Nato nel 1394, Infante di Portogallo, figlio di re Giovanni I (1385-1433) e iniziatore della dinastia Aviz, Enrico fu il promotore delle navigazioni e delle scoperte fatte dai portoghesi nel XV secolo e per questo fu chiamato il Navigatore. La sua residenza di Sagres (Vila do Infante) divenne centro di preparazione, su basi scientifiche, di spedizione marittime.
Dopo avere conseguito la colonizzazione di Madera (1419), tentò nel 1437, durante il regno di suo fratello Duarte, la conquista della costa marocchina, fallendo nel disastroso assalto di Tangeri. Promosse l’esplorazione della costa africana fino a Capo Verde e alle isole omonime che divennero possesso portoghese nel 1445 insieme alle Azzorre. Morì nel 1460te</div>sto
Figlio di Edmundo Tudor e di Margaret Beaufort, alla morte di Enrico VI (1483) si trovò a capo della casa dei Lancaster, opposto all'usurpatore Riccardo III che batté e uccise a Bosworth nel 1485. Sposò Elisabetta di York unendo le due case e stabilendo un saldo governo monarchico.
Abile politico e amministratore, favorì lo svilupparsi di una cultura rinascimentale inglese, tentò di farsi alleata la Spagna fiaccando nel contempo la nobiltà superstite della guerra delle Due Rose con confische e condanne. Con Enrico iniziò la dinastia dei Tudor.
Secondogenito di Enrico VII Tudor, nel 1502, ad appena 11 anni, Enrico VIII divenne erede al trono in seguito alla morte del fratello Arturo.
Nel 1509 fu incoronato re d’Inghilterra e sposò, per obblighi dinastici e con la dispensa di papa Giulio II, Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando il Cattolico e già vedova di suo fratello.
In politica estera fu assai presente nei conflitti per la supremazia del primo '500; nel 1511 aderì alla Lega Santa, promossa da Giulio II e dal suocero Ferdinando contro Luigi XII di Francia.
Successivamente condusse una politica ondeggiante, alternando le sue alleanze tra la Spagna del parente Carlo V e la Francia. La questione del divorzio da Caterina d’Aragona si risolse invece in un conflitto con l’imperatore e con lo scisma anglicano da Roma.
Le sue vicende matrimoniali furono un crescendo tragico di capricci e di immani tragedie. Nel 1533 riuscì a sposare Anna Bolena, che però fece decapitare due anni dopo accusandola di adulterio.
La sua politica matrimoniale non si interruppe anche per garantire una stabilità dinastica, che la presenza delle sue eredi femminili non sembrava assicurare del tutto: Maria, figlia di Caterina, ed Elisabetta, nata da Anna Bolena.
Nel 1536, pochi giorni dopo l’esecuzione di quest’ultima, sposò Jane Seymour, che morì di parto l’anno successivo, dando alla luce il tanto desiderato figlio maschio (il futuro Edoardo VI).
Nel 1540 fu la volta di un nuovo effimero matrimonio con la tedesca Anna di Clèves, sposata su suggerimento del consigliere Thomas Cromwell per stringere rapporti di alleanza con gli stati luterani, ma ripudiata dopo pochi mesi senza troppi scrupoli (lo stesso Cromwell finì decapitato) in favore di Caterina Howard, la quale, a sua volta, resistette al mènage appena due anni (1540-42), prima di venire anch’essa decapitata sotto la pesante accusa di adulterio. Nel 1543, infine, ha luogo l’ultimo matrimonio con Caterina Parr, che però riuscì a sopravvivergli. Il re morì a Londra nel 1547.
Nato nel 1452, ed educato nella prima giovinezza dal nonno, famoso professore a Padova e medico della corte degli Este, Girolamo Savonarola matura la sua vocazione religiosa nel 1472 e nel 1475 entra nel convento di San Domenico a Bologna. Compiuti gli studi teologici a Ferrara, nel 1482 è trasferito al convento domenicano di San Marco a Firenze come lettore delle Sacre Scritture e nella città dei Medici attira presto l’attenzione per le sue infuocate prediche sulla Apocalisse e sulla Genesi, nelle quali bolla i vizi del tempo e con toni biblici annuncia tremendi castighi.
La discesa di Carlo VIII in Italia nel 1494 e la cacciata dei Medici, quando Savonarola ricopre già da tre anni la carica di priore di San Marco, sembrano confermare quelle profezie. Egli diventa il principale ispiratore della Repubblica fiorentina.
