Nato a Stuttgart il 27 agosto 1770 e morto a Berlin il 14 novembre 1831. Di famiglia benestante luterana, Hegel studiò nel ginnasio della sua città dove maturò una solida preparazione classica leggendo molti autori antichi ma soprattutto l’Antigone di Sofocle e Shakespeare. Acquisì anche una buona preparazione biblica sia sul Nuovo sia sull’Antico Testamento. Nel 1788 si iscrive all’Università di Tübingen e ottiene un posto come borsista nello Stift, il seminario che preparava i pastori protestanti, dove nel 1790 strinse amicizia con Hölderlin e Schelling, quest’ultimo già universitario nonostante fosse più giovane di cinque anni. La formazione universitaria fu condotta secondo i canoni della teologia ortodossa luterana, sebbene Hegel e i suoi amici si accostassero anche al pensiero di Spinoza – riscoperto in Germania da Jacobi -, di Rousseau e soprattutto di Kant. Conclusi gli studi con il dottorato in teologia, Hegel viene dissuaso dalla carriera ecclesiastica e si trasferisce a Berna come precettore. A quest’epoca risalgono alcuni dei suoi frammenti teologici giovanili: Fragmente über Volksreligion und Christentum [Frammenti sulla religione popolare e il cristianesimo], 1793-94; Leben Jesu [Vita di Gesù], 1795; Die Positivität der christliche Religion [La positività della religione cristiana], 1795-96. Nel 1797, grazie ad Hölderlin, continua la sua attività di precettore presso una famiglia di Frankfurt a. M., dove resta sino al 1800 proseguendo nelle sue riflessioni teologiche, come attestano Der Geist des Christentums und sein Schiksal [Lo spirito del cristianesimo e il suo destino], 1798-1800; il frammento sull’Amore del 1799 e una nuova stesura della prima parte dell’inedito, Die Positivität der christliche Religion nel 1800. Intanto, morto il padre nel 1799, Hegel riceve una discreta eredità che gli permette di lasciare il precettorato per dedicarsi agli studi, nella prospettiva di una carriera universitaria. Su consiglio di Schelling, già ordinario al posto di Fichte caduto in disgrazia, Hegel nel 1801 si trasferisce a Jena dove compone il suo primo scritto pubblicato, Differenz des Fichte’schen und Schelling’schen Systems der Philosophie, 1801, [Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, in Primi scritti critici, Mursia, Milano 1971] e, sempre del 1801, la dissertazione De orbitis planetarum, [Le orbite dei pianeti, Laterza, Bari 1984], grazie alla quale ottiene la libera docenza e comincia la sua attività accademica, collaborando anche alla rivista di filosofia di Schelling, dove pubblica alcuni articoli. In questi anni Hegel svolse dei corsi universitari, molto importanti per lo sviluppo delle opere della maturità, rimasti inediti e pubblicati solo agli inizi del novecento col titolo, Jenenser Logik, Metaphysik und Naturphilosophie [Logica, metafisica e filosofia della natura di Jena] e Jenenser Realphilosophie [Filosofia reale di Jena]. Nel 1805 diventa professore straordinario sempre a Jena, pochi mesi prima che l’Università venga chiusa in seguito alla conquista della città da parte di Napoleone. Nel frattempo, sempre nel 1806, esce la prima grande opera pubblicata da Hegel, la Phänomenologie des Geistes [Fenomenologia dello spirito, La nuova Italia, Firenze 101992, e Rusconi, Milano 1995]. Data