La Svizzera offrì un terreno favorevole alla diffusione della Riforma (soltanto alcuni cantoni rimasero cattolici).
Il maggiore esponente della Riforma in Svizzera fu Uldrych Zwingli (1484-1531), che si ispirò a Erasmo, di cui era amico, e a Lutero: da Erasmo trasse la convinzione della necessità di una riforma dei costumi della Chiesa; da Lutero derivò il principio della centralità delle Sacre Scritture.
Zwingli però propugnò la sua dottrina in maniera ancora più rigorosa di Lutero: per lui, infatti, occorreva eliminare dalla vita religiosa tutto ciò di cui non si faceva parola nella Bibbia.
Diversamente da Lutero, Zwingli sosteneva che Cristo non è presente nell'ostia consacrata.
Un altro punto di dissenso era costituto dal fatto che Zwingli, il quale aveva sentito a questo proposito l'influenza di Erasmo, riteneva che l'uomo non avesse perduto, a causa del peccato originale, la sua capacità di conoscere Dio attraverso la ragione (per Lutero, invece, la sola forma possibile di conoscenza era data dalla fede).
Tra l'umanista Erasmo e i sostenitori della Riforma c'era comunque una differenza sostanziale: l'uno guardava all'antichità classica come a un modello; gli altri, invece, avevano come punto di riferimento il cristianesimo delle origini.
Nel 1528 Zwingli riuscì a fare aderire Zurigo alla Riforma, convincendo il governo della città ad abolire il culto della Madonna e dei santi e il celibato ecclesiastico e a sostituire il latino con il tedesco nelle cerimonie liturgiche.
Nel 1529 aderì alla Riforma anche la città di Basilea, grazie all'opera di Johann Husschin (Giovanni Ecolampadio, 1482-1531): alla messa fu sostituita la lettura della Bibbia.
La diffusione delle idee di Zwingli in Svizzera non fu pacifica. La Confederazione svizzera era divisa in cantoni: alcuni aderirono alla nuova confessione religiosa, mentre altri rimasero fedeli al cattolicesimo.
Dai primi scontri armati si pervenne a una vera e propria guerra tra protestanti e cattolici. Nel 1531 la battaglia di Kappel segnò la sconfitta dei seguaci di Zwingli, che fu ferito e poi ucciso. La pace lasciò la Svizzera divisa in cantoni cattolici e protestanti.
Basilea diventò il rifugio di coloro che in altre parti d'Europa erano perseguitati per le loro idee religiose. Vi trovò asilo, tra gli altri, il francese Jean Cauvin, conosciuto in Italia come Giovanni Calvino (1509-1564).
Costretto a riparare in Svizzera, perché a Parigi aveva mostrato di essersi avvicinato alle idee della Riforma, Calvino in un primo momento si recò a Basilea, dove pubblicò l'opera Institutio christianae religionis.
Calvino rese ancora più estreme certe posizioni teologiche di Lutero. Parlò dell'esistenza di una doppia predestinazione: una parte dell'umanità è predestinata alla salvezza, un'altra alla dannazione.
Proprio per questo motivo, non sapendo se si è fra gli eletti o meno, ciascuno deve comunque cercare di rendersi degno della scelta operata da Dio, impiegando tutte le proprie energie nel lavoro.
Calvino aveva una concezione molto positiva delle attività umane: impegnarsi in esse costituiva un modo per glorificare Dio.
La concezione del lavoro predicata dal calvinismo è stata considerata tra le cause che spinsero gli uomini del Cinquecento a impegnare ogni loro energia nel lavoro, dando origine a un'intensa attività economica: la riuscita negli affari diveniva il segno, evidente a tutti, della scelta divina.
Mentre nei luterani la dottrina della predestinazione spingeva all'accettazione della condizione di vita che Dio aveva assegnato a ciascuno, nei calvinisti l'esercizio di un'attività economica era sentito come un dovere, cui si era chiamati da Dio.
