Nel Settecento la musica esce dalle corti e dalle chiese per andare nei teatri e nelle sale da concerto: un mutamento analogo si verifica nel ruolo e nella figura del musicista.
Questi è sempre meno un fornitore di lusso del principe o dell’ecclesiastico, vincolato a scrivere musica d’occasione commissionatagli spesso con precise istruzioni, e si fa sempre più padrone di se stesso e della propria arte.
Se Händel sarà compositore d’opera e impresario, rischiando in proprio al pari di Gluck, dal canto suo Haydn, congedato a sessant’anni dal servizio degli Esterhàzy e divenuto il padrone di se stesso, riscuoterà enormi successi a Londra e a Vienna.
Mozart soffrirà e scalpiterà sotto il giogo del suo arcivescovo, a Salisburgo, sinché, complice una famosa pedata nel sedere, sarà libero di disporre di se stesso, anche se finirà oberato di debiti e povero in canna.
È indubbio, in ogni caso, che l’autonomia conquistata dai musicisti si traduca non solo in un salto qualitativo della loro ispirazione, ma anche in aumentate possibilità di diffusione e fruizione della musica. Aumenta, in effetti, il "consumo" di musica, non più ascoltata nei saloni di dimore principesche per graziosa elargizione d’un principe o d’un magnate, ma in concerti pubblici a pagamento che, sempre più frequenti, diventano un vero affare.
Accanto alla nutrita categoria dei Liebhaber, dei dilettanti che si cimentano nel suonare la musica, acquistando le partiture che i sempre più numerosi editori, grazie anche ai progressi tecnologici della stampa, si affrettano a tirare, aumenta sempre più il pubblico generico, che chiede con insistenza novità, mentre i musicisti moltiplicano i loro sforzi per accontentarlo.
Nascono le prime istituzioni pubbliche d’insegnamento musicale, sostituendosi all’insegnamento religioso e a quello privato. Il conservatorio nazionale di musica, creato a Parigi nel 1795, sarà il modello di altre istituzioni di istruzione musicale in tutta Europa.
Antonio Vivaldi, figlio di un violinista della cappella di San Marco a Venezia, nacque nella città lagunare nel 1687. Ordinato prete, non esercitò mai il sacerdozio a causa della sua salute malferma, come egli stesso affermava, o, più verosimilmente, perché troppo preso dalla passione per la musica.
Nel 1703 iniziò la sua collaborazione con l’Ospedale della Pietà, istituzione benefica per ragazze emarginate, in cui la musica era il cardine dell’attività educativa. Rivestì numerosi incarichi, debuttando come operista e pubblicando concerti e sonate per violino che lo imposero all’attenzione internazionale.
Oltre che compositore, egli ebbe fama di grande violinista e nei suoi concerti fece un uso spregiudicato del virtuosismo solistico, intendendo la forma concertata come rapporto dialettico tra solista ed orchestra. Amante dell’improvvisazione e noncurante delle convenzioni formali, Vivaldi rese il concerto più duttile e fantasioso, completamente nuovo dal punto di vista tecnico, timbrico ed espressivo.
La sua produzione in questo campo, sorretta da una straordinaria facilità di scrittura, fu sconfinata: sono giunti sino a noi oltre quattrocento concerti, circa la metà dei quali per violino, oltre a quelli per violoncello e per flauto.
Vivaldi trascorse la maggior parte della sua vita a Venezia, intraprendendo però numerosi viaggi in Italia e in Europa, per curare l’allestimento delle sue opere e per tournées concertistiche.
All’estero egli pubblicò alcuni dei suoi più celebri concerti, che ebbero un grande influsso sulla successiva produzione musicale del secolo. Quasi sempre viaggiò con la sua interprete preferita, Anna Giraud, e le voci su una loro possibile relazione fecero scandalizzare i benpensanti, essendo egli un sacerdote.
In realtà, finché fu in vita, il Prete Rosso, come venne soprannominato per il colore dei capelli, fu stimato più all’estero che in patria.
A Venezia la sua fama di operista e impresario teatrale declinò in seguito alle pesanti critiche che vennero mosse alla sua musica e per l’affermarsi di nuove mode musicali, a cui non seppe adattarsi. Trasferitosi a Vienna, vi morì nel 1741.
