Verso la fine del XVI secolo il dominio incontrastato di Spagna e Portogallo sui mari iniziò a trovare dei concorrenti sempre più temibili. Altre nazioni che si affacciavano sulle sponde dell’Oceano Atlantico -l’Inghilterra, l'Olanda, la Francia - cominciarono a mostrare una crescente capacità espansiva lungo le rotte oceaniche per il nuovo mondo.
Inizialmente gli interessi si appuntarono su regioni ed aree rimasti al di fuori dell’orbita di influenza delle potenze iberiche, come ad esempio il Nord America, ma in breve la concorrenza - alimentata sul piano economico dai traffici commerciali e sul piano politico dall’escalation dei conflitti religiosi - coinvolse tutta la politica coloniale delle potenze europee.
La guerra di pirateria si intensificò mentre l’esigenza di sviluppare il commercio marittimo e il rifornimento dei prodotti coloniali provenienti dall’America e dall’Oriente portò a fissare delle presenze sempre più stabili nei territori di oltremare. I caratteri della colonizzazione inglese, olandese e francese furono però assai diversi da quelli della colonizzazione iberica.
L’impresa coloniale venne a perdere ogni tipo di idealità religiosa per connotarsi come un’impresa essenzialmente economica e commerciale. L’iniziativa privata venne ad assumere un peso decisamente superiore, sebbene incoraggiata e sostenuta dai vertici dello stato. Non a caso la forma vincente fu quella delle Compagnie commerciali, società per azioni garantite dall’investimento di capitali privati che operavano in prospettiva dei guadagni ma che erano sostenute dai particolari privilegi e dai monopoli commerciali concessi dai rispettivi sovrani.
La forma istituzionale delle Compagnie commerciali fu lo strumento essenziale che accompagnò l'espansione coloniale delle nazioni atlantiche verso la fine del XVI secolo. Inghilterra, Francia e Olanda furono le protagoniste principali dell'espansione europea che nel corso del '600 prese nuovo vigore.
Il segnale della diversità rispetto al colonialismo centralizzato delle nazioni iberiche, fu il misto di iniziativa privata e interventi statali che si espresse nella creazione delle Compagnie commerciali sorte su capitali privati e operanti in un regime di privilegi concessi dallo stato.
La "Compagnia olandese delle Indie Orientali" fu fondata nel 1602, con lo scopo di evitare che la concorrenza commerciale creasse conflitti di interessi tra connazionali e, soprattutto, con le altre potenze coloniali, che si affacciavano alla ribalta in Europa.
Creata sul modello della inglese "East India Company", essa godeva del monopolio di tutti i traffici tra il Capo di Buona Speranza e lo stretto di Magellano. In quest’area, essa aveva l’esclusiva autorità di siglare accordi, costruire scali fortificati a tutela dei suoi interessi commerciali e, perfino, di dichiarare guerra.
L'istituzione non si limitò a organizzare il commercio tra le colonie e la madrepatria, ma divenne ben presto una grande impresa, nella quale i cittadini potevano investire i loro risparmi.
Nel 1609, fu fondato ad Amsterdam un Banco di cambio pubblico, che attirò capitali da ogni parte d’Europa, non tanto per i tassi d’interesse, quanto per la solidità finanziaria della Compagnia, in un’epoca devastata dalle bancarotte degli stati.
Dopo la Compagnia delle Indie Orientali, fu fondata la "Compagnia delle Indie Occidentali", la quale godeva degli stessi privilegi ed operava dall’altra parte del mondo.
Istituzioni simili, anche se più controllate, caratterizzarono anche l'espansione coloniale della Francia e soprattutto dell'Inghilterra. Fra le inglesi si possono ricordare la "Compagnia della Moscovia" (1554) attiva in Russia, quella del Levante (1572) per il commercio con l'impero ottomano, quella delle "Indie Orientali" (1600) per i commerci con l'Oriente asiatico, quelle più tarde delle Indie Occidentali e della Baia di Hudson per il commercio americano.
