Se Sorel si occupò dell'agire umano in una prospettiva esplicitamente irrazionalistica, il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel (1858-1918), che scrisse su un vasto numero di temi e problemi, ricercò un metodo adeguato per studiare sia le relazioni tra gli individui, dunque i fenomeni sociali, sia più in generale i comportamenti e i valori che stanno dietro le scelte di vita dei suoi contemporanei; ciò allo scopo di individuare le «forme» secondo le quali si struttura l'agire umano.
Formatosi nella cultura positivistica, dotato anche di una solida conoscenza della filosofia kantiana e romantica, Simmel si orienta inizialmente verso studi sociologici. Dopo una tesi sull'idea di azione reciproca in Kant, pubblica una prima opera intitolata Sulla differenziazione sociale (Uber soziale Differenzierung, 1890) e quindi l'imponente Filosofia del denaro (Philosophie des Geldes, 1900). Anche in questi studi apparentemente specialistici è presente un'impostazione filosofica esplicita, che utilizza l'idea di organismo e di "azione reciproca" (Wechselwirkung). La sociologia ha a che fare con la teoria della vita perché entrambe trattano dei rapporti tra le parti e il tutto, delle relazioni tra individui in una società o tra le parti di un corpo vivente. Come per Bergson, di cui è un attento lettore, per Simmel conta un modo di ragionare adatto a spiegare ciò che funziona in modo non meccanico, ma continuo, creativo, originale.
Simmel afferma sin dalle prime opere che la sociologia si occupa non degli scopi o dei contenuti di coscienza dei singoli, studiati invece dalla storia, né della società come un tutto, ma delle forme di relazione tra gli individui. La sociologia si chiede ad esempio se essi siano subordinati l'uno all'altro, se siano estranei o familiari, se siano in conflitto o siano attratti reciprocamente. Queste sono le forme dell'agire sociale, e si distinguono dai contenuti, che possono essere religiosi, economici, erotici, artistici e così via. Si è parlato a questo proposito di "relazionismo" sociologico. Lo studio dell'uomo nel suo interagire sociale con altri individui si accompagna a un relativismo filosofico riguardo al modo in cui l'idea di verità è concepita nei diversi contesti in cui si presenta. Simmel fa l'esempio del comportamento degli individui in campo economico: da che cosa dipende il valore delle merci che si scambiano? Non è definibile in termini assoluti, ad esempio in base alle ore di lavoro necessarie per produrlo, come aveva sostenuto Marx: infatti, secondo Simmel, non nasce dalla produzione, ma dallo scambio. Dipende dal desiderio di altre merci da parte dei contraenti e dalla loro disponibilità a rinunciare alle proprie: non è fissabile al di fuori della relazione di due individui sul mercato ed è legato al grado di desiderabilità reciproca delle merci, mediata dal denaro.
Il denaro è un elemento calcolabile, divisibile, sostituibile, ripetibile, che mette in relazione tra loro i diversi ambiti della società, cioè connette le parti e il tutto. Consente un numero molto elevato di relazioni, soprattutto nella vita metropolitana, e porta con sé un modo di vivere e di conoscere tipicamente intellettualistico, cioè basato sul calcolo e sulla relazione mezzo-scopo, fondamentale per chi voglia agire per ottenere un risultato. Emancipa dai rapporti personali tipici delle società tradizionali, ma preserva l'individualità: se io compro un oggetto qualsiasi, ad esempio un libro, pagandolo in denaro, non sono tenuto a motivare la mia scelta, a differenza di quanto invece avviene nello scambio praticato senza lo strumento del denaro. In questo caso, infatti, per convincere l'interlocutore a concludere lo scambio, devo mettere in gioco me stesso, ossia fornire argomentazioni utili a persuadere l'altro, argomentazioni in cui manifesto qualcosa di personale: sentimenti, desideri e bisogni. La massima impersonalità dello scambio praticato invece col mezzo universale che è il denaro permette di sviluppare molte relazioni, anche con contesti lontani nello spazio e nel tempo, ma consente anche di coltivare la propria individualità in privato, senza esporla in pubblico.
