Il muro invisibile (2006)

E il muro continua ad esistere...

Titolo italiano: Il muro invisibile

Titolo originale: The Invisible Wall

Anno di pubblicazione: 2006

Edizione: PiEmme - Serie ORO

Pag.: 329

Prezzo: Euro 6.50

Finito il: 16/02/2009

Vantaggi: Un buon libro, una autobiografia romanzata ma ben scritta. Fa riflettere sulle divisioni

Svantaggi: Nessuno

Una copertina in bianco e nero mostra la foto di un ragazzo di inizio del secolo scorso, povero in canna e con uno strano sorriso sul viso. Un berretto storto a coprirgli la testa e un muro di mattoni alle spalle.

E' la copertina de "Il muro invisibile" (titolo originario "The Invisible Wall", per fortuna mantenuto) pubblicato nel 2006 e arrivato in Italia nel 2007 ad opera della Piemme. Io ho letto l'edizione della serie ORO uscita a gennaio di quest'anno.

E' scritto da Harry Bernstein, nato nel 1910 vicino a Manchester. Ha lavorato come redattore, giornalista e sceneggiatore. Questo e' il suo primo libro, vincitore del Premio Selezione Bancarella 2008.

Questo libro e' parte della sua vita. E' lui il protagonista della storia, il piccolo 'arry che racconta in prima persona alcuni fatti successi a partire dal 1914 e vissuti sulla propria pelle.

Il vero protagonista della storia e' pero' quel "muro invisibile" che da' origine al titolo del libro.

E' il muro che separa i due lati della strada dove abitava 'arry (come lo chiamano nel libro, tagliando l'H). Su un lato abitavano tutte famiglie cristiane. Sull'altro tutte quelle ebree.

Mischiarsi? Nemmeno a parlarne.

Quel muro era invisibile ma era piu' solido di un muro vero di mattoni, fatto di diffidenza, razzismo e scontri.

Ecco un piccolo brano di pag.245 dell'edizione Serie ORO:

"Noi siamo un paese umanitario. Vi abbiamo accolto, quando nessun altro paese lo avrebbe fatto. Ma non approfittatene, e non cominciate a sgomitare per farvi largo in posti dove non siete graditi. E che nemmeno vi spettano. Rimanete dove siete, nelle sartorie, nei banchi dei pegni, nei mercati. Quello e' il posto per voi ebrei..."

"Voi ebrei"?

Strano come certe divisioni siano tanto forti da creare contrasti.

E poi ci si domanda come sia stato possibile a Hitler fare quello che ha fatto in Germania. Ha solo portato agli estremi una situazione che bene o male esisteva anche in altri paesi, gli stessi che lo hanno combattuto e che si sono eretti quali difensori di persone che discriminavano loro stessi.

Prima di puntare il dito verso gli altri criticandoli e condannandoli, proviamo a dare un'occhiata in "casa nostra", a come ci si comporta verso quelle stesse persone. Ma se lo facciamo noi, ci pare giusto. Se lo fanno gli altri no.

Non sto santificando gli ebrei. Anche loro nel libro non fanno una bella figura, anche se l'autore e' uno di loro.

Anche loro non vogliono mischiarsi: matrimoni tra ebrei e cristiani sono assolutamente vietati dagli ebrei. Per di piu', se una ragazza ebrea sposa un cristiano, viene considerata come morta dalla propria famiglia.

Non so se ancora e' cosi', ma in questo momento parlo solo del libro ambientato all'inizio del secolo scorso.

Dopo un secolo le cose sono cambiate? Spero di si, anche se ho qualche dubbio. La divisione continua ad esserci, nonostante le tante guerre fatte e finite, le tante lotte anche non violente svoltesi in questi anni.

Le guerre di solito si fanno per interessi economici mascherati sotto ideali piu' o meno elevati.

Sulla guerra voglio riportare un altro brano, tratto da una lettera di uno dei protagonisti del libro:

"Non c'e' eroismo. Qui c'e' solo sporcizia e fango e freddo e umidita', e uomini che piangono come bambini e facce di morti che ti fissano e corpi che giacciono ammucchiati e in silenzio e odore di morte tutt'intorno, e crepitio di fucili, e lampeggiare di spari che portano altra morte. E non c'e' nemmeno valore. Gli uomini devono essere spinti di forza all'attacco, pungolati con il calcio dei fucili, minacciati con le pistole dagli ufficiali, mentre i soldati tremano dalla paura, e qualche volta piangono anche, e vanno alla cieca, come pecore terrorizzate, spinte al macello.

