L'astuzia del serpente (1996)

Un'abbazia lontana dal cammino di Cristo

Titolo italiano: L'astuzia del serpente

Titolo originale: The Subtle Serpent

Anno di pubblicazione: 1996

Edizione: Hobby&Work

Pag.: 313

Prezzo: Euro 15.00

Finito il: 14/11/2005

Vantaggi: Una nuova indagine di sorella Fidelma nell'antica Irlanda, tra mito e storia. Giallo ben ambientato e raccontato

Svantaggi: Finale sbrigativo per un giallo per altro ben costruito

Avevo in passato gia' letto e recensito un libro di Peter Tremayne con protagonista la perspicace sorella Fidelma di Kildare. Questo viene esattamente dopo "L'abbazia degli innocenti" e se ne possono trovare alcuni brevi accenni in mezzo alla storia, ma questo non pregiudica la lettura per chi non ha letto il libro precedente in quanto la trama risulta del tutto indipendente.

Questa volta Fidelma si trova alle prese con altri due misteri. Il primo e' quello del cadavere di una donna decapitata e appeso nudo per i piedi nel pozzo principale dell'abbazia della comunita' del "Salmone dei tre pozzi". La badessa Draigen richiede al suo diretto superiore, l'abate Brocc di Ros Ailithir (che abbiamo gia' incontrato nell'altro libro), l'invio di un "dalaigh" per indagare sul crimine e scoprirne il colpevole.

Come spiegato in passato, un dalaigh e' un difensore della legge nominato dal Re, una figura a meta' strada tra un investigatore e un avvocato.

Il dalaigh scelto per questo compito e' ovviamente Fidelma, una suora ancora molto giovane ma gia' di notevole esperienza. Durante il viaggio via mare per raggiungere l'abbazia, la "barc" incrocia la rotta col secondo mistero della storia: una nave gallica completamente priva di equipaggio e di controllo. Grazie a Ross, capitano della barc, la nave viene trainata al sicuro e ormeggiata.

Ma dove sono finiti l'equipaggio e i passeggeri? E dove e' finito fratello Eadulf, un monaco sassone grande amico di Fidelma? La sua inaspettata presenza sulla nave "fantasma" e' provata dal ritrovamento di un libro donatogli dalla stessa dalaigh prima della separazione avvenuta circa un anno prima in Italia.

Questi, molto riassunti, sono i due misteri su cui Fidelma dovra' arrovellare il suo intuitivo cervello.

Non vi dico altro, tranquilli: non voglio rovinarvi le sorprese che Tremayne ci ha preparato.

Se da un lato il mistero della nave fantasma risulta abbastanza semplice da risolvere (almeno per il lettore, anche se Fidelma ci mette secondo me un po' troppo a capirlo), l'omicidio e' decisamente piu' ostico e dara' del filo da torcere a Fidelma, che dovra' scontrarsi con un ambiente quasi totalmente privo di carita' cristiana e solcato invece da tempeste di passioni e forti contrasti.

Come il libro precedente, anche questo e' ambientato nel settimo secolo dopo Cristo (precisamente nel 666 d.C.) e risulta ottimamente costruito e fluido. Le parole (anche con tutti i termini celtici che per fortuna lo scrittore ha conservato) e il modo di raccontare usati da Tremayne scorrono nella mente del lettore come un ruscello tranquillo e sereno, sussurrando la sua storia, intervallata qua e la' da gorghi inattesi (le sorprese della storia).

Purtroppo, ad un certo punto, il finale sbuca da dietro un angolo (per un attimo ho anche pensato che fossero state accidentalmente tolte delle pagine) e tutto diventa piu' veloce: la storia sembra giungere ad un epilogo un po' sbrigativo, quasi che Tremayne si fosse ormai stancato di scrivere e avesse deciso di passare ad altro. Ma anche cosi' il libro non perde la sua capacita' di incatenare l'attenzione del lettore.

In definitiva e' un giallo celtico che mi e' piaciuto e sono ora alla ricerca de "I crimini del ragno", la successiva indagine di sorella Fidelma.

Non mi dilungo nel parlare di Peter Tremayne (vero nome: Peter Berresford Ellis): ho gia' parlato di lui nell'opinione precedente.

Pero' vorrei ancora prendermi un po' di spazio per riportare un paio di passaggi interessanti:

"Quando il dovere non e' che legge, allora svanisce ogni gioia, poiche' il dovere piu' grande e' il dovere di essere felici"

Questa frase mi ha colpito in modo particolare perche' mi sono reso conto di aver mancato troppo spesso ai miei doveri.

E poi:

"Se parlerete troppo, non vi si prestera' attenzione,

se parlerete troppo poco, non sarete presi in considerazione"

Be', sicuramente la seconda parte di questa massima non mi si puo' applicare (almeno per quanto riguarda le mie opinioni), ma la prima qualche volta (spesso?) si. Quindi per non correre il rischio di perdere la vostra attenzione, chiudo.

Buona lettura a tutti!