Coluccio Salutati
Nato a Stignano nel 1331 e morto a Firenze nel 1406. Studiò la retorica con Piero di Muglio già durante la sua adolescenza e continuò a coltivare questi interessi anche durante gli studi giuridici all'università di Bologna, dove frequentava la scuola di arte notaria. La sua attività professionale lo portò in parecchie città italiane sino al 1375 quando venne eletto cancelliere della Signoria a Firenze, città nella quale restò per tutto il resto della sua vita e dove poté dedicarsi con maggiori opportunità alle arti umanistiche. Di questa intensa attività di organizzatore culturale, maestro e raccoglitore e chiosatore di testi antichi, ci restano, oltre il notevole epistolario, le seguenti opere: De saeculo et religione (1381), De verecundia (1390), De fato fortuna et casu (1396), De nobilitate legum et medicinae (1400), De tiranno (1400), Invectiva in Antonium Luschum (1403), De laboribus Herculis, incompiuto. Le tesi del Salutati sono un cospicuo documento di una religiosità che pone al centro il senso civile e storico dei cristiani e possono certamente essere definite come un tentativo di mostrare la dimensione propriamente laica e temporale della fede cristiana. Infatti, nonostante il mondo sia dominio del tentatore e luogo di vanità, Salutati considera il cristiano come un chiamato a esercitare e temperare le sue virtù mediante l'impegno, nel vincolo della carità, volto al superamento di tutte le forme di inimicizia e di male che la vita manifesta. In tal senso la vocazione claustrale e verginale è per lui un fatto eccezionale rispetto alla consuetudine cristiana con il mondo. Il matrimonio cristiano è il fondamento del rinnovamento dell'umana società ed è alla base di ogni civile convivenza, non per ragioni di convenienza sociale ma perché alimenta e mantiene il corpo mistico rappresentato dall'umanità. Perciò la vocazione cristiana laicale non è inferiore all'ascetismo monastico perché essa poggia sul colloquio interiore che ciascuno di noi ha con la sua coscienza ed è edificato sulla base non delle opere o dei meriti dell'uomo ma sull'amore di Dio che pone in mutua corrispondenza la buona volontà umana con la libertà donata da Cristo, a partire dal dono della grazia fonte divina di cambiamento e di trasformazione dell'uomo che, laicalmente, diviene anche fonte di trasformazione sociale. In tal senso la teologia della grazia diventa dottrina soteriologica non solo individuale ma anche sociale e storica. Con Agostino, Salutati enfatizza la distanza qualitativa tra eternità e divenire storico dell'uomo riconoscendo però nella nostra coscienza della finitudine temporale il desiderio profondo dell'eternità, fondamento e spunto per l'atto di fede e misura del vero sapere. Ma proprio perché affidati alla sequela nella temporalità, atto di fede e vero sapere sono una conquista graduale dell'anima umana alla quale non sono estranei nemmeno gli studi umanistici, strumento per il rinnovamento e la riscoperta della nostra autentica origine spirituale. Questo desiderio dell'uomo di cooperare al disegno salvifico nella città dell'uomo porta il Salutati a dare un ruolo più fondamentale alla volontà rispetto all'intelletto, definendo l'intelletto la luce della volontà ma anche il suo strumento principale. Infatti, se l'intelletto illumina la volontà è poi questa che agendo utilizza tutti gli strumenti intellettuali a sua disposizione. L'impegno al concreto della storia civile degli uomini, dunque, può solo scaturire da un atto volontario dell'uomo che agisce ed opera, in linea con l'impianto di una teologia laica e civile ma anche sapienziale, visto il ruolo dell'illuminazione dell'intelletto. Un ruolo confermato anche dalla sua meditazione sul linguaggio e sulla Parola di Dio dove è la realtà storica concreta che offre gli stimoli per contemplare e meditare sulla sorte dell'uomo: una realtà talmente pregnante che senza la realtà storica anche la teologia si trasformerebbe in una teoria. Proprio per questo difendendo il valore degli studi grammaticali, e più in generale linguistici e letterari, dagli attacchi di Giovanni Dominici (Lucula noctis), il Salutati ricorda la dimensione propriamente linguistica del pensiero umano poiché nella parola risiede la penetrante forza del pensiero. Una base di discorso che conclude al nesso inscindibile tra studia humanitas e studia theologica, tra poesia e sapienza divina, mediante il quale la ricca riflessione sul linguaggio e la parola diventa strumento euristico cardine dell'ermeneutica biblica.
Studi: C. VASOLI, L'umanesimo italiano da Salutati a Valla, in M. DAL PRA (a cura di) Storia della filosofia, Milano 1975-'76, vol. VII p. 14-24; bibliografia pp.789; ID. La teologia dell'umanesimo italiano nel primo quattrocento, in Storia della Teologia, Casale Monferrato 1995, vol. III, L'età della rinascita, p.41-50, bibliografia pp. 74-75.
FRANCESCO FRANCO