Occorreva perciò assolvere a essa con il massimo impegno possibile, lo stesso con cui i capitalisti si dedicavano all'accumulazione delle ricchezze.
La Ginevra calvinista
Egli cercò di trasformare la società di Basilea in senso integralmente evangelico, ma incontrò forti opposizioni e fu costretto ad allontanarsi.
Riuscì, invece, nel suo intento a Ginevra, dove improntò la vita della città a un grande rigore morale. Per Calvino, infatti, Chiesa e società dovevano coincidere.
La struttura della Chiesa riformata di Calvino venne regolata non più in base al principio gerarchico della diversa autorità dei rappresentanti ecclesiastici (come avveniva nella Chiesa cattolica con il papa e con i vescovi), ma sul fondamento del principio collegiale, sia pure con diverse funzioni.
I pastori predicavano e celebravano i sacramenti; i dottori si occupavano delle questioni teologiche; gli anziani (presbiteri) vigilavano sulla condotta morale dei credenti; i diaconi curavano l'assistenza ai poveri.
Il governo della città di Ginevra aveva un carattere teocratico. Tutta la vita cittadina doveva essere improntata dall'interpretazione che Calvino dava al cristianesimo.
Chi era contrario a essa si poneva fuori anche dalla comunità politica. Ciò generò una nuova intolleranza religiosa, rivolta non più contro i protestanti ma contro coloro che non aderivano alle idee di Calvino.
Michele Serveto, un riformatore spagnolo che si era allontanato dal suo paese per sfuggire all'Inquisizione cattolica e si era rifugiato a Ginevra, fu fatto arrestare da Calvino, perché era contrario alla dottrina della Trinità.
Serveto fu condannato e bruciato sul rogo nel 1553.
Il rogo di Serveto fu accolto con grande preoccupazione da quanti avevano visto nella Riforma la possibilità dell'inizio di una pacifica convivenza tra le diverse fedi religiose.
Negli stessi anni la Riforma luterana si affermò anche in Danimarca, Norvegia e Svezia.
I tre paesi erano stati uniti alla fine del XIV secolo sotto la corona del sovrano di Danimarca, ma proprio contemporaneamente alla diffusione del protestantesimo si verificarono nel grande regno del nord importanti trasformazioni politiche.
Quando Cristiano II (1481-1559) diventò re di Danimarca, ottenne il riconoscimento della sua sovranità soltanto dalla Norvegia; tentò inutilmente di ottenerlo anche dalla Svezia, che si rese indipendente sotto la guida di Gustavo Vasa. Questi fece della Svezia il più potente regno del nord e, col nome di Gustavo I (ca. 1496-1560), è ricordato come uno dei suoi maggiori sovrani.
Cristiano III (1503-1559), fratello di Cristiano II che era stato imprigionato per la sollevazione della Danimarca contro di lui, introdusse la riforma (dieta di Copenaghen, 1536) in Danimarca; nel congresso di Brunswick volle favorire la causa protestante in Germania e, in sua difesa, lottò contro Carlo V.
Rifiutò, tuttavia, di partecipare alla Lega di Smalcalda (1546).
Nello stesso anno anche la Norvegia diventa protestante.
Nel 1544 il protestantesimo diventò la religione dello Stato svedese. In Svezia ci furono anche motivazioni economiche a fondamento della diffusione della Riforma.
Il primo provvedimento adottato da Gustavo I fu, infatti, la confisca di una parte delle terre ecclesiastiche, che erano molto estese.
Lentamente furono introdotti in Svezia gli elementi basilari della religione protestante, come la proibizione del culto dei santi e la fine dell'obbligatorietà del celibato degli ecclesiastici.
Paesi Bassi
Per comprendere la diffusione della Riforma protestante nei Paesi Bassi nella forma del calvinismo, dobbiamo considerare anche lo sviluppo economico di quei paesi, dovuto sia al commercio sia alla manifattura.
Al centro di questo sviluppo economico era la città di Anversa la cui crescita si deve allo spostamento del centro del commercio europeo dal Mediterraneo all'Atlantico.
