Con un certo anticipo rispetto alla pittura, la produzione scultorea permette di comprendere la reale portata delle innovazioni dell’arte in Italia nel corso del XIII secolo.
Le sculture acquistano in questo momento il valore autonomo di opere in sè definite che, anche se inserite in un contesto architettonico, si animano e muovono liberamente, pervase di una nuova forza interiore.
Dopo l’esperienza padana di Benedetto Antelami, la scultura gotica si sviluppa in Italia meridionale, negli ambienti legati a Federico II, e da qui con Nicola Pisano in Toscana.
Nella prolifica bottega del maestro si formano Giovanni Pisano e Tino da Camaino, che partiti da un comune apprendistato, approdano a soluzioni divergenti: l’uno infatti approfondirà i caratteri gotici dell’arte di Nicola, fino a giungere ad un violento espressionismo, l’altro quelli classici, realizzando forme rigorosamente squadrate e solenni.
Tino da Camaino tempera gli eccessi di questi linguaggi, animando di sottili effetti pittorici la salda volumetria delle sculture.
Menzionato nei documenti con l’appellativo di "Nicholas Petri de Apulia" e con quello di "Nicholas de Apulia", lo scultore dovette formarsi in ambiente meridionale, come testimonia anche l’impronta classicheggiante di tutta la sua produzione, che gli studiosi riconducono alla cultura figurativa della corte federiciana.
Con intenti politici, oltre che culturali, Federico II aveva infatti promosso un sistematico recupero della cultura classica, che si tradusse in repliche ed imitazioni di modelli antichi ed in nuove forme scultoree, caratterizzate da un forte vigore plastico.
Partito da queste stesse premesse, Nicola contribuì in maniera decisiva al superamento della tradizione romanica: il suo classicismo non si tradusse mai in mera pratica imitatoria, ma costituì un mezzo attraverso il quale riscoprire la strutturazione narrativa delle scene ed una rappresentazione più naturalistica dello spazio e della figura umana.
Questa ha forme solide e compatte, accompagnate dalle cadenze solenni dei panneggi, emerge con forza dal piano, si fonda e si muove con naturalezza entro lo spazio rappresentato, mostrando spesso una sottile inquietudine spirituale, che conferisce ai personaggi un carattere spiccatamente gotico.
Tra le sue opere vanno ricordati il Pulpito del battistero di Pisa e in collaborazione col figlio Giovanni quello del duomo di Siena e la Fontana maggiore di Perugia.
La vita di Nicola Pisano
Artefice del rinnovamento dell'arte italiana che prende avvio nella seconda metà del XIII secolo, Nicola Pisano seppe coniugare forme finalmente libere dalla tradizione romanica e bizantina con le nuove istanze espressive che emergono nel corso del Duecento.
Nato probabilmente in Puglia tra il 1215 il 1220, la sua formazione avvenne in Italia meridionale, come si intuisce, oltre che dal suo stile classicheggiante, anche dalla iscrizione apposta sul pulpito del battistero di Pisa nel quale l'artista si firma Nicola de Apulia.
Nella terra di origine Nicola crebbe nel clima di restaurazione classica promossa dall'imperatore Federico II, imparando a guardare proficuamente alle testimonianze della scultura antica. Giunto in Toscana verso la metà del secolo, la prima opera dell'artista è da riconoscere nelle teste bronzee che decorano la Fontana dei canali a Piombino, datata 1247.
Fra il 1250 e il 1260 l'artista fu probabilmente attivo a Lucca, dove eseguì la decorazione scultorea del portale della chiesa di San Martino, mentre fra il 1259 e il 1264 fu probabilmente impegnato nel cantiere del duomo di Siena dove scolpì le teste marmoree che costituiscono le mensole della cupola. La prima opera firmata e datata di Nicola Pisano è il pulpito eretto nel 1260 nel battistero di Pisa, il cui complesso programma iconografico seguiva probabilmente i precetti dell'arcivescovo Giovanni Visconti.
Allo scultore venne probabilmente affidata anche la decorazione esterna dell'edificio per il quale Nicola eseguì gli archi che del secondo ordine e i busti di profeti e santi che si conservano oggi nel Museo dell'Opera di Pisa. Aiutato dalla bottega nella quale si muovevano artisti del calibro del figlio Giovanni e di Arnolfo di Cambio, Nicola soddisfa nel corso degli anni Sessanta numerose commissioni che lo porta in giro per l'Italia centrale.
Fra il 1265 e il 1267 l'artista è a Bologna dove progetta e comincia a scolpire l'Arca di San Domenico, terminata nelle forme attuali solo alla fine del Quattrocento. Dal 1266 al 1268 è impegnato nell'esecuzione del pulpito per il duomo di Siena mentre all'inizio degli anni Settanta si sposta con la bottega a Pistoia dove, nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, rimane di sua mano un'acquasantiera.