Papa Alessandro VI (1492-1503) intima a Savonarola di recarsi a Roma per dare spiegazione delle sue pretese qualità profetiche; nel frattempo gli viene proibito di predicare. Savonarola riprende invece la predicazione per ordine della signoria, attaccando aspramente la fazione dei Medici e le gerarchie ecclesiastiche, incurante delle minacce e refrattario alle lusinghe; né tiene conto della scomunica che lo colpisce nel 1497.
Firenze stessa viene colpita dall’interdetto e l’indomabile domenicano reagisce progettando un concilio che gli faccia giustizia e deponga il pontefice corrotto. La città è in tumulto, divisa tra la fazione dei "piagnoni", sostenitori del Savonarola e quella degli "arrabbiati", suoi avversari, e il frate decide di consegnarsi al giudizio della signoria. Seguono tre processi abilmente manipolati e conclusi con la sua condanna a morte: l’anno dopo la scomunica, nel 1498, Savonarola è allora impiccato e arso in piazza della Signoria.
Figlio di Giovanni II d’Aragona, nato nel 1452, divenne principe ereditario nel 1461, alla morte del fratellastro Carlo di Viana, figlio di primo letto di Giovanni. Nel 1468 fu nominato re di Sicilia (Ferdinando II) e coreggente; nel 1469 sposò Isabella, erede del trono di Castiglia.
Alla morte del fratello di questa (Enrico IV), Ferdinando dovette difendere i diritti della moglie contro Alfonso IV di Portogallo, ma la lotta finì con la vittoria di Isabella nello stesso anno in cui egli salì al trono di Aragona (1479).
Dopo avere felicemente concluso la lunga lotta contro l’ultimo centro arabo della penisola iberica, il regno di Granada (1481-1492), Ferdinando si spinse verso la Navarra, alla quale impose il protettorato spagnolo (trattato di Granada, 1492) per poi impadronirsi con un fortunato colpo di mano della parte spagnola di quel regno nel 1512, approfittando della lotta europea contro Luigi XII re di Francia.
Se le campagne sulle coste dell’Africa settentrionale, iniziate dalla moglie, furono tutte opera del cardinale Jimenez de Cisneros e dell’ambiente castigliano (conquista di Orano, 1509; di Burgia, 1510; di Tripoli, 1511), sua e tipicamente aragonese fu l’attività nell’Italia meridionale, dove Ferdinando si oppose all’influenza francese e fu promotore della lega del 1495 contro Carlo VIII. Nel 1500 si accordò momentaneamente con Luigi XII di Francia (trattato di Granada), un espediente per insediarsi nel Napoletano. Poco dopo si rivolse contro l’alleato e divenne l’unico padrone del Regno di Napoli (1504).
Sotto di lui la Spagna, che intanto si arricchiva dei domini transoceanici, giunse alla sua massima potenza. Morì nel 1516.
Figlia di Giovanni II re di Castiglia e della sua seconda moglie Isabella del Portogallo, nata nel 1451, è dichiarata erede al trono nel 1468 e l’anno dopo sposa Ferdinando di Aragona nonostante l'opposizione del fratello il re Enrico IV che la dichiara decaduta dalla successione.
Per questo, alla morte del fratello avvenuta nel 1474, deve combattere contro Alfonso V del Portogallo che appoggia Giovanna la Baltraneja, improbabile figlia di Enrico, e solo nel 1479 riesce a imporre il suo diritto (pace di Alcoçobes).
Unito così il regno di Castiglia a quello di Aragona, svolge all’interno una politica accentratrice e assolutista e spinge il marito Ferdinando, col quale governa sempre in piena comunione di spirito e di mente, all’ultima campagna contro i mori culminata con la presa di Granada del 1492 e di cui Isabella può essere considerata la vera artefice.
Suo anche il merito dell’aiuto concesso a Cristoforo Colombo per la spedizione atlantica.
Su consiglio del suo confessore cardinale Jimenez de Cisneros promuove campagne nell’Africa settentrionale delle quali tuttavia non fa in tempo a vedere i risultati. Muore nel 1504.
Nato nel 1459 successe al padre Federico III, il proprio matrimonio con Maria, erede del ducato di Borgogna, lo costrinse alla guerra con Luigi XI che aspirava allo stesso ducato. Le cose andarono male, tanto che Massimiliano dovette promettere la figlia Margherita in sposa al futuro Carlo VIII, con Artois, Borgogna e Fiandre come dote.
