"Forzare una coscienza è peggio che uccidere crudelmente un uomo". Questo richiamo alla tolleranza del calvinista savoiardo Sebastien Castellion (1515-1563) rimase purtroppo un principio inascoltato nell’Europa degli stati in guerra.
Brutali massacri e coscienze violentate furono i tristi corollari di oltre un secolo di conflitti. La pace di Augusta del 1555, che sancì ufficialmente la fine dell'unità religiosa e culturale dell'Europa, non risolse affatto i gravissimi contrasti che ancora dividevano e avvelenavano la vita di numerosi stati.
Anche lo scenario politico, dopo la pace di Cateau Cambresis, era tutt'altro che pacificato; i motivi dinastici e diplomatici, le questioni internazionali, insieme alle divisioni religiose composero un intreccio e un quadro di conflitti in cui vennero a muoversi sovrani come Filippo II di Spagna, Elisabetta I d'Inghilterra, Enrico IV di Francia, in lotta per un'egemonia che non era più solo europea ma mondiale.
Non a caso si usa il termine "secolo di ferro" per caratterizzare il lungo periodo delle guerre di religione che vennero a concludersi solo intorno alla metà del '600.
La precoce scomparsa del giovane Edoardo VI precipitò l'Inghilterra nei conflitti religiosi. La nuova sovrana Maria Tudor (1553-1558), detta anche "la Cattolica" o "la Sanguinaria", figlia di Enrico VIII e della spagnola Caterina d'Aragona, procedette ad una sistematica opera di restaurazione del cattolicesimo, utilizzando ampiamente mezzi coercitivi quali tribunali e roghi per reprimere il protestantesimo (il Book of Common Prayer fu posto al bando e proibito).
Il regno di Maria aprì dunque una voragine fra cattolici e protestanti, una contrapposizione destinata ad acuirsi a causa del contesto politico che venne configurandosi nell'Europa del secondo '500. Va tenuto presente che con un'abile mossa dinastica Carlo V era riuscito a far sposare nel 1554 la regina con suo figlio Filippo, il futuro re di Spagna, stabilendo un'importante testa di ponte sulle isole britanniche.
Come risposta a questa alleanza dinastica che sembrava chiudere il cerchio del predominio spagnolo sull'Europa, la Francia non esitò a stipulare un'alleanza matrimoniale con la Scozia, organizzando nel 1558 le nozze fra Francesco, figlio quindicenne del re Enrico II, e Maria Stuart, giovane principessa cattolica destinata ad ereditare la Scozia.
Queste decisioni ebbero enormi conseguenze sulle vicende successive: Filippo II continuò a vantare diritti sulla corona inglese e ad ingerirsi negli affari britannici, fomentando e sostenendo la componente cattolica; Maria Stuart, rimasta presto vedova, fece ritorno in Scozia da cui fu però costretta a fuggire in seguito al successo della Riforma protestante, riparando nel 1567 presso la cugina Elisabetta che nel frattempo era diventata regina d'Inghilterra.
Divenuta ormai il punto di riferimento e il vessillo della fazione cattolica che voleva rovesciare la protestante Elisabetta, Maria venne infine fatta giustiziare dalla cugina nel 1587.
Contemporaneamente alla rivolta dei Paesi Bassi la Francia fu dilaniata per oltre trent’anni, a partire dal 1562, dai conflitti religiosi. Diversi furono i fattori che scatenarono le sanguinose guerre civili. Il regno viveva una grave crisi economica e dinastica. Dopo l’uscita di scena di re Enrico II nel 1559, ferito a morte accidentalmente nel corso di un torneo cavalleresco, la casa regnante si trovò in una situazione di estrema debolezza; la monarchia poteva fare affidamento su tre principi maschi minorenni, deboli di salute e di scarsissima levatura, che si susseguirono in rapida successione sotto il controllo della regina madre, la straniera Caterina de’ Medici.
Si riaccesero allora le lotte per il potere tra le grandi famiglie, in particolare i Guisa, che raccoglievano consensi nelle regioni settentrionali, e i Borbone, regnanti di Navarra, sostenuti dalle regioni meridionali. A fronteggiarsi non erano solo due rami familiari che aspiravano al trono dei Valois ma due fedi religiose opposte: da una parte i cattolici, guidati dai Guisa, dall'altra gli ugonotti, i seguaci francesi del calvinismo, molti dei quali appartenevano a famiglie di nobile lignaggio. Caterina tentò la via della conciliazione e della tolleranza, ma il massacro di un gruppo di ugonotti a Vassy aprì irrimediabilmente le ostilità.
Da questo episodio presero avvio le guerre che, intercalate da editti di tolleranza (come l'Editto di San Germano del 1570) presto revocati e da fragili tregue, si acuirono dopo il massacro della notte di San Bartolomeo nell'agosto del 1572, quando furono massacrati gli ugonotti convenuti a Parigi per il matrimonio tra la figlia di Caterina, Margherita di Valois, e il re di Navarra, Enrico di Borbone. Attorno a quest'ultimo, sfuggito al massacro, si coalizzarono i protestanti, mentre i Guisa diventarono gli animatori della Lega Santa cattolica appoggiata da Filippo II di Spagna.
