Due rivoluzioni segnarono la storia inglese del XVII secolo. La prima, all'inizio degli anni '40, che oppose il parlamento d’Inghilterra al re Carlo I Stuart, fu originata da motivi politici ed economici, oltreché religiosi. Lo scoppio della rivoluzione, che vide le forze parlamentari vittoriose, portò alla condanna a morte del re; l’assolutismo monarchico inglese fu allora soppiantato da una monarchia parlamentare. Il tentativo di ripristinare il dispotismo assoluto da parte di Giacomo II condusse, nel 1688, ad un secondo conflitto, che fu denominato la "Gloriosa Rivoluzione". La dinastia degli Stuart fu cacciata e sul trono d’Inghilterra subentrarono i protestanti Orange. La "Dichiarazione dei diritti" fissò definitivamente le prerogative del parlamento e fu il presupposto della nascita della prima monarchia parlamentare della storia. La sovranità della nazione prese il posto del diritto divino dei re senza che si rendessero necessari spargimenti di sangue. Sconvolta nel giro di pochi decenni da due rivoluzioni, l’Inghilterra della fine del '600 era riuscita a raggiungere il ruolo di potenza egemone in Europa, contrastata nella sua grandezza soltanto dalla Francia di Luigi XIV, il Re Sole. Al trionfo dell'assolutismo in Francia (ma anche in altri paesi europei), il modello di monarchia parlamentare inglese contrappose, per la prima volta in Europa, l’importanza del parlamento nelle scelte politiche del Paese, non più delegate alla sola autorità del sovrano. La monarchia inglese assunse così, definitivamente, la fisionomia che avrebbe caratterizzato la sua storia successiva. In questo nuovo assetto governativo, si impose anche il sistema bipartitico, in cui il partito conservatore dei tories e quello liberale dei whigs, espressione di diversi schieramenti non solo politici, ma anche sociale ed economico, si fronteggiavano in civile competizione, alternandosi al potere.
La regina Elisabetta I morì nel 1603 e, non avendo prole, la sua corona passò al figlio della cugina Mary Stuart (Maria Stuarda, da lei fatta decapitare nel 1587), James VI di Scozia e I di Inghilterra (Giacomo I). Venne a saldarsi così, per via dinastica, l’unione personale dei regni di Scozia e di Inghilterra (l’unione effettiva avverrà solo nel 1707), e al trono ascese la dinastia degli Stuart che già durante il regno di Elisabetta aveva avanzato la propria candidatura sostenuta dalle componenti cattoliche. Gli Stuart, pur non dichiarandosi formalmente cattolici, cercarono di favorire al massimo il ritorno del cattolicesimo in Inghilterra, mentre, contemporaneamente, cercavano di attuare un programma di forte accentramento monarchico. Giacomo I esautorò la Camera dei Comuni a vantaggio di esponenti della corte direttamente legati alla sua persona, alienandosi così il favore sia del ceto mercantile e imprenditoriale, sia quello della gentry, cioè la piccola e media nobiltà, che avevano la loro roccaforte in quella rappresentanza parlamentare. Se l'assolutismo monarchico si era già ampiamente manifestato durante il lungo regno di Elisabetta, che aveva governato il paese con il pugno di ferro e con il sussidio di fidati consiglieri personali, adesso l'accentramento del potere assunse l'aspetto sgradevole degli atti formali e soprattutto si tinse di forti venature religiose. Pur favorendo le componenti cattoliche sia sul piano interno che su quello internazionale (la condanna e l'esecuzione del corsaro Sir Walter Raleigh nel 1618 fu certamente una concessione alla Spagna), Giacomo I nell'intento rafforzare ancor di più il potere della monarchia, riaffermò l’autorità della Chiesa anglicana di cui era il capo, provocando un diffuso dissenso religioso: i cattolici, che avevano sperato di trovare in lui - figlio della martire cattolica Maria Stuarda - il campione della propria riscossa, rimasero delusi; dal canto loro i puritani si opposero al rilancio della Chiesa anglicana e subirono persecuzioni religiose che causarono l'emigrazione di molti dissidenti nei Paesi Bassi e addirittura nel nuovo mondo. Il movimento puritano, che ebbe inizio all’epoca di Elisabetta I e guadagnò largo seguito in Inghilterra, si opponeva al sistema episcopale e alla supremazia della monarchia caratteristico della Chiesa anglicana che aveva mantenuto, soprattutto sul piano organizzativo, numerose influenze di tipo cattolico. Si trattò, in sostanza, di una chiesa separata di tipo calvinista e organizzata in forma presbiteriana.
