 dell’alfabeto. Nel testo greco dei LXX invece il verso è regolarmente acrostico, per cui si pensa che questo sia un verso andato perduto nel tempo.
Nel salmo 136 sono aggiunti dei versetti che continuano a ripetersi (a mo’ un ritornello): “il Signore è buono perché il suo amore è per sempre”. Stessa cosa nel salmo 118. Si poteva pensare che per ottenere una coerenza fra il 136 e il 118 lo scriba avesse scelto di sua volontà di aggiungere il ritornello. Ma oggi si può pensare che il ritornello esistesse all’inizio e sia stato invece eliminato in seguito.
Leggermente diverso, nella Bibbia masoretica e in quella dei settanta, suona il verso 107 del Salmo 119:
a) il testo masoretico dice: dai vita secondo la tua parola,
b) nella la Bibbia dei LXX si trova: abbi misericordia secondo la tua promessa.
Ma altre sottili differenze si trovano nel versetto 137 del Salmo 119:
a) testo masoretico dice: e retto nei tuoi giudizi,
b) Bibbia dei LXX: il tuo giudizio è retto,
c) versione trovata a Qumran: e retti sono i tuoi giudizi.
I testi sono chiaramente simili ma diversi, e non si può dire che uno è sicuramente quello giusto, mentre l’altro è sbagliato. Semplicemente le versioni in passato erano diverse.
Va comunque riconosciuto che la maggior parte delle domande che sono sorte dopo questi preziosi ritrovamenti sono ancora senza risposta. A tutt’oggi possiamo solo balbettare nei confronti di questi fragili testi.
Chi ha scritto questi testi? Non si sa. Dove sono stati scritti? Non si sa. Perché alcuni testi sono in ebraico, altri in aramaico, e pochi in greco? Non si sa. Perché sono stati nascosti nelle caverne? Non si sa. Assai vicino alla grotta n. 1 sono stati trovati i resti di un piccolo insediamento, ma nulla è stato trovato nell’insediamento che potesse suggerire che lì quei testi siano stati redatti, per essere poi nascosti nella vicina caverna. Una spiegazione logica potrebbe essere che i documenti sono stati nascosti per paura dei romani che venivano per distruggere; ma distruggevano solo chi e cose appartenenti a chi si era ribellato all’impero, mentre non s’interessavano di religione. Dunque chi ha nascosto era un ribelle come coloro che si sono rifugiati a Masada? La fortezza di Masada, presa dalle legioni di Tito dopo un lungo assedio, si trova vicina a Qumran, e anche altri documenti (in quantità però nettamente inferiore rispetto a Qumran) sono stati trovati in altre grotte nei pressi di Masada.
All’inizio aveva preso piede l’idea che in zona si fossero appartati gli esseni, ma nessun documento lo comprova; in un documento reperito in loco chi ha scritto si è autoproclamato del gruppo “figli di Sadoc”, non esseni. Ma chi erano i figli di Sadoc? Dunque non si sa quasi niente di tutta la vicenda. Per di più gli esseni non erano un pericolo per i romani perché non si occupavano concretamente di politica.
Fra i tanti testi rinvenuti nelle grotte di Qumran vanno ricordati in particolare:
- quello chiamato “le regole”, cioè un testo costitutivo di un gruppo che si dava regole per l’organizzazione interna, ma anche chiariva le relazioni che si dovevano avere all’esterno. Il testo è interessante perché contiene un trattatello di teologia dove si parla della lotta dei due spiriti: del bene e del male. Nell’uomo c’è uno spirito di verità, che porta luce, e uno spirito di menzogna che porta tenebre. Se uno è figlio della luce diventa un privilegiato, ma la differenza dipende già dalla predestinazione da Dio, e l’uomo non può che attuare ciò che Dio ha già predeterminato[10]. Se c’è predeterminazione non ci può essere libertà del singolo.
Nel testo si trova anche la figura del diavolo con le corna (ripreso anche nel cristianesimo), mentre – essendo stato scritto probabilmente da monaci maschi, - non si parla minimamente della questione femminile.