Le prime potenze coloniali, la Spagna e il Portogallo, dovettero ben presto fronteggiare l'aggressività dei nuovi conquistatori francesi, olandesi e inglesi che rivolsero le loro mire soprattutto alla regione caraibica.
La concorrenza assunse i contorni della guerra di corsa e del sabotaggio delle flotte mercantili avversarie. La circumnavigazione del globo compiuta da Francis Drake (1577-1580) garantì enormi profitti, di cui poté avvantaggiarsi la stessa regina Elisabetta I.
John Hawkins, Walter Raleigh e altri avventurieri insidiarono continuamente i convogli navali che ritornavano in patria carichi di merci da cui ricavavano ricchi bottini da rivendere sul mercato europeo. Nel corso del XVII secolo la guerra di corsa ebbe la tendenza a mutare sempre di più in pirateria, anche se i confini fra i due tipi di attività rimasero piuttosto sfumati (i corsari, in tempo di pace, spesso si trasformavano in pirati).
Predoni di diverse nazionalità, uniti dalla comune ansia di ricchezza, stabilivano le loro basi in alcune località dei Caraibi (come sulle isole Tortuga o San Cristoforo, oppure nella città di Port Royal in Giamaica, nota come la "più terribile città del mondo") da cui partivano per assalire le navi.
I termini bucanieri o filibustieri divennero tristemente noti, la storia delle colonie spagnole d’America si riempì delle audaci ed efferate gesta di questi predoni, che issavano sulle loro imbarcazioni la bandiera nera col teschio.
Molti divennero delle vere e proprie leggende, come il gallese Henry Morgan (insignito addirittura del titolo di baronetto da Carlo II Stuart), il francese Nau, detto l’Olonese, l'inglese William Kidd, impiccato nel 1701 in Inghilterra, con il quale sembrò chiudersi la fase più avventurosa della pirateria.
Le flotte che percorrevano le rotte verso le Americhe e l'Asia, aperte al commercio occidentale durante il XVI e il XVII secolo, rappresentarono uno stimolo importante per l'incremento della pirateria. Questo termine deve essere usato nel presente contesto con una certa cautela.
La pirateria, che fin dall'antichità aveva rappresentato una grave minaccia per la navigazione commerciale, era costituita da predoni che assalivano e depredavano le navi da carico in cui si imbattevano. I corsari, al contrario, godevano di una patente di corsa che veniva rilasciata loro dal governo di una nazione, per contribuire, in tempo di guerra, alla lotta contro il commercio marittimo degli avversari, attaccando solo le navi mercantili nemiche (guerra di corsa).
Parte dei bottini conquistati veniva depositato nelle casse dei sovrani, mentre il resto costituiva il premio per i corsari. Sul piano giuridico le azioni belliche dei corsari erano considerate assolutamente legittime, mentre coloro che operavano senza la patente di corsa venivano considerati pirati; in caso di cattura finivano condannati a morte.
L’impulso espansionistico che a partire dalla fine del '400 aveva mosso le nazioni iberiche ad intraprendere le esplorazioni e la conquista dei territori d'oltremare interessò inizialmente in modo assai marginale l’Inghilterra che vi partecipò con timidi tentativi di esplorazione.
Raggiunte condizioni politiche di stabilità sotto l'egida dell'assolutismo monarchico, a partire dal regno di Elisabetta I e poi con crescente intensità nel corso del XVIII secolo le navi inglesi presero a solcare i mari alla ricerca di nuovi spazi, segnalandosi per una presenza sempre più incisiva sia in America che in Oriente. Autorizzate da decreti regi, si formarono allora le prime grandi compagnie commerciali, come la Compagnia delle Indie orientali, fondata nel 1600 e detentrice del monopolio commerciale al di là del Capo di Buona Speranza. I primi insediamenti di coloni inglesi si svilupparono però sul continente americano.
La Virginia, dopo i primi tentativi fra il 1584 e il 1589, fu colonizzata con maggior decisione all'inizio del nuovo secolo a prezzo di violenti conflitti con gli indigeni: nel 1607 venne fondata la città di Jamestown e vennero emanate severissime leggi religiose, civili e militari.
