Guerre dinastie e riforme nel Settecento

Le premesse

L'Europa della prima metà del secolo XVIII fu investita da tre importanti vicende che segnarono profondamente l'equilibrio tra le grandi potenze presenti sul continente. L'esito di queste vicende produsse notevoli sconvolgimenti nei rapporti di forza tra le nazioni, tali da ridisegnare completamente l'equilibrio politico-militare nato in Europa con la Pace di Cateau Cambrésis, faticosamente sottoscritta nell'anno 1559 a conclusione dei conflitti tra la Francia e l'Impero.

Le vicende cui ci si riferisce, sono legate tutte alle successioni di tre fra i più importanti troni d'Europa. Nell'anno 1700, infatti, moriva, senza figli, Carlo II d'Asburgo, Re di Spagna. Successivamente, nell'anno 1733, moriva Federico Augusto I di Sassonia, Re eletto di Polonia con il nome di Augusto II. Infine, nel 1740 moriva, senza lasciare discendenti maschi, Carlo VI d'Asburgo, Arciduca d'Austria e Imperatore del Sacro Romano Impero.

Per poter assicurare la successione in questi tre Regni furono combattute altrettante guerre, lunghe e sanguinose. Esse si chiusero tutte con un ridisegno delle zone d'influenza delle potenze impegnate nei conflitti, fino alla conclusione della guerra di successione austriaca che ebbe a determinare, nell'anno 1748, lo spostamento definitivo del predominio in Europa verso l'Inghilterra e il contemporaneo ridimensionamento della potenza asburgica.

La guerra di successione spagnola

All’inizio del XVIII sec., la Spagna era ormai un paese che il letterato Cadalso definiva "lo scheletro d’un gigante". Mentre il settore commerciale marittimo era dominato dall’Olanda, che, con l’Inghilterra e la Francia, era ormai lanciata nell’era industriale, la Spagna si trovava immersa in una profonda crisi politica ed economica. Il 1° novembre 1700, morì il re Carlo II ed il trono fu conteso dalle due sorelle, sposate con uomini appartenenti alle più potenti casate principesche d’Europa: i Borbone di Francia e gli Asburgo d’Austria. Nel suo testamento Carlo II aveva designato quale erede Filippo di Borbone-Angiò, nipote del re di Francia, Luigi XIV, che subito giunse a Madrid, dove trovò però l’ostilità dell’arciduca Carlo d’Asburgo, designato dall’Inghilterra, dall’Olanda e dall’Austria, preoccupate dell’eccessivo potere che avrebbero assunto i Borbone di Francia. Iniziò così la guerra di successione spagnola, alla quale parteciparono anche la Prussia ed il Portogallo, schierati al fianco delle tre potenze. Con la Spagna si allinearono invece soltanto la Francia e la Baviera dei principi di Wittelsbach. Il duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, schieratosi inizialmente con la Francia, aderì nel 1703 alla lega antifrancese. Finalmente, nel gennaio 1712 iniziarono ad Utrecht le trattative di pace, firmate nell’aprile dell’anno successivo e confermate dal trattato di Rastadt tra la Francia e l’Impero nel marzo 1714. La corona di Spagna fu assegnata a Filippo V di Borbone-Angiò. Al Sacro Romano Imperatore Carlo VI furono asssegnati i Paesi Bassi Spagnoli, il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna, e il resto del Ducato di Milano. Inoltre, la Spagna cedette Gibilterra e Minorca alla Gran Bretagna e accettò di cedere ai britannici l'Asiento – un prezioso contratto esclusivo per la tratta degli schiavi. I Savoia si videro restituito il contado di Nizza, ricevettero la Sicilia (e con essa il titolo di Re per Vittorio Amedeo II di Savoia ed i suoi successori), il Monferrato, tutta l'alta valle di Susa, Pinerolo e parti del territorio milanese.