La rivalutazione della musica di Vivaldi iniziò alla fine dell’Ottocento con gli studi sull’opera di Bach, il quale era stato un appassionato ammiratore del veneziano e aveva trascritto per clavicembalo e per organo numerosi suoi concerti.
In edizione originale sono giunte a noi quattordici opere vivaldiane, eseguite tra il 1705 ed il 1740, tra le quali Il cimento dell’armonia e dell’invenzione del 1725 ca., comprendente i quattro celebri concerti detti Le Quattro stagioni.
L'Ospedale della Pietà
Benché figlio di un violinista dell’antica cappella di San Marco, Antonio Vivaldi non entra mai al servizio musicale della basilica: glielo impedisce la lunga carriera del direttore in carica Antonio Biffi (che la storia ha cancellato dalla memoria), il quale ha il torto di vivere troppo a lungo: rimane infatti a capo della gloriosa istituzione dal 1692 al 1736.
Vivaldi viene quindi confinato tra i maestri che gestiscono la musica negli ospedali e nei conservatori (non ancora divenuti istituti musicali) della Serenissima. Gli ospedali veneziani, allo stesso modo dei conservatori di Napoli e di Palermo, sono ospizi gratuiti per orfani e trovatelli, con annessa una scuola che dà maggior spazio all’insegnamento musicale.
Quattro di questi ospedali, dei Mendicanti, della Pietà, degli Incurabili, e dei Santissimi Pietro e Paolo o Ospedaletto, vantano la prerogativa di insegnare musica alle ragazze (le "putte"). Nel 1703 l’ospedale della Pietà apre le porte ad Antonio Vivaldi, che vi ricopre di volta in volta cariche diverse: maestro di cappella, maestro di coro e maestro di concerti; in quest’ultima veste egli è, in sostanza, direttore d’orchestra, l’animatore dei concerti delle domeniche, in cui vengono eseguite, in buona parte, musiche da lui composte. Le ragazze filarmoniche, o "putte di choro", della Pietà, dirette da Vivaldi, eseguono in maniera mirabile la musica sacra, riuscendo a sopperire alla mancanza di uomini cantando in zone più acute le parti di basso: si ricordano ancora Paolina "del tenor" e Annetta "del basso".
In genere, le giovani musiciste non abbandonano mai l’ospedale, anche se qualche volta si esibiscono nelle ville venete, e, salvo rare eccezioni, intraprendono a tempo pieno l’attività musicale; alcune di esse sono bravissime e vengono considerate superiori a molti virtuosi.
Il momento più importante per gli ospedali è il concerto: se ne hanno testimonianze nei resoconti di viaggiatori come Jean-Jacques Rousseau, che nelle sue Confessioni descrive l’emozione provata nell’ascoltare le voci angeliche di quelle fanciulle nascoste agli occhi del pubblico da fitte grate
Le sorprese di Vivaldi
Vivaldi si vantava di saper comporre un concerto strumentale, completo in tutte le sue parti, in tempi brevissimi, impiegando meno di quanto avrebbe avuto bisogno un copista per trascrivere la stessa opera. Un’affermazione che testimonia non solo il furore creativo e la velocità del musicista veneziano, ma anche la sua consapevole abilità professionale.
Tuttavia, la famosa battuta di Stravinskij, per il quale Vivaldi avrebbe scritto quattrocento volte lo stesso concerto, non rende giustizia alla sua arte. Non si tratta infatti d’una produzione in serie: ogni composizione ha una propria personalità e tutte mostrano la spiccata cifra dell’autore.
Ciascuna ha qualcosa d’inconfondibile, nei temi freschi e incisivi, nelle strutture formali ben articolate, nella saldezza dell’architettura e nei gioiosi contrasti, che subitamente si placano in serene e limpide melodie. L'Estro armonico (op. 3, per 1, 2, 4 violini, archi e basso continuo), è la prima vera raccolta di concerti vivaldiani, pubblicata nel 1711.
La dedica al principe Ferdinando di Toscana fa pensare che Vivaldi intendesse farsi un nome al di fuori dell'ambito veneziano. La particolarità di questi concerti è costituita dalla strumentazione, che unisce elementi tipicamente veneziani a quelli di ispirazione romana, utilizzando diverse disposizioni dei solisti rispetto al corpo orchestrale.
