Nel 1729 esplose in Corsica la prima di una lunga serie di rivolte che si trascineranno per quarant’anni. Dalla zona montuosa della Castagniccia, rivolta verso il Mare Tirreno, l’insurrezione si estese ben presto alla città di Bastia. I ribelli, motivati da una politica fiscale oppressiva da parte del dominio genovese e da una carestia che imperversava sull’isola, raccoglievano tra le loro fila persone di ogni ceto sociale, dai popolani ai notabili, fino agli esponenti del clero. Preoccupata dallo sviluppo degli eventi, Genova chiese aiuto all’imperatore Carlo VI, il quale inviò una milizia di mercenari.
Le zone impervie, in cui erano nascosti i rivoltosi, e le continue azioni di guerriglia non consentirono alle truppe imperiali significativi successi, tanto che Genova si vide costretta a siglare, nel 1732, un accordo di pace nella cittadina di Corte. Agli insorti fu concessa l’amnistia, mentre ogni cittadino poteva da questo momento ricoprire incarichi pubblici. Furono istituiti inoltre i ruoli dell’Oratore e del Consiglio dei Diciotto, con cui i rappresentanti del popolo corso assunsero poteri effettivi sul governo dell’isola. I patti non furono però rispettati dalla repubblica di Genova e nel 1734 esplose nuovamente la rivolta ed un avventuriero tedesco, il barone Théodor Neuhoff (1694-1756), si fece eleggere re di Corsica col nome di Teodoro. Intanto, si andavano concentrando sulla Corsica le mire espansionistiche del re Carlo Emanuele III di Savoia, il quale, ottenuto l’appoggio dell’Inghilterra, nel novembre del 1745 fece bombardare Bastia dalla flotta britannica, mentre un esercito formato da piemontesi ed austriaci invadeva la città.
Gli isolani intanto proclamarono Giovan Pietro Gaffòri (1710-1753) Generale della nazione, affidandogli il potere esecutivo. Lo sviluppo preso dagli eventi europei permise a Genova, alleata della Francia, di mantenere il dominio dell’isola, elargendo però una larga autonomia di governo ai corsi. Le cose precipitarono nuovamente nel 1753, quando il commissario genovese fece uccidere il Gaffori.
Nel 1755 gli insorti stabilirono in una Consulta che il governo dell’isola doveva spettare unicamente ai corsi e nominarono Pasquale Paoli generale in capo. La rivalità tra le antiche fazioni dell’isola non facilitò l’impresa di Paoli, il quale tuttavia proseguì per quattordici anni sulla via delle riforme nazionaliste, ispirate ai moderni principi dell’Illuminismo. Egli istituì un ordinamento politico basato sul principio di rappresentanza e sul suffragio universale dei capifamiglia, fondò l’Università di Corte, introdusse nuove colture agricole e fondò la cittadina portuale dell’Ile Rousse, nuovo centro del commercio marittimo con una propria marina mercantile.
Nel 1764 la Corsica era quasi interamente sotto il controllo di Pasquale Paoli, se si eccettuano le zone del litorale, ancora in mano genovese. Nel 1768 Genova decise di disfarsi della Corsica cedendola alla Francia.
Le speranze indipendentiste di Paoli naufragarono a Pontenuovo, nella disfatta dell’8 maggio 1769. Questa sconfitta segnò la fine della rivoluzione corsa. Costretto all’esilio, Paoli si recò in Inghilterra. Ritornerà in Corsica soltanto nel 1790, dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, alla quale inizialmente aderì per poi ritornare a coltivare speranze di indipendenza per l’isola. Citato nell’aprile 1793 davanti alla Convenzione di Parigi per tradimento, rifiutò di presentarsi, dando inizio ad una nuova insurrezione.
Abbandonato ormai dai suoi compatrioti e combattuto da Napoleone Bonaparte, fu però costretto a fuggire.
Il 14 ottobre 1795 egli salpò dal porto di Saint-Florent diretto verso Londra, dove morirà nel 1807.
L’indipendenza della Corsica durò ben poco. Il tessuto sociale dell’isola, articolato per clan, impedì il rinnovamento economico e culturale tentato dal Paoli, rimasto solo a lottare contro l’ostilità sempre maggiore delle antiche gerarchie familiari.