Nei secoli XIV e XV venne affermandosi in Europa un grande mutamento: dalle monarchie feudali, frutto dell’estrema frammentazione politico-amministrativa del periodo medievale, si passò in alcune regioni europee ad una nuova forma di stato, la monarchia "nazionale".
Progressivamente i sovrani, a prezzo di cruenti conflitti, riuscirono ad estendere il loro potere su territori sempre più estesi, eliminando le ampie particolarità dei potenti signori feudali e assoggettando il territorio "nazionale" all’amministrazione di funzionari di nomina regia, sia in materia di tributi, sia in ambito giudiziario.
Dalle guerre e dalle vicende dinastiche emersero, nel corso del '400, alcune nuove monarchie nazionali in Francia, in Inghilterra e in Spagna.
Fu comunque l'idea di "stato" che venne generalmente rafforzandosi in questo periodo, assumendo quei caratteri di modernità che avrebbero poi caratterizzato la successiva storia europea.
La carta dell’Europa di fine '400 presentava scenari politico-diplomatici ancora molto fluidi e in continua evoluzione.
L’affermarsi di alcune importanti monarchie nazionali iniziò ad influire in maniera sostanziale sul cambiamento dello scacchiere politico e dinastico. Permanevano, tuttavia, situazioni di estrema frammentazione che contribuirono a polarizzare i conflitti del periodo successivo.
I territori dell’antico impero germanico, la Borgogna, i Paesi Bassi e gli stati italiani costituirono motivi permanenti di contesa per le lotte dinastiche che si accesero in Europa fra XVI e XVII sec. Sulla scena mediterranea e nell'area balcanica incombeva invece la minacciosa presenza della Sublime Porta ottomana che, dopo la conquista di Costantinopoli, creava condizioni di instabilità politica e uno stato di conflitto permanente con le potenze europee.
Vicende dinastiche e conflitti militari accompagnarono la nascita di un nuovo organismo nazionale anche nella penisola iberica. La frammentazione politica di metà '400 venne superata nel 1469, quando i regni di Castiglia e di Aragona (che amministrava importanti territori in Italia come la Sardegna, la Sicilia e il Regno di Napoli) vennero uniti in seguito al matrimonio tra Isabella e Ferdinando, eredi, rispettivamente, dei due regni. L’unione territoriale della Spagna venne poi completata dalla Riconquista, nel 1492, del piccolo regno musulmano di Granada e poi dall’annessione, nel 1512, del versante spagnolo del regno pirenaico di Navarra. Solo il Portogallo, per il momento, riuscì a conservare la propria autonomia dalle mire espansionistiche spagnole
Dopo Francia e Inghilterra fu la volta della Spagna a conseguire la monarchia nazionale. Vicende dinastiche e conflitti militari accompagnarono la nascita di un nuovo organismo nazionale anche nella penisola iberica.
La frammentazione politica di metà '400 venne superata nel 1469, quando i regni di Castiglia e di Aragona (che amministrava importanti territori in Italia come la Sardegna, la Sicilia e il Regno di Napoli) vennero uniti in seguito al matrimonio tra Isabella e Ferdinando, eredi, rispettivamente, dei due regni.
L’unione territoriale della Spagna venne poi completata dalla Riconquista, nel 1492, del piccolo regno musulmano di Granada e poi dall’annessione, nel 1512, del versante spagnolo del regno pirenaico di Navarra.
Questa concentrazione politica, che pose le basi del futuro predominio spagnolo sul continente, determinò nella penisola la presenza di due sole potenze: il regno di Castiglia-Aragona (Spagna, ma anche Baleari, Sardegna, Sicilia e Regno di Napoli) e il Regno del Portogallo.
Solo il Portogallo, per il momento, riuscì a conservare la propria autonomia dalle mire espansionistiche spagnole. Quest’ultimo, che in passato aveva rischiato più volte di essere assorbito dalla potente Castiglia, era interessato soprattutto al potenziamento dei traffici oceanici favoriti da sovrani come il principe Enrico il Navigatore e re Giovanni II (1481-95).
Alla metà del XV secolo esistevano nella penisola iberica ben cinque stati, agli inizi del XVI soltanto due.
La lunga lotta spagnola contro il dominio musulmano, iniziata nel X secolo, si colora inevitabilmente di toni religiosi e razziali. Scacciati gli arabi, la neonata monarchia nazionale spagnola sfrutta abilmente l’atavico odio popolare contro i dominatori infedeli per favorire i propri interessi politici ed economici, grazie anche allo strumento dell’Inquisizione, arma efficace e spietata in mano a un clero spesso intollerante e fanatico.