Impegnato a reprimere rivolte nei Paesi Bassi e in Ungheria, combatté di nuovo con i francesi quando Carlo VIII ripudiò sua figlia, riottenendo l'intera dote. Nel 1493 divenne imperatore del Sacro Romano Impero. Si interessò poi vivamente della questione italiana, con scarso successo.
Morì nel 1519. Fu un buon sovrano: colto, favorì varie riforme e impostò un'amministrazione efficiente. I matrimoni dei due figli Filippo e Margherita portarono all'unione austro-spagnola che avrebbe sconvolto l'equilibrio politico-militare europeo.
Francesco I di Valois-Angoulême (Cognac 1494 - Rambouillet 1547), era figlio di Carlo, conte di Angoulême, e di Luisa di Savoia. Appartenente ad un ramo collaterale della casata di Valois, sposò nel 1514 la figlia del re, Claudia, che gli era stata promessa fin dal 1506. Nel 1515 successe a Luigi XII sul trono di Francia, riprendendo immediatamente il conflitto militare in Italia, che si concluse, dopo la grande vittoria nella battaglia di Marignano (1515), con la riconquista del ducato di Milano.
Nel 1519 presentò la sua candidatura per l'elezione a imperatore in concorrenza con Carlo V, contro il quale, a partire dal 1521, iniziò un conflitto militare che, per rompere l'accerchiamento del suo paese da parte dei possedimenti imperiali, durò praticamente tutta la sua vita, salvo alcune brevi interruzioni. Francesco era considerato il principe più potente, coraggioso e cavalleresco d'Europa.
Dedicava molto del suo tempo alla vita di corte e ai passatempi della caccia. Fu certamente amante delle arti; lui stesso, durante la prigionia dopo la sconfitta di Pavia, si dilettò nel componimento di romantiche poesie in stile cavalleresco.
Fu un generoso mecenate di artisti e di letterati, ospitando a corte e proteggendo artisti come Leonardo, Rosso Fiorentino, Benvenuto Cellini, Rabelais e Erasmo da Rotterdam. Gli artisti italiani progettarono e decorarono i suoi palazzi; fu il primo, tra i sovrani francesi, a raccogliere nel castello di Fontainebleau pitture, soprattutto italiane, e statue antiche.
Fra l'altro, si deve a lui la creazione di una biblioteca regia, di cui fu incaricato lo studioso Guillaume Budé, e l'istituzione, secondo lo spirito umanistico che caratterizzò il suo regno, delle cattedre di greco, di latino e di ebraico, che costituirono il nucleo del successivo Collège de France. Sul piano politico mostrò invece notevoli doti di cinismo messe a frutto per contrastare l'egemonia europea del suo avversario Carlo V: mentre in patria iniziò a perseguitare i seguaci delle idee protestanti, li favorì in Germania per minare la compattezza dell'impero; non esitò, infine, a stringere accordi di alleanza con i turchi (nel 1528 e nel 1535) in funzione anti-asburgica.
Le continue spese per sostenere l'aggressiva politica estera costrinsero la corona ad avviare ampie riforme economiche nel paese per sostenere le finanze dello stato. Furono sottoscritti ingenti prestiti pubblici e si cercò di attirare risorse finanziarie ricorrendo alla vendita di titoli nobiliari, fatto che determinò una notevole crescita della classe aristocratica.
Carlo venne alla luce il 24 febbraio 1500 a Gand, antica capitale delle Fiandre, dove passò gli anni della giovinezza, educato da Adriano di Utrecht (futuro papa Adriano VI): i meccanismi dinastici della sua famiglia gli destinavano una favolosa eredità di terre, di potere ma anche di guerre.
Suo padre era Filippo il Bello di Asburgo (Bruges 1478-Burgos 1506), figlio a sua volta dell'imperatore Massimiliano I e di Maria di Borgogna; sua madre era la spagnola Giovanna la Pazza (Toledo 1479-Tordesillas 1555), figlia ed erede dei re cattolici Ferdinando e Isabella, il cui matrimonio, con la riunione delle corone di Aragona e di Castiglia, aveva portato all'unificazione della Spagna.
