Inizialmente furono i viaggi di esplorazione costiera a prevalere negli interessi della corona spagnola. I primi insediamenti stabili riguardarono soprattutto l'arcipelago delle isole caraibiche che divennero la base delle successive colonizzazioni.
Le nuove rotte commerciali aperte dai viaggi di esplorazione ricevettero comunque, fin da subito, una sistemazione istituzionale da parte della monarchia; nel 1503, infatti, fu creata a Siviglia la Casa de Contractación (cioè la Casa di commercio) ente preposto all'amministrazione di tutto il nascente traffico commerciale verso il nuovo mondo.
Superata la fase delle esplorazioni, presa coscienza di avere scoperto un nuovo continente e di non essere approdati sulle rive asiatiche, iniziò la fase della conquista e della penetrazione all'interno. Lo scontro con le civiltà indigene preesistenti, le cosiddette civiltà precolombiane, si risolse in una fulminea conquista di immensi territori.
Il primo a cadere fu l'impero azteco nell'area dell'attuale Messico, conquistato da Hernán Cortés (1519-1524), poi quello dei Maya nella regione centro-americana, definitivamente sottomesso nel 1546 da Francisco de Montejo.
In rapida successione caddero i territori andini, dapprima l'impero inca in Perù, sottomesso da Francisco Pizarro e Diego de Almagro fra il 1531 e il 1536, poi il Cile la cui conquista, dopo un primo tentativo di de Almagro (1535-1537), fu completata da Pedro de Valdivia su ordine dello stesso Pizarro; infine l'impero Chibcha nella regione colombiana, abbattuto da Jiménez de Quesada intorno al 1540.
Verso la metà del '500 la Spagna poteva contare su un immenso impero coloniale che dal Golfo del Messico scendeva senza soluzione di continuità fino all'America meridionale.
La corona portoghese era stata la prima in Europa a manifestare concreti interessi nei viaggi di navigazione grazie alla presenza di una struttura mercantile e marinara particolarmente sviluppata. Fin dal '400 la navigazione portoghese si era estesa sempre di più; l'impulso di un sovrano come Enrico, passato alla storia con l'appellativo del "Navigatore" (1394-1460), non era stata affatto trascurabile.
L'apertura di una via per le Indie tramite la circumnavigazione il continente africano fu, fin dall'inizio, l'obiettivo principale dei navigatori portoghesi.
L'espansione verso oriente si concretizzò mediante un progressivo avanzamento delle rotte che permisero di occupare posizioni strategiche sul continente africano, a cominciare dal Capo di Buona Speranza, la testa di ponte da cui controllare il periplo dell'Africa.
Il viaggio di Vasco de Gama del 1497 portò finalmente i portoghesi a raggiungere e ad attraversare l'Oceano Indiano, aprendo in tal modo l'Oriente alla navigazione marittima e al commercio europeo.
I navigatori portoghesi continuarono le loro esplorazioni raggiungendo le coste della Cina e spingendosi fino all'arcipelago del Giappone. La cittadina indiana di Goa, sul Mar Arabico, divenne la capitale di questo immenso impero commerciale.
Un caso a parte fu invece costituito dal Brasile: il trattato di Tordesillas aveva riservato alla Spagna il monopolio della navigazione verso l’America, mentre aveva lasciato al Portogallo quello verso l’Africa. Il meridiano di spartizione, ad ovest delle Isole di Capo Verde, trovava il suo punto di intersezione in America alla foce del Rio delle Amazzoni.
Il Brasile, dunque, scoperto intorno al 1500 entrò nell’orbita di influenza dei portoghesi che ne colonizzarono le coste. L'impero coloniale portoghese fu assai diverso da quello spagnolo; infatti più che un dominio terrestre in senso classico fu un impero "acquatico", nel senso che si concretizzò principalmente nel dominio delle rotte e nel controllo dei traffici.
Costituì un insieme piuttosto eterogeneo e scarsamente centralizzato, caratterizzato da strutture politiche e insediative differenti, diffuse prevalentemente lungo le coste: empori e porti fortificati, oppure capitanati concessi in donazione. Ciò nonostante alla metà del XVI secolo il Portogallo controllava gli intensi e ricchi traffici marittimi che l'Europa intratteneva con l'Oriente.
Siviglia, la città dell'Andalusia alle foci del Guadalquivir, fu la località che la corona spagnola prescelse come base operativa per la gestione degli scambi e dei collegamenti con il nuovo mondo.
