Waking lions on the sea gulf in Greta’s name
di Stefano Sodaro
Creazione digitale sottostante tramite IA
D’accordo. Forse la Barcolana è un grande frullatore per Trieste, un elettrodomestico simbolico – ormai – che centrifuga tutto e troppo, senza star lì a far sottigliezze. Ma forse anche no. Forse non è esattamente così.
Mettiamo in fila, come birilli o pezzi di frutta pronti per la degustazione, gli eventi che, come che sia, vanno a finire dentro la grande Regata.
Venerdì della scorsa settimana, la nomina della prima donna alla sede arcivescovile anglicana di Canterbury, Sarah Mullally.
Il giovedì, invece, di questa stessa settimana, la presentazione della nuova, prima, Esortazione Apostolica di Papa Leone XIV, intitolata “Dilexi te”. Ed il primo impatto positivo, proprio immediato, consiste nella semplice constatazione che quel “te” – “ti ho amato/a” – non è complemento oggetto romanticamente individuale, bensì è il “tu” di una comunità cristiana. Così si legge al n. 1 del documento: «Ti ho amato» (Ap 3,9), dice il Signore a una comunità cristiana che, a differenza di altre, non aveva alcuna rilevanza o risorsa ed era esposta alla violenza e al disprezzo: «Per quanto tu abbia poca forza […] li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi» (Ap 3,8-9). Questo testo richiama le parole del cantico di Maria: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,52-53). Che un Papa abbandoni il familismo “io/tu per sempre”, alla Verdone di Un sacco bello - quando sceglie il disco da ascoltare con Marisol - , già dice molto. Finalmente.
E sempre giovedì è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura allo scrittore ungherese László Krasznahorkai, che ha casa a Trieste. Sì, esattamente, a Trieste.
Ma giovedì, 9 ottobre 2025, è stato anche il giorno dell’annuncio dell’accordo tra Israele e Hamas, auspice il Presidente degli USA Ronald Trump, che avrebbe voluto, in considerazione dell’enormità della raggiunta intesa, quel Premio Nobel per la Pace che è invece andato a María Corina Machado, strenua oppositrice di Nicolás Maduro, presidente del Venezuela. Chi scrive queste righe è decisamente molto lontano - ma veramente molto lontano - dai riferimenti ideologici neoliberali e neoliberisti della Premio Nobel; non ha alcuna importanza, figuriamoci.
Il golfo e i leoni. Tutto questo gran frullato sta, tuttavia, dentro una cornice letteraria, corrispondente alla scoperta – mia, grazie all’eccelso librario Tommaso Contessi della Libreria Minerva di Trieste – del romanzo di Ayelet Gundar-Goshen Svegliare i leoni (2014), edito prima da Giuntina e ora da Feltrinelli. I leoni che vanno svegliati sono quelli della complessità culturale, di una nuova centratura sulle ragioni del corpo piuttosto che solo su quelle della mente, sull’emersione, faticosissima nonostante tutte le canzonette d’ogni epoca, dell’amore come dimensione non-romantica, bensì oggettiva, quasi materiale, grezza, dello stare bene prima di tutto con se stessi e stesse.
Ma i leoni da svegliare sono anche quelli che dormono adagiati sul Golfo di Trieste, tra le onde della Barcolana. Un mare che non è solo acqua e vento, ma anche memoria: proprio l’11 ottobre, 63 anni fa, si apriva il Concilio Vaticano II, un evento che provò a ridisegnare il rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno. Un Concilio che parlò di “segni dei tempi”, di dialogo, di un’umanità in cammino. E oggi, in quel stesso mare, si affollano barche e velisti, simbolo di una città che non smette di interrogarsi, di misurarsi con l’altro, con il diverso, con il futuro.
Greta e il risveglio. E così, proprio qui, entra in scena ora Greta. Coup de théâtre.
Non solo, però, Greta Thunberg, la ragazza che ha svegliato le coscienze sul clima, ma Greta come nome collettivo, come grido di una generazione che chiede di essere ascoltata. La Barcolana, con le sue migliaia di imbarcazioni, è anche questo: una regata che non si vince da soli, ma insieme, come la lotta per il pianeta o per la giustizia sociale. I leoni da svegliare sono quelli che ancora credono che la politica, la cultura, la fede possano essere motori di cambiamento, non gabbie per l’anima. Sono i leoni che ruggiscono contro l’indifferenza, contro la rassegnazione, contro l’idea che il mondo sia un frullatore che centrifuga tutto senza lasciare traccia.
Forse, allora, la Barcolana non è solo un elettrodomestico cerimoniale. Forse è una metafora: un mare agitato, dove ogni vela è una domanda, ogni onda una sfida, e ogni partenza un invito a non addormentarsi. Anche quando il vento tace.
E adesso? Così, mentre Trieste si prepara a festeggiare la sua regata, il titolo di questo editoriale – “Waking lions on the sea gulf in Greta’s name” – diventa un augurio: che i leoni si sveglino, che il mare non sia solo uno specchio, ma una strada, e che la complessità non ci spaventi, ma ci guidi. Come scriveva Krasznahorkai, “la resistenza è l’unica forma di speranza”. E la speranza, si sa, è una barca che va issata ogni mattina.