I suoi genitori si erano sposati nel 1496 e il padre nel 1504, alla morte della Regina Isabella, era diventato re di Castiglia in sostituzione della moglie, che aveva manifestato i primi segni della follia che avrebbe accompagnato la sua lunga vita.
La prematura scomparsa del padre, nel 1506, lo pose, a soli sei anni, nella condizione di ereditare i Paesi Bassi e le Fiandre, iniziando quel processo di progressiva concentrazione degli assi ereditari asburgici e spagnoli.
Nel 1516, alla morte del nonno materno Ferdinando di Aragona, ereditò la Spagna, i Regni di Napoli e di Sicilia e gli immensi domini coloniali d'oltremare. Nel 1519, alla morte del nonno paterno Massimiliano I, ereditò i possedimenti asburgici nell'Europa centrale (Austria, Boemia e Ungheria) e divenne il principale candidato alla successione imperiale.
Carica che ottenne nello stesso anno, riuscendo a convincere, con l'aiuto finanziario di potenti banchieri, i principi elettori germanici e a superare la concorrenza del suo acerrimo rivale Francesco I di Francia.
Incoronato imperatore ad Aquisgrana, il 23 ottobre 1520 un solo uomo era a capo di un impero sconfinato, che sembrava resuscitare il sogno anacronistico dell'impero universale di matrice medievale; in realtà, si trattava di un’unione tutto sommato effimera, frutto dell'incontro di diversi destini dinastici, piuttosto che il culmine di un processo di unificazione e di assimilazione.
I territori dell'impero rimanevano eterogenei sul piano geografico e dello sviluppo storico, economico e culturale.
Il sorgere dei sentimenti nazionali minava alla base le aspirazioni universaliste della corona imperiale. I fronti di conflitto erano più numerosi dei motivi di omogeneità e il regno di Carlo V fu un periodo ininterrotto di guerre.
Figlio di un sacerdote, ricevette l’educazione dai frati agostiniani, prendendo a sua volta i voti sacri nel 1492. Studiò teologia in Olanda e a Parigi. Fu precettore privato e compose per gli allievi degli opuscoli pedagogici, che ebbero per secoli una grande diffusione.
Dopo aver conosciuto, nel 1499, durante un viaggio in Inghilterra, Thomas More, divenendone amico, si stabilì per circa due anni a Parigi da cui fuggì, nel 1502, in seguito ad una pestilenza. Fra il 1506 e il 1509 soggiornò in Italia, dove a Venezia fu ospite di Aldo Manuzio, lavorando agli Adagia (1508). Tornato in Inghilterra, nel 1509 scrisse l’Elogio della follia, la sua opera più celebre.
Successivamente alternò la sua residenza fra Basilea e Lovanio. Nel 1516 pubblicò un'accurata edizione a stampa del Nuovo Testamento in greco e latino, seguendo un rigoroso metodo filologico, metodo che applicò anche allo studio dei testi dei Padri della Chiesa. Gli scritti di Erasmo ebbero una grande diffusione in tutta Europa e sembrarono anticipare i temi della Riforma, trovando ampi consensi fra gli intellettuali. Ben presto però si dissociò da Lutero, con cui entrò in polemica pubblicando nel 1524 il De libero arbitrio.
Nonostante questo, anche la dottrina di Erasmo, per la forte componente polemica nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche e per il richiamo alla libertà e alla tolleranza, provocò dissensi in entrambi gli schieramenti: nel 1527 venne condannata a Parigi, mentre nel 1529 fu costretto a riparare in Germania, quando a Basilea la Riforma assunse toni sempre più radicali.
Dopo alcuni anni passati in Germania, a Friburgo, Erasmo tornò a Basilea, dove morì nel 1536, un anno dopo aver rifiutato la dignità cardinalizia offertagli dal pontefice Paolo III. Nella sua opera, la cultura umanistica sembrò conciliarsi con la religione, una religione che, nel suo pensiero, veniva a spogliarsi di ogni superstizione e contaminazione terrena.
L’unica salvezza era nell’imitazione di Cristo, un esempio di perfezione cui ogni cristiano doveva tendere per condurre una vita terrena corretta dal punto di vista etico. Un cammino da compiere attraverso l’istruzione e la lotta all’ignoranza.
Per Erasmo, ogni uomo, assistito dalla grazia divina, aveva una volontà libera. Quest’idea di libertà, assieme ai richiami al pacifismo e alla tolleranza, alla volontà di non portare alle estreme conseguenze la critica verso le gerarchie cattoliche e al carattere elitario e culturale del suo pensiero, portarono Erasmo su posizioni sempre più lontane da quelle di Lutero e degli altri riformatori.