Salito al trono nel 1625, alla morte del padre Giacomo I, Carlo I Stuart (Dunfermline, Scozia 1600 - Londra 1649) si trovò a fronteggiare una difficile situazione politica interna e internazionale. Sul piano interno il nuovo sovrano accentuò le tendenze assolutistiche del padre, astenendosi anch’egli dal convocare il parlamento, aggravando le persecuzioni contro i puritani in Inghilterra e contro i presbiteriani in Scozia. In politica estera la sua condotta fu all'insegna della spregiudicatezza, appoggiando gli ugonotti contro la Francia di Richelieu. Le sconfitte di Cadice e dell’isola di Ré incisero fortemente sull’andamento del conflitto ed esasperarono sempre più i sudditi inglesi oppressi dal fiscalismo già aggravatosi a causa delle guerre. La necessità di reperire stanziamenti di denaro per scopi militari, costrinse nel 1628 il re a convocare il parlamento che rispose con una Petition of Rights (Petizione dei diritti), ovvero con una sorta di carta costituzionale che, a distanza di secoli dalla medievale Magna Charta libertatum (1215), doveva limitare il potere arbitrario del sovrano in materia giudiziaria, fiscale (impedendogli di imporre tasse senza il consenso parlamentare) e nei confronti della libertà personale dei sudditi (proibendo l’alloggiamento arbitrario di truppe nelle case dei privati). Accettate sul momento queste condizioni, l'anno successivo Carlo I sciolse ancora una volta il parlamento ritornando ad un governo personale assoluto che continuò per undici anni grazie all'appoggio del cancelliere Thomas Strafford (1593-1641) e dell'arcivescovo di Canterbury William Laud (1573-1645). Soprattutto quest'ultimo impose una rigida osservanza del culto anglicano a tutto il paese, compresa la presbiteriana Scozia, scatenando così un clima di montante opposizione religiosa. Le simpatie verso il cattolicesimo, che continuavano ad animare il sovrano inglese, sposatosi con Enrichetta Maria, figlia del re di Francia, accrebbero ulteriormente i motivi di insofferenza. Nel 1638 la Scozia, ormai presbiteriana, si ribellò alla corona, sottoscrivendo un patto nazionale (Covenant) di difesa a oltranza del calvinismo ortodosso dalle ingerenze inglesi; i ribelli scozzesi nel 1639-1640 si schierarono contro l’esercito regio e lo sconfissero.
Colto di sorpresa dalla rivolta scozzese, rimasto presto senza risorse finanziarie, Carlo fu costretto a convocare il parlamento perché approvasse nuove tasse; quello che fu poi detto il "Corto parlamento" durò meno di un mese (aprile-maggio 1640) perché invece di concedere finanziamenti, chiese conto al sovrano delle illegalità commesse e venne immediatamente sciolto. Si interruppe a questo punto anche la campagna contro gli scozzesi che ne approfittarono per invadere Newcastle dove rimasero, rifiutandosi di andarsene, finché il re non promise di risarcirli delle spese di guerra. La necessità di ottenere comunque stanziamenti per arginare la rivolta scozzese costrinse nuovamente il re a convocare il parlamento nel novembre del 1640. Questa volta però si trovò davanti un'assemblea più determinata che si proclamò indissolubile e mostrò di essere decisamente influenzata dalla componente puritana. Era il cosiddetto parlamento lungo, destinato a durare fino al 1653, inizialmente sotto la guida del puritano John Pym (1584-1643). L'assemblea si oppose apertamente alla politica del sovrano che non fu più in grado di scioglierlo. Nell’estate del 1641 la sconfitta del progetto assolutistico di Carlo I era evidente, ma nessuno immaginava che si sarebbe giunti a una guerra civile. In quello stesso 1641 scoppiò una violenta insurrezione nella cattolica Irlanda. Carlo I fu sospettato di avere fomentato la rivolta allo scopo di modificare il quadro politico e di ottenere un esercito con il quale avrebbe poi schiacciato il parlamento. In effetti, il 4 gennaio 1642, il re tentò di irrompere a Westminster con una schiera di armati. Il colpo di stato fallì e John Pym si mise alla testa di un’iniziativa parlamentare intesa a dichiarare Carlo incapace di intendere e di volere. Vi aderì la maggioranza della Camera dei Comuni e la minoranza di quella dei Lords, mentre la cittadinanza londinese si scatenò in furiose manifestazioni di massa che costrinsero Carlo ad abbandonare la capitale. La controversia costituzionale si fuse subito con la controversia religiosa. Il partito realista si identificò con quello anglicano, mentre coloro che si mobilitarono a favore del parlamento erano decisi ad abbattere le gerarchie ecclesiastiche esistenti per sostituirle con una nuova Chiesa evangelica, impostata su una maggiore disciplina morale e sociale. Il paese si ritrovò immerso nel conflitto civile senza neppure sapere come e quando era cominciato.