Qualche volta mi domando come gli uomini possono aver mai scritto della gloria della guerra e dipinto quadri che rappresentano questa gloria. La realta' e' tutto il contrario. L'ho imparato sulla mia pelle e non penso che potrei continuare ad andare avanti se non sapessi per quale motivo combattiamo, poiche' questa potrebbe essere veramente la guerra che mette fine a tutte le guerre. E' quello che mi tiene in vita e mi fa andare avanti, il pensiero del mondo nuovo che questa guerra portera' con se'. Mettera' fine a molta della miseria che c'era prima, alla poverta' tanto per cominciare, io spero, e in particolare alle differenze che hanno sempre separato le persone l'una dall'altra. [...] Come le religioni, tanto per cominciare. Lo vediamo tanto chiaramente nella nostra strada, non e' vero, Lily? E' come se ogni lato appartenesse a un mondo diverso, eppure sappiamo bene che non e' vero, che siamo tutti uguali e facciamo tutti parte dello stesso mondo."

(pag.192)

La prima parte riguarda l'aspetto della guerra, lontano dagli idealismi di onore e gloria. Credo che solo coloro che l'hanno vissuta sulla loro pelle possano dare un giudizio.

La seconda parte di questo brano e' sulla speranza: la speranza di superare le divisioni, di abbattere i muri che dividono gli uomini e di considerarci ognuno come persona e non come categoria.

Come ben sappiano le speranze descritte nella lettera non si sono avverate. Alla Grande Guerra del 1914-18 ne e' seguita un'altra una ventina d'anni dopo. E dopo ce ne sono state tante altre.

"siamo tutti uguali e facciamo parte dello stesso mondo"

e' un pensiero che non sara' mai possibile mettere in pratica, vero?

Sul fatto che siamo tutti uguali non sono d'accordo. Non siamo tutti uguali, siamo tutti diversi. Tutti dobbiamo pero' avere gli stessi diritti e doveri e accettare le nostre diversita' perche' sono queste che ci rendono cio' che siamo: persone.

Accettando le differenze, arriveremo ad accettare noi stessi e gli altri, mettendo il rispetto alla base delle nostre relazioni e solo a quel punto ci potra' essere pace.

Ma forse anche questa e' un'utopia?

Come possiamo essere noi stessi e nello stesso tempo essere accettati dagli altri?

Scusate, mi sono lasciato trascinare e sembra che abbia parlato poco del libro.

Invece e' proprio del libro che ho parlato fino a questo momento. Queste riflessioni si leggono tra le righe che descrivono i pensieri di un bambino tra i quattro e i dodici anni. Un bambino che inizialmente non capisce la vita, ma che impara a vedere ed osservare cio' che lo circonda.

Questo libro ha una continuazione ne "Il sogno infinito", sempre edito dalla PiEmme e uscito da poco in libreria.

Il libro di Bernstein non e' pessimista: bisogna leggerlo per vedere che a volte le speranze riescono a vincere (almeno per un po') le differenze.

A me e' piaciuto. Non so cosa mi ha spinto a comprarlo, di solito leggo altri generi. Ma mi e' piaciuto e lo consiglio a tutti voi, sperando che possa far nascere in voi le stesse riflessioni che ha fatto nascere in me.

Perche' non proviamo ad estendere le stesse riflessioni verso altre situazioni?

Il muro invisibile non divide solo le persone di diversa religione. Incontriamo quello stesso muro tutti i giorni della nostra vita, anche se spesso facciamo finta di non vederlo perche' cosi' e' piu' facile convivere con la nostra coscienza.

E' lo stesso muro che ci divide da un collega perche' non sopportiamo il suo modo di fare o il suo aspetto.

E' lo stesso muro che ci fa dimenticare la buona educazione e maltrattare gli altri solo perche' in quel momento ci e' permesso farlo senza grandi conseguenze credendoci superiori a loro solo perche' non la pensano come noi.

E' lo stesso muro che mettiamo intorno al nostro cuore per impedirgli di vedere il mondo per come e' e non per come lo vorremmo vedere.

E' un muro invisibile solo perche' chi ce l'ha davanti non riesce a vederlo.

Buona lettura a tutti!