I Fiamminghi
La lezione dei fiamminghi
I grandi pittori fiamminghi, con la loro luce, la profondità silenziosa dei loro interni e dei loro paesaggi vibranti, sono stati molto importanti per il Rinascimento italiano, a partire da Domenico Veneziano per arrivare sino al Perugino. Jan van Eyck, nato prima del 1395, presumibilmente a Maastricht, è considerato, un pioniere della tecnica della pittura a olio, ma soprattutto l’iniziatore della nuova pittura fiamminga, improntata a naturalismo ed eleganza della composizione nel superamento della tradizione gotica. È al servizio di Giovanni di Baviera all’Aja (1422) e quindi, sino alla morte, di Filippo III il Buono, duca di Borgogna (1425). A Tournai, nel 1427-28, è in contatto con Robert Campin (1378 ca.-1444), dal quale deriva il piglio realistico, il simbolismo occulto e forse anche la tecnica a olio, e con Rogier van der Weyden. Dal 1431 il pittore risiede a Bruges con la moglie e i figli; alla sua morte, avvenuta prima del 9 luglio 1441, è sepolto nella chiesa di Saint-Donatien. Il suo dipinto più celebre è forse l’Adorazione dell’agnello mistico (1432) di Saint-Bavon a Gand, che un’iscrizione — trascritta peraltro nel Cinquecento — attribuisce invece a Hubert van Eyck, suo fratello, assegnando a Jan un ruolo di secondo piano. Ma l’esame stilistico del polittico, specie di alcune parti, evoca la mano del più celebre fra i due, facendo nascere qualche sospetto sulla veridicità dell’iscrizione. Fra le altre opere di Jan che segnano un’evoluzione verso uno stile sempre più raffinato citiamo I coniugi Arnolfini (1434), la Madonna del canonico van der Paele (1434-36), il Trittico di Dresda e la Santa Barbara (1437), la Vergine della Fontana (1439). Il realismo e la luce naturale che tutto permea si riflettono sull’opera di van der Weyden e van der Goes.
Profonda e ampia è l’influenza sui contemporanei, nordici e italiani, di Rogier van der Weyden, nato a Tournai attorno al 1400. Si tratta con tutta evidenza di quel Rogier de la Pasture, allievo di Robert Campin, che muta il proprio nome in van der Weyden allorché si trasferisce in terra fiamminga. Rogier mutua da Campin il realismo emotivo che connota le sue prime opere; sicura anche l’influenza dell’elegante naturalismo di Jan van Eyck, conosciuto a Tournai nel 1427 e frequentato a Bruges fra il 1432 e il 1435. Dal 1435 Rogier vive a Bruxelles, diventando il pittore ufficiale della città e abitandovi sino alla morte, avvenuta il 18 giugno del 1464. Nel 1450 è a Roma per il giubileo, accolto con grande entusiasmo dal cardinale Nicola di Cues. In Italia, ammirato per la maestria nel padroneggiare la luce, riceve commesse dagli Estensi, dai Medici e da Milano: al suo soggiorno italiano si attribuisce tradizionalmente la diffusione in Italia della tecnica della pittura a olio, in realtà già nota.
Fra le sue opere ricordiamo la celeberrima Deposizione del Prado (1435), di grande impatto emotivo per la forza ineluttabile che attrae le figure verso il basso, i monumentali trittici detti "di Granada" e "di Miraflores" (1435-40), lo stupendo polittico del Giudizio universale di Beaune (1440), dall’atmosfera tipicamente medievale, severa e come sospesa. Al periodo italiano appartengono il ritratto di Francesco d’Este, la Sepoltura del Cristo degli Uffizi e la Sacra Conversazione. Gli influssi del soggiorno italiano, tradottisi in una più accurata scansione spaziale, sono avvertibili nel Trittico di San Giovanni e nel Polittico dei Sette Sacramenti (1451-55) di Anversa. Evidente il suo influsso sull’arte di Petrus Christus, Dirck Bouts, Hugo van der Goes e Hans Memling.