Dopo la cosiddetta "guerra dei tre Enrichi" (1583-1589) che vide fronteggiarsi Enrico III di Valois, rimasto privo di eredi, e gli aspiranti al trono Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone, fu proprio quest'ultimo a prevalere dopo che i suoi rivali caddero assassinati per mano dei propri sostenitori. Dopo aver abiurato la fede calvinista, Enrico di Borbone poté salire al trono e rimuovere le resistenze dei cattolici.
Egli riuscì a riunire il paese in nome della difesa dall'aggressione militare di Filippo II che nel frattempo era intervenuto non riconoscendo valida la successione.
Con l’editto di Nantes, promulgato nel 1598, le due confessioni poterono finalmente coesistere, seppure in una situazione di compromesso che riconosceva agli ugonotti alcuni diritti anche se non l'uguaglianza né la piena libertà di culto.
Il massacro della notte di San Bartolomeo si colloca nel momento in cui la fazione ugonotta sembrava aver guadagnato un certo predominio sugli avversari. L'editto di San Germano (1570), aveva riconosciuto ai calvinisti libertà di culto nei luoghi già praticati prima della guerra e la concessione di alcune piazzeforti (come il porto-fortezza di La Rochelle) a garanzia delle clausole sottoscritte. Il personaggio più influente della fazione ugonotta, l'ammiraglio e uomo politico Gaspard de Coligny, progettava di creare in Francia una coalizione antispagnola, alleandosi con l'Inghilterra per scatenare una guerra contro Filippo II in sostegno dei rivoltosi protestanti nei Paesi Bassi. Come membro del Consiglio reale, egli fu l'ispiratore principale della promessa di matrimonio fra Margherita di Valois, sorella di re Carlo IX, ed Enrico di Borbone, capo riconosciuto degli ugonotti francesi: l'iniziativa apparve subito agli avversari come un tentativo per rendere dominante in Francia la confessione calvinista. Nella notte fra il 23 e il 24 agosto 1572 il popolo di Parigi, accanitamente antiprotestante, con il tacito assenso del re e dall'autorità di suo fratello il duca d'Angiò (il futuro Enrico III), intimoriti dal sospetto di un presunto complotto ai danni della corona, scatenò una feroce caccia all'uomo nelle strade e nelle case della città. La strage iniziò nelle stesse sale del palazzo reale e migliaia di ugonotti, convenuti a Parigi per le nozze reali, furono trucidati. Caddero lo stesso ammiraglio di Coligny, ucciso a tradimento, numerosi nobili e altri capi della fazione protestante. I fatti di sangue si moltiplicarono durante i giorni successivi in tutto il paese provocando migliaia di vittime.
Fermato faticosamente alle porte di Vienna nel 1529, l'espansionismo ottomano continuava a costituire una grossa minaccia in tutta l'area mediterranea, dai Balcani alla Spagna.
La Chiesa cattolica nel corso del '500 continuò a tenere viva la paura dei turchi tra i cattolici, attraverso un tipo di predicazione che non rinunciava a sottolinearne le atrocità: l'impero turco era sempre percepito come una grande potenza che suscitava inquietudini e paure proprio a motivo della diversità religiosa.
Lo scontro fra Spagna e Impero ottomano era una partita tutt'altro che chiusa nel Mediterraneo. Un grande motivo di instabilità era costituito dalla pirateria che rendeva malsicure le rotte marittime; l'audacia dei pirati musulmani, la cui principale base operativa era nella fiorente città di Algeri, costituiva una continua spina nel fianco per le marine mercantili europee.
Filippo II, inizialmente, pensò di portare la guerra direttamente in Africa, occupando militarmente alcuni avamposti costieri in Marocco ma fu pesantemente battuto nel 1560 a Djerba. La sconfitta cristiana favorì una ripresa dell'espansionismo turco che arrivò a conquistare l'isola fortificata di Cipro, avamposto veneziano sulle rotte commerciali con il Levante (1570).
A questo punto sull'onda emotiva del rinnovato pericolo ottomano papa Pio V (1566-1572) promosse una Lega Santa in difesa della cristianità, alla cui testa si pose la Spagna. A capo della flotta cristiana, il cui nerbo era composto dalle navi veneziane, vi era Don Giovanni d'Austria (1545-1578), fratello naturale di Filippo II.
Lo scontro avvenne il 7 ottobre 1571 a Lepanto, all'imbocco del golfo di Corinto e si risolse, grazie alle superiorità dell'artiglieria cristiana, con la quasi totale distruzione della flotta turca (si salvarono solo una trentina di galere, furono perduti circa 35000 uomini fra caduti e prigionieri mentre circa 15.000 schiavi cristiani impiegati come rematori furono liberati).
La vittoria di Lepanto spinse Pio V a istituire la festa di Nostra Signora della Vittoria, poi celebrata con la festa del Rosario. Per la prima volta il mito dell'invincibilità dei turchi aveva subito un forte scossone ma una serie di paci separate non permisero di sfruttare fino in fondo la vittoria.