Nel 1620 un gruppo di esuli puritani, perseguitati in patria, sbarcarono dalla nave Mayflower nel Massachussets, fondando Plymouth, una comunità politico-religiosa che aprì la via all'afflusso nel nuovo continente di numerosi loro correligionari. Nonostante l'ampiezza degli spazi da conquistare il concentrarsi degli interessi delle potenze europee nelle medesime aree creava una situazione di diffusa conflittualità che si acuiva per gli strascichi delle guerre europee.
Ben presto l'area caraibica divenne terreno di scontri; le isole Bermuda entrarono in orbita britannica nel 1612 mentre la crescente superiorità militare della flotta inglese riuscì ben presto a cacciare le forze navali concorrenti da Barbados, Antigua, Bahamas e Giamaica.
Successivamente fu l'area settentrionale ad aprirsi al conflitto franco-inglese, dopo che la presenza olandese era declinata; infatti nel 1664 la flotta del duca di York, il futuro re Giacomo II, strappò agli olandesi la città di Nuova Amsterdam, ribattezzata, dopo la pace di Breda del 1667, New York in onore del duca.
Dall’altra parte del mondo, la Compagnia delle Indie orientali fondò scali fortificati nel Bengala, a Calcutta e a Madras. Il matrimonio di Carlo II Stuart con la principessa portoghese Caterina di Braganza, celebrato nel 1662, procurò all’Inghilterra la città di Bombay, portata in dote dalla sposa, aprendole la possibilità del commercio nelle colonie portoghesi.
Fu solo con l'affermarsi di strutture politiche in grado di garantire una maggiore compattezza interna dopo le drammatiche divisioni delle guerre di religione che la Francia poté avviare una politica coloniale meno frammentaria ed occasionale.
All’inizio del '600, i francesi avevano stabilito i primi insediamenti sul continente americano, seguendo due direttrici principali, il Mar dei Caraibi e la parte settentrionale. Le isole di Martinica e di Guadalupa furono occupate da basi francesi, così come la parte occidentale di Santo Domingo e della Caienna, situata nell’odierna Guyana.
Al nord, nel 1605, fu fondata la prima colonia canadese, Port Royal, seguita da Québec e da Montréal, da dove si irradiò l’espansione verso il lago Ontario. Il viaggio compiuto da René de La Salle tra il 1678 ed il 1682, dal fiume San Lorenzo alle cascate del Niagara e, da qui, attraverso i Grandi Laghi lungo il corso del Mississippi fino alla sua foce, permise la fondazione dell'immensa colonia della Louisiana.
Nel continente africano, la prima colonia francese fu stabilita nel 1626 alla foce del fiume Senegal. Più tardi, fu la volta del Madagascar, che costituiva un’ottima base per le tappe delle navi in rotta di navigazione verso l’Oriente, e poi delle Isole di Reunion.
L’intraprendenza francese nella conquista di nuovi mercati al di là dell’Europa iniziò a manifestarsi grazie alla politica economica del cardinale Richelieu che favorì il sorgere di imprese privilegiate per il commercio come la Compagnia del Levante, per il traffico nei paesi musulmani, la Compagnia della Nuova Francia (1628), per la colonizzazione del Canada, e la Compagnia dell’Africa Occidentale (1626).
Il primo ministro Colbert, sotto il regno di Luigi XIV, proseguì sulla via di uno stretto controllo statale delle imprese commerciali, creando la Marina Mercantile e le due Compagnie delle Indie Occidentali e Orientali (1664), istituzioni grazie alle quali lo stato francese si innalzò al livello delle altre grandi potenze marittime. Infatti nella seconda metà del '600 la Francia conobbe uno dei momenti di maggiore espansione coloniale, espressione di quel potere assoluto e di quella politica di potenza che caratterizzarono il regno del "Re Sole".