Il re lasciò Londra nel gennaio del 1642 dirigendosi nelle Midlands e nelle regioni settentrionali. La prima fase del conflitto visse di alcune scaramucce e dei preparativi degli eserciti. Il 20 agosto 1642, da Nottingham, il re dichiarò formalmente la guerra, anche se entrambe le parti continuarono a sperare che le trattative andassero a buon fine. I primi scontri armati (23 ottobre a Edgehill nel Warwickshire) ebbero esito incerto mentre una prima avanzata su Londra si arrestò a Brentford per mancanza di uomini e di appoggi logistici. Fra trattative di pace e manovre di mobilitazione degli eserciti passarono mesi. Sul piano militare vennero a formarsi eserciti reclutati su tutto il territorio nazionale, al posto di quelli feudali che combattevano soltanto quando la guerra riguardava le loro contee. Nel fronte realista furono create grandi unità i cui comandi generali si trovavano a Oxford e a Bristol; il parlamento unificò tre diversi eserciti delle contee meridionali, che pose sotto il comando di Sir Thomas Fairfax. A confondere una situazione di per sé già molto intricata contribuì il comportamento degli scozzesi che appoggiavano disinvoltamente ora una parte. ora l’altra. All'inizio della guerra vera e propria Carlo I fu sconfitto pesantemente a Marston Moor (luglio 1644) dalla cavalleria pesante (gli Ironsides) guidata da Oliver Cromwell, che nel 1645 riorganizzò l'esercito parlamentare (New Model Army). Con queste truppe ben addestrate e disciplinate sbaragliò l’esercito del re a Naseby (giugno 1645). Oxford cadde nel 1646 e Carlo I si arrese agli scozzesi che lo vendettero al parlamento inglese per 40 mila sterline (gennaio 1647). La sconfitta del re, il principale nemico da abbattere, ebbe come immediata conseguenza la disgregazione del fronte dei vincitori, che si scontrarono sia sul piano religioso che su quello politico. Alla fine del 1647 il re fuggì di nuovo in Scozia e nella primavera successiva gli scozzesi invasero l’Inghilterra settentrionale. Furono sconfitti da Cromwell a Preston, mentre rivolte realiste scoppiarono in Kent, Essex e Galles. Il parlamento tentò ancora una volta di venire a patti, ma Cromwell, rotto ogni indugio, occupò Londra ed espulse dall’assemblea 150 membri moderati. Ciò che rimase di questo parlamento ridotto ("Rump Parliament") istituì una corte speciale, che processò il re per tradimento, nel gennaio 1649. Soltanto 64 dei 135 membri parlamentari erano presenti al momento in cui fu emessa la condanna a morte; venti di questi si espressero contrariamente alla pena capitale, ma il 30 gennaio il re fu decapitato.
