Nato a Proßnitz in Moravia l'8 aprile 1859, Husserl studiò matematica e filosofia a Lipsia e Berlino (con L. Kronecker e K. Weierstraß), dove conseguì nel 1882 il dottorato.
Dal 1883 al 1886 fu a Vienna con Brentano, nel 1886-87 a Lipsia con Stumpf, ottenendovi nel 1887 la libera docenza con la tesi Uber den Begriff der Zahl (Sul concetto di numero).
Del 1891 è la sua prima importante monografia: Philosophie der Arithmetik (Filosofia dell'aritmetica).
Nel 1900-1 apparvero rispettivamente i due volumi delle Logische Untersuchungen (Ricerche logiche), opera che segnò l'atto di nascita della fenomenologia.
Nel 1910 pubblicò nella rivista «Logos» il saggio Philosophie als strenge Wissenschaft (Filosofia come scienza rigorosa).
Nel 1913 fondò lo «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», aperto dalle Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie (Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica), e nel quale appariranno anche i capolavori di Scheler (1916), di Heidegger (1927) e dei suoi altri allievi.
Nel 1916 venne chiamato nell'università di Friburgo come successore di Rickert (passato a Heidelberg).
Nel 1928 furono pubblicate nello «Jahrbuch», a cura di Heidegger, le sue Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewußtseins (Lezioni sulla coscienza interna del tempo).
Del 1929 è Formale und transzendentale Logik.
Nel 1931 tenne a Parigi delle lezioni intitolate Méditations cartesiennes (la traduzione francese fu approntata da Emmanuel Levinas e Gabrielle Pfeiffer, mentre il testo originale tedesco apparve solo nel 1950).
Con l'avvento del nazionalsocialismo gli fu tolto il titolo di professore e fu radiato dall'università, in quanto ebreo.
Dal 1934 incominciò a lavorare al tema del compito della filosofia nella crisi europea, da cui nasceranno prima le conferenze di Vienna e di Praga (1935), quindi la grande opera della vecchiaia: Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie (La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale), le cui due prime parti furono pubblicate nel 1936 e la terza nel 1954.
Morì a Friburgo il 27 aprile 1938.
L'imponente serie di carte inedite da lui lasciate fu messa in salvo da padre Herman Leo Van Breda (1911-1974), che, d'accordo con la vedova Malvine, le trasportò a Lovanio, in Belgio, fondandovi l'Archivio Husserl e iniziandone la pubblicazione nella serie Husserliana, comprendente oggi quasi una trentina di volumi.
Il compito che la fenomenologia di Husserl si propone è una rifondazione radicale della filosofia quale sapere razionale rigoroso, nel quale non solo le scienze particolari, ma tutto il sapere, l'agire e il vivere dell'uomo possono trovare il proprio fondamento.
In relazione alle diverse fasi dello sviluppo del suo pensiero; tale programma venne formulato e attuato in modo via via diverso.
Inizialmente, nella Filosofia dell'aritmetica (1891), aderendo alla distinzione brentaniana secondo la quale tutto ciò che non è fisico appartiene all'ambito psichico, Husserl propose una fondazione psicologico-descrittiva dell'aritmetica.
Una decisa critica di Frege a questo suo lavoro lo convinse però dell'insostenibilità dello psicologismo, cioè dell'impossibilità di porre la psicologia a fondamento delle altre scienze e, specialmente, di spiegare in base ad essa la validità delle entità ideali di cui si occupano le scienze matematiche e la logica.
Per questo, nel 1896, iniziò a lavorare a un'opera, prevista in tre parti, cioè le Ricerche logiche, con la quale intendeva anzitutto, contro lo psicologismo, mostrare l'impossibilità di fondare la logica su basi psicologiche, per indicare quindi come tale fondazione poteva essere invece fornita mediante una teoria fenomenologica della conoscenza, intesa come analisi della vita della coscienza e dei suoi atti, e per arrivare infine a sviluppare l'idea di una logica pura, cioè scevra di ogni residuo psicologistico.
Nel 1900, col titolo Prolegomena zu einer reinen Logik (Prolegomeni a una logica pura), uscì la prima parte dell'opera, cioè la pars destruens, consistente in un'acuta confutazione dello psicologismo di H. Spencer, J. S. Mill, Chr. Sigwart, Th. Lipps e B. Erdmann, la quale contribuì in maniera decisiva al tramonto dei tentativi di fondare la logica su basi psicologiche.