Un altro artista fiammingo esercita un’influenza notevole sulla pittura fiorentina e italiana, in particolare sul Ghirlandaio; si tratta di Hugo van der Goes, nato a Gand (ma anche Anversa, Bruges e Leida ne reclamano i natali) fra il 1435 e il 1440. Scarse le notizie sulla sua formazione. Nel 1467 è membro della corporazione dei pittori di Gand e riceve commesse pubbliche, fra le quali decorazioni e ornamenti per le nozze di Carlo il Temerario a Bruges (1468). Nel 1474 è decano della corporazione, ma nel 1477 una crisi mistica e depressiva lo spinge ad abbandonare gli incarichi ufficiali e ritirarsi come fratello laico nel Roode Kloster, un convento agostiniano di Audergem, senza peraltro smettere di dipingere e di viaggiare sino alla morte, sopravvenuta nel 1482. La sua influenza sugli ambienti fiorentini e italiani è dovuta al notissimo Trittico Portinari (1474-76) degli Uffizi, commissionatogli dall’agente dei Medici a Bruges, Tommaso Portinari, che raffigura il Presepe con l’adorazione dei pastori e sulle ante pieghevoli la famiglia del committente. Il dipinto, uno dei più luminosi esempi del realismo nordico, attento alla resa particolari, rivela un’inconsueta capacità di penetrazione psicologica e resa emotiva. Fra le sue altre opere si ricordano il Dittico di Vienna (1467-69 ca.), che rimanda a van Eyck, l’Adorazione dei Magi, l’inquietante Adorazione dei pastori (detta anche Natività), e la dolorosa Morte della Vergine, dipinta poco prima della morte, in cui la scansione dello spazio si fa totalmente irrazionale.
L'Adorazione e l'Annunciazione nel trittico di Hugo van der Goes
Nel 1475 Hugo van der Goes riceve dal fiorentino Tommaso Portinari, agente dei Medici a Bruges, l’incarico di realizzare un trittico per la chiesa di Sant’Eligio a Firenze. Il Trittico Portinari è l’unica opera documentata del pittore e anche la più impegnativa per le grandi dimensioni, insolite nella pittura fiamminga e forse da attribuire alle richieste del committente. La tavola centrale rappresenta l’Adorazione dei pastori mentre nei due pannelli laterali sono raffigurati i coniugi Portinari accanto ai loro figli, in devoto atteggiamento, e sono presentati da due coppie di santi. Gli sportelli laterali sono dipinti anche sul retro, con il tema dell’Annunciazione realizzato a monocromo. Il dipinto suscita fin da subito grande stupore e ammirazione nella città di Firenze, inaugurando un nuovo scambio di influenze artistiche e culturali, testimoniate dalla ripresa, più ingentilita ma fedele, del gruppo dei pastori che il Ghirlandaio attua nella Natività della cappella Sassetti. Forte è la contrapposizione tra il gruppo dei pastori, presentati con brutale realismo nelle vesti lacere, nelle mani ruvide e nodose e nei volti quasi ripugnanti, e le altre immagini del dipinto, assai nobili e riccamente dipinte. Gli angeli e la Madonna si dispongono intorno al Bambino formando un circolo quasi perfetto sul piano fortemente inclinato, creato per accentuare il senso di una spazialità ampia e profonda. In tutte le figure il van der Goes ha saputo infondere un’energia plastica davvero eccezionale, accordando l’evidenza del particolare con l’effetto monumentale d’insieme. Spicca in primo piano il delicato vaso di fiori composti in un vaso di maiolica decorata: un brano di natura morta ante litteram, molto significativo per comprendere gli interessi dell’arte fiamminga che pongono sullo stesso piano il tema religioso e quello della rappresentazione della realtà quotidiana.