la chiusura dell’Università Hegel si trasferisce a Bamberg, come redattore della locale gazzetta, e scrive la prefazione della Fenomenologia dello Spirito che causò la rottura tra lui e Schelling. Nel 1808 ottiene la nomina a Rettore del Ginnasio di Nürnberg e insegna anche religione e filosofia, scrivendo per i suoi corsi la Philosophische Propädeutik [Propedeutica Filosofica, La nuova Italia, Firenze 1977]. Dopo il matrimonio, nel 1811, Hegel scrive e pubblica, tra il 1812 e il 1816, la sua seconda grande opera, la Wissenschaft der Logik [Scienza della logica, Laterza, Bari 1977], in tre volumi. L’opera gli diede ampia notorietà ed ebbe diverse richieste per l'insegnamento universitario che accettò come docente ordinario presso l'Università di Heidelberg. Qui Hegel nel 1817 da alle stampe quello che nei suoi intendimenti doveva essere il suo manuale per i corsi, l'Enziklopädie der Philosophischen Wissenschaften im grundrisse [Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Laterza, Bari 21989], prima di rispondere nel 1818 alla chiamata dell’Università di Berlin. In questa città la fama di Hegel, che svolse corsi nella quasi totalità delle discipline filosofiche, si diffuse oltre i confini tedeschi e venne invitato in molte Università europee per conferenze e incontri. Nel 1821 pubblicò le Grundlinien der Philosophie des Rechts, [Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza Bari 31991, e Rusconi, Milano 1996] e nel 1822 attaccò duramente il suo collega berlinese Schleiermacher nella prefazione all’opera del suo allievo H.F.W. Hinrichs, La religione nel suo rapporto interno con la scienza [Prefazione alla Filosofia della religione di Hinrichs, Morano, Napoli 1981]. Nel 1827 pubblica una seconda edizione ampliata dell'Enciclopedia e fonda la rivista «Jahrbücher für Wissenschaftliche Kritik» [Annali per la critica scientifica], mentre nel 1830 esce la terza edizione dell'Enciclopedia e, l’anno successivo, la seconda edizione della Scienza della logica, con una nuova prefazione. Sempre nel 1831, poco prima della morte, scrisse il suo ultimo saggio contro il parlamentarismo rinato, dopo la rivoluzione del 1830, in Francia e in Belgio secondo il modello inglese, Sul progetto inglese di riforma elettorale. Oltre gli scritti da lui pubblicati, gli scritti giovanili pubblicati nel 1907 da H. Nohl col titolo Theologische Jugendschriften [Scritti teologici giovanili, Guida, Napoli 1977] e gli scritti Jenesi già citati, Hegel ha lasciato una serie di corsi universitari pubblicati postumi dai suoi allievi che curarono una prima edizione critica delle sue opere: Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte, [Lezioni sulla storia della filosofia, voll. 4, La nuova Italia, Firenze 1981], Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, [Lezioni sulla filosofia della storia, voll. 4, La nuova Italia, Firenze 21989], Vorlesungen über die Ästhetik, [Lezioni di Estetica, trad. it., Estetica, 2 voll., Feltrinelli, Milano 1978] e, infine, Vorlesungen über die Philosophie der Religion, [Lezioni sulla filosofia della religione, 3 voll., Laterza, Bari 1983] a cui sono state aggiunte le Vorlesungen über die Beweise vom Dasein gottes, [Lezioni sulle prove dell'esistenza di Dio, Laterza, Bari 1984] scritte nel 1829.
