La belle époque è il nome dato al periodo di pace intercorso tra la guerra franco-prussiana del 1870 e l’inizio della I guerra mondiale nel 1914.
L'Europa aveva inaugurato una fase di grande sviluppo garantita da una nuova politica di equilibrio.
Quest’epoca fu contrassegnata da una grande crescita economica, nonostante la crisi della grande depressione.
In realtà quella fase di rallentamento mostrava una società profondamente rinnovata dalle grandi innovazioni tecnologiche e aveva offerto un benessere che mostrava il suo volto migliore a Vienna e a Parigi.
Le reti ferroviarie attraversano ormai interi continenti e si costruiscono transatlantici sempre più grandi e lussuosi.
Le prime auto cominciano ad attraversare le principali città europee ed americane. In questo periodo cambia il modo di impegnare il tempo libero e le forme di incontro.
La musica esce dai teatri tradizionali per entrare nei café concert. I cabaret e i cinema diventano luoghi di ritrovo molto frequentati.
Anche lo sport diventa molto popolare e, oltre le prime competizioni sportive, nel 1896 si tengono le prime Olimpiadi moderne ripetute successivamente ogni 4 anni.
Con la fine della grande depressione tra il 1896 e il 1913 ci fu un aumento considerevole della produzione industriale e delle applicazioni tecnologiche.
Aumentò il volume dei commerci e cominciano a fare la loro comparsa i grandi magazzini.
Anche la pubblicità commerciale comincia a tappezzare di cartelloni e manifesti le pagine delle riviste e i muri delle città.
Nel 1900 Parigi celebra l’euforia e l’ottimismo determinato dal benessere con una Esposizione Universale che diventò meta di migliaia di persone da tutto il mondo.
Anche l’arte fu colpita dal ritmo delle innovazioni e dalla crescita tecnologica.
Diventò un fenomeno di massa l’idea di decorare qualsiasi oggetto con decorazioni floreali o arabeschi, accettando dunque la produzione industriale e introducendo le prime esperienze di design.
Tra gli obiettivi principali del governo Crispi c’era quello di una politica coloniale per ottenere un ruolo di prestigio internazionale.
Nel 1889 Crispi cercò di far penetrare le truppe italiane in Etiopia, partendo dalla base di Assab.
Ma la destra storica polemizzò duramente con Crispi, per via degli alti costi della sua politica coloniale, e nel 1891 fu costretto ad abbandonare il governo.
Nel maggio del 1891 l’incarico di formare un nuovo governo venne dato dal re Umberto I, che era succeduto al padre Vittorio Emanuele II nel 1878, a Giovanni Giolitti.
Ma il governo Giolitti fu coinvolto nello scandalo della Banca Romana accusata, tra l’altro, di aver stampato banconote false.
Poiché la banca aveva concesso prestiti allo stesso Giolitti e a Crispi, il governo fu costretto nel ’93 alle dimissioni e al suo posto tornò Crispi.
Il secondo governo Crispi si caratterizzò per una dura repressione interna e per una ripresa della politica coloniale.
Sul piano interno davanti alla rivolta popolare scoppiata in Sicilia, nel 1894, Crispi fece proclamare lo stato d’assedio e ne approfittò per far processare e condannare i dirigenti dei Fasci Siciliani, un’organizzazione di lavoratori d’ispirazione socialista che non è legata in alcun modo al fascismo del ‘900 e che non era responsabile della rivolta nata spontaneamente.
Con la stessa durezza reagì anche in Lunigiana a un moto anarchico.
Nel ’92 era stato fondato, da Filippo Turati e Andrea Costa, il Partito dei lavoratori italiani che nel terzo congresso assunse il nome di Partito socialista italiano. Il partito aveva preso le distanze dal movimento anarchico, indicando, soprattutto con Turati, il proprio metodo nella partecipazione democratica alla politica e nella richiesta delle riforme sociali.
L’opposizione socialista a Crispi nasceva dalla dura repressione e dalla mancanza di attenzione ai problemi sociali, essendo più interessato alla ripresa della politica coloniale.
Ma tra il 1895 e il 1896 le truppe italiane subirono dagli etiopi due pesanti sconfitte ad Amba Alagi e ad Adua, che suscitarono un’enorme impressione in Italia e Crispi fu nuovamente costretto a dimettersi.
Le elezioni del 1897 videro una riduzione della maggioranza di governo per la crescita della sinistra composta da socialisti, repubblicani e radicali.
Il malcontento popolare che ha portato alla vittoria delle sinistre sfocia in violenti tumulti soprattutto nel 1898 a Milano.
Il governo guidato da Antonio Starabba Di Rudinì diede l’ordine di sparare e vennero uccisi molti dimostranti.
Il 23 luglio del 1900 l’anarchico Bresci uccise a Monza Umberto I per vendicare i morti del ’98.
Il nuovo re Vittorio Emanuele III decise di evitare ulteriori repressioni e iniziò una politica di riforme.
La fine dell’ottocento vede l’Europa alle prese con alcuni gravi problemi politici internazionali.
In primo luogo le difficoltà nei rapporti tra le nazioni europee determinati dalla corsa coloniale.
Soprattutto la tensione che si determina nei rapporti tra Francia e Germania a partire dal 1888, quando diventa imperatore Guglielmo II.
Il nuovo sovrano non apprezza la politica di pacificazione e di mediazione internazionale fatta propria da Bismarck negli anni precedenti.
Nei suoi progetti c’è una politica espansionistica per la Germania che entra così in competizione con la Francia per la supremazia sull’Europa e nell’Africa mediterranea.
Fu proprio questa tendenza dell’Imperatore a lanciare una vera e propria campagna ideologica per una maggiore potenza militare della Germania che portò a triplicare le spese militari.
Un altro nodo da sciogliere per la diplomazia europea riguardava la complessa questione dei Balcani.
La penisola balcanica era ancora formalmente in gran parte sotto il dominio dell’impero Ottomano che mostrava segni di decadenza e di debolezza politica.
I popoli ancora soggetti come i Serbi, i Bulgari e i Rumeni, si stanno battendo per ottenere l’indipendenza.
Le grandi potenze, che erano già intervenute per evitare l’influenza russa sulla Grecia al momento dell’indipendenza, sono preoccupate del nuovo intervento, a seguito delle insurrezioni in Bosnia Erzegovina.
Per questo motivo a Berlino nel 1878 si era riunito un congresso che prevedeva l’indipendenza della Serbia, del Montenegro e della Romania e l’autonomia per la Bulgaria.
Mentre l’amministrazione della Bosnia-Erzegovina veniva affidata all’Austria.
Ma questo non ha impedito che le tensioni e le rivendicazioni nella regione continuassero.
Tra il 1882 e il 1907 maturano scelte diplomatiche molto importanti per il futuro dell’Europa.
Nel 1882 Germania, Austria e Italia, superati i contrasti legati all'unificazione nazionale in Italia e Germania firmano la Triplice Alleanza.
L’avvicinamento dell’Italia era dovuto anche alle scelte coloniali della Francia che aveva occupato i territori dell’Africa mediterranea compresa la Tunisia che era un obiettivo coloniale italiano.
Nel 1902, a loro volta, la Francia e l’Inghilterra, superati i contrasti che le avevano divise durante lo sviluppo coloniale, firmano assieme alla Russia un trattato difensivo chiamato Triplice Intesa.
L’Europa è ormai divisa in due blocchi che condizioneranno gli avvenimenti successivi.