Nel 1499 i mercanti portoghesi ne scelsero il porto come emporio di tutte le spezie provenienti dall'Estremo Oriente. Ad Anversa le spezie erano poi rivendute ai mercanti dell'intera Europa.
Questo commercio s'intensificò dopo che, nel 1498, Vasco da Gama ebbe raggiunto l'India circumnavigando l'Africa e le spezie cominciarono a giungere in Europa via mare.
Anversa era al centro delle correnti commerciali che si svolgevano tra i paesi economicamente più sviluppati d'Europa. La città si trovava in una posizione geografica estremamente favorevole, sullo stesso mare che bagnava l'Inghilterra, la Francia e le città tedesche, e con un vasto retro terra costituito dalla Germania e dalla Francia e percorso da una rete di corsi d'acqua navigabili.
Anversa era anche un centro del commercio dei tessuti. Erano stati gli inglesi a scegliere la città fiamminga come mercato dei loro prodotti tessili, concentrandovi le esportazioni che effettuavano verso l'Europa: il loro monopolio era nelle mani della compagnia dei merchant venturers (mercanti).
Il commercio stimolava anche le altre attività economiche, dall'edilizia, a causa delle crescenti richieste di locali per le aziende, alle assicurazioni: i mercanti che intraprendevano viaggi pericolosi assicuravano sia la propria vita sia le merci che trasportavano.
La scelta di Anversa era favorita dalle condizioni che venivano accordate ai mercanti stranieri, esentati, ad esempio, dall'osservanza delle regole alle quali dovevano uniformarsi gli stranieri che non esercitavano il commercio.
Gli italiani furono tra i più attivi mercanti che operarono ad Anversa: un italiano, Gaspare Ducci, diventò il maggiore esperto finanziario della città.
Il calvinismo si diffuse rapidamente nei Paesi Bassi. I seguaci di Calvino celebravano il lavoro, essi trovarono perciò un terreno particolarmente favorevole alla loro predicazione nei centri manifatturieri e tra gli strati borghesi e popolari, incontrando il consenso dei mercanti, dei marinai e degli artigiani.
I nobili, invece, rimasero in gran parte fedeli al cattolicesimo, che restò comunque la religione maggioritaria. I rapporti tra calvinisti e cattolici erano difficili, ma in tutti e due gli schieramenti esistevano tendenze che cercavano di esercitare un'azione moderatrice.
In Francia
I calvinisti fecero numerosi proseliti anche in Francia, dove erano chiamati ugonotti (da Huguenot, che deriva dal tedesco Eidgenosse, confederato). Erano guidati dalla potente famiglia dei Borbone.
A capo dei cattolici erano, invece, i Guisa, un'altra delle maggiori famiglie francesi.
I sovrani, Francesco II e sua moglie, la scozzese Maria Stuart, erano cattolici, ma gli ugonotti avevano formato una sorta di Stato nello Stato, organizzandosi militarmente, con uomini armati e città fortificate (la più importante era La Rochelle). I cattolici continuavano però a essere in maggioranza e avevano il loro punto di forza nella città di Parigi.
Alla morte di Francesco II, nel 1560, mentre Maria Stuart tornava in Scozia, la reggenza fu assunta dalla madre, Caterina de' Medici (1519-1589), in nome del figlio secondogenito Carlo IX (1550-1574), che aveva solo dieci anni.
La divisione fra cattolici e ugonotti diede origine a tre guerre di religione. Bisogna osservare che gli ugonotti erano più forti nelle regioni più lontane da Parigi: quelle atlantiche, intorno ai cui porti si era sviluppata una nuova borghesia commerciale, e in Linguadoca, dove già nei secoli passati erano nati movimenti eretici. Parigi, invece, rimase una roccaforte cattolica.