Uno strascico di questa prima guerra di successione fu la Guerra della Quadruplice alleanza, iniziata di fatto nell'estate del 1717 quando un contingente di 8.000 soldati spagnoli sbarcò in Sardegna, allora parte dell'impero asburgico. Il conflitto aveva visto fronteggiarsi le quattro potenze europee, Gran Bretagna, Francia, Austria e Paesi Bassi, contro la Spagna di Filippo V e del cardinale Alberoni. Il trattato di pace fu siglato a L'Aia il 20 febbraio 1720. La Spagna perse i suoi territori in Sardegna, nella penisola italiana e nei Paesi Bassi; il Regno di Sicilia fu assegnato all'Austria, anziché rimanere a Vittorio Amedeo II di Savoia, al quale fu assegnato in cambio il Regno di Sardegna.

Il paese ereditato da Filippo V aveva un’amministrazione e un esercito in grave difficoltà, anche se l’azione di alcuni ministri competenti poté rendere possibile, nel corso del secolo, un’opera di risanamento, dando impulso ad una ripresa economica del paese, sia pur modesta. Alla morte di Filippo V nel 1724, salì al trono Luigi I per soli sette mesi, al quale succedettero Fernando VI (1746-1759) e Carlo III.

La guerra di successione polacca

Ai progressi della Prussia e all’accrescimento della sua potenza, corrispose la decadenza della Polonia, che per secoli era stata il più forte stato dell’Europa orientale.

Perduta l’Ucraina orientale e le zone di Kiev e di Smolensk nella guerra contro la Russia, conclusa nel 1667 con la pace di Andrusovo, minacciata a nord dagli svedesi e a sud dai turchi, colpita da carestie e oscurata dalla crescente potenza della corona asburgica, la Polonia si avviava così verso un inesorabile declino. Guidata da una monarchia debole, di tipo elettivo e vincolata da una Dieta nobiliare, che poteva approvare i provvedimenti governativi, soltanto se tutti i membri erano d’accordo, e caratterizzata ancora da un’economia agraria di tipo feudale, la Polonia non poteva sfuggire alle pressioni delle potenze vicine, sempre più interessate al suo territorio.

Alla morte del re Augusto II, nel 1733 scoppiò una guerra di successione, che coinvolse la Russia e l’impero germanico, a favore del figlio Augusto III, e la Francia, la quale, assieme ai principi cattolici polacchi, sosteneva il suocero di Luigi XV, Stanislao Leszczynski.

La facile vittoria delle truppe russe sull’armata franco-polacca portò, nel 1735, alla firma del Trattato di Vienna, definitivamente sottoscritta nel 1738, con cui il Leszczynski rinunciava al trono della Polonia, in cambio del Ducato di Lorena, il quale, alla sua morte, sarebbe stato riunito alla Corona di Francia.

Il duca di Lorena, Francesco Stefano, ottenne il diritto di successione al Granducato di Toscana dopo la morte di Gian Gastone de’ Medici. La figlia di Augusto III, Maria Giuseppina, andò in sposa al Delfino di Francia, Luigi, e dalle nozze nacque il futuro re francese Luigi XVI.Ormai ai margini dei giochi di potere che si svolgevano in Europa, la Polonia fu affidata nel 1764 alla guida di Stanislao Augusto Poniatovski, amante di Caterina II di Russia, il quale però non corrispose alle aspettative della zarina, promuovendo un programma di riforme di tipo illuminista, volto alla modernizzazione politica e economica dello stato. L’ambizioso programma di rinnovamento svolto durante il lungo regno di Stanislao (1764-1795) suscitò non soltanto le opposizioni dei ceti nobiliari, che non intendevano rinunciare agli antichi privilegi, ma anche l’ostilità degli stati confinanti, preoccupati dal rinascere di una forte identità nazionale polacca.L'impero d'Austria

