Un segreto star bene (14.05.2010)

Scritto per il concorso "Blusubianco" 2010 (www.blusubianco.it) ma non presentato

Sottotitolo: Una vita con scadenza

C’è una specie di luminosità nel suo sguardo stamattina.

Si vede da come è entrato in ufficio, da come ha centrato l’attaccapanni con la giacca e da come mi ha salutato unendo pollice e indice e alzandoli alla bocca per invitarmi a prendere il caffè.

Mentre lavoriamo, ogni tanto si tocca il gesso e non può fare a meno di sorridere.

Mi avvicino e fingo di leggere il comunicato che ha davanti: una piccola scritta storta spicca sulla piega bianca dell’ingessatura.

Strizzo gli occhi per riuscire a leggere.

Questa mia dannata curiosità si accorda male con la miopia. Alla fine però ci riesco, si tratta di un numero di telefono, nessun nome ad accompagnarlo.

Angelo se ne accorge e sorride.

"Non è come pensi", mi conosce così bene da leggermi nel pensiero.

"E allora com'è?", non ce la faccio a trattenermi.

"Hanno accettato un mio racconto", sorride, "ma ne parliamo questa sera a cena. Non voglio farlo sapere, almeno per il momento".

"E allora togliti quell'aria soddisfatta dalla faccia!", e rido tornando al documento che sto scrivendo, lavoro più noioso non potrebbe esserci.

Quella sera ci troviamo al nostro solito ristorante.

Il dolce è un ricordo nato pochi secondi fa sedimentatosi con l'ottima cena che lo ha preceduto. Iniziata con un paio di convenevoli, il silenzio è calato come una mannaia. A nessuno dei due piace parlare mentre mangia. Questa nostra fissa mi ricorda il Montalbano di Camilleri, personaggio che Angelo ha imparato ad amare per merito mio e ne vado orgoglioso. Ad entrambi piace leggere, ma io mi fermo lì. Angelo invece è passato allo stadio successivo: se qualcuno legge, qualcuno deve scrivere.

"Mi spieghi quel numero di telefono?", gli chiedo alla fine, mentre poso la tazzina vuota del caffe'.

"È quello della persona che ho incontrato per il racconto, non avevo un foglio quando mi ha chiamato e così l'ho scritto qui". E subito dopo inizia a raccontarmi tutta la storia: del bando di concorso trovato su una rivista per scrittori emergenti a cui è abbonato da qualche anno, delle regole di partecipazione e dei premi. O meglio, il premio, il Santo Graal di tutti gli scrittori dilettanti: la pubblicazione sotto l'egida di una famosa casa editrice.

Ricordo che me ne aveva già parlato. Era un velato suggerimento a partecipare, che volutamente non ho colto. Preferisco leggere e lasciare ad altri l'onere di scrivere.

"Sono contento. Quando esce il libro?"

Non chiedo nulla del racconto, lo conosco essendo il suo correttore di bozze preferito.

"È ancora presto, solo ieri ho firmato tutti i documenti. Adesso bisogna aspettare e vedere che succede", ma nei suoi occhi si legge la soddisfazione che sta provando.

Un po' lo invidio, ma è un'invidia sana. Non ho la sua capacità di mettere su carta sensazioni e descrizioni senza risultare pedante.

Angelo coltiva il suo talento da una vita. In effetti ci conosciamo quasi da una vita: dall'università al posto di lavoro sono quasi vent'anni insieme.

Più che un amico, è il fratello che non ho mai avuto.

Angelo è timido, con qualche chilo di troppo a causa della sua passione per la buona cucina e la sua avversione per le palestre, un po' di capelli in vacanza non si sa dove e i sopravvissuti portati senza alcun ordine, occhiali dalla montatura in metallo e qualche piccola ruga intorno agli occhi. Solitamente non ride, credo non abbia mai imparato veramente a farlo o più probabilmente ha smesso una ventina di anni fa. Si capisce veramente la sua felicità dagli occhi: gli si illuminano, proprio come questa mattina in ufficio.

Anche mia moglie lo adora e se non lo conoscessi, dotrei essere geloso del loro modo di scherzare quelle poche volte che si incontrano.

È single da quando lo conosco.

A questo punto credo abbia raggiunto un suo equilibrio: continua ad innamorarsi delle belle donne, ma, puoi scommetterci, o sono fidanzate o sono sposate oppure non lo considerano per niente. Gli piace illudersi, soffrire, disinnamorarsi e innamorarsi un'altra volta, in un ciclo continuo.