Dal 28 ottobre al 1° novembre 1647 a Putney, nei dintorni di Londra, si svolsero accesi dibattiti sulla futura organizzazione politica e costituzionale della nazione. Il re era imprigionato, il parlamento stava vivendo un momento di gravi incertezze e l'esercito, il nuovo esercito vittorioso e ben addestrato di Cromwell, rappresentava l'unico vero potere in quel momento. Accampato nei pressi di Londra, ufficiali e soldati iniziarono a tracciare dei piani di riforma da imporre come condizioni e che furono oggetto delle discussioni di Putney. Una delle fasi più accese del dibattito fu quella riguardante il diritto di voto e dunque l’entità della rappresentanza parlamentare. Da una parte, si sosteneva il principio basato sul censo, dall’altra, l’esigenza del suffragio universale. A favore di quest’ultima tesi era schierato il radicale Rainborough, per il quale il diritto di voto doveva essere esteso a tutti i cittadini inglesi: "Penso che ogni uomo il quale ha da vivere sotto un governo, debba prima col suo consenso accettare quel governo". Le istanze più radicali, che furono espresse dalla corrente denominata dei "Livellatori" il cui leader fu John Lilburne (1614-1648), arrivarono a proporre un progetto di costituzione (Agreement of the People, il "Patto del Popolo") basato sull’idea che la fonte di ogni potere risiede nel popolo stesso. Il richiamo sempre più frequente al diritto di natura, all'uguaglianza di tutti gli uomini, assunse ben presto venature radicaleggianti addirittura di critica al diritto di proprietà privata, cui invece rimaneva fermamente legata la parte puritana-calvinista. Proprio in questo schieramento più moderato e legalitario, che alla fine trionferà, venne emergendo una concezione di tipo censuario che fu espressa, ad esempio, da Henry Ireton, genero e sostenitore di Oliver Cromwell: "Penso che nessuna persona abbia diritto ad una partecipazione nell’ordinamento degli affari del paese, a determinare o a scegliere coloro che determineranno da quali leggi dobbiamo essere governati". A Putney - che fu un grande "laboratorio" di proposte politiche - si confrontarono i due grandi schieramenti che, anche negli anni a venire, si sarebbero presentati come gli oppositori della concezione assolutistica e sacrale del potere: quello moderato, il quale subordinava il godimento dei diritti all’appartenenza ad una classe sociale che detiene capitali e proprietà, e quello radicale, animato da idee egualitarie e democratiche.
Dopo l'esecuzione del sovrano, il parlamento proclamò un regime repubblicano, denominato Commonwealth, che aboliva la monarchia, la Camera dei Lords e la Corte delle tutele e della chiesa anglicana. In pratica una repubblica fondata sulla Camera dei Comuni e largamente influenzata dai puritani. Più che risiedere nel parlamento, il potere effettivo si concentrò presto nelle mani di Oliver Cromwell (Huntingdon 1599 - Londra 1658), eletto deputato fin dal 1628, e distintosi nella lotta antirealista come abile organizzatore e stratega militare; Cromwell era stato infatti capace di formare un esercito efficiente ("New Model Army") che aveva portato le forze parlamentari alla vittoria. All’interno del parlamento, vi erano tuttavia diverse fazioni politiche. Ai moderati "presbiteriani", che ambivano a trasformare la loro comunità in chiesa di Stato, si opponevano gli "indipendenti", i quali sostenevano, in campo religioso, il principio della tolleranza di tutte le confessioni e, in campo politico, la proprietà privata. Vi erano poi movimenti più radicali, come quello dei cosiddetti "Livellatori", (tra i quali si distinse soprattutto la frangia dei cosiddetti Diggers, gli "zappatori", il cui leader fu Gerrard Winstanley, che abbattevano le recinzioni delle proprietà private,) che chiedevano il diritto di voto per ogni cittadino, l’abolizione della proprietà privata e il godimento comune delle terre. In questa situazione, il paese era ingovernabile e Cromwell decise, con un atto di forza, di autoproclamarsi Lord protettore del Commonwealth d’Inghilterra. Cromwell governò il paese con fermezza, schiacciando le punte più radicali e non facendosi scrupolo di sciogliere i parlamenti, qualora non lo assecondassero. Le opposizioni si facevano però sentire e Cromwell fu costretto a rendere il suo potere sempre più autoritario, instaurando una vera e propria dittatura militare, garantita da un esercito di ben trentamila uomini. In politica estera fu altrettanto aggressivo; nei confronti dei cattolici irlandesi, insorti fin dal 1650, usò la mano pesante conducendo una durissima repressione (la popolazione dell'isola fra il 1641 e il 1651 si ridusse addirittura della metà). Allo stesso modo sconfisse l'ennesima insurrezione degli scozzesi che avevano proclamato re Carlo II Stuart figlio del re giustiziato. Sul piano internazionale portò la nazione alla vittoria in una guerra contro l’Olanda (1652-1654), in cui era in gioco il predominio per il commercio con le colonie.