Filippo II, figlio di Carlo V e di Isabella del Portogallo, ereditò dal padre i beni della corona spagnola e i Paesi Bassi. La sua fu una monarchia tesa ad accentuare l'egemonia ispanica, non solo sul piano politico, ma anche su quello culturale e religioso.
Scelse come propria residenza un luogo ben definito che divenne il simbolo della sua ideologia: la fortezza-convento dell’Escorial, che fu fatta costruire a poche miglia da Madrid, all'epoca modesta cittadina destinata a trasformarsi in una grande capitale tanto che all'epoca si diceva "solo Madrid è corte".
La sua ideologia politica e religiosa, tesa ad un'intransigente affermazione dei valori del cattolicesimo secondo i dettami della Controriforma, mirava a riunire la cristianità nella fede.
Di carattere chiuso e sospettoso, spesso intollerante, interpretò la sua missione operando sul piano interno al fine di eliminare ogni forma di opposizione, mentre in politica estera perseguì il disegno di restaurare il cattolicesimo consolidando il predominio spagnolo. In Spagna l'attività dell'Inquisizione contro gli eretici si intensificò, così come la persecuzione accanita contro i seguaci di religioni diverse o contro le popolazioni non spagnole del suo regno, come quelle di origine araba (moriscos) e quelle di origine ebraica (marranos).
In politica estera condusse una dura lotta contro l’espansione ottomana nel Mediterraneo sino alla vittoriosa battaglia di Lepanto nel 1571, che vide crollare il mito dell’invincibilità turca. Il conflitto con i protestanti per affermare la superiorità del cattolicesimo lo coinvolse direttamente, per motivi dinastici, negli affari delle corone di Francia e d'Inghilterra.
La rivolta dei Paesi Bassi, appoggiati dall’Inghilterra, rappresentò un altro fronte di guerra che lo tenne a lungo impegnato. Filippo è noto anche come "il Re burocrate" in quanto, diversamente dal padre che aveva viaggiato molto, "ebbe per suo campo di battaglia il suo studio e il suo scrittoio" nel senso che dirigeva dall'Escorial i territori che componevano il suo immenso impero, perfezionando a questo scopo una sempre più efficiente macchina burocratica e amministrativa che faceva capo al sovrano.
L'Escorial
L’ideologia della Controriforma trovò piena applicazione in Spagna nella corte fortemente accentrata di Filippo II, salito al trono madrileno nel 1556 e strenuo difensore dell’ortodossia cattolica. La totale adesione della politica e della religiosità del sovrano alle direttive della Chiesa di Roma uscita dal Concilio di Trento si concretizzò pienamente nella fabbrica del monastero di San Lorenzo all’Escorial, che sorse, per volontà del monarca, pochi chilometri a nord di Madrid nella sierra Guadarrama.
Pur trovandosi in Spagna, l’edificio - costruito fra il 1563 e il 1584 - derivava molti dei suoi motivi dall’arte italiana; nell’imponente struttura squadrata, l’architettura di Michelangelo venne interpretata in chiave controriformista da Juan Butista de Toledo e da Juan de Errera - due architetti iberici che si erano formati a Roma - che sottoposero l’insieme ad un processo di semplificazione e di riduzione in schemi geometrici essenziali.
Anche la decorazione pittorica interna fu essenzialmente opera di artisti italiani, quali il ligure Luca Cambiaso ed il comasco Pellegrino Tibaldi, che vi dipinsero cicli di luminosi affreschi di immediata comprensibilità.
Anche la pala della chiesa del monastero con il Martirio di san Lorenzo, fu affidata a Tiziano, mentre il gruppo scultoreo bronzeo raffigurante la Famiglia di Filippo II raccolta in preghiera, venne assegnato al toscano Pompeo Leoni, figlio del celebre scultore manierista Leone Leoni.