L'ultima opera di Nicola, condotta in collaborazione con l'architetto umbro Fra' Bevignate ed il figlio Giovanni al quale spettano gran parte dei rilievi, fu la Fontana maggiore di Perugia, monumento della società comunale dove accanto a temi mitologici si alternano soggetti allegorici e civici tendenti a celebrare la grandezza della città. Incerta la data della sua morte che si crede avvenuta tra il 1278 e il 1284.
Giovanni Pisano trasformò potentemente le forme equilibrate e solenni del padre, nella cui bottega aveva lavorato per vari anni, elaborando uno stile personale e sintetico, di forte impatto emotivo.
Nei rilievi le sue composizioni si affollano di corpi, che si muovono in maniera concitata secondo direttrici oblique ed incrociate, tingendosi di violenti contrasti luminosi.
Le figure emergono con forza dal piano di fondo, articolandosi liberamente nello spazio e contravvenendo alla struttura architettonica che le ospita, spesso sopraffatta dall’esuberanza scomposta dei rilievi.
La caratterizzazione aspra dei volti e dei gesti, che esprimono disperazione e paura, rabbia e sofferenza, anima le sculture di una vita intima, capace di colpire e coinvolgere emotivamente l’osservatore.
Nonostante il carattere rivoluzionario di queste soluzioni, la produzione scultorea di Giovanni Pisano rivela interessanti analogie con la scultura gotica francese, tanto che alcuni hanno ipotizzato un suo soggiorno oltralpe, presso il cantiere di Notre-Dame a Parigi o quello di qualche altra cattedrale.
Altri ritengono più probabile che tale influsso sia stato mediato da sculture di piccolo formato e miniature realizzate in Francia, che fin dagli ultimi decenni del Duecento circolavano nel nostro paese.
Lo scultore recuperò infatti i temi e gli eleganti schemi formali di questa produzione, conferendo loro una nuova e potente vitalità espressiva, che ne fece uno dei momenti più alti del gotico europeo.
Oltre alle opere realizzate in collaborazione col padre vanno ricordati il pulpito del Duomo di Pisa e quello della chiesa di S. Andrea a Pistoia.
Lavorò inoltre come capomastro alla cattedrale di Siena, per la quale realizzò le statue della facciata, e a quella di Pisa.
La vita di Giovanni Pisano
Figlio dello scultore Nicola Pisano, Giovanni nacque a Pisa nel 1348 ca.; fu avviato all'arte della scultura nella bottega del padre; sulla base dei pagamenti effettuati, il giovane artista dovette essere il più importante collaboratore di Nicola nell'esecuzione del pulpito del duomo di Siena, eseguito fra il 1266 e il 1268.
La collaborazione fra i due artisti è testimoniata anche dall'iscrizione apposta nei rilievi che decorano la Fontana Maggiore di Perugia, eseguita nel 1277-1278.
A Giovanni sono solitamente riferite le statue di coronamento delle vasche e il gruppo delle Ninfe eretto al centro. L'artista intervenne anche nella decorazione esterna del battistero di Pisa, eseguendo le cuspidi che inquadrano le finestre del terzo ordine e i busti della Madonna, di Mosè e del Battista, oggi conservati nel Museo dell'Opera del Duomo.
Alla morte di Nicola, Giovanni divenne il titolare della importante bottega paterna, rilevandone le più prestigiose commissioni.
Dal 1285 al 1296 l'artista fu impegnato a Siena come capomastro della cattedrale. Al maestro spetta l'allungamento della navata della chiesa e il progetto per la decorazione della facciata, realizzata tuttavia solo nella parte inferiore, fino all'altezza dei portali.
Per la facciata Giovanni scolpì le grandi statue di Profeti e delle Sibille che oggi si conservano nel locale Museo dell'Opera del Duomo. Dissapori con l'Opera del Duomo spinsero l'artista ad abbandonare il cantiere senese e a rientrare nel 1297 a Pisa, dove divenne capomastro della Primaziale.
Contemporaneamente, nel 1301, Giovanni scolpì il pulpito della chiesa di Sant'Andrea a Pistoia, rielaborando il prototipo ideato da Nicola Pisano per il battistero di Pisa e per la cattedrale di Siena. Segna una ulteriore evoluzione stilistica il pergamo scolpito per il duomo di Pisa fra il 1301 e il 1310, nel quale la forma esagonale lascia il posto alla sagoma circolare.
Il maestro, che svolse anche la professione di orafo secondo quanto riportato dallo stesso Giovanni nell'iscrizione apposta sul pulpito di Pisa, terminò probabilmente l'attività entro il secondo decennio del XIV secolo. L'ultima opera eseguita fu probabilmente il sepolcro di Margherita di Lussemburgo, moglie dell'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, morta nel 1311.
La tomba, eretta nella chiesa di San Francesco di Castelletto a Genova verso il 1313, è stata smontata ed è andata in parte perduta. Importanti frammenti si conservano oggi nel Museo di Sant'Agostino. Giovanni Pisano morì a Siena sicuramente dopo il 1314.