Husserl mostra infatti che una fondazione della logica su basi psicologiche non può avere successo, in quanto gli atti psichici sono sempre realtà particolari e individuali, mentre le entità logiche sono ideali.
La psicologia ha a che fare con dati empirici, la logica con idealità che a questi ultimi non sono riducibili.
In questa prima parte Husserl inserì pure uno schizzo della sua idea di logica pura, che avrebbe dovuto costituire la terza parte dell'opera, e che egli riprenderà in Logica formale e trascendentale (1929).
La seconda parte dell'opera non fu elaborata in maniera organica, ma come secondo volume Husserl pubblicò, nel 1901, una «prima serie» di sei ricerche col titolo Untersuchungen zur Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis (Ricerche sulla fenomenologia e sulla teoria della conoscenza), contenenti un'ampia descrizione degli atti della coscienza essenziali per la costituzione degli aspetti logici ed epistemologici del conoscere.
Tra gli spunti filosofici più rilevanti qui contenuti va ricordata la distinzione tra significato (Bedeutung) ed espressione (Ausdruck), trattata nella prima Ricerca: i significati, a differenza delle espressioni che sono individuali, rappresentano delle identità ideali colte in corrispondenti atti intenzionali. Rispetto agli atti, che sono legati ad espressioni e che conferiscono ad esse significato, i significati stessi stanno in un rapporto analogo a quello che intercorre tra una specie unitaria e i suoi individui.
Importanti sono inoltre la quinta e la sesta Ricerca.
Nella quinta vengono distinti i diversi significati di coscienza, tra i quali risulta determinante quello di atto psichico o vissuto intenzionale (intentionales Erlebnis).
Gli atti psichici, i vissuti coscienziali, hanno per Husserl il carattere fondamentale dell'intenzionalità, cioè dell'essere diretti a un qualcosa.
In ogni vissuto intenzionale Husserl distingue inoltre la qualità, cioè il suo essere rappresentazione, giudizio o emozione, e la materia, cioè il suo contenuto.
Ora, l'oggetto intenzionato nell'atto è trascendente rispetto all'atto stesso ed è in esso dato solo in «adombramenti» (Abschattungen), cioè in maniera inadeguata; i dati iletici (cioè «materiali», dal greco hyle = materia), invece, non ancora costituiti dall'atto intenzionale come oggetti trascendenti, sono immanenti all'atto stesso e quindi dati in modo assolutamente adeguato.
La sfera dei vissuti intenzionali, in quanto sottratta a ogni possibilità di dubbio, rappresenta dunque il terreno stabile al quale si deve risalire nella fondazione del conoscere.
Il metodo per accedervi sarà chiamato da Husserl visione eidetica (Wesensschau).
Nella sesta Ricerca Husserl definisce il conoscere come il riempimento di un'intenzione oggettivante mediante l'oggetto corrispondente, introducendo, in analogia con l'intuizione sensibile, l'intuizione categoriale (kategoriale Anschauung) quale modalità conoscitiva per il coglimento di entità ideali che, come tali, non sono date nella percezione sensibile.
Benché nell'analisi fenomenologica degli atti coscienziali, sviluppata nel secondo volume, alcuni contemporanei vedessero una ricaduta nello psicologismo, confutato nel primo, le Ricerche logiche ebbero un vasto successo e segnarono di fatto l'inizio del movimento fenomenologico.
Tra i contemporanei illustri attenti al nuovo pensiero vi furono soprattutto Natorp e Dilthey, con i quali Husserl allacciò un fecondo rapporto di discussione filosofica.
L'approfondimento più organico del programma fenomenologico venne dato da Husserl con il primo volume delle Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913).
Dopo la pubblicazione delle Ricerche logiche, egli aveva continuato una serie di indagini fenomenologiche particolari sul problema della percezione, della fantasia, della coscienza del tempo, degli atti emozionali, riflettendo anche da un punto di vista generale sul nuovo assetto che il programma fenomenologico andava assumendo attraverso tali ricerche.
Nel saggio Filosofia come scienza rigorosa aveva esteso la sua critica dello psicologismo anche allo storicismo e alla forma di scientismo che egli definiva «naturalismo» .
Con la fondazione dello «Jahrbuch» fu spinto a concepire un'opera in tre parti, le Idee, per dare un'esposizione sistematica alla fenomenologia.
Il primo volume, l'unico pubblicato, doveva contenere un'introduzione generale alla fenomenologia.
