Il problema del metodo

Tutta la costruzione filosofica e scientifica di Cartesio si basa su una preventiva riflessione volta a enucleare il metodo da porre a fondamento del sapere.

Già questo intento metodico mostra il tratto moderno e innovatore della personalità di Cartesio.

Il metodo e le sue regole specifiche devono basarsi, secondo Cartesio, sul principio dell’«evidenza», divenuto in seguito molto famoso.

Ora, i tratti o le componenti essenziali dell'evidenza sono la "chiarezza" e la "distinzione".

Cartesio definisce "chiara" una conoscenza che sia intuita immediatamente «dalla mente che fa attenzione», cioè senza bisogno di ricorrere a ragionamenti ovvero a deduzioni.

"Distinta" è invece ogni conoscenza che, essendo chiara, non si confonde con nessun'altra e non contiene in sé «nulla all'infuori di ciò che è chiaro».

Tutto il sapere deve dunque venire ricostruito ed edificato sulla base di conoscenze chiare e distinte, cioè evidenti.

La prima regola del metodo di Cartesio è: "Non ammettere come vero nulla che non sia riconosciuto con evidenza per tale: cioè, evitare il pregiudizio e la prevenzione".

È una tipica regola di metodologia scientifica: finché una proposizione non risulta dimostrata, non dobbiamo riconoscerle valore di conoscenza.

Solo quanto è accertato è saputo: il resto potrà servire alla scienza futura, ma per ora si deve ritenere di non saperlo.

Oltre a rappresentare una grande novità di rilievo, il dubbio cartesiano svolge anche il ruolo di una precauzione: un espediente per evitare che si insinuino nel corpo della scienza affermazioni non certe, da cui potrebbero derivarne altre, sempre più lontane dalla verità, sicché la immissione anche di un piccolo particolare indimostrato potrebbe infirmare la validità di tutto.

Il "dubbio metodico", dunque, è la prima regola del metodo cartesiano che garanzia la certezza della conoscenza, senza la quale il sapere non può costruirsi progressivamente, come ormai vuole il filosofo per seguire l'esempio della scienza.

Di qui le regole del metodo che seguono alla prima:

2) quando ci si trova davanti a una difficoltà, scomporre le idee complesse, circa le quali si è in dubbio, fino a ottenere idee semplici, la cui verità o falsità risulti con evidenza immediata (analisi);

3) ricomporre le nozioni semplici secondo connessioni direttamente evidenti (sintesi);

4) controllare accuratamente che, in questi procedimenti di analisi e di sintesi, non si sia saltato nessun passaggio, poiché altrimenti alla catena mancherebbe qualche anello necessario (enumerazione completa dei passaggi: analoga alla "riprova" delle matematiche).

Il successo di un procedimento del genere in "quelle lunghe catene di ragionamenti, tutti semplici e facili, di cui i geometri son soliti servirsi per le loro più difficili dimostrazioni" assicura che questo è il metodo buono.

Ma i principi da cui muovono i geometri possono considerarsi principi primi? E che cos'è quella loro "evidenza", per cui sono accettati come veri, con tutte le conseguenze che "evidentemente" ne derivano? Il vero problema della filosofia cartesiana comincia qui.

Come è stato notato, si tratta di regole che trovano opportuna applicazione nelle scienze matematiche e geometriche, ma che sono insufficienti per la scienza fisica della natura.

Resta il fatto che Cartesio, appellandosi al metodo dell'evidenza, opera una radicale trasformazione dei fondamenti del sapere. Esso non deve più basarsi sul principio di autorità (che aveva dominato il Medioevo), sia religioso sia profano.

Tutto il dogmatismo della tradizione veniva spazzato via in un sol gesto.

Gli antichi commentari ad Aristotele, ai Padri della Chiesa ecc., normale repertorio della formazione universitaria, sono relegati di fatto nel passato.

È appunto in questo senso che si può dire che Cartesio è l'iniziatore del pensiero moderno e che il suo Discorso sul metodo è il manifesto della modernità. Bisogna dunque partire, nella scienza e nella filosofia, da conoscenze evidenti.

Ma quale, fra tutte le eventuali conoscenze evidenti, merita di essere considerata la più originaria e la più perfetta, così da fornire un fondamento e un'unità di misura per tutte le altre?

Le singole scienze si giovano di princìpi particolari, il cui fondamento ultimo resta però sconosciuto.

Questo è appunto il compito della metafisica: cercare un principio assolutamente evidente al quale ricondurre il significato di verità e il senso di realtà di tutti i saperi particolari. Come procedere però per trovarlo?

Cartesio propone di opporre un dubbio generale a ogni nostra conoscenza.

Si tratta in pratica di assumere l'abito scettico, non però al semplice fine negativo di dubitare di tutto e di mostrare l'impossibilità della conoscenza; si tratta, al contrario, di un procedimento che, muovendo da un "dubbio metodico" (e non scettico), abbia lo scopo di raggiungere delle conoscenze la cui certezza, vagliata dal dubbio, sia fuori discussione.

Dovendo dubitare di ogni possibile conoscenza, Cartesio decide di procedere non esaminando le conoscenze una per una (cosa impossibile), ma opponendo un dubbio alle fonti generali della nostra capacità di conoscere.