Il programma assolutistico degli Asburgo, avviato nel corso del Seicento e basato sull’imposizione dell’uniformità religiosa, sul rafforzamento della burocrazia statale e sulla creazione di un esercito permanente, proseguì nel Settecento, il secolo in cui si ridefinirono gli equilibri internazionali. Coinvolta in tutti i maggiori conflitti che sconvolsero l’Europa del tempo, l’Austria riuscì a mantenere l’integrità del suo vasto impero, minacciato dalle mire espansionistiche degli stati confinanti. I pericoli si accrebbero nel 1740, quando, alla morte dell’imperatore Carlo VI, salì sul trono sua figlia Maria Teresa, in virtù della Prammatica Sanzione con cui era stata abolita la legge che riservava la successione ai soli figli maschi dei sovrani. Maria Teresa nacque a Vienna il 16 maggio 1717. Dotata di una straordinaria bellezza, ella poté sposarsi per amore nel 1736 con Francesco Stefano di Lorena, colui che l’anno successivo divenne granduca di Toscana. Suo padre, l’imperatore, lottò tenacemente per ventisette anni al fine di far riconoscere all’Europa i diritti ereditari della figlia che, alla sua morte avvenuta nel 1740, gli succedette sul trono in virtù della Prammatica Sanzione. Contestata nei suoi diritti da Prussia, Francia, Spagna, Baviera e Sassonia, che accesero la cosiddetta guerra di successione austriaca (1741-48), Maria Teresa vide finalmente riconosciuto il suo titolo con la pace di Aquisgrana, anche se dovette cedere la Slesia a Federico II di Prussia e rinunciare ai territori italiani di Parma e Piacenza a favore della Spagna. Nel tentativo di riaffermare il predominio asburgico sulla Germania, ella portò il suo paese a combattere contro la Prussia nella Guerra dei Sette anni, schierandosi al fianco della Francia di Luigi XV e della Russia della zarina Elisabetta, ma la Slesia rimase prussiana. Le riforme apportate all’impero furono possibili grazie ad un gruppo di stretti collaboratori e consiglieri che accompagnarono il suo lungo e operoso regno. Il responsabile della politica estera, il conte Wenzel Anton Kaunitz (1711-1794), creò il ministero più efficiente d’Europa e favorì la circolazione delle idee progressiste provenienti dalla Francia e dall’Inghilterra. Autore della grande riforma finanziaria dello stato fu invece Friedrich Wilheim Haugwitz (1700-1765), sotto il governo del quale fu introdotta per la prima volta la cartamoneta. Rimasta vedova nel 1765, ella associò al trono il figlio Giuseppe II, la cui politica estera non sempre incontrò la sua approvazione. Maria Teresa morì a Vienna nel 1780.