Nato nel 1478, per tradizioni familiari Thomas More è avviato allo studio del diritto e alla trattazione delle questioni politiche nazionali. Nel 1499 è accolto nel gruppo degli umanisti inglesi noto come "Circolo riformatore di Oxford" diviene così molto amico anche di Erasmo da Rotterdam, con cui condivide numerose idee sul cristianesimo e sulla rinascita della religione.
Nel 1504 ha un primo contrasto con la corona e con il governo inglesi, ma l’ascesa al trono di Enrico VIII nel marzo del 1509 favorisce lo sviluppo del gruppo degli intellettuali umanisti e riapre a More la carriera politica: è prima membro della Camera dei comuni, poi componente del consiglio privato della corona, infine gran cancelliere.
Nel 1515, mentre si trova in missione per il suo re nei Paesi Bassi, scrive la prima parte della sua opera più famosa, Utopia, che viene completata e pubblicata a Lovanio nel 1516 con l’interessamento di Erasmo. Di fronte agli sconvolgimenti provocati dalla Riforma di Lutero la posizione di More è assolutamente ferma: egli non vuole in alcun modo aderirvi.
A partire dal 1530, però, i rapporti fra la corona inglese e la Chiesa di Roma si fanno sempre più tesi e nel 1533 dopo il rifiuto opposto da papa Clemente VII (1478-1534) Enrico VIII fa sciogliere il suo matrimonio con Caterina d'Aragona dall’arcivescovo di Canterbury.
Le motivazioni politiche che sono dietro a questo atto portano a una rottura sempre più netta con la Chiesa cattolica culminante nell’Atto di supremazia approvato dal Parlamento inglese nel 1534: nominando il re d’Inghilterra capo assoluto della Chiesa anglicana si sancisce il definitivo distacco della monarchia inglese dalla Chiesa cattolica. Di fronte al rifiuto di Thomas More di giurare fedeltà al nuovo ordinamento, il re lo fa prima imprigionare e poi giustiziare.
Don Rodrigo de Borja y Doms nato nel 1431, fu nominato cardinale diacono nel 1456 dallo zio Callisto III (1455-1458). Dai molti benefici che riuscì ad accumulare trasse grandi ricchezze, grazie alle quali, e con l’aiuto dello Sforza, nel 1484 arrivò quasi al pontificato. Il partito mediceo-aragonese fece prevalere su di lui Innocenzo VIII, ma al concilio successivo (1492) Rodrigo Borgia fu eletto simoniacamente papa col nome di Alessandro VI.
Da un’amante, Vannozza Catanei, aveva già avuto quattro figli (Giovanni, Cesare, Lucrezia e Joffre) e, benché pontefice, continuò la sua relazione con la bella Giulia Farnese, moglie di Orsino Orsini. Fu sfacciatamente nepotista (nominò cardinali sei dei suoi congiunti) e in politica oscillò, secondo il proprio tornaconto, ora verso lo Sforza, ora verso gli Aragonesi. Di fronte alla calata in Italia di Carlo VIII di Francia, sollecitò l’aiuto di Venezia e persino dei turchi e si alleò con Alfonso II di Napoli, obbiettivo della spedizione francese. Fu comunque costretto ad aprire Roma ai francesi (1494) contro i quali strinse poi lega con Venezia, Milano, Spagna e Impero (1495).
La sua vita licenziosa veniva intanto bollata a Firenze da Girolamo Savonarola che ne chiedeva la deposizione: Alessandro minacciò la città di interdetto e ottenne che Savonarola venisse arso come eretico. Dopo la morte del figlio maggiore, duca di Gandia (1497), la sua politica fu tutta indirizzata a creare uno stato per il secondogenito, Cesare, in favore del quale stipulò alleanze, confiscò terre, impiegò le ricchezze del giubileo del 1500.
Ebbe fama di mecenate per avere protetto umanisti, tra i quali Pomponio Leto (1428-97) e Aldo Manunzio (1450-1515), e artisti come Antonio da San Gallo (1455-1534) e il Pinturicchio (1454-1513), che affrescò l’appartamento Borgia in Vaticano. Morì nel 1503.
