Nel 1598, era morto il re di Spagna, Filippo II, cui era succeduto il figlio, Filippo III. Decenni di guerre per mantenere il predominio politico in Europa avevano stremato l’economia ed il popolo spagnolo. Padrona di mezzo continente americano, del Portogallo, dei Paesi Bassi e degli stati italiani di Sicilia, Sardegna, Napoli e Milano, la Spagna stava attraversando una fase politica molto delicata.
Filippo III fu un sovrano debole, molto pio, ma incapace di curare gli affari di stato.
Nell’impossibilità di fronteggiare le difficoltà e di sostenere i diversi fronti conflittuali, che si stavano aprendo, egli affidò il governo effettivo della nazione al suo 'favorito’, il marchese di Denia, poi denominato duca di Lerma.
Il duca riuscì a chiudere le guerre in atto, siglando accordi di pace con la Francia e con l’Inghilterra.
La situazione del debito pubblico, tuttavia, continuava a minare l'economia spagnola; nel 1607 vi fu una nuova bancarotta, in cui rimasero coinvolti numerosi banchieri genovesi, che avevano concesso crediti illimitati alla monarchia iberica.
Nel 1609 fu decisa una tregua nell’ambito del conflitto scoppiato nel 1576 in seguito alla rivolta dei Paesi Bassi settentrionali, una guerra che, da sola, consumava oltre un quarto del bilancio statale. La Spagna controllava ormai soltanto i Paesi Bassi meridionali, mentre l’Unione delle sette Province Unite settentrionali, che si erano proclamate autonome, stava emergendo come una nuova potenza economica.
Nel 1618, il duca di Lerma fu coinvolto in un processo per corruzione e, tre anni più tardi, lo stesso Filippo III morì. Gli successe il figlio Filippo IV che, a sua volta, affidò il ruolo di primo ministro al suo privado Gaspar de Guzmán, duca di Olivares fautore di un'aggressiva politica estera che finì per precipitare la Spagna in una crisi sempre più grave.
La situazione divenne ancora più difficile con il successore di Filippo IV, Carlo II, che morì nel 1700 senza lasciare eredi, scatenando così una guerra di successione, che coinvolse tutta l’Europa, e si concluse con il definitivo declino politico della potenza spagnola.
Figlio di Filippo II e di Anna Maria d’Austria nato nel 1578, divenne re alla morte del padre nel 1598.
Incapace di governare il grande impero che alla Spagna univa il Portogallo, Napoli, la Sicilia, il ducato di Milano e i Paesi Bassi, affidò il potere al duca di Lerma, mentre altri due favoriti governavano in Italia: il duca di Osuna a Napoli e il marchese di Villafranca in Lombardia.
Le preoccupazioni per l’economia spagnola lo indussero a trasferire la corte da Madrid a Valladolid, ma nessuna manovra riuscì a frenare il disastro finanziario.
I problemi economici furono la causa della rinuncia da parte della Spagna a combattere contro l’indipendenza dei Paesi Bassi settentrionali, che lentamente si avviavano all’affrancamento dal dominio spagnolo.
Dalla moglie Margherita d’Austria sposata nel 1599 ebbe otto figli, fra i quali Filippo IV che gli succedette sul trono nel 1621.
Gaspar de Guzmán, conte e successivamente duca di Olivares, governò la Spagna, dal 1622 al 1642, su incarico del re Filippo IV. Alla politica estera pacifista del duca di Lerma, primo ministro durante il regno di Filippo III, egli preferì un disegno strategico di tipo militare, volto a far riconquistare alla Spagna il ruolo di potenza imperiale.
Questa ambiziosa politica di espansione non era, però, supportata da risorse finanziarie adeguate. Le quote di risparmio ottenute con il drastico taglio delle spese per la corte e per la burocrazia furono tutte consumate sui campi di battaglia.