Il secondo volume avrebbe dovuto presentare un'analisi della costituzione della natura materiale, della corporeità, dell'io, dell'anima e del mondo spirituale.
Il terzo avrebbe dovuto esporre i contenuti e le modalità di una filosofia fenomenologicamente fondata.
Mentre quest'ultimo volume non fu mai scritto, tra il 1912 e il 1928 Husserl stese alcuni testi sulle problematiche del progettato secondo volume, che Edith Stein, allora sua assistente, elaborò in un manoscritto, pubblicato postumo nel 1952 come Idee II e Idee IlI.
Le Idee segnano una svolta nella concezione della fenomenologia, la quale, a partire di qui, viene intesa in un senso decisamente trascendentale.
Nel nuovo approccio, l'analisi della coscienza e dei suoi vissuti intenzionali intende mettere in luce non solo i contenuti noematici e il loro costituirsi come oggettualità, ma anche gli atti noetici costituenti e, in ultima istanza, la struttura della soggettività trascendentale, che rappresenta il loro sostrato unitario, e che risulta essere il fondamento ultimo e universale di ogni costituzione di conoscenza, avendo tutto per oggetto ma non potendo mai essere essa stessa oggetto.
La svolta trascendentale della fenomenologia fu approvata da neokantiani come Natorp, ma decisamente avversata proprio dagli allievi più vicini a Husserl, quelli dei circoli di Monaco e di Gottinga.
Quali sono i contenuti dell'opera? Nelle Idee I Husserl distingue le realtà empiriche e individuali, date dall'esperienza, e l'èidos, il genere al quale esse appartengono, accessibile alla visione eidetica.
Ogni essere materiale (ad esempio: cavallo) è sussunto in generi (ad esempio: animale), il supremo dei quali (ad esempio: entità naturale) rappresenta una «regione», studiata da una corrispondente ontologia regionale.
Al di sopra delle diverse ontologie regionali (materiali) stanno le scienze formali, cioè la matematica e la logica pura, miranti a entità formali e unificate nell'idea di una mathesis universalis. In quanto esse si occupano della «forma pura di regione», abbracciano le forme di tutte le possibili ontologie materiali e costituiscono, pertanto, l'ontologia formale.
Se questa è l'architettonica, la metodologia della ricerca fenomenologica si riassume nella massima secondo la quale si tratta di andare alle cose stesse (Zu den Sachen selbst!).
A tal fine bisogna seguire quello che Husserl chiama il principio di tutti i principi, cioè che solamente «l'intuizione originariamente offerente è una fonte legittima di conoscenza».
Ma per uscire dall'«atteggiamento naturale» (natürliche Einstellung), nel quale lo sguardo ha presente solo ciò che è dato, senza considerare gli atti in cui esso è dato, è necessaria una trasformazione di tale atteggiamento per mezzo di una riduzione, una epochè, cioè per mezzo di una progressiva messa tra parentesi delle datità e delle ovvietà naturali, mediante la quale si apre l'accesso alla vita della coscienza trascendentale e alle sue operazioni costituenti la conoscenza.
Un primo grado di tale messa tra parentesi è la riduzione fenomenologica, la quale mostra che ogni datità è un correlato di un atto intenzionale e, in ultima istanza, che l'intero mondo naturale altro non è se non un correlato della coscienza.
Quest'ultima, nella sua funzione noetica, coglie i dati iletici - di cui essa dispone come di dati immanenti, ad essa omogenei - come dati noematici, assegnando loro mediante l'apprensione una forma oggettuale.
Il modello tenuto presente da Husserl è quello della percezione.
In quest'ultima, i dati iletici offerti dalle sensazioni producono nella coscienza impressioni che non sono ancora riferite a un oggetto e costituite come oggettualità.
Questo avviene solo mediante le funzioni della noesi, attraverso la quale i dati iletici vengono appresi come noemi e costituiti come oggetti.
Attraverso tale processo, ad esempio, la percezione di un rosso diventa la percezione del rosso come qualità di un oggetto.
Ora, mentre i dati iletici e le funzioni costituenti sono immanenti alla coscienza, cioè sono ad essa omogenei e hanno il suo stesso modo d'essere, le oggettualità costituite e il mondo naturale quale loro orizzonte sono invece trascendenti rispetto alla coscienza.
L'essere del mondo è dunque un essere intenzionale, mentre il flusso immanente dei vissuti, la coscienza, ha un carattere d'essere assoluto.