Figlio del cardinale Rodrigo Borgia e di Vannozza Catanei nacque nel 1475. Quando il padre fu eletto papa col nome di Alessandro VI (1492), Cesare era già vescovo di Pamplona; successivamente fu creato arcivescovo di Valenza, quindi cardinale e, nel 1495, governatore generale e legato di Orvieto.
Scomparso dalla scena il fratello maggiore, il duca di Gandia - prediletto del padre - nel 1498 Cesare depose la porpora cardinalizia e, ottenuto da Luigi XII di Francia il ducato di Valentinois, da cui trasse il nome di duca Valentino, sposò Carlotta d’Albret, sorella del re di Navarra. Con le milizie fornitegli dal re di Francia e assoldate coi denari del papa, ristabilì il potere papale nello Stato pontificio.
Più che a rivendicare i diritti della Chiesa, però, pensò a crearsi un proprio stato nelle Romagne: nel 1500 si impadronì di Imola e di Forlì.
Per non intralciare i disegni di Luigi XII, suo personale alleato nella guerra per la spartizione del Regno di Napoli, Cesare costrinse il papa a rompere i rapporti con gli Aragonesi. Impossessatosi del ducato di Urbino e di Camerino, domò la ribellione che ne seguì patteggiando e dividendo i congiurati, di alcuni dei quali (Olivierotto da Fermo, Vitellozzo Vitelli, il duca di Gravina e Paolo Orsini) si sbarazzò col tradimento a Senigallia: salvò così il suo stato e lo allargò a Perugia e a Città di Castello.
Meditava altri progetti di espansione quando nel 1503 la morte del padre interruppe i suoi disegni. Il nuovo papa, Paolo III (1503), gli lasciò la Romagna, ma di diverso avviso fu il suo successore Giulio II (1503-13), data l’incombente minaccia veneziana sulla regione. Imprigionato dal papa nel 1504, fu inviato in Spagna dove riuscì a fuggire presso il cognato, re di Navarra. Morì nel 1507 in una spedizione militare.
Il francescano Giuliano della Rovere, nato nel 1443, arcivescovo di Avignone e di ben altre sette sedi, è creato cardinale dallo zio Sisto IV nel 1471. Nel 1484 manovra l’elezione di Innocenzo VIII che riesce a far prevalere sul cardinale Borgia e quando questi gli succede nel 1492 è costretto all’esilio.
Dopo il breve pontificato di Paolo III è eletto papa all’unanimità nel concilio del 1503 e si pone come primo compito di restaurare il potere temporale di Roma e di estendere i domini della Chiesa. Si volge dapprima contro Cesare Borgia, contro Gian Paolo Baglioni di Perugia, contro Giovanni Bentivoglio di Bologna, quindi, nel 1507 muove contro Venezia rivendicando Rimini e Faenza.
Dopo aver aderito alla Lega di Cambrai si rende conto del pericolo che la politica della Francia rappresenta per l’Italia e nel 1510 scende personalmente in guerra, con l’aiuto di Venezia, contro il duca di Ferrara alleato dei francesi. Luigi XII convoca a Pisa un concilio per deporlo, ma Giulio II contratta con il concilio ecumenico di San Giovanni in Laterano (1511) e bandisce contro Luigi la Lega Santa.
Nonostante la sconfitta subita a Ravenna a opera di Gastone di Foix nipote del re di Francia, Giulio II può riordinare l’Italia e celebrare il congresso di Mantova (1512) che segna il sorgere della potenza spagnola in Italia. Grande mecenate ha al suo servizio artisti come Michelangelo e Raffaello.
Al secolo Giovanni de' Medici, nato nel 1475, educato assai raffinatamente, era già cardinale a 13 anni. Preoccupato della difesa di Firenze e dei possessi territoriali della Chiesa, Leone cercò costantemente di impedire l'affermazione egemonica in Italia di una sola potenza, facendogli però perdere di vista gli interessi generali della Chiesa sul piano europeo. In particolare intervenne troppo tardi e senza la necessaria energia nelle controversie agitate dagli umanisti tedeschi, che in un certo modo prepararono la via a Lutero. Volendo fare di Roma il centro intellettuale del mondo, spese somme enormi per iniziative culturali. Raffaello, da lui incaricato supervisore di tutte le antichità romane, lo rappresentò idealizzandolo nella figura di Leone Magno. Morì nel 1521.