Il declino economico della Spagna
Un celebre autore francese, Jean Bodin (Angers 1530-Laon 1596), poteva sostenere, in un suo scritto del 1560, che gli spagnoli non potevano vivere senza la Francia perché erano costretti ad importare dalla nazione vicina materie prime, derrate alimentari, prodotti e manufatti dell'artigianato.
Il paradosso era che per pagare simili importazioni gli spagnoli erano costretti a cercare in capo al mondo metalli preziosi e spezie. Il senso di questo discorso era molto semplice: le enormi ricchezze che affluivano dalle colonie nella madrepatria non si fermavano in Spagna ma andavano ad arricchire le altre nazioni europee.
Questo era dovuto al mancato sviluppo economico della potenza iberica, tutta protesa nella sua politica di espansione militare che sotto Filippo II ebbe una forte accelerazione. Sul piano interno i settori artigianali e mercantili rimanevano tutto sommato a livelli piuttosto bassi, mentre la cacciata e la persecuzione di alcune minoranze etniche e religiose aveva ulteriormente impoverito un panorama in cui non venne a svilupparsi un intraprendente ceto borghese.
L'agricoltura restò limitata ad un ruolo di pura sussistenza che non riusciva a garantire neppure il fabbisogno alimentare della nazione. La presenza di un ceto dirigente ancora pervaso da ideali cavallereschi, amante del lusso e portatore di profondi pregiudizi sociali e religiosi nei confronti delle attività imprenditoriali, ingessava fortemente una struttura sociale ancora piuttosto arretrata.
Lo stesso commercio con le colonie viveva sui rigidi canali di un rapporto di esclusività che imponeva pesanti restrizioni; tutti i traffici dovevano transitare dal porto di Siviglia dove erano attentamente controllati dall'alto.
Nonostante l'afflusso sempre più consistente di oro e argento americani, la corona di Spagna si mantenne in una condizione di indebitamento quasi permanente: durante il regno di Filippo II, addirittura, per almeno tre volte fu dichiarata la bancarotta.
I territori che componevano i Paesi Bassi erano un complesso piuttosto eterogeneo e costituivano certamente una delle provincie più ricche dell’impero di Carlo V. Nonostante appartenessero dalla fine del '400 alla dinastia asburgica continuavano a mantenere un certa autonomia amministrativa a salvaguardia dei propri interessi commerciali e produttivi.
Espressione di tale autonomia erano gli Stati Generali e gli organi rappresentativi delle 17 province che componevano i Paesi Bassi. La politica di Filippo II, lontano per mentalità e formazione dal mondo fiammingo, cercò da un lato di ridurre il potere delle provincie per sfruttarne le ricchezze (imponendo tasse e stabilendo la presenza di guarnigioni militari spagnole), dall'altro intraprese una rigorosa repressione contro le comunità protestanti (fu restaurato il tribunale dell'Inquisizione), soprattutto di fede calvinista, che si erano molto diffuse nella parte settentrionale grazie al favorevole clima politico ed economico.
Simile politica portò inevitabilmente al diffondersi di una sempre più aperta insofferenza alla corona spagnola; i primi segnali di malcontento favorirono il compattarsi di un ampio fronte di oppositori che andava dall'aristocrazia ai ceti mercantili.
In nome della libertà religiosa, dell'indipendenza politica e dell'antifiscalismo, sotto la guida unitaria nel principe Guglielmo d’Orange, il malcontento si trasformò in ribellione aperta, dando origine ad un movimento che fu definito sprezzantemente a corte dei gueux, ovvero dei "pezzenti".
Nel 1566, malgrado il tentativo di mediazione della governatrice Margherita, sorellastra di Filippo II, la rivolta divampò in tutto il paese. La risposta della corona spagnola fu l'invio del duca d'Alba (Fernando Alvarez di Toledo, 1507-1587) che cercò di soffocare le sommosse con metodi terroristici, costringendo Guglielmo d’Orange a riparare in Germania.