A Siviglia aveva sede la Casa de Contratación, l'organismo creato nel 1503 dalla monarchia per controllare direttamente il commercio oceanico: a fronte della concessione del monopolio dei traffici con le Indie, 1/5 degli utili veniva versato direttamente alla corona.
La città portuale crebbe rapidamente e divenne il centro più importante dell'impero spagnolo; solo il progressivo interramento del porto fluviale e il declino coloniale della Spagna nel corso del XVII secolo ne decretarono il lento declino. Anche in Portogallo, dove la corona scelse la strada del controllo diretto dei traffici, vi fu una città che costituì il fulcro di tutto il commercio coloniale: Lisbona che diventò la capitale mondiale del pepe e delle spezie.
Nella città lusitana vennero a concentrarsi le tre istituzioni incaricate di gestire i traffici per conto della corona: la Casa de India, la Casa de Guinea e la Casa de Mina.
Sia a Siviglia che a Lisbona si svilupparono inoltre fiorenti attività di ricerca legate all'arte nautica (cartografia, cantieristica, cosmografia ecc.).
Il più importante centro finanziario e commerciale dell'Europa del '500 fu invece Anversa nei Paesi Bassi; in questo caso i motivi del successo, legati sempre all'apertura degli immensi orizzonti d'oltremare e strettamente connessi alla dipendenza politica dalla Spagna, non furono però dovuti a precise scelte governative quanto al concentrarsi nella città delle principali direttrici della finanza europea. Si trovavano infatti ad Anversa le agenzie dei maggiori banchieri d'Europa, dai Fugger ai Welser, dai banchieri italiani agli agenti delle compagnie commerciali spagnole, portoghesi ed inglesi.
Senza contare l'intraprendenza dei commercianti locali che stavano espandendo in tutto il mondo i loro traffici. Nella prima metà del '500 i proventi doganali raddoppiarono in conseguenza del fatto che in città si smistavano ogni tipo di prodotti, sia materie prime che manufatti, provenienti da ogni parte del globo.
All'origine della fortuna di Anversa vi era il concentrarsi nel suo porto degli interessi mercantili portoghesi e tedeschi, oltre ad un potenziamento delle direttrici commerciali che si diramavano in Inghilterra, nel Baltico e nel Mediterraneo.
I portoghesi avevano trovato nella città fiamminga, in cambio delle loro spezie, oltre ai capitali germanici, l'argento delle miniere tedesche di cui avevano bisogno per i loro scambi nelle Indie. Ad Anversa affluivano i tessuti di lana inglesi, le merci di lusso italiane, le materie prime del Baltico.
Essa divenne un motore economico mondiale e attirò - anche per il clima di tolleranza religiosa che vi si respirava e per i molteplici privilegi di cui godeva la città - numerose industrie: tessili, metallurgiche, navali, librarie.
Vi si fabbricavano strumenti scientifici e musicali, arazzi, mobili, manufatti di lusso, mentre vi fiorivano le operazioni creditizie. Qui i mercanti e i banchieri potevano condurre i loro affari: nel 1531 fu istituita la Borsa per svolgere le contrattazioni e le operazioni di credito.
La città fiamminga diventò così la principale piazza finanziaria d’Europa: l’afflusso di cospicui capitali attirò grandi famiglie di banchieri come i Welser e i Fugger, mentre le principali banche private vi aprirono proprie agenzie.
Re e imperatori, come Carlo V ed il sovrano d’Inghilterra Enrico VIII, potevano accedere ai prestiti negoziati ad Anversa a tassi d’interesse relativamente alti.
La fortuna della città venne così a legarsi alla politica dei paesi debitori e questa fu la sua rovina. Già alla metà del '500 l’afflusso dell’argento americano, più vantaggioso di quello tedesco, allontanò i portoghesi e il loro monopolio delle spezie; la bancarotta della corona spagnola nel 1557 inferse un altro duro colpo così come il conflitto commerciale che oppose l’Inghilterra ai Paesi Bassi il decennio seguente (nel 1569 i mercanti inglesi si spostarono ad Amburgo).
Infine fu la rivolta dei Paesi Bassi contro la Spagna a segnare il definitivo declino di Anversa; saccheggiata dalle truppe spagnole nel 1576, subì successivamente il blocco del fiume Schelda da parte degli olandesi che le inferse il colpo di grazia.