Ripresero le ostilità contro l’Olanda mentre l’alleanza con la dinastia asburgica e l'appoggio al tentativo di restaurare il cattolicesimo in Germania determinarono il pesante coinvolgimento della Spagna nella guerra dei Trent'anni. Sul fronte interno, si scatenarono rivolte autonomiste che minarono l'unità dell'impero; il Portogallo nel 1640 riconquistò la propria indipendenza sotto la guida del duca di Braganza, che assunse il nome di Giovanni IV.
L’idea, che muoveva Olivares, era quella di costituire, in un grande progetto assolutistico, un vasto impero che integrasse tutte le province del regno e i domini coloniali. In realtà la sua opera di riforma amministrativa e di centralizzazione si scontrò con l’opposizione delle stesse provincie spagnole, le quali intendevano difendere i propri privilegi e la propria autonomia legislativa nei confronti della corte di Castiglia.
La Catalogna si ribellò apertamente e, solo nel 1652, dopo una sanguinosa guerra civile, Barcellona si arrese di nuovo a Madrid. Il desiderio di riportare la Spagna ai fasti cinquecenteschi di Carlo V e di suo figlio Filippo II, fu alla base della politica culturale di alto livello promossa dal duca che intendeva dare lustro ad una grande corte imperiale, rivaleggiando con le altre potenze europee nel tenere al proprio servizio poeti, letterati e artisti famosi.
Grazie all’appoggio e al favore di Olivares, tra i pittori, si impose il genio di Diego Velázquez, colui che, con il suo impeccabile cromatismo e la forza della sua pennellata, trasformò il gusto artistico della corte spagnola. L’autorità ed il potere di Olivares stavano però declinando; l'andamento negativo dei conflitti nei quali era impegnata la Spagna fecero alla fine cadere in disgrazia il duca che, nel 1642, fu destituito e costretto all’esilio.
Il suo ambizioso programma politico venne definitivamente abbandonato.
L'Italia che usciva dalla pace di Cateau-Cambrésis (1559), dopo le guerre per il predominio che dalla fine del '400 avevano insanguinato la penisola, era profondamente diversa da quella del periodo rinascimentale.
La geografica politica degli antichi stati italiani aveva visto la scomparsa di alcune dinastie (gli Sforza e i Montefeltro) mentre alcuni nuovi principati si erano formati (i Farnese).
La Spagna controllava direttamente una parte consistente del territorio (Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna). Nell'Italia centrale dopo l'annessione dello stato senese si era formato il vasto principato mediceo. La presenza della potenza spagnola in Italia, se da un lato mutò profondamente gli equilibri politici e istituzionali dei suoi domini nella penisola, dall'altro condizionò pesantemente la politica di tutti gli stati italiani.
È questa la fase della cosiddetta "pax hispanica" che avrebbe garantito, per oltre un secolo e mezzo, condizioni di stabilità politica a tutta la penisola sotto l'egemonia della corte di Madrid.
Gli antichi stati italiani si avviavano, ormai, a recitare un ruolo di secondo piano sulla scena internazionale.
In realtà, sul piano politico ed economico l'Italia e il Mediterraneo avrebbero mantenuto un ruolo di primaria importanza ancora per lungo tempo.
A partire dai primi decenni del '600, invece, iniziarono a manifestarsi i primi segni di una incipiente crisi produttiva e commerciale che in breve tempo si manifestò in tutta la sua gravità per il ripercuotersi di complessi fenomeni di carattere strutturale e congiunturale: il ristagno demografico, il tracollo del settore manifatturiero, le carestie, l'immobilizzarsi dei capitali nelle proprietà fondiarie, determinarono una fase di lunga depressione economica che si manifestò in maniera non dissimile al declino della Spagna imperiale.
Solo sul piano culturale la penisola era ancora in grado di recitare un ruolo di primo piano e addirittura di esportare le sue mode e i suoi gusti artistici in tutto il continente: sul piano scientifico, nelle arti figurative, nell'architettura, nel teatro e nella musica, l'età barocca (fino almeno alla metà del XVII secolo) fu il periodo del massimo irradiamento della cultura italiana.