La ricchezza speculativa e l’immediato successo del pensiero hegeliano, sono stati certamente all’origine della complessa problematica dell’interpretazione del suo pensiero. Una storia delle interpretazioni che si può suddividere schematicamente in due tempi, il primo dei quali è quello che parte dall’eredità diretta della scuola hegeliana e che ha puntato molto sulle lezioni di Hegel e sugli ultimi scritti, mettendo in ombra soprattutto la Fenomenologia dello spirito e la Scienza della logica. Questa lettura tendeva a mettere in risalto la dimensione sistematica che emerge dagli scritti della piena maturità soprattutto berlinese. Contemporaneamente, anche attraverso l’ausilio di questi scritti, nasceva già da subito il problema di come collocare la filosofia hegeliana rispetto al cristianesimo. Era questo il problema sul quale la scuola hegeliana assumeva due indirizzi contrapposti, noti storiograficamente come destra e sinistra hegeliana: per la destra il problema religioso restava speculativamente centrale mentre per la sinistra (Feuerbach, Marx etc.) esso va visto come una risoluzione antropologica della dimensione religiosa. La svolta nell'interpretazione hegeliana è stata la riscoperta degli scritti giovanili, grazie al saggio di Dilthey del 1905, Storia della giovinezza di Hegel (trad. it. Guida, Napoli 1986), a cui seguirà la pubblicazione da parte di H. Nohl dei Theologische Jugendschriften. Parallelamente a questo rifiorire di interesse in Germania, si segnala l’interesse molto forte per Hegel che è presente nel primo novecento soprattutto italiano e anglosassone e che ha fatto parlare di neo-hegelismo, sebbene prosegua sostanzialmente l’impostazione interpretativa dell’ottocento. Così come molto forte resta la presenza di Hegel in una parte cospicua del marxismo europeo. Intanto gli studi tedeschi producevano una nuova stagione storiografica che metteva in discussione le categorie del primo ottocento. Una stagione che ha restituito non solo un ruolo centrale agli scritti giovanili ma anche alle due opere speculative maggiori, cioè Fenomenologia e Scienza della logica, grazie anche al mutato clima filosofico europeo vicino ai temi dell’esistenzialismo che, soprattutto in Francia, rileggerà lo Hegel della Fenomenologia con preoccupazioni meno sistematiche. Nel mutato clima interpretativo si sono riscoperti aspetti sia teologici sia ermeneutici trascurati dalle interpretazioni classiche e diventate centrali nella rilettura di Hegel del secondo dopoguerra. Se dunque l’idea del sistema, fortemente presente nelle intenzioni hegeliane, è certamente essenziale, non è meno vero che di questo sistema speculativo solo le due opere già citate offrono uno spaccato reale degli intendimenti e del metodo hegeliano, essendo le altre opere della maturità frutto più di lezioni, o sussidio alle lezioni, piuttosto che vera e propria ricerca sistematica. Ciò non leva niente alla loro importanza ma ne ridimensiona in parte l’ambizione di poter offrire l’immagine più esaustiva e definitiva di Hegel.
L’impianto classico dell’interpretazione hegeliana ruota attorno al tema della dialettica quale elemento dinamico fondamentale della realtà. La dialettica rappresenta la forma stessa del reale in quanto manifesta la dimensione ontologica profonda nella quale l'assoluto va sviluppando la sua automanifestazione nella totalità. La dialettica è dunque la logica dell’essere in quanto identifica la dimensione logica e quella metafisica. A partire da qui Hegel organizza, a partire dalla piccola logica dell'Enciclopedia, la totalità del reale in una correlazione interna delle parti nel tutto di tipo dialettico e triadico, secondo lo schema consolidato tesi, antitesi e sintesi. Il cuore del movimento dialettico è dato dal punto di partenza offerto dalla contraddizione creata dal contrapporsi di tesi e antitesi. La risposta hegeliana alla contraddizione è racchiusa nel termine tecnico stesso che Hegel utilizza, Aufhebung, che mette in risalto due aspetti fondamentali del suo metodo filosofico: in tedesco la preposizione auf indica il levare, il togliere e il verbo heben indica invece il mantenere, il conservare. La realtà dell'Assoluto che si svolge nella dialettica è dunque un mantenere gli opposti, tesi e antitesi, levando l’aspetto contraddittorio che è stato colto