Giuseppe II, il discusso imperatore

Giuseppe d’Asburgo Lorena, figlio di Maria Teresa d’Austria, nacque a Vienna nel 1741. Destinato per primogenitura al trono imperiale degli Asburgo, egli aveva sposato la nipote del re di Francia, la bellissima principessa Isabella di Parma, una ragazza cupa e malinconica, che presagì la morte dei suoi due figli e la sua stessa precoce fine. Colpita da vaiolo, ella morì infatti nel 1763, lasciando affranto il giovane marito, sconvolto anche dalla relazione che ella avrebbe avuto con la cognata Maria Cristina. Deciso a non sposarsi più, dovette però soccombere ai doveri di stato, contraendo un nuovo, infelice matrimonio imposto dalla madre con Giuseppina di Baviera. Le nozze furono soltanto un’apparenza, con la sposa sempre lontana dalla corte viennese, che morirà anch’ella di vaiolo due anni più tardi. Nominato correggente da Maria Teresa fino dal 1765, egli ebbe idee più innovatrici della madre, ma minor buonsenso. Nel 1780 Giuseppe divenne finalmente imperatore, con il nome di Giuseppe II. Affetto da tubercolosi e da sifilide, il nuovo imperatore si gettò nel lavoro con impegno totale, promuovendo riforme come il catasto, senza tuttavia attirarsi mai il benvolere del popolo, soprattutto per la famigerata polizia segreta, guidata dal conte Johann Anton Pergen, alla quale conferì illimitati poteri. Nel tentativo di rafforzare lo stato, impose la lingua tedesca a tutto il suo impero, creò una forte classe burocratica, garantendo il diritto di pensione alla vecchiaia e fissò rigorosi limiti per l’imposizione fiscale. Nel 1781 abolì la servitù della gleba per i contadini e più tardi si accinse a dare vita ad un nuovo codice penale, nel quale erano abrogate le discriminazioni per nascita e per condizione sociale e veniva limitato l’arbitrio dei giudici. Nel campo della politica religiosa, egli seppe imprimere una forte svolta riformistica, designata con il termine di "giuseppinismo". Risale al 1781 la promulgazione dell’editto di tolleranza, che riconosceva libertà religiosa a tutte le confessioni non cattoliche e al 1783 l’introduzione del concetto giuridico di matrimonio civile, grazie al quale non più soltanto la Chiesa ma anche lo stato aveva il privilegio di garantire la legittimità della famiglia. Giuseppe II morì nel 1790 e sul trono imperiale asburgico salì suo fratello Pietro Leopoldo, che per venticinque anni era stato il granduca della Toscana.

Il Primo Reich (1648-1806)

Con la pace siglata a Münster, in Westfalia, nel 1648 si chiudeva la Guerra dei Trent’Anni, che dal 1618 aveva insanguinato le terre tedesche. Per la Francia di Mazarino era stato un grande trionfo: aveva ottenuto il possesso dei vescovadi di Toul, Metz e Verdun, nonché di gran parte dell’Alsazia e si avvicinava pericolosamente al Reno. A seguito del conflitto, la popolazione, di circa venticinque milioni di abitanti, era drasticamente diminuita e la perdita non fu colmata che alla fine del XVIII sec. La Germania era ormai ridotta all’impotenza politica e militare, con un territorio frammentato in oltre trecento piccoli stati, tra principati, vescovadi e Città Libere e lacerati dalle diversità delle confessioni religiose. Ogni staterello godeva del diritto di dichiarare guerra, stipulare pace e alleanze per conto proprio e, anche se sulla carta esistevano ancora un impero e un imperatore, essi erano ormai ridotti a fantasmi del passato. Le istituzioni comunitarie, come la Dieta o Reichstag, con sede permanente a Ratisbona, avevano ormai un’utilità minima.

La corona imperiale, che nel 1556 era passata agli Asburgo, era ancora nelle mani della casata austriaca, ma numerosi principi avevano accresciuto la propria potenza, approfittando della debolezza imperiale. Preoccupati dall’espansione ottomana, gli Asburgo dedicarono ben poche cure alla Germania, dove intanto stava nascendo una nuova potenza egemonica, la Prussia. La divisione politica della nazione significava anche una divisione economica. Barriere doganali continue bloccavano la circolazione delle merci e, conseguentemente, l’industria ed il commercio, mentre i principi locali caricavano sempre più il peso fiscale dei propri sudditi. In questo clima di incertezza politica ed economica, le grandi città anseatiche, che un tempo avevano dominato i commerci sul Baltico e sul Mare del Nord, non riuscivano ad arginare la crescente potenza dell’Olanda. La Lega dell’Hansa, l’associazione mercantile sorta nel medioevo per assicurare il predominio sui mercati, fu sciolta nel 1669. Nonostante la frammentazione politica, la Germania non si trovava in una situazione di arretratezza culturale. A parte alcuni stati che vivevano in una dimensione ancora medioevale, in alcune città si svilupparono importanti industrie e manifatture. Il progresso era però lento. Un primo tentativo di semplificare la suddivisione politica tedesca fu fatto dall’imperatore Giuseppe II (1780-1790), ma solo all’inizio dell’Ottocento si poté procedere ad una sistematica ristrutturazione del complesso assetto territoriale.