Le guerre di religione in Francia
La prima guerra di religione scoppiò nel 1562 e si concluse un anno dopo, con l'editto di Amboise, che riconosceva agli ugonotti la libertà di coscienza ma limitava quella di culto: a Parigi solo i nobili erano liberi di praticare privatamente il calvinismo.
Altre due guerre furono combattute negli anni seguenti. Nel 1570, con la pace di Saint-Germain, gli ugonotti si videro riconosciuto il diritto di mantenere proprie truppe.
La loro influenza sembrò poter arrivare anche a corte, dove uno dei loro maggiori rappresentanti, l'ammiraglio Gaspard de Coligny (1519-1572), occupava una posizione di grande rilievo.
Caterina de' Medici, infatti, dopo essere stata più vicina ai cattolici, aveva cominciato ad accostarsi agli ugonotti, fino a stringere un'alleanza matrimoniale con la famiglia dei Borbone, dando in sposa sua figlia Margherita a Enrico di Borbone (1553-1610), figlio della calvinista regina di Navarra, autonomo regno della penisola iberica, e chiamato perciò anche Enrico di Navarra.
Ma il matrimonio, che si celebrò a Parigi il 18 maggio 1572 tra l'ostilità della popolazione, fu l'occasione dello scontro decisivo, non della riappacificazione.
Quattro giorni più tardi, infatti, Gaspard de Coligny fu ferito in seguito a un complotto e, per prevenire la possibile reazione degli ugonotti, i cattolici decisero di sterminarli. Il 24 agosto, nella notte di san Bartolomeo, ebbe inizio il massacro
Enrico di Borbone fu costretto ad abiurare, ma tornò poi a schierarsi con gli ugonotti, mentre sul trono di Francia saliva Enrico III di Valois (1551-1589), altro fratello di Carlo IX.
Si formò allora una lega cattolica guidata da Enrico di Guisa (1549-1588), che aveva già combattuto contro gli ugonotti. Iniziò una nuova guerra, che fu chiamata «dei tre Enrichi».
Nel 1587 Enrico III di Valois fece uccidere Enrico di Guisa, ma cadde a sua volta vittima di un attentato. Rimase così soltanto l'ugonotto Enrico di Borbone, che fu il fondatore della potenza dei Borbone.
Prima di morire Enrico III lo aveva indicato come suo successore, ma aveva posto come condizione la sua conversione al cattolicesimo.
La maggioranza dei francesi, infatti, era rimasta cattolica e lo era soprattutto Parigi. Enrico di Borbone accettò di convertirsi, perché era il solo modo per il capo degli ugonotti di diventare re di tutti i francesi.
Nel 1594 salì sul trono con il nome di Enrico IV.
Nel 1598 emanò l'editto di Nantes, che garantiva agli ugonotti la libertà di culto, tranne che a Parigi, e lasciava loro alcune piazzeforti, tra cui La Rochelle. Questa soluzione assicurò la pace interna e il prestigio della monarchia. Le divisioni religiose però rimasero.
In Inghilterra la prima metà del Cinquecento fu dominata dalla figura di Enrico VIII (1491-1547), che diventò re nel 1509, e la seconda metà del secolo da quella di sua figlia Elisabetta (1533-1603), che salì sul trono nel 1558.
Enrico VIII ebbe un importante ruolo nel rafforzamento della monarchia inglese, perché accentuò la centralizzazione dello Stato, unì il Galles all'Inghilterra e rese più stretti i rapporti con l'Irlanda, ma di lui si ricorda soprattutto la separazione della Chiesa d'Inghilterra da quella di Roma.
Il re agì per motivi non religiosi ma politici e anche personali. Sua moglie, Caterina d'Aragona (1485-1536), non gli diede eredi maschi ed Enrico VIII chiese perciò al pontefice la concessione del divorzio, intendendo sposare l'inglese Anna Bolena (ca. 1507-1536), damigella di corte di Caterina. Clemente VII rifiutò e nel 1534 Enrico VIII colse l'occasione per rompere i rapporti con Roma.
