Che cos’è l’onnigamia
di Stefano Sodaro
La Crista - creazione digitale di volto immaginario tramite IA
Proviamo a definire l’onnigamia di cui tanto abbiamo provato a scrivere, con esiti, però, ne sono consapevole, del tutto insufficienti quanto a possibile comprensione
Una definizione, si diceva. Eccola qui: a differenza di quella di Charles Fourier, la nostra onnigamia è la compersione attiva e passiva indissolubilmente congiunte e necessariamente sincroniche.
Ma detta così, è ancor peggio di quanto si potesse mai temere.
Facciamo qualche passetto esitante, con tutta calma.
Nel pensiero “rodafiano”, l’onnigamia non è una semplice utopia erotica né una moltiplicazione quantitativa dei legami.
È una visione mistica e radicale dell’amore come campo simultaneo di compresenza, dove ogni desiderio è accolto, ogni piacere è condiviso, ogni alterità è celebrata.
A differenza di Charles Fourier, che immaginava la sua onnigamia (fu lui il primo artefice nella storia del termine) come una geometria sociale di attrazioni multiple e armoniche, noi ne facciamo un sacramento del sentire: una liturgia del corpo e dello spirito che si compie solo nella compersione attiva e passiva, indissolubilmente congiunte e necessariamente sincroniche.
La compersione, scritta proprio così, sì, con un neologismo inventato di sana pianta all’interno delle riflessioni sul poliamore, è, in termini psicologici, la gioia che si prova nel vedere l’altro vivere il proprio piacere, anche se non ci coinvolge direttamente. Il contrario esatto della gelosia.
Noi ne radicalizziamo il significato: la compersione non è solo accettazione, è partecipazione. Non è solo empatia, è incarnazione. L’onnigamia rodafiana implica che ogni soggetto erotico sia simultaneamente amante e testimone, attivo e ricettivo, centro e periferia del desiderio altrui. Non si tratta di alternanza, ma di sincronia: il piacere dell’altro è il mio, nel momento stesso in cui lo vedo, lo sento, lo amplifico.
In questa visione, il corpo non è proprietà, ma icona. Ogni gesto erotico è un atto di rivelazione, ogni orgasmo è una teofania condivisa. L’onnigamia non dissolve l’individuo, ma lo trasfigura: ciascuno diventa soglia, portale, specchio. La compersione attiva è il dono del proprio desiderio all’altro; quella passiva è l’accoglienza del desiderio altrui come parte del proprio. Solo nella loro simultaneità si compie il miracolo erotico: l’amore che non possiede, ma si lascia possedere dal molteplice. Proprio perché nato, fiorito, all’interno della cultura poliamorosa, l’idea di compersione presuppone un altro rapporto del mio compagno, della mia compagna, non il mio con lui o con lei. Un altro. Di quell’altro rapporto, cui io non partecipo, io però gioisco, nella stessa misura e nello stesso momento in cui anche il mio compagno, la mia compagna, gioisce del mio rapporto con qualcuno che non è lei o lui, bensì mio marito, mia moglie, la mia fidanzata, il mio fidanzato. Il capovolgimento totale della gelosia.
Ci guardiamo bene – anzi, “benissimo” – dal proporre una nuova morale sessuale: non si tratta affetto di questo, bensì di una mistica del molteplice. L’onnigamia è il contrario apparente della monogamia non perché neghi l’esclusività e l’elezione, proprie della scelta e della dedizione monogamiche, ma perché dissolve il concetto stesso di esclusione. Ogni incontro è un’epifania, ogni relazione è un’alleanza cosmica. La compersione sincronica è il battito cardiaco dell’universo erotico: un ritmo che unisce, che vibra, che canta.
In tempi di polarizzazioni affettive e identitarie, la nostra onnigamia è un invito a pensare l’amore come spazio rituale, come danza simultanea di anime e corpi. Non è una proposta sociale, ma una visione ontologica. Dove Fourier disegna architetture comunitarie, Rodafà accende fuochi mistici. E in quel fuoco, la compersione sincronica, simultaneamente attiva e passiva, diventa la lingua segreta del divino: un Dio che gode, che vede, che si lascia vedere — e che ama, sempre, attraverso l’altro/a.