Come il valore delle merci e quello del denaro vengono fissati nelle relazioni, così più in generale tutti i fenomeni sono da considerare non come sostanze, ma come relativi al contesto in cui sorgono. Il denaro rappresenta la «formula dell'essere», dice Simmel: non esistono verità assolute o valori assoluti, che valgano cioè al di fuori delle relazioni, ma solo verità e valori particolari, frutto di un confronto o di una relazione tra gli individui in un determinato momento storico. Il punto di vista relativistico che si esprime nelle prime opere di Simmel non distrugge tuttavia l'idea di verità, cioè non è da intendere in termini scettici, come impossibilità di distinguere il vero dal falso. Come il valore delle merci, anche i valori spirituali sono legati al contesto di relazioni da cui sorgono, e in questo ambito sono forniti di significati precisi per gli individui. La reciprocità della relazione è il punto di partenza concettuale di ogni analisi di Simmel,sia sul piano sociologico sia su quello filosofico. Questa convinzione è alla base dell'idea di vita che esporrà nei suoi ultimi scritti.
Simmel è un grande conoscitore della filosofia romantica della natura e degli studi naturalistici di Goethe - a cui dedica una monografia (Goethe, 1913) - e trae dalla cultura di fine Settecento molti spunti riguardo all'idea di vita. I romantici avevano concepito la natura come un grande essere vivente reso dinamico da un elemento spirituale interno che produceva forme sempre diverse. I contrasti dialettici che si determinavano confluivano poi nell'unità di tutto ciò che vive. Simmel riprende questa idea di fondo; tuttavia, da studioso della modernità, non prevede conciliazioni armoniose di opposti, ma sottolinea soprattutto le opposizioni e i contrasti senza possibile superamento. Inoltre il suo concetto di vita non ha lo scopo di fornire un'interpretazione della natura, ma è al centro di una concezione metafisica di tipo dinamico che spiega anzitutto il mondo dell'uomo, i suoi comportamenti, i suoi valori. L'opposizione di fondo su cui è costruita l'«intuizione della vita» (è il titolo di una sua opera, Lebensanschauung, 1918) è quella tra vita e forme.
Per Simmell la vita tende a trascendere se stessa: l'uomo, come essere finito, vive in un mondo segnato da limiti e confini, ma la sua inclinazione è quella di superarli e andare oltre, di trascenderli. Questo tuttavia può portare a situazioni critiche, in cui viene meno l'equilibrio con il mondo che ci circonda: se usiamo ad esempio strumenti come il microscopio o il telescopio, potenziamo i nostri sensi superandone i limiti, ma creiamo una sproporzione che incrina il normale rapporto tra il nostro corpo e l'universo; se infatti potessimo vedere con gli occhi le distanze visibili al telescopio, il nostro corpo sarebbe totalmente diverso e il nostro rapporto con l'ambiente si trasformerebbe.
Nonostante questi possibili esiti, la tendenza a non rispettare le limitazioni imposte dall'ambiente è essenziale alla vita. La vita, intesa in senso ampio sul piano metafisico, è continuità senza confini, è corrente che fluisce in quanto divenire continuo, come puro impulso dinamico, simile allo slancio vitale bergsoniano. In questa idea sono riconoscibili anche le eredità di Schopenhauer e Nietzsche: volontà ed energia vitale, come erano intese dai due filosofi ottocenteschi, sono riferimenti essenziali per Simmel, che dedica loro una monografia, Schopenhauer e Nietzsche (Schopenhauer und Nietzsche, 1907).
Secondo Simmel, è possibile in generale una conoscenza intuitiva della vita, ma per una una conoscenza determinata l'intuizione non basta. A differenza di Bergson, la vita è propriamente conoscibile solo nelle forme che produce. Quindi il suo fluire incessante è comprensibile nel momento in cui si arresta, quando cioè nasce la forma. La forma è qualcosa di determinato, un centro intorno a cui la vita si organizza: ad esempio, il singolo individuo. L'individuo è forma perché rappresenta una scelta tra le infinite possibilità che la vita offre: il carattere individuale esclude un'infinità di opzioni e ne sceglie una, o alcune, intorno a cui organizza la propria vita particolare. Nella Filosofia del denaro Simmel aveva descritto alcuni tipi umani: l'avaro, il prodigo, il cinico, il blasé (termine francese traducibile con "sazio", "stufo", "indifferente"). Si tratta di forme, in quanto un certo atteggiamento, in questo caso nei confronti del denaro, determina un comportamento dominante dell'individuo.