Figlia di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino e di Maddalena de le Tour d’Auvergne, cresciuta tra Roma e Firenze, sotto l'ala protettrice dei due papi di casa Medici, Leone X e Clemente VII, Caterina (Firenze 1519 - Blois 1589) nel 1533 sposò l'allora duca d’Orléans, il futuro Enrico II di Valois.
Dapprima eclissata dalla favorita Diana di Poitiers, alla morte del marito (1559) e più ancora alla morte del figlio primogenito Francesco II (1560), esercitò grande influenza sul regno come reggente per il figlio Carlo IX. Alla morte di questi continuò il suo ruolo di regina madre durante il regno dell'altro figlio Enrico III (1574-1589), il suo preferito, che però la esautorò rapidamente.
Visse nel periodo in cui la Francia era dilaniata dalle guerre di religione tra ugonotti e cattolici, verso i quali Caterina mantenne una condotta prudente e saggia, tentando invano di conciliare i due potenti partiti soprattutto per mantenere unita la Francia e intatta la monarchia per i suoi figli.
Più sensibile al fattore politico che a quello religioso cercò dapprima, nel 1561 e poi nel 1563, una conciliazione coi calvinisti che le consentisse un riavvicinamento all’Inghilterra e ai principi tedeschi protestanti come contrappeso all’ingerenza spagnola nel suo regno.
Il crescere della fazione ugonotta e la prospettiva di una guerra contro la cattolica Spagna nei Paesi Bassi, determinarono la reazione di Caterina che ispirò e appoggiò apertamente il massacro degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo.
Non amata dal popolo che la designava con lo sprezzante titolo di "italiana", per la sua inclinazione al lusso e per i gusti modellati sui costumi del suo paese d'origine, si guadagnò anche il sinistro appellativo di "diavolo nero" per le pratiche magiche cui ricorreva frequentemente.
Fu infatti un negromante, chiamato apposta da Firenze, a preannunziarle il triste destino dei suoi figli, la fine dei Valois e l’avvento al trono del marito di sua figlia Margherita, l’ugonotto Enrico di Navarra
Figlio di Carlo V e di Isabella di Portogallo, crebbe in Spagna dove ricevette un'educazione fortemente influenzata dal carattere locale. Nel 1543 gli fu affidato dal padre il governo del paese come reggente; nel 1549 ricevette il giuramento di fedeltà anche degli stati fiamminghi. Sposò in prime nozze la cugina Maria Emanuela, figlia di Giovanni III di Portogallo, dalla quale ebbe un figlio, Don Carlos. Rimasto poi vedovo nel 1545 sposò per volere del padre la non più giovane regina d’Inghilterra Maria Tudor, detta la "la Cattolica" o "la Sanguinaria".
In tale occasione (1554) gli fu conferito dall'augusto genitore il titolo di re di Napoli e Sicilia. Nel 1556 Carlo V abdicò e Filippo ebbe, nella divisione dell'impero asburgico, la piena sovranità della Spagna, dei Paesi Bassi e delle colonie americane. La vittoria di San Quintino contro la Francia (1557) e la successiva pace di Cateau-Cambrésis rafforzarono la posizione di Filippo II nelle Fiandre e in buona parte dell’Italia assicurandogli così un vero predominio in Europa.
Benché nel 1559 avesse sposato in terze nozze Elisabetta di Valois, figlia della potente Caterina de’ Medici (ci sarà anche un quarto matrimonio con Anna d’Austria), Filippo cercò ogni pretesto di attrito con la Francia influenzandone la politica durante le guerre di religione. Intanto proseguì implacabile la lotta contro i turchi che ebbe il suo momento più glorioso nella vittoriosa battaglia di Lepanto (1571).
Nel 1579 perse la parte settentrionale dei Paesi Bassi ribellatisi e dichiaratisi indipendenti, ma conseguì l’unità politica della penisola iberica nel 1580 annettendosi per motivi dinastici il Portogallo e i suoi immensi domini d'oltremare (che rimarranno alla Spagna fino al 1640). La conversione di Enrico IV, però, fece svanire i suoi progetti d’influenza sulla Francia, mentre la sconfitta navale contro l’Inghilterra nel 1588 mise in crisi la potenza marittima spagnola e interruppe per sempre il sogno di una riconquista cattolica dell'Europa.
