Piccoli piaceri (30.04.2010)

Presentato al concorso "Blusubianco" 2010 (www.blusubianco.it)

Sottotitolo: Ricordi di uno scacchista

Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere. Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose. Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.

"Non tocca a me il nero" faccio, come ogni volta.

"Si invece" dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.

Mi tolgo la giacca e mi accovaccio sui cuscini anche se le ginocchia protestano la loro età e ancora non hanno capito la necessità di usare il pavimento quando esistono le sedie. Ma si stanno abituando.

Le fiamme nel caminetto si riflettono sui pezzi bianchi e blu in marmo posti su una scacchiera dello stesso materiale che le ho regalato lo scorso Natale. A parte una lampada posta a fianco, tutto il resto della stanza è in penombra: dà quel senso di intimità che piace tanto a Caterina.

Sono pronto a combattere all'ultimo sangue. So che lei farà lo stesso. "Nessuna pietà per il nemico" è una regola inderogabile, nella sostanza una sorta di rispetto per le capacità dell'avversario.

Sorrido dentro di me mentre Caterina muove il pedone di re: ha deciso per la sua solita mossa iniziale. A parte rare occasioni, saranno due anni che usa la stessa apertura e il fatto che conosco le prime contromosse non mi toglie il piacere di giocare con lei.

Due anni da quando abbiamo messo una scacchiera tra di noi, due anni che ci conosciamo e sono passati in un lampo.

Ci siamo visti la prima volta in un club per scacchisti falliti.

Così l'ho sempre giudicato io, visto che nessuno dei soci ha mai partecipato ad un torneo vincendolo o piazzandosi nei primi posti. Forse siamo solo scacchisti timidi che hanno paura di confrontarsi col mondo o forse abbiamo paura che vincendo un torneo pubblico la tranquillità del nostro club verrebbe compromessa da inutili ricerche di gloria.

Il nostro mondo sono quei 32 pezzi sulle 64 caselle bicolori, con regole precise e una serie di mosse la cui combinazione vincente o perdente è frutto solo dell'ingegno dei due contendenti.

Forse dovrei parlare per me, cosa ne so di quello che pensano gli altri?

Però mi ci trovo bene, in questo club, è diventato come una famiglia dopo tanti anni che lo frequento e soprattutto da quando casa mia è diventata così vuota.

Caterina è comparsa due anni fa in quella sala scura dove anche il sole faticava a superare i vetri opachi delle finestre.

Aveva frequentato un altro club, ma aveva deciso di provarne uno diverso per movimentare un po' la sua vita, così mi aveva detto qualche giorno dopo. Stranamente aveva scelto il mio, abbagliata dall'altisonante nome "Al cavallo rampante", dove, di movimento, ce n'era veramente poco.

Io non avevo ancora iniziato la mia solita partita. Ero alla ricerca di un avversario per riempire un altro pomeriggio da pensionato e il destino ci ha voluto mettere l'una contro l'altro con un piccolo aiuta da parte di Carlo, direttore del club e forte giocatore a tempo perso.

Lì è nata la nostra amicizia, anche se era ancora alle prime mosse. Battuta infelice, lo so, ma gli scacchisti sono esseri strani.

La guardo mentre risponde alle mie mosse e passa all'attacco.

Mi piace quella ruga in mezzo agli occhi mentre pensa. Mi fa venire in mente una ruga altrettanto bella che ho visto solo per pochi mesi tanti anni fa, ma che ho amato per quasi tutta la vita.

Caterina mi ha più volte detto che non dovrei vivere nel passato perché si tende ad idealizzarlo troppo ma è più forte di me, che sia la prima traccia dell'avvicinarsi del traguardo finale?

Lei si chiamava Laura, è stato il mio primo amore.

Eravamo entrambi appassionati di scacchi, anche se ci siamo conosciuti in circostanze diverse: una pista da ballo e una divisione tra uomini e donne dettata da vecchie consuetudini ormai superate.

La guerra era finita da una decina d'anni.

A quel tempo fare la conoscenza di una ragazza non era cosa banale, bisognava presentarsi, essere cavalieri. Anche lì c'erano delle regole da rispettare. Mi rattrista un po' la strada che ha preso questo mondo moderno dove i giovani hanno poco rispetto per gli altri e ancor meno per se stessi. Non che allora mancassero individui di questo genere, ma erano una minoranza, per fortuna.

