Un giro di valzer (16.04.2007)

La confusione in una citta' e' qualcosa di insinuante: si infila dappertutto e diventa quasi impossibile da eliminare.

Diventa quasi qualcosa di endemico, la si sente sulla pelle, la si avverte nei battiti del cuore e alla fine va ad insinuarsi pure nell'anima delle persone che la vivono e ci convivono quotidianamente. Alcune volte non te ne accorgi e la porti con te senza saperlo. Ma il peggio capita quanto ti rendi conto che ti e' entrata dentro e cerchi un modo, uno qualunque, che ti aiuti a liberartene per trovare un po' di pace.

In questi casi trovare un posticino tranquillo diventa quasi un'illusione, come un miraggio in mezzo al deserto, come quelle pozze d'acqua che si intravedono in lontananza sull'asfalto nelle giornate di sole intenso, e avvicinandosi si scopre che non sono mai esistite. Un'oasi del genere si cerca nella confusione per aver un po' di serenita'. E non necessariamente si tratta di un posto concreto, ma di uno stato dell'anima. A me e' capitato di trovarla quasi per caso, come, per usare le parole di Sean Connery, un regalo inaspettato in un momento inaspettato, e per questo sorprendentemente piacevole.

Ero in giro per il centro di Torino.

Stavo tornando verso la stazione dopo una scappata in un libreria vicina a piazza Castello.

E' un posto in cui vado di solito almeno una volta al mese: a volte compro qualcosa, altre volte invece me ne esco senza alcuna conquista al seguito. Ma per me risulta gia' piacevole girovagare per gli scaffali stracarichi di libri, promesse di posti lontani e di vite avventurose a disposizione di tutti, che promettono momenti indimenticabili e unici per chiunque conceda loro il tempo necessario ad attuare la loro magia. A volte piu' che sogni ad occhi aperti, si possono trasformare in incubi se la storia non riesce a conquistarti ma non sono casi totalmente inaspettati perche' prima di immergersi in quelle illusioni, ci e' concesso leggere il riassunto di quanto vi si puo' trovare e decidere se va bene come sogno oppure come incubo e quindi lasciar perdere. Non sempre questo ci salva da cocenti delusioni, ma la vita e' fatta anche di queste. E anche da queste si ricavano importanti insegnamenti.

Comunque, anche se questa libreria, o una qualunque delle altre ben fornite di Torino, si trasformino spesso in oasi di pace e tranquillita', non e' questa l'oasi di cui voglio parlare adesso.

Torniamo quindi al mio solito percorso che collega la libreria alla stazione.

Non e' un percorso corto a piedi, ma puo' riservare interessanti sorprese e comunque di solito non prende piu' di una ventina di minuti camminando di buon passo.

Ero a circa meta' percorso, sotto i portici di piazza San Carlo, da qualche tempo ristrutturata e chiusa al traffico.

Sotto quei portici, circa a meta', si trovava quel giorno un uomo con un violino. A prima vista era uno dei tanti che, suonando piu' o meno bene, lo fanno presumibilmente per ottenere qualche soldo dai passanti. Troppo spesso si trovano solo strimpellatori che rovinando una melodia meravigliosa chiedono un euro con una voce gracchiante e insistente, un insulto per la musica e per le orecchie. In quei casi si e' portati a dar loro soldi pur di farli stare zitti e ci si allontana velocemente perche' sicuramente e' meglio ascoltare il silenzio o il traffico che la loro cosiddetta "arte".

Per fortuna non era questo il caso, perche' appena l'uomo si e' messo in posizione con il mento appoggiato allo strumento e ha impugnato l'archetto, cio' che e' scaturito da quella cassa di risonanza in legno era un vero e proprio godimento per le orecchie. Si trattava di un semplice valzer noto e stranoto, uno di quelli di Strauss, tanto per intenderci, di cui pero' non ricordo mai il nome, e forse non l'ho mai saputo. Ma quella melodia era stra-conosciuta.

E, soprattutto, era eseguita in modo magistrale. Mi sono occorsi alcuni secondi per rendermene conto consciamente. Eppure alla fine la sua melodia e' arrivata a segno e mi ha catturato.

Forse si trattava di un amico del pifferaio magico, che sapeva incantare con la sua musica topi e bambini nella nota favola. Non credo di essere un topo, magari piu' probabilmente sono un bambino, fatto sta che quel violino mi ha catturato. E per un attimo mi sono fermato ad assaporarne il contenuto, vero nutrimento dell'anima.

Poi mi sono visto posare lo zaino a terra, appoggiandolo contro il muro di fianco alla sua custodia del violino, avvicinarmi ad una ragazza che stava passando in quel momento in compagnia di un'amica, e allungare la mano facendo un lieve inchino.

