La scuola atomistica sorse alla fine del periodo presocratico, si svolse per tutto il periodo della sofistica e pervenne sino all' età di Platone. Ne fu iniziatore Leucippo di Mileto, del quale sappiamo pochissimo.
La notizia più interessante è relativa ad un soggiorno di Leucippo ad Elea posteriore al 450. Qui egli conobbe Parmenide e Zenone, del quale fu forse discepolo. A Leucippo si attribuiscono due scritti: la Grande cosmologia e Sull'intelletto. Fondò la sua scuola ad Abdera, ove ebbe per discepolo Democrito, senza dubbio uno dei più grandi pensatori greci e autore di numerosissimi scritti.
Purtroppo degli scritti dei due maestri dell'atomismo non possediamo quasi nulla, salvo numerose testimonianze e citazioni frammentarie, dalle quali non ci è neppure possibile discriminare gli apporti dell'uno o dell'altro. Così, una delle più grandi scuole della Grecia, dalla lunga vita e non inferiore forse per altezza intellettuale alle scuole di Platone e di Aristotele, si è per noi inabissata nel silenzio e la sua ricostruzione è ancora problematica.
È possibile che il radicale materialismo e razionalismo degli atomisti, così nuovo ed estraneo alla mentalità degli antichi e invece così "moderno" ai nostri occhi, sia stato la causa di successive censure che mirarono a cancellarne la memoria.
Democrito nacque ad Abdera nel 460, dieci anni prima di Socrate. Ebbe vita lunghissima, oltre i novant'anni. Allievo di Leucippo, conobbe anche le dottrine di Empedocle e di Anassagora e con quest'ultimo ebbe forse rapporti personali.
La tradizione attribuisce a Democrito un'enorme quantità di scritti. I titoli più noti sono, per esempio, la Piccola cosmologia, Sulla natura, Sulle forme degli atomi, Sulle parole, Sui colori, Sui sapori. Della sua grandiosa opera non ci restano che scarsi frammenti. La sapienza di Democrito, estesasi ad ogni campo dello scibile, ebbe nel suo tempo grande fama, per la quale i concittadini onorarono il filosofo con molte manifestazioni di stima.
Il principio dal quale muovono gli atomisti ha palesemente le sue radici in Parmenide. Alla proposizione eleatica che dice che l'essere assolutamente è, gli atomisti danno la seguente interpretazione: l'essere è indivisibile, indistruttibile, pieno e compatto. Non si può infatti pensare che le cose siano divisibili all'infinito, poiché in tal caso si dissolverebbero nel nulla. Ma dal nulla, poi, niente può derivare (come voleva Parmenide) e non potremmo comprendere come, aggregandosi parti di nulla, i corpi vengano all'essere.
C'è dunque al fondo di ogni cosa qualcosa di indivisibile, qualcosa che è, che è l'essere. Questo essere, invisibile ai sensi, gli atomisti lo chiamarono l'«indivisibile», l'atomo, che significa appunto il «non divisibile», il «non tagliabile». All'essere infatti, come diceva Parmenide, ripugna il non essere, il venire dal niente o il finire nel niente.
Gli atomisti però intendono questa proposizione come l'impenetrabilità dell'atomo da parte del vuoto. Ciò non significa che il vuoto non ci sia o non sia niente. Traducendo l'opposizione "logica" di Parmenide tra essere e non essere (se dici l'uno, non puoi asserire anche l'altro senza contraddirti) in un' opposizione me ramente "fisica" o spaziale, gli atomisti rendono possibile che anche il non essere in qualche modo sia, che sia cioè come puro vuoto o puro spazio.
Gli atomi e il vuoto sono dunque la rigorosa traduzione materiale dei princìpi logici dell' eleatismo, cioè dell' essere e del non essere. Traduzione sagace, poiché in un colpo solo rende concepibili sia il molteplice (il vuoto discrimina gli atomi alla maniera di una molteplicità di esseri parmenidei), sia il movimento (gli atomi possono muoversi nel vuoto, senza per questo finire nel non essere o derivarvi o cessare di essere).
Per altro verso bisogna osservare che l'atomismo antico, rispetto all'atomismo della fisica moderna, è un atomismo puramente ideale, cioè intuito e asserito con la sola forza del pensiero.
Gli atomi e il vuoto sono dunque i princìpi reali della natura. Disposti nel vuoto, gli atomi sono affetti da un eterno vortice che ne determina meccanicamente gli scontri, le unioni e le separazioni. Questo non significa affatto che la natura sia il regno del puro caso. Così gli atomisti vennero fraintesi da Aristotele, che concepiva la natura in base a princìpi finalistici; l'eco di tale fraintendimento è ancora in Dante che si riferisce a Democrito come a colui «che il mondo a caso pone».
