Dopo la morte di Luigi XV, sopraggiunta il 10 maggio 1774 dopo che il re aveva contratto il vaiolo, il nuovo sovrano Luigi XVI mutò l’intera composizione del governo. A guidare il nuovo gruppo di ministri venne chiamato il conte di Maurepas, un uomo ultrasettantenne che si era già impegnato in politica in passato e che nel 1749 era stato allontanato da Luigi XV per avere composto irriverenti epigrammi su Madame de Pompadour. A Terray, nominato controllore generale nel 1769, subentrò Jacques-Robert Turgot (1721-1781), che aveva ricoperto la carica di intendente del Limosino. Sensibile alle idee illuministiche, amministratore attento e acuto, egli iniziò subito a lavorare a progetti che riducessero le spese della Corte, introducendo ordine ed efficienza nell’amministrazione finanziaria.
Interessato allo sviluppo economico del paese, ripristinò la legge della libera circolazione del grano all’interno del regno, soppressa dal suo predecessore, che causò profondi malcontenti. Incurante degli oppositori, progettò ambiziose riforme, quali l’abrogazione delle leggi contro le minoranze religiose, l’assoggettazione dei beni ecclesiastici alle imposte e la laicizzazione dell’insegnamento scolastico.
Il 9 febbraio 1776, presentò al Parlamento sei editti, tra i quali vi erano le proposte di tassare tutti i proprietari terrieri e di abolire le corporazioni. Il dissenso fu totale: da una parte il clero e la nobiltà minacciati nelle loro immunità, dall’altra i cortigiani puniti per le loro eccessive spese. Anche il re, istigato dalle forze conservatrici, ben presto revocò il proprio sostegno al primo ministro, che fu licenziato il 12 maggio 1776. Soltanto pochi mesi occorsero al suo successore, Bernard de Clugny, per smantellare l’intera opera riformatrice di Turgot