I figli dell'aquila (2002)

Gli orrori di una guerra civile

Titolo: I figli dell'aquila

Anno di pubblicazione: 2002

Edizione: Sperling Paperback - Saggi n.42

Pag.: 386

Prezzo: Euro 10.50

Finito il: 13/12/2006

Vantaggi: Una ricostruzione dettagliata degli ultimi anni della seconda guerra mondiale in Italia vista dagli occhi dei soldati della Repubblica di Salo'

Svantaggi: Qualche confusione nell'ordine cronologico degli avvenimenti

Giampaolo Pansa e' un mio corregionale, eppure non ho mai letto nulla di suo.

Nato nel 1935 a Casale Monferrato, e' un giornalista che ha scritto per "L'Espresso" e "la Repubblica".

Da diversi anni scrive libri su vari argomenti.

Quello di cui vi sto per parlare riguarda pero' gli ultimi anni della seconda guerra mondiale, dal 1943 al 1945. Per seguire la corrente piu' tranquilla e senza polemiche, sarebbe stato per lui logico parlare dei gruppi partigiani e delle azioni da loro compiute per far cadere il regime di Mussolini e scacciare i tedeschi dalla penisola.

Pansa pero' ha deciso di guardare la seconda guerra mondiale da un altro punto di vista, quello dei soldati che per una ragione o per un'altra decisero di stare dalla parte della Repubblica di Salo' e Mussolini.

"I figli dell'aquila" prende l'avvio da due figure inventate da Giampaolo, quelle di Alba M. e Bruno A., e da una telefonata immaginaria fatta a Pansa dall'anziana Alba nel 2001. Alba, abitante a Padova, vuole raccontare a Giampaolo la storia di Bruno e la sua, legate da un amore purtroppo impossibile. Nel 1945 infatti il ventenne Bruno viene ucciso mentre cerca di attraversare il Po durante la ritirata successiva alla fine della seconda guerra mondiale.

Ma la storia militare di Bruno ha il suo avvio dall'autunno del 1943, quando l'8 settembre fu firmato l'armistizio tra l'Italia dei Savoia e gli Alleati. Bruno decide di arruolarsi nell'esercito della Repubblica sociale italiana (meglio nota come Repubblica di Salo') contro il parere della famiglia e della fidanzata perche' considerava la guerra "un passo inevitabile e giusto. Perche' veniva combattuta contro le potenze che volevano la scomparsa dell'Italia fascista: la Russia dei Soviet, l'Inghilterra e l'America capitaliste e dominate da una gigantesca piovra finanziaria, quella ebraica.".

Le motivazioni addotte da Bruno erano queste, secondo Pansa. Non era un fascista convinto, non conosceva la sorte dei tanti ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento. Era cresciuto con gli insegnamenti di quel periodo che fin dalle prime classi scolastiche esaltavano il Duce e denigravano tutti gli altri.

Ed erano questi insegnamenti a fargli prendere quella decisione: voleva liberare l'Italia dagli invasori e l'unico modo era combattere.

Come diceva Manfred Rommel, figlio del famoso generale tedesco detto "La Volpe del deserto":

"Quando si parla di storia, l'errore e' di credere che le persone dovessere conoscere tutto cio' che a noi, col senno di poi, appare chiaro e prevedibile".

E' da questa decisione che inizia la storia raccontata da Pansa, una storia che e' assolutamente vera perche' le uniche figure di fantasia del libro sono solo Alba e Bruno. Tutti gli altri hanno un riscontro storico ed e' di queste che Pansa parla soprattutto.

Tra tutte, quella che attira maggiormente l'attenzione del lettore e' la figura del generale Farina, ultimo comandante della divisione San Marco di stanza in Liguria, un generale che appare un "semplice" soldato al di sopra di questioni politiche ed economiche. Farina fa il suo dovere, a volte senza condividerlo, e non accetta le rappresaglie contro civili inermi e contro gli stessi partigiani. Ma continua a farlo per l'onore dell'Italia e delle sue idee. Farina non e' un fascista convinto, ma questo per lui non e' importante quanto l'essere italiano ed essere un soldato.

Come diceva Junio Valerio Borghese (6 giugno 1906 - 26 agosto 1974), capo della X Flottiglia Mas:

"una guerra si puo' vincere o perdere, ma se si perde bisogna farlo con lealta' e dignita'. Perdere con il disprezzo dell'alleato tradito e dell'alleato vincitore e' la sciagura piu' grande di una nazione..."

Non staro' qui a raccontarvi la trama del libro, costruita in modo da apparire come una "chiacchierata" tra Pansa e Alba, a volte un po' confusa per avvenimenti che si intrecciano, date che si scavalcano e nomi di grandi e (per me) sconosciuti che si accumulano. E' un libro che va letto per il modo (secondo me) obiettivo con cui e' stato scritto. Pansa non si mette dalla parte dei fascisti, ma nemmeno si schiera dall'altra. Lui sta in mezzo, come un semplice osservatore (come dovrebbe fare qualunque giornalista), consapevole di stare osservando una guerra e le nefandezze che si porta dietro.

Non giustifica le uccisioni fatte dai fascisti, le rappresaglie e le buche piene di cadaveri senza nome. Ma non vuol dimenticare nemmeno le buche piene di cadaveri senza nome riempite dalle bande dei partigiani con soldati presi prigionieri e civili in odore di collaborazionismo con il nemico.

Alba propone "la storia di uno sconfitto, uno di quelli che ha perso la guerra. E' vero che gli eredi di quei ragazzi sconfitti oggi stanno al governo. Ma il nostro e' un paese che ama soltanto i vincitori, e adesso piu' che mai."

La storia infatti viene solitamente scritta dai vincitori e non e' molto tollerato il fatto di cercare di scriverla dall'altro punto di vista. L'inizio del libro riporta una serie di giustificazioni che Pansa sembra voler dare al lettore per la storia che seguira'. Fa insomma l'avvocato del diavolo di se stesso.

Non voglio tediarvi troppo con i miei commenti.

Mi limitero' a consigliarvi questo libro di storia perche' non si puo' andare avanti senza conoscere il passato e senza imparare dagli errori fatti in quel passato. La guerra e' sempre un errore, soprattutto se si tratta di una guerra civile. Dall'8 settembre 1943 al 1945 in Italia c'e' stata una guerra civile, italiani contro italiani. Se puo' esserci qualcosa di piu' brutto di una guerra e' proprio una guerra civile, non credete?

Il passato non puo' piu' essere cambiato, ormai. Ma quello che dobbiamo imparare e' che non deve nemmeno essere ripetuto. E speriamo che non si ripeta, anche se gli ultimi avvenimenti non lasciano presagire nulla di buono.

Buona lettura a tutti!