Nel 1534, con l'emanazione dell'Atto di supremazia, il re si proclamò capo della Chiesa d'Inghilterra, che fu chiamata Chiesa anglicana, e ordinò la soppressione di tutti i monasteri, espropriandoli dei loro beni.
Le terre possedute dalla Chiesa erano molto estese e il sovrano poté ricavare dalla loro confisca ingenti somme di denaro e anche vantaggi politici, vendendole a coloro che le tenevano in affitto. Trasformati così in proprietari, gli ex affittuari si sentirono obbligati verso la corona da più stretti vincoli di fedeltà.
Divenuta regina d'Inghilterra, Anna Bolena partorì Elisabetta, ma nemmeno lei riuscì a dare al re un erede maschio. Per questo motivo, cadde in disgrazia e fu giustiziata.
Tommaso Moro
La più illustre vittima del conflitto tra Enrico VIII e la Chiesa di Roma fu Tommaso Moro. Umanista e amico di Erasmo, era diventato famoso nel 1516 per avere scritto Utopia.
In quest'opera, che diede l'avvio a un importante filone di letteratura politica, definito in seguito utopistico, era immaginata una società perfetta; in essa, secondo Moro, la proprietà privata avrebbe dovuto essere abolita, con la conseguente scomparsa dei conflitti sociali, e avrebbero dovuto esserci tolleranza e libertà.
Tommaso Moro era diventato cancelliere succedendo al cardinale Thomas Wolsey, che aveva spinto il sovrano a chiedere il divorzio.
Schierato anche lui in un primo momento a difesa delle prerogative regali, Tommaso Moro si allontanò da Enrico VIII quando questi decise di divorziare per sposare Anna Bolena. Moro rifiutò di presenziare alle nozze, caduto in disgrazia venne costretto a dare le dimissioni da cancelliere.
Nel 1534, essendosi rifiutato di accettare l'Atto di supremazia, fu arrestato e imprigionato. Accusato di avere negato che il re potesse essere a capo della Chiesa anglicana, al processo si difese ribadendo la tesi che «nessun uomo dotato di potere temporale può guidare la spiritualità».
Il tribunale gli era avverso: ne facevano parte il padre, il fratello e lo zio della nuova regina. Tommaso Moro fu condannato a essere «torturato, impiccato e squartato».
La Chiesa anglicana e le questioni teologiche
La separazione della Chiesa d'Inghilterra da quella di Roma, sebbene fosse definita «scisma d'Inghilterra», non comportò agli inizi forti differenze teologiche.
Anche Enrico VIII proibì l'uso del latino nelle cerimonie religiose e promosse la traduzione in inglese della Bibbia, ma non si avvicinò al protestantesimo e ne perseguitò i seguaci.
Soltanto nel 1549, durante il regno di Edoardo VI, e soprattutto per volontà del parlamento, furono realizzate riforme che investirono più direttamente la sfera teologica.
Furono, infatti, introdotti in Inghilterra alcuni princìpi affermati dai seguaci della Riforma, come il matrimonio degli ecclesiastici e la riduzione dei sacramenti a due soli, il battesimo e l'eucaristia.
Con l'Atto di uniformità fu stabilito che il culto ufficiale doveva essere accettato da tutti i sudditi inglesi, per i quali fu anche approvato il Book of Common Prayer (o Prayer book), un libro di preghiere, che costituì il testo fondamentale della liturgia anglicana.
Maria Tudor e il ritorno al potere dei cattolici
Dopo la morte di Enrico VIII, ci furono anni di lotte dinastiche e politiche. Edoardo VI (1537-1553), il figlio che Enrico VIII aveva avuto dalla terza moglie, Jane Seymour, gli succedette all'età di dieci anni (fu chiamato il «re fanciullo»), sicché il governo del regno dovette essere affidato a un reggente, favorevole agli anglicani.
Alla sua morte, avvenuta quando aveva appena sedici anni, salì sul trono inglese Maria I Tudor (1516-1558), figlia di Enrico VIII e di Caterina d'Aragona.