Cresce l’odio nei confronti degli ebrei, mercanti, banchieri e amministratori avveduti che fungono spesso da collettori di tasse, attirandosi perciò il rancore della popolazione.
Vengono diffuse ad arte, per fomentare il popolo, voci su rituali cruenti e sacrileghi, alimentate dai predicatori domenicani e francescani. Questi ultimi istituiscono banche di prestito, i Monti di Pietà, per i ceti meno abbienti, in modo da strapparli alle "grinfie" degli usurai ebrei. Quando nel 1492 cade Granada, l’ultima città spagnola in mano ai mori, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia firmano, il 31 marzo, il decreto d’espulsione degli ebrei dalla Spagna.
Per i conversos, gli ebrei rimasti che hanno accettato di convertirsi, additati volgarmente col nome di marranos, ossia porci, la vita sotto il tallone implacabile dell’Inquisizione è difficile. A coloro che hanno scelto l’esilio i sovrani permettono di portarsi dietro i beni mobili, e di convertire in denaro quelli immobili. L’ondata dell’emigrazione sefardita si riversa sulle coste africane, sulla Turchia, sull’Italia e sull’Europa settentrionale. La loro speranza si riaccende con Lutero, ma le persecuzioni da parte dei protestanti si rivelano, a volte, più dure di quelle dei cattolici, che tendono a isolarli.
Nasce a Venezia, nel 1516, il primo ghetto, dove gli ebrei vivono in un quartiere cinto da mura dal quale possono uscire soltanto in determinate ore.
All’atto della capitolazione di Granada sono garantite l’incolumità e la salvaguardia dei beni sia ai musulmani che decidono di lasciare la città che a quelli che vi restano. Tali garanzie sono ritirate dieci anni più tardi, e i musulmani sono costretti a convertirsi.
I moriscos, come sono chiamati coloro che hanno abiurato la loro fede, sono numerosi specialmente in alcune regioni; molti di loro, vassalli di nobili cristiani, vivono discriminati, circondati da un alone di sospetto, ma mantengono lingua, costumi e la pratica discreta del proprio culto. Soltanto a partire dal 1540 le autorità governative concedono all’Inquisizione di perseguitarli, cominciando proprio da Granada, dove i moriscos sono costretti ad abbandonare le proprie usanze e a vestirsi all’occidentale.
Nel 1568 nella città scoppia la rivolta, debellata solo dopo due anni da Filippo II, che decreta la dispersione dei moriscos sul territorio fino alla loro definitiva cacciata nel 1609. Ciò si rivelerà un grave danno per l’economia spagnola, come già lo era stata la cacciata degli ebrei nel 1492, e decreterà la fortuna delle città ottomane, di quelle fiamminghe e del porto di Livorno.
Nel cuore dell’Europa centrale sopravviveva il Sacro Romano Impero; si trattava ormai di un’esistenza poco più che formale, di una cornice istituzionale caratterizzata da una profonda frammentazione politica. I territori germanici, infatti, fra il XIV e il XV sec., si presentavano come una serie di stati territoriali e di città indipendenti. Sui primi esercitavano piena sovranità principi laici e vescovi; le seconde si reggevano invece su propri ordinamenti statutari ed erano spesso unite tra di loro in leghe. Questa frammentazione politica esprimeva un organismo come la dieta imperiale, che si riuniva ogni anno ed era composta dai 7 grandi principi elettori, cioè dai sovrani laici e religiosi cui competeva l’elezione dell’imperatore. La dieta era delegata ad occuparsi degli affari che riguardavano l’interesse comune e generale, non ultimo la concessione dei finanziamenti per la politica imperiale. All’estinzione della casata di Lussemburgo, con una figura importante come l’imperatore Sigismondo (1410-1437), la corona passò, con Alberto II d’Austria (1437-39), alla dinastia degli Asburgo che, oltre ai possedimenti austriaci, aveva la sovranità sui regni di Boemia e di Ungheria. Dopo Federico III (1452-1493), ascese al soglio imperiale suo figlio Massimiliano I (1493/1508-1519), protagonista di un’accorta politica matrimoniale che pose la casata degli Asburgo al centro dei più importanti meccanismi dinastici della politica europea. Massimiliano, nato nel 1459, aveva sposato Maria di Borgogna, unica erede dell’omonimo ducato, matrimonio che lo aveva costretto alla guerra con la Francia di Luigi XI. L’esito negativo della guerra, che portò allo smembramento del territorio borgognone, lasciò in eredità a Massimiliano anche la promessa di concedere la figlia Margherita in moglie al futuro re di Francia Carlo VIII: la dote sarebbe stata composta dai territori compresi nell’eredità borgognona rimasta agli Asburgo dopo la pace di Arras. In realtà, Carlo VIII preferì sposare la duchessa di Bretagna, non tenendo fede alla promessa, per cui, dopo un nuovo conflitto militare, gli Asburgo tornarono in possesso della dote. Altrettanto importante e ricco di conseguenze fu invece il matrimonio di Filippo di Asburgo, figlio di Massimiliano, con Giovanna, figlia di Isabella di Castiglia e di Ferdinando di Aragona, erede dei regni che avevano dato origine alla monarchia nazionale spagnola. Venne a saldarsi così, in via matrimoniale, la dinastia asburgico-spagnola, che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nei conflitti che sconvolsero l’Europa nella prima età moderna.