immediatamente, in virtù di un punto di vista superiore che include entrambi i momenti. Per chiarire meglio la prospettiva hegeliana gioverà ricordare come il primo momento della dialettica sia quello astratto intellettivo a cui si contrappone quello negativo razionale. La dimensione intellettiva del primo momento è quella propria delle determinazioni intellettuali che definiscono ogni realtà mediante una differenza specifica che oppone le cose le une alle altre. A questo primo momento segue il momento razionale che a differenza del primo non cerca tanto le distinzioni, pur non negandole, ma guarda alla realtà delle cose da un punto di vista superiore che mostra il fluire delle determinazioni nella complessa trama del reale. Il passaggio dialettico dal primo al secondo momento è dunque un processo nel quale si negano le rigide contrapposizioni dell’intelletto, guadagnando l’approdo finale al terzo momento. Infatti non si tratta di negare le distinzioni per creare confusione ma di cogliere il fluire delle opposizioni rigide dell’intelletto per ottenere positivamente la possibilità di guardare la totalità come un tessuto di relazioni più profonde nell’assoluto. Così si giustificano le partizioni sistematiche della filosofia hegeliana dove l’Assoluto si pone dapprima come logica per negarsi nella natura e risolversi definitivamente nello spirito. Tripartizione che vive all’interno di ciascuna scansione di momenti triadici subordinati i quali, in un gioco di contrappunti dialettici, vanno ad investire ogni aspetto del reale dalla sua forma in Dio (logica) al suo estraniarsi negativo da Dio (natura) fino alla riconciliazione finale (spirito). Se la logica può contare sulla duplice trattazione offerta nella Scienza della logica e nell'Enciclopedia e lo spirito oltre l'Enciclopedia, può contare sui Lineamenti di filosofia del diritto e sui corsi universitari postumi sulla storia, la filosofia, l’arte e la religione, la filosofia della natura risulta la parte meno approfondita e più fragile della grandiosa architettura hegeliana. La filosofia dello spirito - che parte dalla dimensione immediata della coscienza individuale, in quanto spirito soggettivo, per giungere alle dimensioni sociali e storiche del reale, in quanto spirito oggettivo, e salire sino alle dimensioni ultime del reale, in quanto spirito assoluto nel quale la verità del reale coincide con l'automanifestazione dell'assoluto - rappresenta il fine e l’ambizione ultima di questa analisi sistematica di Hegel che coglie la realtà nel suo svolgimento storico concreto come esplicita presa di coscienza nella quale l’assoluto è insieme circolarmente se stesso già dall'inizio ma raggiunge sé stesso pienamente solo alla fine del processo. Con una forzatura di immagine si può dire che il cerchio della totalità dell’assoluto, seppure già dato, deve essere percorso linearmente in ogni suo preciso sviluppo, per poter essere pienamente se stesso.
Se però l’accento si sposta dal sistema desunto dai manuali e dalle lezioni alle due grandi opere teoriche di respiro sistematico, Fenomenologia e Scienza della logica, si vede come questa visione dialettica assuma toni decisamente differenti. Come già detto, in realtà sono queste due opere, dalla prosa decisamente oscura, quelle scritte con intenti esplicitamente speculativi e non divulgativi. La Fenomenologia dello spirito rappresenta dunque l'introduzione a una trattazione sistematica della filosofia che doveva svilupparsi in logica e metafisica, come realmente è accaduto con la stesura della Scienza della logica. In tal senso il significato della Fenomenologia deve essere intesa come la storia romanzata della coscienza che, attraverso le figure della coscienza, autocoscienza, ragione e spirito, purifica il suo Io da ogni apparire per manifestarsi infine come puro sapere, cioè come la fondazione della scienza da cui muoverà la Logica. In questo processo di manifestazione del logos, la dialettica fenomenologica si mostra già pienamente adeguata alle intenzioni hegeliane in quanto ogni figura manifesta la differenza dialettica tra ciò che noi abbiamo asserito di essa e ciò che invece viene a mostrarsi nella realtà effettuale della cosa stessa. La dialettica fenomenologica si mostra come un movimento pendolare tra le opinioni immediate della nostra coscienza e il