Quando nel 1580 i portoghesi persero, per mano di Filippo II di Spagna, l’indipendenza, furono sostituiti nella gestione dei traffici con l’Oriente dagli olandesi che divennero la nazione più intraprendente del mondo sul piano commerciale.
La prosperità delle Provincie Unite settentrionali, resesi indipendenti dalla Spagna a seguito della guerra contro Filippo II, derivava le sue origini dagli antichi rapporti commerciali stabiliti nella regione del Mar Baltico, che avevano consentito l'avvio di proficui scambi fra le materie prime che confluivano in quella regione (non ultima la pesca dei merluzzi) e i manufatti artigianali prodotti nell'Europa occidentale.
Abili e audaci navigatori, gli olandesi iniziarono ad affermare la loro presenza sulle rotte commerciali di tutto il mondo. La loro presenza si fece avvertire dapprima nel Mediterraneo e successivamente rivolsero i loro interessi ai traffici con il lontano oriente, attraverso la rotta africana. Ben presto entrarono in concorrenza con i portoghesi e con le altre potenze coloniali.
Nel '600 la flotta mercantile conobbe un incredibile sviluppo e i mercanti olandesi erano impegnati a rivendere e acquistare merci di tutti i generi in ogni angolo del globo, dalle Americhe all'estremo Oriente, dall'Europa del Nord all'Africa.
La definizione "carrettieri del mare" rende giustizia ad un tipo di colonialismo che si fondava quasi esclusivamente sul controllo delle rotte di navigazione, sulla presenza capillare nella rete degli scambi commerciali, limitandosi alla fondazione di città e di empori fortificati lungo le coste da cui controllare il traffico marittimo e gli scambi con l'entroterra.
Esempi di questo genere furono la colonia del Capo di Buona Speranza in Africa meridionale e la città di Nuova Amsterdam in America settentrionale.
Nel corso del '500 la formazione del "capitale" - nel senso di ricchezza, denaro, valore, beni, fondi, patrimonio - dipendeva prevalentemente dal commercio che alimentava, con i suoi profitti, le attività finanziarie e bancarie, gli investimenti nella terra e nella produzione manifatturiera. Il dinamismo commerciale europeo si era già distinto dai tempi della civiltà urbana del Medioevo.
Con il XVI secolo ebbe inizio però un commercio regolare fra l’Europa e il resto del mondo abitato, in concomitanza - ma non solo - dell’espansione geografica e la conquista delle rotte oceaniche.
In generale, infatti, la grande espansione dei traffici europei si realizzò prevalentemente sui mari e a livello di commercio internazionale, soprattutto a causa del fatto che quello interno era fortemente ostacolato sia dalle difficoltà dei trasporti, sia dalle strutture politico-amministrative che frapponevano mille impedimenti (il frazionamento politico, ad esempio, si esprimeva in una pluralità di barriere doganali che alzavano notevolmente i costi e i tempi dei trasporti).
Parlando di commercio marittimo e di scambi internazionali non si deve intendere, esclusivamente, i rapporti con il nuovo mondo o il lontano oriente ma, più in generale, le rotte marittime che facevano capo all’Europa. Infatti, se è vero che i centri marittimi si distinsero maggiormente di quelli terrestri in questa fase di espansione dei commerci, tuttavia il processo di spostamento del baricentro verso i porti atlantici si realizzò completamente solo nel XVII secolo: il commercio con il Levante e l’Africa attraverso il Mediterraneo e quello con i paesi del nord attraverso il Mar Baltico, rimanevano realtà estremamente dinamiche e di primaria importanza per il volume complessivo dei traffici (il ruolo di porti come Amburgo, Livorno, Marsiglia, Genova, la stessa Venezia, fu tutt’altro che trascurabile ancora dopo il '500).
Indubbiamente però, vi furono città atlantiche, capitali di grandi imperi coloniali, che in questo periodo iniziarono ad imporsi come Siviglia e Lisbona, oppure Londra, che iniziava proprio allora la sua ascesa, e soprattutto Anversa che fu un caso significativo e del tutto particolare.