Le monarchie dell’Europa centro-orientale, anche quando rafforzano il proprio potere territoriale, non riusciranno mai a imporre sul paese un’autorità paragonabile a quella dei sovrani di Francia, Inghilterra o Spagna, dovendo fare i conti col potere della grande e piccola nobiltà. La debolezza dell’economia urbana e la mancanza di una forte borghesia favoriscono il potere dell’aristocrazia fondiaria, mentre i contadini sono tenuti in una condizione di duro asservimento.
Ne è un esempio il regno d’Ungheria, in prima linea a fronteggiare la penetrazione turca con uno sforzo che ne assorbe tutte le energie, e dove il potere dei nobili impedisce a lungo la formazione di uno stato accentrato sul modello occidentale.
Dal 1308 nel paese si è insediata la dinastia d’Angiò, che, sotto Luigi il Grande (1342-1382), apre la capitale Buda alle influenze culturali francesi e italiane; ma il periodo di maggior prestigio del paese inizia nel 1458, quando la corona passa a Mattia I Corvino (1443-1490). Oltre ad allargare notevolmente i propri territori, egli farà di Buda un centro dell’Umanesimo, grazie anche all’opera della moglie Beatrice d’Aragona, principessa di Napoli.
Per buona parte del XIV secolo la corona polacca deve lottare sia contro il potere dei feudatari sia contro i cavalieri teutonici, che occupano un vasto "stato" lungo le sponde del Baltico precludendo alla Polonia lo sbocco al mare.
La svolta si verifica nel 1386, quando sul trono polacco sale il granduca di Lituania, Ladislao II (1386-1434), fondatore della dinastia degli Jagelloni, destinata a regnare sul paese per oltre due secoli. I cavalieri dell’ordine teutonico sono sconfitti nella battaglia di Tannenberg del 1410; poi, nel 1466, il re di Polonia Casimiro IV (1447-1492) strappa loro la Prussia occidentale e la Pomerania con l’importante porto di Danzica. La Prussia orientale resterà all’ordine, ma solo come feudo della monarchia polacca.
Nel XIV secolo le sconfinate distese della Russia sono ancora controllate dalla tribù mongola dei tatari, da noi detti tartari. All’ombra di questo dominio prospera il principato di Mosca, tributario dei tatari e incaricato di riscuotere per loro conto il tributo imposto agli altri principati autonomi in cambio dell’aiuto nella lotta contro i signori rivali.
Il grande momento della Moscovia giunge con l’avvento al trono di Ivan III il Grande (1462-1505), che libera completamente il paese dal controllo straniero, strappando anche ai lituani e ai polacchi le terre russe. Sposatosi con la nipote dell’ultimo imperatore bizantino, Ivan III assume nel 1444 il titolo di zar, e si propone di fare di Mosca l’erede spirituale, se non politica, di Bisanzio, che è destinata a cadere in breve tempo in mano turca.
Nel XVI secolo la Russia è nelle mani dello zar Ivan IV (1533-1584), detto per la sua ferocia Grozny, il Terribile; questi conduce una vittoriosa lotta contro i boiari, i dignitari feudali, ponendo le basi di un regime assolutistico che, se unifica politicamente e amministrativamente la Russia, ha l’effetto negativo di contrastare lo sviluppo economico.
