Se questo e' un uomo (1958)

Häftling 174 517

Gia' pubblicato in: http://www.ciao.it/Se_questo_e_un_uomo_Primo_Levi__Opinione_1264249

Titolo: Se questo e' un uomo

Anno di pubblicazione: 1958

Edizione: Einaudi

Pag.: 153 (209)

Prezzo: Euro 10.50

Finito il: 27/01/2011

Vantaggi: Racconti autobiografici su una pagina orrenda della storia moderna. Da leggere.

Svantaggi: Purtroppo sono cose che si ripetono

"Piu' giu' di cosi' non si puo' andare: condizione umana piu' misera non c'e', e non e' pensabile. Nulla e' piu' nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare si' che dietro il nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga." (pag.23)

e' una delle tante frasi che mi hanno colpito leggendo "Se questo e' un uomo" di Primo Levi (1919-1987), scritto nel 1946 ma arrivato al successo solo quando e' stato pubblicato da Einaudi nel 1958.

Si tratta di una raccolta di racconti autobiografici tratti dall'esperienza di Primo Levi in uno della serie di Lager nota ai piu' come Auschwitz, la cittadina polacca vicino a cui erano stati creati.

Avevo comprato questo libro da qualche mese ed era in attesa di essere letto.

Il periodo intorno al 27 gennaio di quest'anno mi sembrava il migliore per farlo.

Il 27 gennaio infatti e' la Giornata della Memoria, dedicata all'Olocausto perche' questo non venga dimenticato o, peggio, ignorato. Secondo me e' una giornata utile anche per non dimenticare ogni massacro e ogni sterminio a cui questo nostro povero mondo ha dovuto assistere nei tanti millenni di presenza umana su di esso, qualunque bandiera politica, religiosa o ideologica sventolasse.

Primo Levi e' in origine un chimico, ma la sua esperienza nel Lager lo ha trasformato in uno scrittore. E dalla sua penna sono arrivati tanti altri libri. Io, per il momento, ho letto solo questo e "Il sistema periodico", di cui ho gia' parlato in passato.

Ma torniamo a "Se questo e' un uomo", anche se scriverne non sara' facile. Come del resto non e' stato facile leggerlo e ancor piu' difficile rendersi conto che cio' che si legge e' realmente accaduto, seppure Levi non si perda in descrizione di fatti troppo cruenti o violenti o macabri. Basta il macabro e la violenza quotidiana che racconta nel suo libro, formato dai seguenti capitoli:

Prefazione

    1. Il viaggio

    2. Sul fondo

    3. Iniziazione

    4. Ka-Be

    5. Le nostre notti

    6. Il lavoro

    7. Una buona giornata

    8. Al di qua del bene e del male

    9. I sommersi e i salvati

    10. Esame di chimica

    11. Il canto di Ulisse

    12. I fatti dell'estate

    13. Ottobre 1944

    14. Kraus

    15. Die drei Leute vom Labor

    16. L'ultimo

    17. Storia di dieci giorni

+ Appendice a "Se questo e' un uomo"

+ Postfazione: Auschwitz, orribile laboratorio sociale, di Cesare Segre

Ho inserito anche l'appendice e la postfazione perche' sono assolutamente da leggere. Nell'appendice infatti viene riportata una serie di domande a cui Levi si e' trovato a rispondere durante le presentazioni del libro a ragazzi e adulti. Nella postfazione invece Cesare Segre fa un'analisi del libro e dell'uomo Levi attraverso il libro.

Ma torniamo a "Se questo e' un uomo", che da' il titolo alla poesia riportata all'inizio del libro.

"I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanita' e' sepolta, o essi stessi l'hanno sepolta, sotto l'offesa subita o inflitta altrui." (pag.109)

I racconti di Levi sono quasi freddi. Apparentemente mancano di sentimento o di giudizio nei confronti dei personaggi. Anche Levi ha perso la sua umanita'?

Io credo sia semplicemente un modo per rendere meglio al lettore il contrasto della condizione dei prigionieri a confronto con quella della realta' che conosciamo. Sembra quasi inverosimile che si possano raggiungere livelli di crudelta' tali, ma succede. E l'uomo e' un maestro in queste cose. Ognuno di noi ha un lato negativo nella sua personalita'. Magari non si arriva a tanto, ma la traccia persiste. Sta alla nostra coscienza impedire a quel lato di venir fuori e far danni agli altri e a noi stessi.