La Guerra dei Sette Anni

Scoppiata nel 1756 fra Austria e Prussia per il possesso della Slesia, la guerra dei Sette anni coinvolse quasi tutti gli stati europei e le rispettive colonie d'oltremare. I due schieramenti erano, da un lato, la Prussia, la Gran Bretagna e l'Hannover; dall'altro, l'Austria, la Francia, la Russia, la Spagna, la Sassonia e la Svezia. La volontà austriaca di riprendere possesso della ricca provincia della Slesia, ceduta alla Prussia nel 1748 in base alla pace di Aquisgrana, fu all’origine del conflitto. Allo scoppio nel 1755 della guerra marittima e coloniale tra Francia e Inghilterra in India e nell’America del Nord già si delineavano quelle che sarebbero state le scelte militari delle due nazioni. Più forte in campo navale, l’Inghilterra era assai vulnerabile sulla terraferma e le era pertanto necessario, in previsione di un allargamento dello scontro, allearsi con l’esercito europeo allora più potente, quello di Federico II di Prussia, o almeno far sì che esso non si schierasse con la Francia. L’accordo fu stabilito con la convezione di Westminster del 16 gennaio 1756, alla quale fece eco il trattato di Versailles del 1° maggio che, capovolgendo la tradizionale politica delle alleanze, fu sottoscritto da Maria Teresa, imperatrice d’Austria e da Luigi XV, re di Francia, con l'adesione di Polonia e Svezia.

Il sistema di alleanze creato dall’Austria aveva completamente accerchiato la Prussia, tanto che il re Federico II, conscio della difficile situazione in cui versava il suo stato, decise di colpire il nemico per primo, invadendo la Sassonia nell’agosto del 1756. Il 2 febbraio 1757 la Russia firmava una convenzione con l’Austria, entrando a sua volta in guerra. I prussiani dominarono la prima parte del conflitto, sconfiggendo nel 1757 i francesi a Rossbach e gli austriaci a Leuthen, e l’anno seguente i russi a Zorndorf.

Ma, nonostante il genio militare di Federico, la maggiore disponibilità in uomini e armi della coalizione nemica mutò gli equilibri, così che nel 1759 la Prussia orientale cadde in mani russe e la stessa Berlino venne occupata e saccheggiata. Le sorti della Prussia furono risollevate, più che dall’attivo appoggio dato a Federico da Gran Bretagna e Hannover, dal ritiro improvviso della Russia dal conflitto nel 1762: infatti alla morte della zarina Elisabetta, il successore Pietro III decise di allearsi con Federico II. Lo zar fu però assassinato pochi mesi dopo e la nuova imperatrice, Caterina II, decise il ritiro delle truppe russe dal conflitto. Lo stesso fecero la Francia e la Svezia, stremate dalle spese militari, lasciando in campo soltanto l’Austria, anch’essa alle prese con una pesante crisi finanziaria. Nel 1763 furono siglati i due accordi di pace di Parigi, tra Inghilterra, Spagna e Francia, e di Hubertusburg, tra Austria e Prussia, i quali stabilirono il ritorno alla situazione precedente alla guerra. Fu così chiaro il successo della Prussia, che non solo aveva conservato la propria indipendenza, ma si era pure imposta come una grande potenza europea. Con la pace di Parigi l’Inghilterra guadagnò, a spese della Francia, i possessi del Canada, dei territori ad est del Mississippi, delle Antille e del Senegal; essa ottenne inoltre dalla Spagna la Florida, scambiandola con la Louisiana. Ormai le basi per l’espansione dell’impero coloniale britannico erano assicurate.Armi e soldati

Le guerre divampate in Europa durante il Settecento mobilitarono centinaia di migliaia di uomini, rendendo indispensabile l’organizzazione statale delle forze armate ed il ricorso alle risorse economiche delle nazioni. Per armare gli eserciti, i regnanti si videro spesso costretti ad imporre nuove imposte, le quali, a lungo andare, esasperarono il confronto tra monarchia e sudditi. Il problema maggiore era quello di rendere l’esercito il più efficiente possibile, organizzando le truppe e perfezionando gli armamenti.