Impedendo la nascita di una borghesia mercantile e imprenditoriale, mantenendo i contadini nella condizione di servi della gleba, Ivan il Terribile crea uno stato che, per molti secoli, rimarrà tra i più arretrati del mondo.
Una vicenda politica abbastanza particolare fu quella che accomunò le popolazioni delle vallate svizzere, che diedero origine a un piccolo stato alpino destinato a un rapido sviluppo.
La minacciosa espansione degli Asburgo, che già avevano assunto il controllo di quasi tutta l’Austria, aveva dato vita nel 1291 a un patto difensivo perpetuo tra i cantoni rurali di Uri, Schwyz e Unterwalden, ai quali, dopo i primi successi militari, si erano associati altri cantoni e città come Lucerna, Zurigo e Berna.
La Confederazione lottò duramente per affermare la propria esistenza e la propria autonomi,a fino a ottenere nel corso del XIV secolo il riconoscimento da parte del potere imperiale e degli Asburgo.
Impostasi poi come forza militare di tutto rispetto, si espanse a spese dei Savoia, dell’Austria e del ducato di Milano. La vittoria degli svizzeri a Nancy contro Carlo il Temerario (1477), fu una ulteriore conferma della loro forza bellica.
La fama di guerrieri disciplinati e efficienti rese gli svizzeri molto richiesti dai principi e dai sovrani, che li assoldarono come mercenari.
All’indomani della guerra dei Cent’anni, la monarchia francese dovette affrontare il problema della Borgogna, che aveva appoggiato l’Inghilterra e approfittato del lungo conflitto per inserirsi nel gioco della grande politica europea.
Il nome Borgogna (Burgundia) derivava dal fatto che la regione, nella parte orientale della Francia, era stata abitata anticamente (fra il V e il VI sec. d.C.) dalla popolazione dei burgundi. Dopo alterne vicende vissute nell’alto Medioevo come regno autonomo, conteso fra l’impero e il regno francese, nel 1363 il re di Francia Giovanni il Buono investì del ducato il proprio figlio, Filippo l’Ardito, da cui prese avvio una nuova dinastia. Infatti, grazie al matrimonio tra Filippo l’Ardito e la contessa Margherita di Fiandra (1384), il ducato si estese territorialmente e divenne economicamente assai florido.
Comprendeva infatti, oltre alla regione borgognona (i territori tra la Saône e la Loira) anche l’Artois e la Franca Contea, le Fiandre e i Paesi Bassi (solo alcune città maggiori, costituitesi in liberi comuni fin dal XII sec., continuarono a godere di speciali privilegi, come ad esempio Lille e Tournai, oppure Gand e Bruges, nelle Fiandre). Durante la guerra dei Cent’anni fra la Francia e l’Inghilterra, i duchi Borgognoni, in particolare Giovanni Senza Paura (1404-1419) e Filippo il Buono (1419-1467), approfittarono per ingrandire il proprio territorio.
Fu però soprattutto con Carlo il Temerario (1467-1477) che la politica espansionistica del ducato di Borgogna, che aveva raggiunto il periodo del suo massimo splendore, ebbe una notevole accelerazione nel cuore dell’Europa. Il conflitto con la Francia di Luigi XI si estese fino a comprendere le città dell’Alsazia e della Renania, i duchi di Lorena e la Confederazione svizzera. Proprio gli svizzeri inflissero il colpo definitivo alle speranze di Carlo, sconfiggendolo nella battaglia di Nancy (1477), in cui il sovrano stesso trovò la morte. Iniziò così il declino del potente stato, la cui eredità venne reclamata da un nuovo influente soggetto: Massimiliano d’Asburgo, futuro imperatore germanico, che aveva sposato Maria, l’unica figlia di Carlo il Temerario.
Il conflitto con la Francia di Luigi XII proseguì fino alla pace di Arras (1482), che sancì la divisione dello stato borgognone fra gli Asburgo (che ricevettero le Fiandre e poi nel 1493 la Franca Contea e l’Artois) e i Valois di Francia (che inglobarono la Borgogna francese). Aveva però preso corpo il conflitto franco-asburgico, che avrebbe caratterizzato la storia successiva. Questo fu il periodo di massimo splendore della corte borgognona, che contribuì alla rinascita delle arti e allo sviluppo, ad esempio, della raffinata polifonia fiamminga.