La nuova eresia: Cristo risorto è maschio, esattamente come il Gesù della storia
La nuova eresia: Cristo risorto è maschio, esattamente come il Gesù della storia
La sintesi della Commissione II sul diaconato femminile non si limita a ribadire un “no” disciplinare: essa introduce, quasi senza accorgersene, una vera e propria nuova eresia. L’eresia consiste nell’affermare che Cristo risorto è maschio, esattamente come il Gesù della storia, e che tale maschilità costituirebbe un criterio normativo per l’accesso ai ministeri ordinati.
1. La riduzione biologica dell’Incarnazione
Questa affermazione è teologicamente devastante. L’Incarnazione non è assunzione della maschilità, ma della umanità intera. Cristo ha assunto la carne, non il genere come requisito giuridico. Dire che il Risorto è maschio equivale a ridurre la Pasqua a un prolungamento biologico, negando che la risurrezione trasfiguri la carne e la liberi dai vincoli della storia. È un ritorno a un biologismo che contraddice la fede stessa. La rappresentazione del Cristo Redentore dipenderebbe, cioè, dall’anatomia del corpo umano.
2. La tradizione cristologica
Nessun documento magisteriale aveva mai osato formulare un simile argomento. Inter insigniores non lo aveva posto in termini ultimativi; Ordinatio sacerdotalis non lo aveva ripreso. La Commissione II, invece, lo eleva a criterio normativo, trasformando un dato storico (Gesù era storicamente senza dubbio uomo di sesso maschile) in un principio dogmatico (“anche Cristo risorto è maschio”). È un salto logico e teologico che non ha fondamento né nella Scrittura né nella Tradizione.
3. Le conseguenze ecclesiali
Se Cristo risorto fosse definito normativamente maschio, allora la Chiesa si troverebbe a proclamare che la salvezza è mediata da un genere e non dall’umanità. Questo non è solo un errore teologico: è una nuova eresia, perché contraddice la fede nella risurrezione come evento universale, che abbraccia ogni carne e ogni genere. La conseguenza è devastante: le donne sarebbero escluse non per ragioni ministeriali, ma per ragioni ontologiche, come se la loro carne non fosse assunta né redenta.
4. La voce della teologia
Frotte di teologhe e teologi, accortisi di tale scadimento dottrinale, hanno iniziato a denunciare da venerdì scorso questa deriva, sottolineando come l’argomento della maschilità di Cristo non solo sia teologicamente infondato, ma pastoralmente disastroso e dogmaticamente incredibile. Trasforma la Chiesa in un corpo che esclude metà dell’umanità dalla rappresentazione sacramentale, contraddicendo la logica stessa del Vangelo. La loro presa di posizione è un atto di resistenza ecclesiale che merita di essere ascoltato.
La Commissione II ha introdotto un argomento che non è semplicemente discutibile: è eretico, perché riduce il Cristo risorto alla maschilità storica di Gesù e ne fa un criterio normativo. La fede cristiana, invece, proclama che il Risorto è il Figlio di Dio che ha assunto la carne umana nella sua totalità, trasfigurandola. Affermare che Cristo risorto è maschio significa negare la Pasqua e tradire l’Incarnazione.
È tempo che la Chiesa riconosca questa deriva e la corregga, non per accomodare rivendicazioni sociologiche, ma per restare fedele al cuore stesso del Vangelo: la salvezza è universale, non maschile.