"Distruggere l'uomo e' difficile, quasi quanto crearlo: non e' stato agevole, non e' stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla piu' avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice." (pag.133)

Levi non ha mezze misure. E qui siamo quasi alla fine del libro. Manca poco alla liberazione, si sente la battaglia infuriare a distanza, ma i prigionieri non ci fanno quasi caso perche' sperare vuol dire soffrire. Meglio continuare ad essere indifferenti, a non farsi coinvolgere.

"...viene infatti considerato tanto piu' civile un paese, quanto piu' savie ed efficienti vi sono quelle leggi che impediscono al misero di essere troppo misero, e al potente di essere troppo potente.

Ma in Lager avviene altrimenti: qui la lotta per sopravvivere e' senza remissione, perche' ognuno e' disperatamente ferocemente solo." (pag.80)

Lasciati da parte i valori umani tipici di un mondo libero (come il bene e il male, la giustizia o l'ingiustizia), gli imperativi sono ben altri: non pensare, non sognare, non sperare, solo sopravvivere ad ogni costo, anche a scapito dei compagni di sventura.

Non si puo' pensare di sopravvivere seguendo le regole del campo. Bisogna arrangiarsi perche' la fame sta sopra tutto, e' una presenza costante insieme alla paura, e se non si trova un modo per attenuarla, allora e' finita.

Farsi vedere deboli e indifesi e' pericoloso anche in presenza degli altri prigionieri.

Da notare il fatto che spesso Levi usa la parola Lager senza articolo, come fosse un nome proprio o il nome di una citta'. Quasi fosse un'entita' a se', un organismo che si ciba di prigionieri e carnefici e si bea di disperazione e cattiveria.

"Come questa nostra fame non e' la sensazione di chi ha saltato un pasto, cosi' il nostro modo di aver freddo esigerebbe un nome particolare. Noi diciamo "fame", diciamo "stanchezza", "paura" e "dolore", diciamo "inverno", e sono altre cose. Sono parole libere, create e usate da uomini liberi che vivevano, godendo e soffrendo, nelle loro case. Se i Lager fossero durati piu' a lungo, un nuovo aspro linguaggio sarebbe nato; e di questo si sente il bisogno per spiegare cosa e' faticare l'intera giornata nel vento, sotto zero, con solo indosso camicia, mutande, giacca e brache di tela, e in corpo debolezza e fame e consapevolezza della fine che viene." (pag.110)

La "fortuna" di Levi (Häftling 174 517) e' quella di essere arrivato nel Lager solo nel 1944, quando la sua forza lavoro poteva tornare utile al Reich. In caso contrario la sua costituzione fisica l'avrebbe fatto finire presto nella camere a gas. Lui ne e' ben consapevole, anche vedendo le varie selezioni a cui e' scampato. Ne viene descritta una in particolare e la vita o la morte di un uomo dipende spesso da una svista dell'esaminatore.

Che altro si puo' dire su un libro di questo genere?

Solo di leggerlo. Non bisogna dimenticarsene o far finta che non sia mai accaduto o pensare che sia tutta un'invenzione della propaganda ebraica. Assocerei a questo libro un altro libro scritto per i ragazzi, ma pregno di sensazioni fortissime, "Il bambino dal pigiama a righe", di cui ho gia' parlato in passato, da cui hanno tratto un bel film, molto fedele alla storia.

Concludo con questa frase:

"E' uomo chi uccide, e' uomo chi fa o subisce ingiustizia; non e' uomo chi, perso ogni ritegno, divide il letto con un cadavere." (pag.152)

Il Lager (e situazioni analoghe) ha trasformato gli uomini in non-uomini perche' ha mutilato la loro anima in modo indelebile. Levi ha vissuto ancora per molti anni dopo la liberazione dal Lager, ma alla fine si e' suicidato buttandosi nella tromba delle scale nel palazzo dove abitava a Torino. Chissa' cosa gli e' passato per la testa in quel momento? Che abbia rivisto l'inferno da cui era scampato spuntare nuovamente? Non lo sapremo mai.

Ricordate!

Buona lettura!

P.S.: ho scelto di pubblicare oggi questa opinione per ricordare un'altra data, il 10 febbraio, "Giorno della memoria" dedicato alle foibe, un'altra grave e orrenda pagina della storia.