A causa del divorzio tra i due sovrani Maria era stata dichiarata figlia illegittima e aveva perso il diritto alla successione sul trono d'Inghilterra, che aveva poi riottenuto.
Maria Tudor cercò di restaurare il potere del cattolicesimo, facendo sottoporre a tortura e mandando poi sul rogo alcuni esponenti anglicani (metodi non molto diversi erano stati adoperati in precedenza dagli anglicani contro i cattolici). La durezza della persecuzione le valse il nome di Maria la Sanguinaria.
La sua azione fu sostenuta dal legato pontificio, il cardinale Reginald Pole (1500-1558), che Maria Tudor nominò arcivescovo di Canterbury e che cercò di riportare l'Inghilterra sotto il dominio di Roma.
Nel 1554 Maria Tudor andò sposa al re di Spagna Filippo II: fu un matrimonio politico che avrebbe dovuto essere il fondamento di una solida alleanza tra Spagna e Inghilterra.
Gli interessi delle due potenze erano però troppo divergenti perché un'alleanza dinastica potesse conciliarli e il matrimonio con Filippo II suscitò molte opposizioni: con esso, infatti, Filippo assumeva il titolo di re d'Inghilterra (che avrebbe però perduto se non avesse avuto figli da Maria) e gli inglesi non avrebbero mai accettato un sovrano spagnolo.
La lotta tra Maria Stuart ed Elisabetta
Maria Tudor non ebbe figli e alla sua morte, nel 1558, i cattolici inglesi si batterono perché diventasse regina Maria Stuart (1542-1587), regina di Scozia e moglie di Francesco, figlio del re di Francia Enrico II e futuro sovrano francese.
Proprio questo matrimonio però impedì che la sua candidatura fosse appoggiata dall'intera cattolicità: Filippo II, il più potente sovrano cattolico, non avrebbe mai potuto permettere che i regni d'Inghilterra e di Francia si riunissero nelle stesse mani e non appoggiò le aspirazioni di Maria Stuart.
Nel 1558 perciò diventò regina Elisabetta. Anche lei era stata dichiarata figlia illegittima, ma il suo diritto era stato riconosciuto da Enrico VIII in un Atto di successione ed era stato ribadito nel suo testamento.
Maria Stuart tornò in Scozia, accolta con favore, sebbene fosse cattolica, dai seguaci di ]ohn Knox (1514-1572), che vi avevano fondato la Chiesa presbiteriana (dal nome degli anziani, cioè dei presbiteri, che la dirigevano).
Knox, che era un ex sacerdote cattolico, negli anni ’40 era diventato seguace del riformatore scozzese George Wishart, condannato a morte per eresia.
In seguito all’ascesa al trono della cattolica Maria Tudor (1553), Knox riparò nel continente e soggiornò a Ginevra dove conobbe Giovanni Calvino (pubblicando, fra l’altro nel 1558, l’opera Il primo squillo di tromba contro l'orribile regime delle donne, dedicato alla situazione scozzese).
Rientrato in patria nel 1559, fu tra i principali animatori della rivolta protestante contro la corona cattolica che, per motivi dinastici, era sostenuta dagli eserciti francesi.
Il partito protestante, che aveva fatto presa soprattutto sulla piccola nobiltà terriera, avversa alla grande proprietà ecclesiastica e feudale, alla fine riuscì a prevalere prendendo il controllo del governo, grazie anche al sostegno della corona inglese che, con Elisabetta I Tudor, si era ormai decisamente schierata nel versante anti-cattolico.
Il 17 agosto 1560, la Professione di Fede dei riformatori protestanti, scritta soprattutto da Knox e largamente ispirata alle idee calviniste, assunse un'impronta nazionale di contrapposizione all'Inghilterra.
Fu adottata dal parlamento scozzese e rimase, per circa due secoli, la dottrina autorizzata della Chiesa presbiteriana.