Intorno alle forme la vita si cristallizza, cioè arresta il proprio fluire incessante e dà luogo a qualcosa di solido e definito, che sembra opporsi alla sua fluidità originaria. Interpretando sul piano metafisico gli esiti filosofici più generali dell'evoluzionismo, Simmel considera la vita come un sostrato in perenne evoluzione e rinnovamento, in cui si radicano le manifestazioni sociali, che ne rappresentano per così dire l'aspetto di superficie. Tuttavia essa è conoscibile solo nel momento in cui emerge nei fenomeni dando luogo a forme determinate e fisse, incentrate su se stesse e limitate. In questo senso va intesa l'affermazione simmeliana, apparentemente paradossale, che «nella vita la trascendenza è immanente»: l'andare oltre il limite (la «trascendenza», cioè il trascendere) è la tendenza intrinseca («immanente») della vita; solo nella dimensione del limite sono possibili la forma e l'individualità, ma il loro destino è quello di ogni essere limitato, quello cioè di essere superato e travolto da nuove forme. La vita tende insomma a produrre forme sempre nuove, a superare quelle già prodotte, e quindi, in un certo senso, ad andare continuamente oltre se stessa. Simmel esprime questo concetto dicendo che la vita produce continuamente «più vita», ma anche «più che vita»: forme che si oppongono alla sua natura profondamente dinamica, ma senza le quali essa sarebbe indefinita fluidità. Questo contrasto, a differenza di Bergson, ha in Simmel un'intonazione tragica, legata alla sua interpretazione della modernità. Il tragico sorge quando la nuova forma che nasce si oppone alla sua origine e la contraddice. È un'idea che affonda le sue radici nella categoria hegeliano-marxiana dell'alienazione, interpretata da Simmel alla luce dei grandi cambiamenti sociali dell'inizio del Novecento. Con la divisione del lavoro si accentuano l'indipendenza e la differenziazione di ogni ambito. Ogni produzione dello spirito umano, una volta oggettivata, cioè organizzata in una forma a disposizione di tutti, acquista una totale autonomia dalla sua origine. Ad esempio, gli ambiti dell'arte, della religione, dell'economia, del diritto sono oggettivazioni dello spirito, cioè prodotti storici dell'intelligenza umana; essi vivono tuttavia di vita propria perché sono retti da regole, divieti, valori che non possono essere modificati dai singoli e funzionano come se fossero parti della natura. In questo senso negano la vita da cui pure sono nati.
Questi ambiti sono detti da Simmel «mondi transvitali». Ogni mondo possiede unità, forma, una struttura, un senso proprio, che ha origine dalla vita ma non è più semplicemente utile alla vita. Avviene cioè una svolta, una «rotazione assiale»: ciò che è nato dalla vita assume un significato autonomo, diverso da quello che aveva alla nascita, perfino opposto. L'esempio è ancora il denaro: nato come strumento di mediazione economica e privo di valore proprio, è il mezzo per eccellenza, che deve servire i fini della vita; tuttavia a un certo punto diviene per molti il fine ultimo, addirittura il possesso definitivamente appagante, la conclusione di ogni fatica. Questa inversione nel nesso mezzi-fini avviene ogni volta che ci si allontana dai bisogni vitali e, per effetto di una svolta, si agisce in base a categorie nuove. Il finalismo domina la vita dell'organismo, in cui tutto è funzionale alla sopravvivenza, mentre la libertà dell'uomo sta nello svincolarsi dalla teleologia scegliendo fini che trascendono le necessità vitali: poter agire "senza scopo" diviene un valore. L'arte, la filosofia, la scienza, il diritto sono mondi nati dalla vita, ma ne sono indipendenti nel loro significato spirituale e per i valori che vi dominano. La libertà non si oppone alla costrizione, ma alla teleologia, cioè all'agire finalizzato ai bisogni vitali.
La libertà, intesa come possibilità di svincolarsi dalle necessità vitali, si incarna nell'individuo. È l'individuo che sceglie i fini. In questo senso l'individualità è l'espressione più alta della vita, qualcosa di unico, di irripetibile. Ma non è soltanto questo. Contiene sempre anche elementi generali, che la legano a un contesto vitale in cui opera, che condivide con altri individui e da cui non potrà mai separarsi completamente. Sul piano morale, questo vuol dire che l'individuo ha comunque obblighi verso gli altri. Ma qual è la fonte di tali obblighi? Non l'imperativo categorico di Kant, che, secondo Simmel, ha due difetti: 1) è universalistico, quindi misconosce l'importanza dell'individualità; 2) è razionalistico, cioè privilegia solo un aspetto (la ragione) della vita individuale e ne sottovaluta altri (sensibilità, emozioni, impulsi ecc.). L'azione morale deve invece esprimere il complesso della personalità individuale, la totalità dell'io. Al posto dell'imperativo categorico kantiano Simmel propone quella che chiama «legge individuale». Non è un invito all'individualismo anarchico; prescrive invece l'obbligo di svolgere coerentemente e consapevolmente la propria personalità (Nietzsche aveva detto: «Diventa ciò che sei») nel contesto sociale in cui si vive.