Allora c'era una maggior attenzione per il gentil sesso che conquistava i suoi diritti in modo più sottile ma forse più duraturo perché conquistava il rispetto degli uomini. E una cosa conquistata val più di una ottenuta senza sforzi.

Comunque è così che ho conosciuto Laura. E anche se la nostra relazione è durata poco, non mi dimenticherò mai i piccoli piaceri che mi ha dato.

Nulla di sconcio, non voglio essere frainteso. Erano altri tempi.

Abbiamo iniziato a giocare a scacchi la seconda volta che ci siamo visti, avendo scoperto la nostra reciproca passione in un attimo di chiacchiere tra un ballo e l'altro.

Lei diventava seria, quasi solenne ad ogni mossa che doveva fare, a parte forse la prima. Ed io, lo devo ammettere, mi divertivo nell'osservarla, anche se spesso questa distrazione mi costava la partita. Ho trovato poche donne scacchiste nella mia vita. Perfino mia moglie, pace all'anima sua, era astemia di cavalli, re, alfieri, pedoni, per non parlare di arrocchi e aperture italiane e spagnole, termini oscuri con cui non ha mai voluto avere a che fare. Lei aveva altri interessi.

Laura aveva delle mani delicate, qualcuno direbbe da pianista. Forse lo è anche stata, non lo so per certo. Dita lunghe e sottili, dal tocco delicato e sensuale che sembravano accoppiarsi al pezzo prima di spostarlo lentamente, quasi con gentilezza neanche fosse vivo.

Non dimenticherò nemmeno l'espressione delle sue labbra, che si assottigliavano fin quasi a sparire. E la luce che le si accendeva in fondo agli occhi quando scopriva una mossa azzeccata.

Era bellissima, almeno per me. Oggettivamente aveva dei difetti, ma si armonizzavano bene tra loro. Ed è questa la vera bellezza che ho sempre cercato. Le donne senza difetti sanno di finzione.

Abbiamo fatto ventidue partite in tutto, prima che me la portassero via. E ho imparato a conoscerla in fretta grazie alla capacità analitica che caratterizza un vero scacchista. Bisogna essere un po' psicologi, i pezzi sono solo un tramite per arrivare a conoscere e vincere l'avversario.

La faccio troppo seria? Me lo diceva anche Laura, ignorando volutamente che lei faceva lo stesso.

Alla dodicesima partita avevamo preso l'abitudine di incontrarci ogni domenica dopo la messa del mattino su una panchina un po' nascosta del parco con una scacchiera tra di noi e la natura in lento e tardivo risveglio primaverile.

Le ho rivelato i miei sentimenti alle diciottesima partita, che ovviamente vinse lei. Me lo ricordo perché giocai veramente male quella volta, avevo altro per la testa. Lei lo sapeva e ne ha approfittato.

Il giorno in cui avremmo dovuto giocare la ventitreesima partita, una terza domenica di luglio, Laura non si presentò. Fece una mossa sbagliata sulla strada verso il parco e qualcuno le diede scacco matto. Mi piace pensare che forse anche lei aveva altro per la testa quel giorno.

Per un po' di tempo giocare a scacchi mi è risultato impossibile.

"Tocca a te, Marco!" dice Caterina.

"Scusa, ero sovrappensiero" le dico osservando la posizione dei suoi pezzi e dei miei. È in vantaggio, mi sono lasciato distrarre da quella ruga in mezzo agli occhi.

"Non pensare di giustificarti così. Devi muovere."

Caterina è spietata, ha l'animo dello scacchista e sta pensando seriamente di riuscire a vincere.

Mi piace anche per questo. Un altro piccolo piacere in una vita altrimenti tranquilla.

Lei non si fa mai distrarre. Negli altri momenti non smette di parlare ma nessun pettegolezzo o discorso serio è concesso durante una partita. Ha scelto come campo di battaglia casa sua anche per questa ragione, una piccola concessione che le ho voluto dare. In fondo all'animo sono rimasto lo stesso cavaliere del passato.

Comunque ho imparato qualcosa dai tempi moderni e mentre sposto la torre in G7 vedo con una punta di soddisfazione che Caterina non è più così sicura.

Un altro piccolo piacere in questa mia lunga vita!