- il cosiddetto documento di Damasco. Prima di Qumran una copia integra di questo stesso testo era stata trovata nel 1896 in un deposito del Cairo.
In questo documento, che segue tutt’altra linea teologica, non c’è la netta distinzione fra luce e tenebre, e molto viene lasciato alle scelte del singolo, il che vuol dire che diversi potevano essere i modi di mettere in pratica la Torah per chi seguiva la teologia di quel documento. Dunque era lasciata ai fedeli una notevole libertà di decisione.
È stato fatto notare che, nella sua lettera ai Galati, san Paolo ha usato un linguaggio che trova precisi richiami in quest’opera. Quindi quei principi descritti a Qumran si armonizzavano con quella che doveva essere la mentalità dell’epoca, almeno in una certa comunità.
- il cosiddetto calendario. Sappiamo che anche nel Tempio di Gerusalemme veniva usato un calendario, ma lunare, mentre quello di Qumran non tiene conto delle fasi lunari. Comunque a Qumran si parlava di un anno di 364 giorni dove tutto è predeterminato, senza tener conto – come riportato - della realtà astronomica. Il calendario serviva probabilmente anche alla liturgia soprattutto per non sbagliare i giorni e contaminare così il rito. Ancora oggi, nella nostra Chiesa, sappiamo che la forma è parte essenziale del rito.
- l’escatologia. La comunità che ha conservato questo testo, intriso di visioni apocalittiche, era convinta di vivere alla fine dei tempi, e inevitabile appariva la guerra finale fra i membri della luce (pochi) e quelli delle tenebre (il resto del mondo).
Il tempo che oggi si vive è l’eone[11] presente, cioè il male. L’eone futuro sarà il bene con l’avvento di Dio.
- In un breve frammento si parla di un personaggio chiamato figlio di Dio, ma non si capisce se se ne parli in positivo o negativo perché il testo è purtroppo incompleto.
- il lunghissimo (ben otto metri) rotolo del Tempio. La novità principale è che in questo testo Mosè non appare affatto come mediatore fra Dio e il popolo. Forse dei sacerdoti di Gerusalemme, ai tempi di Antioco IV, si erano allontanati da Gerusalemme finendo a Qumran come gruppo secessionista e portando con sé il rotolo. Forse il testo faceva parte della biblioteca del Tempio, ma appartiene comunque a un periodo precedente a quello in cui Mosè è stato enfatizzato, diventando il più grande di tutti i profeti (Dt 34, 10). Evidentemente non era così fin dall’inizio[12].
- il rotolo di rame. C’è poi questo testo strano che è stato aperto a fatica appunto perché in rame. Parla di tesori nascosti in vari luoghi, i cui nomi però, oggi, non ci dicono nulla.
Per concludere, se prima di Qumran poteva esserci una qualche incertezza sul fatto che il testo originale biblico e quello a noi pervenuto fossero sostanzialmente coincidenti, avendo potuto andare indietro in un colpo solo di circa mille anni, si è avuto la conferma che la Bibbia di oggi non è stata stravolta nel tempo rispetto alla versione originale.
NOTE
[1] La versione ufficiale (il canone) per gli ebrei è costituito dalla Bibbia masoretica, detta così perché sarebbe stata sviluppata dai masoreti, cioè da scribi ebrei che hanno proceduto anche alla vocalizzazione del testo (in precedenza composto da sole consonanti) e alla sua sistematizzazione. Il lavoro è stato svolto appena fra il VI e il X secolo d.C. Nella grotta 1 di Qumran è stato, ad esempio, trovato il rotolo di Isaia non ancora vocalizzato: pensate all’emozione degli archeologi.
[2] AA.VV., Il cristianesimo questo sconosciuto, ed. Didaskaleion, Torino, 1993, 12 s.: in quanto Dio si è rivelato agli uomini attraverso un suo portavoce: Mosè e gli altri profeti per l’ebraismo, Gesù per il cristianesimo, Maometto per l’islamismo.