Il mondo non può esistere senza la coscienza di cui è correlato, mentre la coscienza, nell'ipotesi di una annihilatio mundi, sarebbe, sì, modificata, ma non per questo soppressa.
Un secondo grado della messa tra parentesi, la riduzione eidetica, fa poi luce sulla struttura di tale coscienza, i cui caratteri fondamentali sono l'intenzionalità, l'immanenza, la datità pura e l'assolutezza nel senso del nulla re indiget ad existendum.
Infine, la riduzione trascendentale, concepita come «riduzione assolutamente universale», apre l'accesso alla soggettività trascendentale quale polo della costituzione di ogni oggettualità e, in ultima istanza, del mondo quale suo correlato universale.
Il quadro della fenomenologia così definito viene successivamente modificato in ragione di una duplice convinzione che prende piede nell'opera husserliana.
In primo luogo la convinzione che si tratta di spiegare la costituzione non tanto di oggettualità isolate, quanto di oggettualità considerate in relazione ai loro rispettivi orizzonti e, in ultima istanza, in riferimento al mondo quale orizzonte universale.
Questo ampliamento di prospettiva viene da Husserl designato come passaggio da una comprensione «statica» a una comprensione «genetica» della fenomenologia.
In secondo luogo la convinzione che nella teoria della costituzione delle Idee persisterebbe un residuo di cartesianismo, cioè una separazione tra la coscienza e le sue datità immanenti (quindi omogenee rispetto alla coscienza stessa), da un lato, e gli oggetti trascendenti del mondo esterno, dall'altro.
Per evitare tale dicotomia Husserl modifica la propria teoria della costituzione in relazione alla nuova prospettiva genetica, convincendosi che non solo a livello della costituzione di oggetti, ma già ai livelli più elementari della vita della coscienza è presente il riferimento al mondo.
Contemporaneamente egli abbandona l'idea secondo la quale, da un lato, nell'ambito della sensibilità, vi sarebbe solamente passività, e, dall'altro, in quello delle operazioni intellettive, vi sarebbe solamente attività e spontaneità: già nelle impressioni sensibili più elementari è infatti presente un momento di attività e, a loro volta, le funzioni intellettive superiori sono intrise di passività.
Queste due ipotesi vengono sondate e approfondite nella cosiddetta teoria della «genesi passiva» e in quella della «genesi attiva».
La teoria della genesi passiva, che mostra come il momento passivo del conoscere implichi una certa attività, viene sviluppata in tre direzioni di ricerca:
(1) la teoria della costituzione temporale, nella quale si mostra come non solo i vissuti temporali (ad esempio la percezione di una melodia), ma tutti i vissuti come tali hanno un carattere temporale e come la sintesi temporale rappresenta la struttura originaria della soggettività;
(2) la teoria dell'associazione, che è la seconda funzione sintetica passiva fondamentale;
(3) l'analisi di processi cinestetici, nella quale si mostra come anche la più semplice percezione è legata a movimenti corporei (come ad esempio la percezione tattile a movimenti della mano, la percezione visiva a movimenti oculari ecc.).
La teoria della genesi attiva mostra come le funzioni costituenti originarie, le «fondazioni originarie» (Urstiftungen), la cui natura è essenzialmente spontaneità e produttività, sono intrise di passività.
Si ha una «fondazione originaria» quando un determinato orizzonte di oggetti pre-dato e presupposto come ovvio e familiare viene allargato, ad esempio mediante l'invenzione di un nuovo strumento.
La peculiarità di una «fondazione originaria», che aprendo un nuovo orizzonte allarga il precedente, consiste nel fatto che essa viene successivamente «abitualizzata» mediante un processo passivo di sedimentazione, nel corso del quale la novità scoperta nell'atto della «fondazione originaria» viene dimenticata come tale e riassorbita nel precedente orizzonte. Questo, a sua volta, viene modificato da tale riassorbimento e diventa un nuovo orizzonte.
La «fondazione originaria» e la sua sedimentazione passiva modificano dunque l'orizzonte preesistente in un nuovo orizzonte, entro il quale non è più necessario, anche se è sempre possibile, richiamare e riprodurre l'attività originaria della Urstiftung.
Ne La crisi delle scienze europee - opera in cui la diagnosi delle patologie del presente e l'anamnesi storico-filosofica della situazione attuale del sapere costituiscono al tempo stesso un'introduzione alla fenomenologia trascendentale - Husserl considera il moderno sistema delle scienze come il frutto di una serie di «fondazioni originarie», tra le quali fu decisiva quella rappresentata dalla matematizzazione della fisica iniziata da Galilei.