Maria I la Cattolica nata nel 1516, figlia di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, successe al fratello Edoardo VI dopo aver debellato gli oppositori. Sposò nel 1554 Filippo II e, mirando a restaurare il Cattolicesimo, perseguitò i Protestanti da cui il soprannome di Sanguinaria. Morì nel 1558.
Figlia di re Giacomo V di Scozia, morto pochi giorni dopo la sua nascita, Maria Stuart fu incoronata regina all'età di nove mesi sotto la reggenza della madre Maria di Guisa.
Per sottrarla al fidanzamento con Edoardo d'Inghilterra voluto da Enrico VIII, nel 1548 fu mandata in Francia presso i potenti parenti Guisa; venne quindi allevata alla corte di Enrico II e fidanzata col delfino Francesco che sposò nel 1558. Ma nel 1561, in seguito alla morte del marito (re per un anno col nome di Francesco II), a cui seguì quella della madre e reggente, tornò in Scozia dove per alcuni anni governò moderatamente in piena collaborazione, lei cattolica, con i lord protestanti. Il difficile equilibrio fu rotto dal suo matrimonio con Enrico Darnley (1565), il capo dei cattolici scozzesi, che gli alienò il favore dei protestanti. Maria riuscì a scindere l'opposizione dei nobili con l'aiuto del conte di Bothwell, che sposò col rito protestante nel 1567 dopo il misterioso assassinio del marito, a cui il nuovo sposo non era estraneo. I nobili si opposero in armi e, vincitori a Carberry Hill, costrinsero Maria ad abdicare a favore del figlio avuto da Darney, Giacomo VI (poi Giacomo I d'Inghilterra e Scozia dal 1603 al 1625). La Stuarda tentò di resistere ma, nuovamente sconfitta, nel 1568 cercò rifugio in Inghilterra presso Elisabetta, della quale poteva essere considerata erede dinastica; il padre di Maria discendeva infatti da Margherita Tudor, sorella di Enrico VIII.
Proprio per questo la cattolica Stuarda venne imprigionata e tenuta segregata per quasi venti anni, mentre inutilmente tentava disperati complotti con i Guisa e con Filippo II di Spagna. Compromessasi definitivamente in una congiura nel 1856, fu processata e condannata a morte.
In un’Inghilterra segnata dai contrasti religiosi e da profonde crisi economiche, nel 1558 salì al trono Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e della sfortunata Anna Bolena. La sua infanzia non fu certamente facile; dichiarata illegittima dopo l’esecuzione della madre (1536) che era stata accusata di adulterio, venne comunque allevata insieme al fratellastro (Edoardo VI), ricevendo una vasta educazione umanistica.
Durante il regno della sorellastra Maria Tudor conobbe anche l'esperienza della prigione essendo stata rinchiusa nella Torre di Londra sotto l'accusa di aver complottato contro la regina.
Alla morte di Maria, Elisabetta ereditò un paese in grave difficoltà economica e sconvolto dalle lotte religiose. Scevra dai fanatismi che avevano animato i suoi fratellastri - il protestante Edoardo VI e la cattolica Maria - seguì dapprima una linea politica di compromesso per quanto riguardava il problema religioso e in politica estera si mostrò equidistante da Francia e Spagna.
Progressivamente le sue scelte di campo la portarono a favorire la componente protestante sia in patria che nel continente. Nei confronti della Francia la politica di Elisabetta fu sempre legata agli affari di Scozia: al tempo della reggenza di Maria di Guisa (madre della cugina Maria Stuart) impose con il trattato di Edimburgo l’allontanamento dei francesi dal regno scozzese; al ritorno in Scozia di Maria Stuart, vedova di Francesco II di Francia, Elisabetta diventò il punto di riferimento e il garante dei protestanti contro la loro sovrana cattolica e i francesi che la sostenevano.
Sostenne fra l'altro, in funzione antifrancese e anticattolica, le lotte degli ugonotti francesi. Anche i rapporti con la Spagna iniziarono a peggiorare per l’appoggio che la regina decise di assicurare ai ribelli dei Paesi Bassi e per il rifiuto ad acconsentire al matrimonio con Filippo II, tenacemente proteso a raggiungere il trono d'Inghilterra.
Filippo II, infatti, non esitò a complottare con Maria Stuart, per porla sul trono al posto di Elisabetta e far trionfare la componente cattolica. Liberatasi definitivamente della Stuart, la sovrana chiuse la partita anche con la Spagna nel 1588 dopo la disfatta dell’Invencible Armada.