Melissa Moseni, giovane filosofa triestina ventisettenne e neo-socia dell’Associazione Culturale Casa Alta, ha accettato di rilasciarci in esclusiva questa intervista sull’elezione di Papa Leone XIV
Ieri, alla Scuola di Filosofia di Trieste, Massimo Recalcati ha riferito che in questi giorni moltissimi suoi pazienti gli hanno parlato del Conclave. Si è domandato come mai e si è risposto che si tratta della ritualizzazione della soluzione di una crisi che affascina: morte, comunità, uscita dalla paralisi del lutto con una novità. Cosa ne pensi?
L’interpretazione è suggestiva, tanto più se vi si affianca anche una lettura un po’ più sociologica: credo che questa fascinazione di cui parla Recalcati derivi non solo dall’assistere alla soluzione della crisi – una catarsi: il constatare, per mezzo degli altri, che “le soluzioni sono possibili” – ma anche da un’inconfessata nostalgia o fantasia al futuro, di un mondo più lento, silenzioso, non mediatico, non sloganistico, di una comunità radicata in una storia e in una fede condivisa. Nel Conclave, la Chiesa istituzionale mostra proprio il suo muoversi secondo altre misure, altri tempi, altre leggi. Naturalmente, questo “altro mondo” va interrogato, e va interrogato il proprio desiderio di esso: che sia autentico e non fuga, che sia desiderio di vita e non di stagnazione; va interrogata la Chiesa per vedere quanto, quando, dove, essa incarni vita e desiderio o… altro. L’importante è che questo fascino non diventi folclore per “turisti dello spirito”. Questo rischio si argina quanto più la Chiesa è in grado di diventare (ridiventare? Dimostrarsi?) modello autorevole e convincente di un’altra vita possibile.
Prevost è un agostiniano. A te che hai studiato l’esistenzialismo cristiano domando: Agostino d’Ippona era forse un “proto-esistenzialista”?
Sì, con la dovuta cautela, penso sia legittimo leggere Agostino come proto-esistenzialista; autori come Nicola Abbagnano o Cornelio Fabro hanno studiato proprio questa possibile genealogia. Alcuni dei temi principali nella riflessione esistenzialista sono protagonisti già nella riflessione di Agostino: la coscienza come luogo di incontro con la verità, il legame tra libertà e responsabilità, di un interrogarsi continuo che tuttavia non schiaccia ma libera; la vita di Agostino, poi, è esattamente l’esempio di una vita che incarna questi temi e questi conflitti. Un’esistenza che si è assunta il peso della risposta e che si è realizzata, come direbbe Jaspers, nella decisione presa di fronte all’irruzione della trascendenza. Mi sembra che nella personalità di Prevost si notino tratti che potrebbero averlo predisposto alla frequentazione della spiritualità agostiniana, o che sono fioriti nell’esercitarla: una certa introversione, che tuttavia non è chiusura, ma anzi intensa umanità elargita dalle sue lacrime silenziose offerte e non nascoste. Uno stile né stucchevolmente amichevole né rigido, bensì misurato perché radicato in quella presenza lenta di chi costantemente vaglia dentro di sé. Colpisce anche l’unione di un’intensa attività intellettuale (penso all’ampio e variegato curriculum studiorum) con la vocazione missionaria per tanti anni esercitata. La prova di una ricerca che sa diventare vita.
Il nuovo Papa ha spiegato l’assunzione del nome di Leone XIV riferendosi alla Rerum Novarum di Leone XIII in quanto, come ai tempi dell’affacciarsi della Rivoluzione Industriale, oggi saremmo di fronte alla Rivoluzione Tecnologica costituita dall'Intelligenza Artificiale. Cosa ne pensi?
Penso che, attraverso la spiegazione del nome assunto, Leone XIV abbia voluto indicare uno degli assi portanti del suo pontificato. Mi sembra un’assunzione di responsabilità notevole, poiché la sfida è molto alta e cruciale, sia per le sue implicazioni sociologiche che antropologiche. La struttura della nostra società è ancora quella del capitalismo industriale e i problemi, che mossero non solo Leone XIII nel 1891, ma anche molti intellettuali dell’epoca (la sociologia nasce nello stesso secolo come disciplina “preoccupata”), restano ancora in larga parte irrisolti: alcuni di questi, come l’alienazione sociale e psicologica, le forme di dipendenza, le condizioni di lavoro, appaiono persino acuiti nell’epoca della nuova Rivoluzione tecnologica. Credo che il problema principale che assomma tutte le cause dei malesseri citati sia un certo orientamento politico tecnicistico, che ha voluto separare l’economia dall’etica, in nome di un’efficienza che ha molto più a che fare con la macchina che con la vita. Certo, beneficiamo dei frutti di questa efficienza incontrando un benessere economico diffuso, una qualità delle cure mediche un tempo impensabile, una maggiore diffusione dell’istruzione. Ma gli esiti positivi non bastano a generare benessere autentico, umano. Per quello è necessario sapere in vista di che cosa questi effetti materiali ci interessano e condividere una direzione comune.
L’intenzione del Papa, quindi, mi rassicura e viene da me accolta con speranza e fiducia: mi sembra che il problema abbia a che fare con una disumanizzazione dell’economia e della politica e la forza del Cristianesimo, non solo del Cattolicesimo, sta proprio nella centralità dell’uomo inteso tanto come umanità quanto come persona. Nell’affrontare le sfide della Rivoluzione tecnologica quindi, Leone XIV sarà aiutato sia dalla direzione tracciata dal predecessore, qualora volesse riprenderla nei punti di critica al capitalismo e al cosiddetto liberismo, sia dal suo essere “figlio di Agostino”, che gli dona il potenziale di ispirare negli altri quella responsabilità nell’assumere se stessi che apre alla vita.