contenuto oggettivo che viene a mostrarsi necessariamente nell’esperienza presente nelle differenti figure. In tal senso essa è realmente il processo di giustificazione di una pura scienza logico metafisica, di un sapere assoluto, punto di partenza della Scienza della logica. Nella Logica Hegel vede realizzarsi quell’ideale del sapere preparato dalla dialettica fenomenologica, in cui non c’è più spazio per l’opinare, in quanto l’Io e le cose si identificano perché le figure dello spirito assoluto, con cui si giunge alla coscienza del sapere assoluto, non sono più legate soggettivamente a un pensare individuale ma rappresentano un sapere comune nel quale non si può più distinguere individuale e universale, soggettivo e oggettivo. Ciò non leva che anche la Logica abbia bisogno di un movimento di sviluppo concettuale che non ha più le caratteristiche dell’opinare fenomenologico ma implica un costituirsi interno al sapere, come di fatto Hegel afferma proprio nella sezione iniziale della Logica, dove affronta il problema del cominciamento stesso del pensiero. La Logica muove infatti dal divenire che sviluppando le categorie dell’essere, dell'essenza e del concetto chiude lo sviluppo del sapere in quanto forma del reale. Ma il divenire iniziale rappresenta un primo singolare elemento speculativo perché Hegel considera di fatto l'essere e il nulla, con i quali si apre la trattazione, non i momenti di un’antitesi dialettica che deve togliersi nella sintesi del terzo momento dialettico come divenire, quanto piuttosto la miglior esemplificazione della differenza tra il pensiero che è ancora opinione - e perciò passibile di un'indeterminazione tale da restare sospeso tra l’esser vuoto e il nulla - e il pensiero che invece è movimento interno al sapere e che perciò è divenire qualcosa di determinato. Dunque il divenire non è la sintesi di essere e nulla ma la differenza propria tra l’elemento logico speculativo e la dialettica dell'opinare. Chiarito il punto di partenza e il metodo speculativo si afferra più facilmente la conclusione della logica nell'idea. L’idea è il culmine della logica ed è la totalità del reale nella sua intelligibilità speculativa. Essa rappresenta la sintesi dei due momenti preparatori della logica del concetto, vale a dire la soggettività del pensare (concetto, giudizio e sillogismo come forme dell’attività pensante del soggetto) e l’oggettività identificata da Hegel nella forma dei tre livelli della natura: meccanicismo, chimismo e teleologia. Così l’idea può assurgere ambiziosamente a identificarsi con il Logos, cioè con Dio prima della creazione. Questo conduce a riflettere sul valore del sistema hegeliano, mettendo in luce come nelle sue ambizioni voglia essere un sistema di relazioni evidenti e trasparenti perfettamente scientifiche, nell'accezione di scienza intesa come evidenza razionale, cartesianamente intesa. E qui l’hegelismo si scontra, sul piano sistematico, con la radicale finitudine umana che, assieme alla questione del male, Hegel ha completamente trascurato. Questo ci da l'opportunità di sviluppare la questione interpretativa scaturita dalla riscoperta degli scritti giovanili di Hegel e, particolarmente, dallo studio delle radici teologiche della sua filosofia sistematica.
Per comprendere l’importanza di questa ricerca bisogna ricordare che se l’ambizione di Hegel è quella di un sapere assoluto, esso si dischiude solo nell’ambito dello spirito assoluto che è posto attraverso l’arte e la religione per concludersi filosoficamente nel sapere. In tal senso gli scritti giovanili trovano larga eco nella Fenomenologia, nell’Enciclopedia e nelle Lezioni sulla filosofia della religione. Per Hegel il centro della filosofia dello spirito religioso è il cristianesimo perché in esso soltanto Dio è concepito come spirito. Perciò se la religione ha lo stesso contenuto della filosofia, ma nella forma della rappresentazione e non del concetto, il cristianesimo si identifica concettualmente con la stessa filosofia hegeliana. Un’affermazione che trova riscontri significativi nei primi scritti dove Hegel, dopo una fase in cui si avvicina a posizioni razionalistiche di tipo illuministico kantiano - nella quale Gesù diventa una sorta di Socrate maestro di morale -, colloca il cristianesimo al vertice del senso religioso dell’umanità, come