La documentazione ricorda per la prima volta il nome di Arnolfo di Cambio fra quello dei collaboratori di Nicola Pisano al pulpito del duomo di Siena.
Qui ricopriva già una posizione di un certo prestigio, tanto che il commissario dell’opera si impose per ottenere, dopo un suo momentaneo allontanamento, la diretta partecipazione dello scultore ai lavori.
Dal maestro derivò probabilmente la propensione per solide volumetrie, per un "naturalismo" gotico, per la rievocazione di forme antiche, giungendo però ben presto a soluzioni originali, di moderno classicismo.
Arnolfo mostra infatti atteggiamenti di grande apertura nei confronti della cultura del suo tempo, tanto da trovare ispirazioni nelle manifestazioni artistiche più varie, che vanno dall’arte etrusca a quella romanica, dalla romana alla gotica.
Il contatto diretto con la statuaria classica e tardoantica, maturato durante il soggiorno romano al servizio di Carlo d’Angiò, rafforzò potentemente la lezione ricevuta durante l’apprendistato giovanile, conducendolo fino ad una rigorosa definizione geometrica delle forme.
Queste vengono combinate a sfondi intarsiati e coloratissimi, conosciuti nelle opere dei marmorari romani, che le rivestono di un astratto splendore e di preziosi effetti cromatici.
All’eleganza delle forme scultoree arnolfiane contribuisce poi l’influenza della contemporanea cultura gotica, che anima in maniera appena percettibile la compatta volumetria delle forme, percorse da fremiti vitali e ritmi sinuosi.
Inizia come collaboratore di Nicola Pisano, ma in seguito aprì una bottega a Roma dove si trovano le sue opere più importanti: i cibori di San Paolo fuori le mura e di Santa Cecilia, la tomba del cardinale Annibaldi in San Giovanni in Laterano e la statua bronzea di san Pietro nella basilica vaticana.
Tra il 1296 e il 1302 iniziò la costruzione e la decorazione della basilica di Santa Maria del Fiore a Firenze.
La vita di Arnolfo di Cambio
Nativo di Colle Val d'Elsa (1245 ca.), Arnolfo di Cambio è documentato fra il 1265 e il 1267 nella bottega di Nicola Pisano, con la quale probabilmente partecipò all'esecuzione dell'Arca di san Domenico nella omonima chiesa di Bologna.
Le aperture verso il gotico transalpino che caratterizzano soprattutto le invenzioni architettoniche di Arnolfo hanno tuttavia indotto ad ipotizzare anche una possibile formazione nel cantiere cistercense della chiesa di San Galgano, in provincia di Siena.
Alla fine degli anni Settanta il pittore si trasferì in Umbria dove nel 1281 eseguì la Fontana minore di Perugia, oggi smembrata. Di questo lavoro si conservano nella Galleria Nazionale alcuni frammenti che rappresentano figure di Paralitici, noti convenzionalmente con il nome di "Assetati".
È probabile che Arnolfo sia giunto a Perugia con la bottega di Nicola e Giovanni Pisano, ai quali nel 1278 era stata commissionata l'esecuzione della Fontana Maggiore. Ad Orvieto, nella chiesa di san Domenico, Arnolfo eseguì la tomba del Cardinale De Braye, morto nel 1282.
Le singole parti del monumento, composto originariamente da una struttura architettonica e da alcune sculture, furono probabilmente inviate da Roma dove l'artista si era recato all'inizio degli anni Ottanta chiamato dal re Carlo d'Angiò.
Per quest'ultimo Arnolfo eseguì un grande ritratto marmoreo, parte di un monumento celebrativo oggi perduto. Contemporaneamente lo scultore ricevette importanti commissioni anche dalla chiesa romana; per Bonifacio VIII, papa fra il 1294 e il 1303, eseguì il monumento sepolcrale, conservato ancora in parte nelle grotte vaticane. Rispettivamente nelle chiese di San Paolo fuori le Mura e in San Cecilia in Trastevere realizzò due cibori, il secondo dei quali firmato e datato 1293.
La feconda attività romana è testimoniata anche dai frammenti del monumento Annibaldi nella chiesa di San Giovanni in Laterano e dal presepe per la Chiesa di Santa Maria Maggiore, probabilmente commissionato dal papa francescano Niccolò IV.
Alla fine degli anni Novanta Arnolfo rientrò a Firenze dove gli venne affidato il progetto per la cattedrale di Santa Maria del Fiore, fondata nel 1296. L'artista eseguì anche alcuni gruppi scultorei per la decorazione della facciata, conservati nel locale Museo dell'Opera del Duomo.
All'artista, scomparso a Firenze fra il 1302 e il 1310, sono tradizionalmente attribuiti anche i progetti architettonici della chiesa di Santa Croce e del Palazzo dei Priori, meglio noto come Palazzo Vecchio.