Al contrario, secondo gli atomisti tutto ciò che accade in natura è il prodotto di un'assoluta necessità meccanica o geometrica. Il loro intento infatti, già a partire da Leucippo, fu quello di eliminare ogni concezione antropomorfica dei fenomeni naturali, quella cioè che li considera come se essi accadessero secondo scopi e ragioni simili a quelli che immaginano di seguire gli uomini nelle loro azioni. I concetti di fine, di bene, male, mente e divinità vengono completamente cancellati dagli atomisti in favore di un rigoroso materialismo.
In sostanza la fisica degli atomisti utilizza, da un lato, il principio quantitativo dei pitagorici e dall'altro la logica inesorabile degli eleati, anticipando in certo modo la mentalità della scienza fisica moderna, che infatti dall' atomismo antico ricavò qualche ispirazione o suggestione. Tutto il mondo antico e medievale invece, salvo poche eccezioni, privilegiò la fisica qualitativa e finalistica di Aristotele.
Gli atomi differiscono tra loro per forma, grandezza e posizione (per esempio come le lettere 'p' e 'b'). Gli atomi quindi hanno caratteristiche unicamente geometriche o spaziali; non hanno invece qualità (come caldo, freddo ecc.).
Tutte le qualità sensibili che noi percepiamo (come colore, sapore e simili) sono solo le immagini che gli atomi producono colpendo i sensi dell'uomo. Queste qualità non sono reali, ma sono il frutto soggettivo della nostra immaginazione ed opinione (doxa) sensibile.
In particolare: dalle cose reali escono di continuo degli aggregati o effluvi di atomi che mantengono la forma o l'impronta geometrica della cosa da cui derivano e da cui si staccano sia per la loro piccolezza sia per l'influenza del vortice entro il quale continuamente ogni cosa si muove. Questi aggregati invisibili, o idoli, si scontrano con gli atomi che compongono gli organi senzienti dell'essere umano. La natura di questi scontri (e quindi la differenza tra le varie sensazioni) dipende dalla forma, grandezza e posizione degli atomi interessati. Questa è la vera e propria qualità primaria dell'esperienza che facciamo: scontri meccanici di atomi secondo la loro natura geometrico-spaziale. Ma come conseguenza dello scontro si produce in noi un effetto o qualità secondaria che è appunto quell' esperienza qualitativa che la sensazione ci fornisce. Per esempio noi percepiamo una sensazione di "dolce" (qualità secondaria), la quale però dipende dalla natura "rotonda" degli atomi dell'idolo e di certi atomi della lingua (qualità primaria). Se invece gli atomi in questione fossero "appuntiti e angolosi" (qualità primaria), noi avvertiremmo una sensazione di "aspro" (qualità secondaria). Anche la scienza dell'età moderna riprese questa distinzione tra qualità primarie (oggettive e reali) e secondarie (soggettive e illusorie) introdotta dagli atomisti greci. L'anima è composta a sua volta di atomi, di natura ignea, mobili e leggeri.
Quest' anima interamente materiale penetra per tutto il corpo imprimendogli il movimento. Con la morte del corpo, cioè con la disgregazione dei suoi atomi, anche gli atomi dell' anima si sciolgono e tornano a fluire nel vortice universale, verso nuove aggregazioni.
Leucippo tentò di descrivere la nascita della Terra, dei pianeti e degli astri mediante la semplice aggregazione e disgregazione degli atomi. Democrito ne continuò l'opera elaborando una cosmologia estremamente audace e raffinata. Dalla forma e natura degli atomi derivò la spiegazione della conformazione dei corpi celesti e dei fenomeni atmosferici. Descrisse anche il processo di evoluzione che condusse la Terra da un'originaria massa fluida alla condizione attuale; poi ricostruì la progressiva nascita delle forme viventi, tra le quali l'uomo, che egli considera originariamente un semplice animale. Dapprima infatti l'uomo visse come le fiere, senza leggi e costumi civili. Poi il bisogno di sopravvivenza produsse la necessità di aggregazione sociale, per la quale fu strumento determinante il linguaggio, nato da esigenze comunicative e pratiche. Di qui anche le arti e le tecniche e infine le credenze religiose, ispirate originariamente dalla paura superstiziosa nei confronti dei grandi corpi e fenomeni celesti.
La dottrina atomistica, liberando l'uomo dalla superstizione, lo educa a una superiore saggezza e a una vita semplice e moralmente integerrima, conscia del valore irrinunciabile delle virtù sociali alle quali l'uomo è affidato per la sua stessa sopravvivenza e felicità interiore.