L'intento stilistico di Vivaldi è leggibile nel titolo della raccolta: poter esprimere creatività, invenzione ed estro, pur restando all'interno della tradizione armonica. L'impianto dell'opera è rigorosamente geometrico ed i numeri e l'ordine vi giocano un ruolo essenziale. Le quattro sezioni in cui è divisa contengono tre concerti ciascuna, con una sequenza invariata: prima un concerto per quattro violini, poi uno per due strumenti e il terzo per un solo strumento solista. Le parti soliste sono quasi tutte affidate al violino, ma ve ne sono alcune anche per viola e violoncello, in linea con la tradizione veneziana dell'epoca. La struttura adottata è quella a tre movimenti, introdotta già con successo da Torelli e Albinoni, con l'uso della forma a ritornello per i movimenti veloci, il primo e il terzo. L'opera ebbe immediatamente un grande successo e si impose come modello di musica strumentale, soprattutto a nord delle Alpi
Il cimento dell'armonia e dell'invenzione
Dopo la Stravaganza e le due raccolte contraddistinte dai numeri d’opus 6 e 7, apparse ad Amsterdam negli anni 1716-1717, fu pubblicato Il cimento dell'armonia e dell'invenzione, una raccolta edita nel 1725 ad Amsterdam con dedica al conte Wenzel von Morzin, ma contenente concerti risalenti a periodi diversi.
I più famosi, per i quali Vivaldi è ancora oggi maggiormente conosciuto, sono i 4 concerti riuniti sotto il nome di Le Quattro Stagioni.
La caratteristica principale del Cimento è l'alto numero di concerti a programma: oltre alle Stagioni, La tempesta di mare, n. 5 in mi bemolle, Il piacere, n.6 in do, e La caccia, n. 10 in si bemolle, rendono quest'opera uno dei grandi esempi di musica descrittiva.
Il titolo rivela l'intento squisitamente barocco della raccolta, che pur, nei risultati, si pone nettamente al di là dei meri canoni dell’estetica del "meraviglioso": in una cornice armonica conforme alla tradizione si vuole innestare una sostanza melodica nuova, frutto dell'invenzione.
Il "cimento" è l'impegno a conciliare e fondere in un'opera il dualismo esistente fra esigenze formali e libertà creativa. Come nelle altre raccolte, questi concerti furono scritti per violino, ma ve ne sono due che possono essere eseguiti in alternativa anche dall'oboe.
È probabile che siano stati composti originariamente proprio per oboe ed inclusi nella collezione per offrire agli acquirenti anche partiture di più facile esecuzione.
Le quattro stagioni
Inclusi nella raccolta Il cimento dell'armonia e dell'invenzione, i 4 concerti delle Stagioni (La primavera, in mi maggiore; L’estate, in sol minore; L’autunno, in fa maggiore; L’inverno, in fa minore) valsero a Vivaldi quella fama internazionale che ancora oggi lo accompagna.
La loro pubblicazione fu il trionfo del violinismo vivaldiano: rigoroso e inventivo allo stesso tempo, descrittivo e stravagante, aperto al virtuosismo più sfrenato.
Ciascuno dei quattro concerti si sviluppa, con precisissimi tocchi descrittivi, intorno ad un sonetto, scritto forse da Vivaldi stesso; ognuno ritrae una stagione e appare strettamente correlato al successivo, ad iniziare dalla primavera.
Fra i numerosi momenti descrittivi si possono notare diversi tipi di vibrato che arricchiscono la scena primaria con il cinguettare degli uccelli; il violino può imitare anche il flauto dei pastori, mentre un senso crescente di oppressione, dato dall'orchestra, fa già presagire il respiro pesante dovuto alla calura estiva.
Poi, come d'uso già dalla fine del Seicento, non può mancare, poiché il pubblico la richiede, la descrizione d’un violento temporale, mentre il freddo invernale viene introdotto da taglienti dissonanze.
Una nuova tempesta scuote l'atmosfera e, infine, la figura umana appare soddisfatta di trovare protezione all'interno della propria casa.