Secondo Husserl, con questa Urstiftung fu in un certo senso ripreso l'antico ideale greco di una scienza razionale dell'essere nella sua totalità, ma al tempo stesso tale ideale subì una realizzazione unilaterale, perché prigioniera dell'oggettivismo e del naturalismo affermatisi con la matematizzazione delle scienze fisico-naturali.
Non solo, ma entrando in conflitto con l'opposta tendenza del soggettivismo e del relativismo, tale unilateralità ha prodotto una logomachia infinita che ha precipitato la filosofia come scienza in una profonda crisi.
In effetti, come in ogni «fondazione originaria» l'orizzonte oggettuale ovvio e familiare pre-dato viene superato e trasceso, analogamente nella «fondazione originaria» della scienza moderna le oggettivazioni e le idealità prodotte dal sapere scientifico si costituiscono superando l'orizzonte soggettivo dell'esperienza comune precedente. In quanto poi la scienza moderna investe l'intera sfera dell'essere, essa produce l'idea di un mondo in sé, che in quanto mondo delle forme oggettive si contrappone come mondo vero al mondo delle forme meramente soggettive dell'esperienza comune. L'ideale dell'oggettività scientifica si contrappone così alla soggettività del mondo dell'esperienza che sta alla base del vivere umano e che è detto mondo della vita (Lebenswelt).
Il mondo della vita - concetto rintracciabile già in Avenarius e in Simmel, ma introdotto nell'uso filosofico da Husserl - è dunque inteso anzitutto come mondo della doxa, come quel mondo ovvio e familiare di forme prospettiche e soggettive, antitetico alle oggettivazioni e alle idealizzazioni del sapere scientifico moderno.
Il fatto è che queste ultime, con il mondo in sé che producono, vengono «abitualizzate», facendo dimenticare ciò da cui esse muovono e in cui sta il loro fondamento di senso, ossia il mondo della vita con le sue forme soggettive e prospettiche.
L'ideale dell'oggettività scientifica - non più visto nell'originaria contrapposizione e connessione al mondo della vita - diventa qualcosa di ovvio in quello che Husserl chiama l'atteggiamento dell'oggettivismo. Tale atteggiamento produce una cesura tra il mondo oggettivo e in sé della scienza e l'orizzonte della vita soggettiva e prospettica dell'esperienza comune. In questa separazione la scienza perde il suo significato per la vita (Lebensbedeutsamkeit) e in ciò consiste quella che Husserl diagnostica come «crisi delle scienze europee».
Queste ultime hanno pagato i loro travolgenti successi con la loro esclusione dall'ambito della questione fondamentale del senso della vita umana.
Con la crisi di senso che così si apre, vengono al tempo stesso poste le condizioni preliminari per la riscoperta del mondo della vita come luogo originario del costituirsi di ogni oggettività, vale a dire come orizzonte universale nel quale ogni costituzione e ogni oggettivazione è riferita a un soggetto costituente.
La tematizzazione di questo riferimento essenziale al mondo della vita quale orizzonte universale - tematizzazione nella quale anche l'oggettivismo e l'idea dell'universalità scientifica appaiono come un punto di vista soggettivo (riconducibile a una Urstiftung) - è la via che per Husserl può condurre fuori dalla crisi di senso della modernità e consentire una conoscenza dell'essere nella sua totalità veramente libera da pregiudizi.
In tale senso, l'uscita dalla crisi della moderna razionalità scientifica attraverso la tematizzazione del mondo della vita si configura per Husserl come il recupero della motivazione originaria della filosofia greca.
In altre parole, il superamento delle unilateralità dello sviluppo moderno della ragione scientifica è possibile riattingendo all'ideale di un sapere veramente universale, cioè riconquistando quel «punto di vista» che non è un punto di vista particolare, ma è l'emancipazione da ogni presupposto, pregiudizio e interesse particolare, e sulla base del quale è possibile orientare la vita individuale, sociale e politica dell'uomo secondo il principio dell'autodeterminazione libera e razionale.
Per questo, Husserl considera il filosofo come un «funzionario dell'umanità», sulle cui spalle pesa la responsabilità di guidare quest'ultima, attraverso una rigenerazione dello spirito originario della filosofia occidentale, al di fuori della crisi della vecchia Europa.