Gli eserciti erano vere e proprie imprese militari: i capitani, nominati dal re, erano proprietari del loro battaglione, di cui garantivano il mantenimento ed il reclutamento degli uomini con le finanze loro concesse dai sovrani. Quasi sempre i militari erano volontari, disposti ad arruolarsi per un periodo di tempo definito fin dall’inizio; lo stipendio fisso e la garanzia di un pasto certo costituivano per molti un allettante obiettivo in tempi di carestie e di crisi economiche. Si arruolavano anche uomini stranieri, i quali andavano a formare i battaglioni di carattere etnico, gruppi di soldati che spesso passavano da un esercito all’altro.

Tuttavia, quando i conflitti necessitavano di un maggiore numero di uomini, non vi era alcun scrupolo nel reclutare i soldati con la forza, spesso col sistema del sorteggio. In un’epoca in cui le guerre divampavano con frequenza, soprattutto per motivi legati all’ereditarietà dinastica delle famiglie regnanti e alle aspirazioni economiche e territoriali dei vari stati, i tentativi di sottrarsi al servizio militare erano numerosi.

Chi poteva, pagava i responsabili delle chiamate alle armi perché non sorteggiassero mai il proprio nome o giungeva addirittura ad inviare qualcun altro al proprio posto: il tutto, naturalmente in cambio di denaro. Se ciò era possibile nei ceti abbienti, le fasce più povere della popolazione dovevano rassegnarsi a perdere per lunghi mesi l’apporto di giovani braccia nel lavoro dei campi. La Prussia aveva una forma di coscrizione unica in Europa, il cosiddetto Kantonsystem, istituito nel 1733. Gli uomini, iscritti nei registri di leva sino dai dieci anni di età, al giungere del diciottesimo anno venivano chiamati ad effettuare un servizio che variava dai diciotto mesi ai due anni e, in seguito, essi dovevano prestare ogni anno dai due ai quattro mesi di servizio nell’esercito nazionale. Nel Settecento gli eserciti erano ormai divenuti professionali e l’arte della guerra, con gli studi di tattica e di efficienza tecnica degli armamenti, era equiparata ad ogni altra disciplina artistica. Il sistema "imprenditoriale" della milizia venne abrogato nel corso del secolo e i capitani cessarono di essere i proprietari della propria compagnia, così che gli eserciti assunsero sempre più un ruolo nazionale, legato allo stato e al sovrano.La spartizione della Polonia

Russia e Svezia furono sempre d’accordo nel frenare qualsiasi processo di sviluppo della Polonia, appoggiate, in questo programma repressivo, dall’impero asburgico. Nel 1772 le tre grandi potenze europee - Russia, Austria e Prussia - si accordarono per suddividersi tra loro il territorio polacco, dando inizio alla distruzione della nazione.

La Polonia fu così smembrata, privata di molti territori e soprattutto della propria indipendenza politica. Se nella prima spartizione della Polonia (1772) la Russia ottenne vantaggi modesti, la Prussia si annetté il territorio posto tra la Pomerania e la Prussia orientale e l’Austria un vasto territorio a nord dell’Ungheria. Nella seconda spartizione (1793), favorita dalla Rivoluzione francese che fece venire meno la tradizionale influenza filopolacca della Francia, la Russia si impossessò della parte orientale della Polonia, abitata da bielorussi e ucraini, e la Prussia della città di Danzica. Nella spartizione finale (1795), la Prussia acquisì Varsavia, l’Austria la Galizia con Cracovia e la Russia il restante territorio polacco, compresa la Lituania. Soltanto nel 1919 la Polonia riacquisterà la propria indipendenza.