Lei, con i suoi occhi scuri, i capelli castani leggermente ondulati che toccavano la schiena e un paio di occhiali neri infilati sulla testa a mo' di fermaglio, mi ha fissato, stupita da quello strano uomo che la stava invitando ad un gesto incredibile in quel momento e soprattutto per quest'epoca frenetica in cui viviamo, che non lascia spazio per gentilezza e cavalleria, e molte volte anzi cerca di tenerle lontane neanche fossero malattie mortali. La sua amica era ancora piu' stupita di lei, ma mai quanto quello che ha provocato il seguito. Alla ragazza si sono illuminati gli occhi, si e' tolta gli occhiali neri dai capelli e li ha passati all'amica, quindi ha preso la mia mano senza dire una sola parola, tra le esclamazioni di protesta soffocata della sua accompagnatrice, e come per incanto il valzer ha preso vita con queste due persone che roteavano sul pavimento in pietra tra gli sguardi attoniti degli altri passanti.

Due perfetti sconosciuti stavano trasformando i portici di San Carlo in una pista da ballo. Come era possibile?

Il contatto dei nostri palmi, caldi e soffici, era un concentrato di benessere. E c'era il piacevole peso dell'altra sua mano vicino alla spalla, mentre l'altra mia mano era posata leggera sul suo fianco. Un contatto leggero in tutti i sensi, anche quello dei piedi che sembravano volare.

E mentre vorticavamo avvinti, sorridevamo senza staccare gli occhi l'uno dall'altra, rapiti dalla melodia e dalla magia che aveva creato, con i capelli lunghi della ragazza che si sollevavano e sembravano prendere a loro volta una vita propria. I suoi occhi recavano ancora una traccia dello stupore iniziale. Eppure c'era anche una luce carica di felicita' perche' i fatti straordinari generano sensazioni uniche.

La musica continuava e come per incanto altre coppie si sono unite a quella pazzia momentanea.

I sorrisi fioccavano da ogni parte e in quel momento si e' creato il fatidico e ricercato posticino tranquillo lontano dalla confusione e dal caos di tutti i giorni.

Ma come ogni sogno, anche questo doveva finire ed e' finito quando il violinista ha smesso di suonare. Per un attimo la sua ultima nota e' rimasta come sospesa nell'aria, indecisa quasi non volesse cadere e morire nel silenzio. E poi, come per incanto, tutto ha ripreso i soliti ritmi e la realta' ha ripreso il controllo.

Anche quell'illusione danzante e' sparita, perche' mi sono ritrovato davanti a lui, lo zaino ancora in spalla, ad osservarlo riporre lo strumento nella custodia, chiuderla con movimenti lenti e precisi, e poi andarsene, senza guardare nessuno o chiedere nulla, ne', purtroppo, concedere bis che non ho in realta' osato domandare. Della ragazza dai capelli castani e lunghi e dal luminoso sorriso non c'era traccia, forse era esistita solo nella melodia del violino, librata sulle frequenze create dalle sue corde.

C'erano i passanti che, come al solito indifferenti a quanto li circondava, a parte osservare quasi con fastidio un uomo fermo in mezzo ai portici intento ad osservarne uno che sarebbe potuto passare inosservato ai piu', continuavano per la loro strada come se nulla fosse successo. Ed infatti nulla era successo, a parte un violinista vagabondo con un abito un po' sguacito e il suo strumento adesso riposto nella custodia che stava andando via ed io che lentamente riprendevo il mio percorso verso la stazione.

Prima di lasciare piazza San Carlo, mi sono voltato e lui ha fatto lo stesso, due persone confuse tra la folla ai due estremi dei portici.

"Hai ballato bene" mi ha detto, senza emettere suono, solo muovendo le labbra. Ed io ho sorriso leggendo quel complimento silenzioso e ho detto grazie nello stesso modo, ben sapendo di non aver fatto in verita' nulla perche' conscio di essere un vero pezzo di legno nel ballare.

Ma ognuno di noi due forse ha visto e sentito piu' di quello che doveva. E in quel momento magico tutto e' diventato possibile, anche cio' che si ritiene impossibile se non si ha la capacita' di sognare.

Quindi abbiamo ripreso la nostra strada.

Probabilmente lui stava cercando qualche altra anima danzante in mezzo alla folla, un'altra anima con un bisogno estremo di un'oasi di pace ed io qualcuno o qualcosa che sapesse farmi di nuovo sognare un attimo di serenita'.

Ma questa e' un'altra storia...

Commento:

e' un racconto quasi di fantasia.

Quasi perche' e' basato su un fatto realmente accaduto: ho incontrato effettivamente un bravo violinista quel giorno di inizio aprile. Ma solo in seguito ho pensato alla scena del ballo.

Ho provato ad immaginare proprio come suggerisce Stephen King nel suo "On Writing" e mi sono chiesto un semplice "E se...": e se mentre un violinista suona, qualcuno accetta il suo tacito invito e si mette a ballare con una sconosciuta?

Da questo e' nato il racconto sopra riportato.

Il mio lato realistico lo ha trasformato in una specie di sogno ad occhi aperti perche' una scena come questa puo' capitare solo in un film e mai nella realta'.

Nella realta' probabilmente avrebbero preso per pazzo il cavalier danzante e forse la dama avrebbe chiamato i carabinieri per far arrestare quel molestatore sconosciuto.

Per fortuna la realta' non ha ancora ucciso la mia capacita' di sognare.

E chissa' che prima o poi i sogni non riescano a prendere vita veramente.