Non mi ha mai spiegato bene perché, ma credo di averlo capito: è convinto di non aver molto da offrire agli altri. O forse gli piace crogiolarsi nella malinconia di questa sua vita a metà. Una volta gliel'ho chiesto, mi ha risposto che è inutile soffrire in due. Risposta ambigua, ma è nel suo stile.

Eppure sa come farsi voler bene. Gli piace ascoltare la gente ed è perfetto quando ci si vuole sfogare di qualcosa: è un muro su cui puoi buttare di tutto senza correre il rischio che ti torni indietro qualcosa sottoforma di un consiglio inutile o dannoso.

"Voglio una copia autografata", gli dico mentre ci alziamo per andare a pagare il conto. Offre lui, è la sua cena di vittoria. La prossima volta toccherà a me.

Elena, la cameriera dietro la cassa, gli sorride e lui le sorride. Forse è la volta buona che succede qualcosa. Ma poi lo vedo rimettersi il portafoglio in tasca, salutarla e raggiungermi all'uscita.

"Prima o poi dovresti invitarla a prendere un caffè", gli dico. Elena lavora lì da quando abbiamo iniziato a frequentare quel ristorante e so che rientra nei gusti di Angelo.

"Certo, sono sicuro che il suo fidanzato ne sarebbe contento", mi risponde lui chiudendo il discorso. Ovvio che gli piace, è impegnata. Stupido io a non capirlo.

Lo saluto mentre salgo in macchina per tornare a casa.

"Bè, ciao", risponde lui, "Strano come le cose capitano quando meno te lo aspetti e quando ormai manca il tempo per coglierle", aggiunge, "Grazie della tua amicizia".

Criptico. Quando cerco di capire cosa vuole dire, lui indossa un sorriso stanco, alza la mano per dire che non ha importanza e si incammina lentamente: respira l'aria che profuma della notte ormai imminente e si immerge nel buio di quelle strade che conosce come le sue tasche.

Casa sua dista qualche isolato. Non mi sono offerto di accompagnarlo: so che gli piace camminare, anche se un mese fa inciampando si è rotto un osso del polso sinistro.

Lo osservo per qualche minuto: è immerso nei suoi pensieri, un'ombra più scura nel buio di un vicolo che ha perso un paio di lampioni per il divertimento di qualche giovane vandalo annoiato da una vita troppo facile.

L'ultima frase mi ha lasciato un retrogusto amaro in bocca.

Credo che Angelo non cambierà mai, anche con il piccolo successo che ha raccolto.

In fondo ci spero: sono egoista, lo so, ma mi piace il suo star bene con se stesso perché un cambiamento potrebbe rovinare il rapporto che c'è tra noi.

Mentre metto in moto e parto, di lui non c'è più traccia.

Lo rivedrò domani in ufficio, ora mi aspetta la famiglia.

Il giorno dopo la sua scrivania rimane vuota. Lo stesso succederà per molti altri giorni fino all'arrivo di una faccia nuova.

Angelo è volato lontano, così lontano che è impossibile da raggiungere al momento.

Guardo il monitor del computer ma non lo vedo. Sento solo l'ultima frase di ieri sera e capisco che era il suo modo di congedarsi dal mondo e da me.

Non so come farò a dirlo a mia moglie. Il fatto è che non so ancora come dirlo a me stesso.

Non voglio crederci. Eppure mi sembrava tutto così normale.

Ora ho capito che aveva imparato a stare bene con se stesso dandosi una scadenza, senza dire nulla a nessuno, nemmeno al suo miglior amico. Forse era il suo modo per non impazzire di dolore per qualcosa successa vent'anni fa. È impossibile sfuggire al passato, ancor più se non si ha la volontà di farlo.

Angelo mi ha guardato con quella luce negli occhi, che io ho interpretato male, e mi ha detto addio a modo suo. Forse ora sta bene, non lo so, forse sta dove avrebbe sempre voluto stare e soprattutto con la persona con cui voleva vivere la sua vita.

Mi ha lasciato uno scatolone di manoscritti: sono arrivati un'oretta fa direttamente a casa, me l'ha appena detto mia moglie per telefono. Alcuni devono essere molto vecchi. Spero che quelle storie mi aiutino a capire la storia di Angelo.

In questo momento so solo che mi mancherà.