[3] Virgil J., Credere come Gesù, in www.dimensionesperanza.it.
[4] Catechismo della Chiesa cattolica, Testo integrale e commento teologico, ed. Piemme, Città del Vaticano e Casale Monferrato (AL), 1992-93.
[5] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 131.
[6] Es. di classificazione odierna: 1Q 27III7. Q sta ovviamente per Qumran. Il numero 1 indica la grotta del ritrovamento. Il n. 27 indica la numerazione data al documento. III indica la colonna, 7 indica la riga di quella colonna
[7] Ad esempio il grande polacco Milik Joseph ha fatto assai fatica a lasciare che altri vedessero gli scritti che all’inizio erano stati affidati a lui, in qualità di esperto.
[8] Nella grotta n.1, cd. grotta della capra, sono stati trovati i rotoli più completi e meglio conservati.
[9] Teniamo presente che oggi un errore al computer lo correggiamo con un click. In quell’epoca, su papiro e pergamena l’errore faceva correre il rischio di dover buttar via l’intero papiro o pergamena, il cui costo – fra l’altro, era assai elevato.
[10] Dunque anche fra gli ebrei c’era chi credeva alla predestinazione, e lo stesso è avvenuto fra i cristiani protestanti. Ora, se la fede fosse veramente un dono di Dio, come a volte ci è stato raccontato, si dovrebbe riconoscere che c’è la predestinazione perché Dio, concedendo il dono solo a chi vuole Lui, finirebbe per salvare solo chi vuole Lui. Ma se è vero che Dio vuole che tutti siano salvi (1Tm 2, 4), e tutti possono salvarsi, anche la dottrina della predestinazione deve essere abbandonata.
[11] In un contesto spirituale, l’eone indica un periodo di tempo molto lungo e determinato.
[12] Naturalmente questo fa pensare che la storia delle tavole della Legge consegnate da Dio in persona a Mosè sia stata scritto in seguito: inserire un racconto in cui Dio parla con Mosè e gli consegna le tavole significava beneficiare così dell’autorità di entrambi questi personaggi fin dall’inizio.
Oggi però, sono in molti a pensare che uomini saggi hanno pian piano raccolto le norme che ritenevano più giuste per governare una società piuttosto anarchica come quella ebraica, anche copiando da popolazioni vicine. Così sarebbero nati i comandamenti (così noi sempre li abbiamo chiamati per dar loro maggiore autorità, ma in ebraico si usa il termine “parola”, che richiama più un suggerimento che un ordine). I 10 comandamenti si trovano in Dt 5, 6-21; ed Es 20, 2-17 e poiché le due versioni sono già differenti fra di loro è chiaro che non sono stati dettati da Dio.
Per fare un es., pensiamo al concetto di vendetta. Se leggiamo il discorso di Lamech (Gn 4, 23), vediamo che siamo davanti a una vendetta privata senza limite che Dio stesso approva: per un livido Lamech uccide un ragazzo; per una ferita uccide un uomo. Ma agendo così dove si finisce? A quel punto è scontato che le faide fra clan non finiranno più, col rischio di distruggere l’intero clan più debole, per eliminazione fisica. La legge, con i suoi comandamenti, serve in realtà per far vivere meglio la comunità, e quale maggior peso acquista se la gente si convince che viene nientemeno che da Dio? Il re babilonese Hammurabi aveva inserito nel suo codice il famoso principio del taglione: “occhio per occhio, dente per dente” (Enciclopedia storica L’uomo e il tempo, ed. Mondadori, Milano, 1972, vol.2., 151). Noi oggi consideriamo questo principio barbaro e violento, ma nel 1800 a.C. questo era un grandissimo principio di civiltà, perché poneva un preciso limite alla vendetta: se uno ti ha rotto un dente, puoi solo rompergli un dente, non puoi staccargli un braccio o ammazzarlo. La Bibbia ha accolto col tempo questo principio inserendolo nel più vasto principio della giustizia retributiva, e superando la vendetta di Lamech.
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