Il regime di terrore instaurato ebbe l'effetto di estendere la rivolta anche alle provincie del sud rimaste cattoliche. Il nuovo viceré, Alessandro Farnese (1545-1592) riuscì abilmente a rompere il fronte unitario che sembrava essersi stabilito attorno alla comune difesa della libertà e dell'indipendenza (e che aveva preso corpo nel cosiddetto tentativo di pacificazione di Gand del 1576), riuscendo a riconquistare le provincie del sud.
Guglielmo d'Orange, rientrato con idee politiche e religiose sempre più radicali, venne riconosciuto invece dalle province del Nord come governatore; nel 1579 si arrivò alla creazione dell’Unione di Utrecht (cui parteciparono le sette provincie di Olanda, Zelanda, Utrecht, Gheldria, Overijssel, Groninga, Frisia) che a partire dal 1581 assunsero il nome di "Repubblica delle Provincie Unite" conquistando una indipendenza per cui dovettero combattere ancora a lungo contro la Spagna, riuscendo ad ottenere il riconoscimento della loro indipendenza solo nel 1648.
Il secolo d'oro olandese
Il periodo di massimo splendore, quello che viene chiamato comunemente il "Secolo d’Oro" della civiltà olandese, coincise con il XVII secolo, un’epoca segnata in Europa da molteplici crisi economiche e militari. Affrancatasi con la formazione della Repubblica delle Provincie Unite dalla soggezione alla Spagna dopo una lunghissima guerra, l’Olanda riuscì a far prosperare l’economia, il commercio, le scienze e le arti mentre l'Europa era sconvolta dalla guerra dei Trent'anni. La piccola lega di stati divenne un’oasi di pace, di tolleranza, in cui fiorirono personalità artistiche di eccezionale rilievo. L'intraprendenza economica, e una marina sempre più forte, determinarono un eccezionale sviluppo economico. Amsterdam divenne la capitale del commercio e della finanza mondiale. Le industrie prosperavano, così come l’agricoltura, grazie all’intraprendenza delle popolazioni, che erano riuscite a strappare al mare vasti appezzamenti di terra. Le attività agricole raggiunsero i più alti livelli di specializzazione grazie agli sbocchi commerciali offerti da una delle aree più fortemente urbanizzate del continente e dalle possibilità di import-export dei prodotti agricoli garantite dalla flotta olandese. Grazie agli approvvigionamenti cerealicoli importati dal Baltico (area nella quale esercitarono il predominio assoluto nei trasporti marittimi), le Province Unite poterono dedicare la loro produzione all’orticoltura, all’allevamento e alle materie prime industriali impiegate nelle manifatture tessili. Gli olandesi divennero i principali produttori di fibre vegetali come il lino e la canapa, oppure di prodotti per le tintorie come il guado e la robbia. Sul piano delle risorse energetiche, oltre al flusso di legname importato dal Baltico e largamente impiegato nella cantieristica navale, si iniziò a sfruttare come combustile i grandi giacimenti di "torba" naturale (dopo il processo di essiccazione). La fitta rete di canali garantiva un sistema integrato di trasporti marittimi-terrestri che facilitavano il commercio con tutta l’Europa. L'affermazione di una forte borghesia mercantile determinò la nascita di un sistema di governo fondato sull’indipendenza politica e sulla libertà religiosa in un clima che garantì l’ascesa economica dell’Olanda sui mercati d’oltremare. Politicamente, le Sette province conservarono una struttura confederale: ognuna aveva una propria assemblea che inviava i suoi rappresentanti agli stati Generali. Nell’Europa delle monarchie assolute e degli stati centralizzati, l’Olanda rappresentò un modello di organizzazione politica e sociale alternativo, che non mancò comunque di scontrarsi con "la ragion di stato" delle altre potenze europee in una concorrenza che si manifestò soprattutto sul piano economico.