Gran parte dei ceti artigiani e imprenditoriali iniziò ad emigrare verso le Provincie Unite settentrionali andando ad innestare le loro energie nelle città di Leida, Rotterdam, Harlem e soprattutto Amsterdam che la sostituì completamente all’inizio del '600
Le grandi esplorazioni e la rapida formazione di vasti imperi coloniali ad opera delle potenze iberiche, garantirono il carattere regolare assunto ben presto dalle rotte transoceaniche.
Le navi portoghesi e spagnole, spesso accompagnate da potenti flotte armate, ampliarono il traffico commerciale trasportando attraverso gli oceani merci di ogni tipo con una frequenza che diventò sempre maggiore.
Lisbona si garantì il controllo e la redistribuzione sui mercati europei delle spezie (pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano), che affluivano, attraverso Goa, dall'Oriente.
I portoghesi, grazie ai loro rapporti di intermediazione, alimentarono vivaci scambi commerciali mettendo in contatto le regioni orientali con l'Africa.
I tessuti indiani venivano scambiati in Africa orientale con oro ed avorio che successivamente arrivavano in Europa, unitamente alla seta greggia e alle porcellane orientali.
La Spagna, almeno fino alla conquista dell'arcipelago delle Filippine che valorizzò le rotte del Pacifico, riservò la sua principale attenzione ai traffici transatlantici con le Indie Occidentali.
Del resto la penetrazione nell'entroterra e il processo di colonizzazione resero assai più complessa la presenza spagnola nel nuovo mondo, garantendo un forte legame e rapporti privilegiati di scambio con la madrepatria. All'arrivo dei prodotti americani (zucchero, tabacco, metalli preziosi e materie prime in genere) faceva riscontro l'afflusso in America di prodotti europei (vino, olio, grano, utensili, tessuti e manufatti di vario genere), necessari alla vita delle sempre più numerose colonie del nuovo mondo.
Del resto la fame di uomini non conosceva soste: c'erano immensi territori da coltivare, vaste piantagioni e ricche miniere da sfruttare.
Il commercio degli schiavi, prelevati in Africa, costituì uno dei più redditizi e consistenti traffici che si svolsero sulle rotte oceaniche.
Le scoperte geografiche portarono in Europa e in America prodotti prima sconosciuti. Il mais, la patata, il tabacco, il cacao, il pomodoro, il fagiolo presentati all'inizio come semplici curiosità esotiche, nel corso del tempo acquisirono enorme importanza per gli usi alimentari e per la vita quotidiana degli europei.
Questi prodotti stentarono a entrare nella dieta alimentare degli europei; occorsero alcuni decenni prima che fossero accettati come alimento di uso comune.
Il mais (portato in Europa da Colombo nel suo primo viaggio) inizialmente riservato all’alimentazione del bestiame e la patata (scoperta in Colombia da Pedro de Cieza de Leon e portata in Europa nel 1588), la cui coltivazione rimase per molto tempo assai sporadica, a partire dal XVIII secolo contribuirono a risolvere il problema alimentare e ad eliminare le ricorrenti carestie in numerose regioni europee dove la loro coltivazione si diffuse in maniera massiccia.
I primi ad allevare il tacchino in Europa furono i gesuiti, alla metà del XVI secolo.
Altre piante, invece, fecero il percorso inverso; in particolare quei vegetali di ambiente tropicale o subtropicale che trovarono nelle colonie americane condizioni climatiche favorevoli e manodopera a buon mercato per una loro diffusione di massa.
La canna da zucchero (originaria dell'Asia), il caffè (originario dell'Africa), il cotone e il banano alimentarono, assieme alle coltivazioni di tabacco americano, il sorgere di immense piantagioni che ridisegnarono completamente il paesaggio americano.
Si trattava di prodotti destinati ad essere smerciati soprattutto in Europa e che necessitavano di larghi impieghi di manodopera cui si fece fronte accentuando l'afflusso in America di schiavi neri africani, un commercio che vide impegnate tutte le nazioni europee.
Anche le malattie costituirono terreno di scambio; se gli indigeni incontrarono per la prima volta numerosi virus contagiosi che ne falcidiarono la popolazione, gli europei riportarono dai loro viaggi una malattia sconosciuta, la sifilide, che rimase a lungo endemica nel vecchio continente e provocò numerosi morti.