afferma il suo scritto più organico, Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. In quest'opera Hegel considera il cristianesimo la religione della riconciliazione tra l’uomo e Dio. La religione naturale e armonica espressa dalla concezione greca trova il suo punto di rottura nella visione ebraica dove l’uomo si trova in stato di estraneità con Dio e si consuma la scissione tra divino e umano che solo nel cristianesimo trova la sua nuova unità, a partire dall’Incarnazione. L’incarnazione è assunta a simbolo della riconciliazione tra il divino e l’umano, trascurando gli aspetti propriamente storici e unici della sua realtà di evento. Interiorizzando mediante l’amore l’etica della legge, il cristianesimo opera la riunificazione degli opposti, grazie alle figure del peccato – inteso da Hegel come scissione piuttosto che come colpa – e della redenzione – intesa piuttosto come sintesi che come vita nuova - mediante la quale dall’unità astratta e indifferenziata dell’armonia primitiva della religione greca, si passa alla nuova sintesi operata dal cristianesimo nel superamento della scissione ebraica. In tal senso, il cristianesimo speculativo di Hegel ritrova qui il movimento centrale della sua dialettica e dei suoi momenti costitutivi. Ma il cristianesimo puramente speculativo resta uno sfondo tutt’altro che oscuro del suo percorso speculativo. Nella riflessione sulla filosofia della storia Hegel, contrapporrà le diverse epoche dell’umanità dal punto di vista della loro comprensione della libertà, affermando che solo nel cristianesimo, soprattutto in quello che deriva dalla Riforma, si può comprendere l’idea di libertà individuale e universale. Così come nello spirito assoluto proporrà una sorta di dogmatica speculativa dei fondamenti del cristianesimo che, se si può considerare discutibile per la sua antistoricità e per il sottile razionalismo che rende meno presente proprio la theologia crucis così cara a Lutero, ha però l’indubbio merito di aver dato un forte sviluppo agli aspetti concettualmente più profondi del cristianesimo. In altri termini, nonostante i limiti palesi dell’ermeneutica hegeliana, è indubbio il fatto che le sue riflessioni possano illuminare aspetti particolari della sistematica e della dogmatica, fermo restando che la sua visione del cristianesimo, nonostante le sue affermazioni in contrario, non è integralmente quella del credente che si abbandona al dono salvifico offerto dalla croce e dalla resurrezione di Cristo. In tal senso bisogna intendere la filosofia della storia hegeliana come una teologia della storia che parte da un'ermeneutica destoricizzata della fede dei cristiani, nella quale l’evento salvifico, nella sua unicità irripetibile, è in parte escluso e in parte razionalizzato.
STUDI: J. HYPPOLITE, Genèse et structure de la «Phénomenologie de l’Esprit», Paris 1942, trad. it., La nuova Italia, Firenze 21977; J. SPLETT, Die trinitätslehre G.W.F. Hegels, Freiburg-München 1965, 31984, trad. it., La dottrina della Trinità in Hegel, Queriniana, Brescia 1993; H. G. GADAMER, Hegels dialektik, Tübingen 1971, trad. it., La dialettica di Hegel, Marietti Torino 1973; W. PANNENBERG, Il significato del cristianesimo nella filosofia di Hegel, in ID., Grundfragen systematischer Theologie. Gesammelte Aufsätze, Göttingen 21971, trad. it., Questioni fondamentali di teologia sistematica, Queriniana, Brescia 1975; W. KERN, L’universalità del cristianesimo nella filosofia di Hegel, «Concilium» 16 (1980) 5, pp. 824-841; ID., Il Cristo «conservato» dalla filosofia contro i teologi di professione, in S. ZUCAL (a cura di), La figura di Cristo nella filosofia contemporanea, Paoline, Cinisello Balsamo 1993, pp.117-160; per una critica serrata della teologia hegeliana cf., H. U. von BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische Aesthetik, vol. III/1: Im Raum der Metaphysik, Einsiedeln 1965, trad. it., Gloria. Una estetica teologica, vol. V, Nello spazio della metafisica. L’epoca moderna, Jaka Book, Milano 1978 pp. 510-524; per un’analisi del dibattito sulla cristologia hegeliana, M. BORGHESI, La figura di Cristo in Hegel, Studium, Roma 1983; un'analisi attenta del problema teologico del male in, V. MANCUSO, Hegel teologo, e l’imperdonabile assenza del principe di questo mondo, Piemme, Casale Monferrato 1996. FRANCESCO FRANCO