Fu proprio in nome della nazione scozzese che i presbiteriani cercarono un accordo con Maria Stuart e con i cattolici. L'accordo però fu di breve durata, perché Maria Stuart favorì i cattolici, provocando così la rivolta dei presbiteriani, che la costrinsero infine a fuggire dalla Scozia e a rifugiarsi in Inghilterra, presso Elisabetta, sua cugina.
I cattolici inglesi cominciarono però a complottare per farla salire sul trono al posto di Elisabetta, che scoprì la congiura e fece imprigionare Maria Stuart.
Nell'ottobre del 1586, mentre iniziava il processo, la regina scrisse alla prigioniera una lettera che era un vero e proprio atto di accusa: «Avete cercato in tutti i modi e con tutti i mezzi di togliermi la vita e di gettare il mio regno nella distruzione con spargimento di sangue. Questi tradimenti vi saranno provati».
Maria Stuart fu condannata a morte e giustiziata l'anno seguente.
Le tendenze riformatrici nella Chiesa cattolica
La Chiesa cattolica reagì alla Riforma protestante sia ribadendo le sue posizioni tradizionali sia dando spazio a tendenze riformatrici, che chiedevano un profondo rinnovamento, con l'abbandono degli atteggiamenti troppo politici o mondani. L'esistenza di queste tendenze riformatrici, già prima della rottura di Martin Lutero con Roma, ha fatto parlare di una Riforma cattolica.
Si indica, invece, col termine di Controriforma la reazione intesa esclusivamente a limitare le conseguenze della predicazione di Lutero, bloccando ogni possibile allargamento dell'influenza protestante.
La Riforma cattolica fu comunque cosa molto diversa da quella protestante.
Le correnti riformatrici interne alla Chiesa chiedevano la moralizzazione dei costumi e un più forte richiamo al Vangelo, ma non rifiutavano alcun sacramento né proponevano di modificare l'organizzazione ecclesiastica, che avrebbe dovuto continuare ad avere al suo vertice il pontefice.
Paolo III
Nel 1534 salì al trono pontificio Paolo III (1468-1549), che sembrò rispondere alle attese di quanti chiedevano un rinnovamento della Chiesa.
Egli nominò una commissione che aveva il compito di elaborare un progetto per la riforma della Chiesa e ne affidò la guida al cardinale Gaspare Contarini (1483-1542), che era uno dei maggiori esponenti del movimento riformatore.
Lo stesso Contarini rappresentò i cattolici alla dieta di Ratisbona, nel 1541, dove si cercò inutilmente di sanare la frattura che si era prodotta nel mondo cristiano.
La consapevolezza che essa fosse ormai divenuta insanabile spinse Paolo III, convinto che si dovesse reagire sia sul piano dottrinale sia su quello organizzativo, a convocare un concilio, prima a Mantova e poi a Trento.
L'esperienza dei precedenti concili destava qualche preoccupazione nel pontefice, il quale temeva che i padri conciliari potessero assumere atteggiamenti di autonomia e intendeva perciò mantenerli sotto uno stretto controllo.
In attesa che il concilio potesse riunirsi, Paolo III rafforzò l'Inquisizione, istituendo il tribunale del Sant'Uffizio, un collegio di cardinali, per indagare su coloro che deviavano dalla fede cattolica o erano sospettati di eresia, e per punire i colpevoli col carcere, con la confisca dei beni e anche con la pena capitale.
Il concilio di Trento
Lo svolgimento del concilio fu difficile, lungo e complesso.
Esso ebbe inizio nel 1545 con una partecipazione di prelati molto ridotta, che rimase tale anche negli anni successivi.
Nel corso dello svolgimento del concilio, che conobbe lunghe interruzioni, si succedettero quattro pontefici: oltre a Paolo III, Giulio III (1487-1555), Paolo IV (1476-1559) e Pio V (1504-1572).
Paolo IV fece pubblicare un Indice dei libri proibiti, in cui erano inseriti tutti i libri considerati pericolosi per la Chiesa e, dopo la conclusione del concilio, Pio V creò una congregazione incaricata di completare e aggiornare l'Indice.