Grazie alla sua prudenza, al suo equilibrio, alla sua abilità politica e diplomatica Elisabetta I regnò per quarantacinque anni, conducendo l'Inghilterra in uno dei periodi più prosperi della sua storia. L'Inghilterra venne infatti affermandosi non solo in campo economico - per cui furono poste le basi della sua futura supremazia - ma anche in quello culturale e artistico, basti pensare all'opera di Shakespeare.
Durante l'età elisabettiana il ritmo di sviluppo del paese trasse giovamento da importanti mutamenti strutturali già in atto nella sua economia e nel suo apparato produttivo. La produzione e l'esportazione dei pannilani inglesi subì una forte accelerazione nel corso del '500, stimolando una trasformazione delle colture che vide la conversione dei terreni arativi in pascoli per l'allevamento ovino.
Nello stesso periodo iniziò quel lungo processo che doveva portare l'agricoltura inglese dagli open fields alle enclosures, cioè da un sistema fondato sui campi aperti, al prevalere della proprietà privata e alla recinzione dei campi, presupposto per uno sfruttamento più intenso e produttivo dei terreni. Notevole slancio e dinamismo dimostrò pure l'industria del ferro.
Più in generale l'Inghilterra di questo periodo avviò uno sviluppo sia di tipo industriale, soprattutto nel settore tessile, sia di tipo commerciale, per il progressivo ampliamento dei mercati interno e internazionale. Grande impegno fu posto dalla corona per sostenere e sviluppare la marina britannica, incoraggiando l'intraprendenza dei commercianti inglesi che iniziarono progressivamente ad ampliare i loro commerci marittimi.
Sorsero le prime Compagnie mercantili private che, sebbene privilegiate dalla monarchia, potevano contare anche sull'iniziativa e sul capitale dei soci. Le strutture commerciali inglesi iniziarono ad essere sempre più presenti in Europa, in Africa e nel Medio Oriente, prima del decollo vero e proprio che avvenne nel corso del XVII secolo.
L'''Invencible Armada''
L'esecuzione di Maria Stuart, che divenne una martire esaltata in tutto il mondo cattolico, sembrò anche un guanto di sfida nei confronti di Filippo II. Il monarca spagnolo decise di organizzare una spedizione contro l'Inghilterra, una vera e propria crociata, per punire un nemico non solo ostile sul piano religioso, ma anche responsabile della persecuzione dei cattolici inglesi, dei continui attacchi pirateschi alle navi spagnole, e del sostegno ai rivoltosi delle Fiandre.
Una potente flotta di 130 galere, definita l’Invincible Armada, si mosse nel 1588 verso l'Inghilterra; in caso di vittoria 30.000 uomini erano pronti ad invadere l'isola dai Paesi Bassi al comando di Alessandro Farnese. L'esito della spedizione fu però negativo per la Spagna, sconfitta duramente in una battaglia navale nelle acque della Manica.
L'episodio ebbe una enorme eco e sembrò prefigurare il successivo declino della potenza marinara spagnola in favore di quella inglese. In realtà fu soprattutto un importante momento di cambiamento nel modo di fare la guerra sui mari.
La flotta spagnola, colata a picco da Sir Francis Drake e dagli altri audaci capitani inglesi, si affidava ancora ad una tattica di tipo tradizionale che a Lepanto si era rivelata vincente: le robuste e pesanti galee dalla scarsa velatura e dalle potenti artiglierie per il tiro ravvicinato, preparavano con scariche di fucileria lo speronamento e l'arrembaggio all'arma bianca.
Le navi inglesi erano invece più agili e più manovrabili; essendo armate di cannoni di lunga gittata potevano colpire e poi fuggire, cercando di affondare a distanza le imbarcazioni nemiche.
Queste navi, dette poi volgarmente galeoni, emergevano maggiormente dal pelo dell'acqua, permettendo l’uso di file di cannoni anche lungo le murate, talora persino su più livelli, mentre l’ampia velatura le rendeva veloci e maneggevoli. Divennero il modello vincente per le guerre sugli oceani.