Il concilio di Trento terminò nel 1563, con la riaffermazione della suprema autorità del pontefice. Vennero condannate duramente le dottrine luterana e calvinista e colpiti con la scomunica tutti coloro che sostenevano la tesi della «giustificazione per fede» - secondo la quale l'uomo non può essere «giustificato» davanti a Dio dalle sue opere - e la tesi della predestinazione.
Il concilio di Trento riaffermò il valore di tutti i sacramenti, e in particolare dell'eucaristia, comminando la scomunica a quanti negavano la transustanziazione. Il concilio ribadì l'esistenza del Purgatorio e il potere d'intercessione dei santi. I padri conciliari riaffermarono anche la facoltà della Chiesa di concedere indulgenze, la cui vendita, come si è visto, aveva offerto a Lutero l'occasione per la sua protesta. Invitarono però le autorità ecclesiastiche a ricorrervi con moderazione, abolendone ogni «indegno traffico».
I nuovi ordini religiosi
Nel 1540 Paolo III approvò la regola della Compagnia di Gesù dotando la Chiesa di una formidabile organizzazione, una sorta di sacra milizia.
L'ordine era stato fondato da Ignazio di Loyola (1491-1556), un hidalgo spagnolo che aveva dedicato la sua vita alla difesa della Chiesa e del pontefice. I membri dell'ordine, in cui dominava una ferrea disciplina spirituale, svolsero la loro attività soprattutto presso le corti e fra le classi dirigenti, in modo da acquisire una grande influenza sulle decisioni dei sovrani e sull'attività dei governi.
Ma i gesuiti si distinsero anche nell'attività missionaria sia nei paesi non cristiani, con la predicazione svolta dallo spagnolo Francesco Saverio (Francisco de Jaso, 1506-1552) in India e in Giappone e dall'italiano Matteo Ricci (1552-1610) in Cina, sia negli stessi paesi considerati pienamente cattolici. In questi ultimi le missioni ebbero luogo soprattutto nelle campagne, dove il cristianesimo si era sovrapposto ad antichissimi riti pagani, dando vita a una religiosità popolare intrisa di credenze magiche. Anche in Italia furono svolte missioni di questo genere.
In quegli stessi anni furono fondati altri due importanti ordini, i teatini e i cappuccini. Questi, che al concilio di Trento ottennero il diritto di vivere in povertà, si ponevano nel solco della tradizione francescana, dove anche in passato era stata molto viva l'aspirazione alla purezza delle origini. Proprio tra i cappuccini si verificò la più importante defezione che ci fu in quegli anni nelle file della Chiesa cattolica: nel 1542 il generale dell'ordine, Bernardino Ochino (1487-1564), fuggì a Ginevra e aderì al calvinismo.
Dopo la Riforma il pontefice non fu più visto come il rappresentante dell'intera cristianità dell'Europa occidentale. La conseguenza negativa fu una nuova identificazione tra potere politico e religioso.
Ciò avvenne in Inghilterra, dove il re diventò anche capo della Chiesa; in Germania, dove le Chiese luterane cercarono la protezione dei principi; in Spagna, dove la monarchia cattolica ebbe legami molto stretti con le autorità ecclesiastiche.
Ci fu, però, una conseguenza positiva molto importante: mentre in alcuni paesi i legami tra i sovrani e le autorità ecclesiastiche si facevano più stretti, acquistò vigore anche il principio opposto della separazione tra Stato e Chiesa.
In seguito non sarebbero mancati conflitti e persecuzioni di carattere religioso ma, almeno sul piano teorico, nel Cinquecento iniziò il riconoscimento della libertà di religione che nei secoli successivi avrebbe sempre più caratterizzato il mondo cristiano.
Certo, quella libertà fu ottenuta in forme ancora limitate, ma furono compiuti i primi, importanti passi che avrebbero poi portato all'affermazione in Europa del principio della libera scelta religiosa dell'individuo.