La filosofia dell'Ottocento, secondo alcuni, o è idealista o positivista. Una tale distinzione appare troppo categorica e sommaria. In realtà, abbiamo visto che nel generale movimento romantico la filosofia idealista occupa un notevole spazio, ma con profonde differenziazioni interne. Ciò vale anche per il positivismo. Visti da lontano, questi movimenti appaiono abbastanza omogenei; ma non appena ci si avvicina, emergono differenze e anche posizioni contrastanti. I pensieri che in Saint-Simon si affacciano in forma ancora nebulosa sono organizzati in un sistema completo da Auguste Comte (1798-1857), iniziatore di quel "positivismo" che permeerà di sé larga parte del secondo Ottocento. Comte, nato a Montpellier, conobbe le idee di Saint-Simon già durante il corso dei suoi studi all'École Polytechnique. Questa era stata fondata dalla rivoluzione per formare i quadri tecnici dell'esercito, divenendo in breve tempo punto di convergenza degli studi tecnici e scientifici: adattissimo, quindi, ad accogliere il verbo sansimoniano, che su quella convergenza voleva fondare la nuova società. Essendo troppo giovane, vi fu ammesso soltanto nel 1814, venendone però allontanato nel 1816 per le sue idee repubblicane. Non ebbe mai, perciò, degli incarichi nell'insegnamento statale e la sua carriera di professore fu delle più difficili, tanto che per anni fu semplice ripetitore ed esaminatore dei candidati dell'École, dove avrebbe tanto desiderato insegnare matematica. Fu in grado di dominare realmente il sapere scientifico della sua epoca e fu, a sua volta, un matematico di un certo livello. Dal 1817 al 1824 fu segretario del conte di Saint-Simon, dal quale trasse qualche elemento (ma non certo una sintesi o un sistema) per fondare la sua futura "fisica sociale" e l'altrettanto famosa "filosofia positiva". Saint-Simon fece pubblicare a suo nome uno dei primi scritti di Comte, il che provocò la rottura. Con il trascorrere degli anni, l'animosità nei confronti dell'antico amico e in qualche modo maestro andò crescendo: nel 1842, Saint-Simon è uno scrittore "forte ed ingegnoso, ma molto superficiale"; nel 1853 non è più che un "giocoliere depravato". Comte aveva una conoscenza delle scienze contemporanee incomparabilmente superiore a quella del Saint-Simon, e già nel maggio 1822 aveva disegnato un progetto generale della sua opera nel Piano dei lavori scientifici necessari per la riorganizzazione della società (ripubblicato poi nel 1824 col titolo Politica positiva). Cominciato il proprio corso di filosofia positiva nell'aprile del 1826 (si era da poco sposato), lo dovette interrompere dopo appena tre lezioni a causa d'una grave depressione che lo costrinse al ricovero in casa di cura fino a tutto il 1828. Attribuì il merito dell'uscita da questa difficoltà "alla potenza intrinseca della sua organizzazione", cioè all'introspezione ordinata e tenace. Guarito, nel 1829 riprese nella sua abitazione il corso interrotto e iniziò la stesura del Corso di filosofia positiva (6 voll., 1830-42). Il Discorso sullo spirito positivo è del 1844. Negli anni dal1851 al 1854, pubblicò anche la Politica positiva o Trattato di sociologia istituente la religione dell'umanità (4 voll.). Infine nel 1852 comparve il suo Catechismo positivista, seguito anche da un Calendario positivista. Dopo essersi innamorato perdutamente e romanticamente di una intellettuale, Clotilde de Vaux, che viveva separata dal marito, si separò a sua volta dalla moglie nel 1845. Ma Clotilde morì l'anno successivo. Egli ne idealizzò la figura, facendone il simbolo della nuova umanità, la sua Beatrice. Nel 1848, intanto, aveva fondato la Società Positivista. Ma tutta questa attività non portava con sé guadagni di sorta e per questa ragione egli visse sempre in ristrettezze. Fu in contatto con John Stuart Mill, che lo aiutò anche finanziariamente. Visse praticamente con gli aiuti che gli venivano dagli allievi e dai fedeli della sua nuova religione del "Progresso e dell'Umanità" che avrebbe dovuto far comprendere l'esigenza di portare a termine il programma di Condorcet: abolire le brume della superstizione e il buio della tirannide. Ma questa abolizione per Comte non poteva avvenire se non associando al tema illuminista del progresso quello tradizionalista dell'ordine. Per questa ragione egli riteneva necessaria una sorta di nuova fede da porre a base dello sforzo di rinnovamento e di progresso della società. Nel testamento lasciò la casa di Parigi quale centro di culto della "religione dell'umanità". Lì i suoi ammiratori hanno sempre celebrato il suo anniversario.
Il positivismo è anzitutto un certo modo di leggere il passato dell'Occidente; il passato moderno, come fa la Sommaria stima dell'insieme del passato moderno, uno scritto del 1820. In modo particolare, la storia moderna sarebbe una storia della rivoluzione come rivoluzione necessariamente incompiuta. Quella di Comte fu una sorta di filosofia dello spirito attraverso le scienze. Senza conoscere direttamente né Vico né Hegel (diceva che per "igiene mentale" si doveva leggere il meno possibile; affermazione paradossale che deve intendersi come un invito a selezionare e concentrare le proprie letture, con metodo), Comte formula una legge dei tre stadi che rappresenta la sua personale interpretazione della storia. "La legge consiste nel fatto che ogni nostra fondamentale concezione, ogni settore delle nostre conoscenze passa attraverso tre diversi stadi teorici. ... In altri termini lo spirito umano usa, per sua natura, successivamente, in ogni fase delle proprie ricerche, tre diversi metodi di filosofare": teologico (o fittizio); metafisico (o astratto); positivo (o scientifico, che è lo stesso)". I due primi si oppongono nettamente al terzo.
Nel primo stadio, che rappresenta anche l'inizio dello spirito umano, la ricerca si dirige verso "la natura intima degli esseri, verso le cause prime e finali di tutti gli effetti che lo colpiscono, in una parola verso le conoscenze assolute". La ragione degli eventi, secondo il principio di causa, viene allora attribuita "all'azione diretta e costante di agenti sovrannaturali, più o meno numerosi, il cui intervento arbitrario spiega le apparenti anomalie dell'universo". Nello stadio metafisico - che sostanzialmente è soltanto una modificazione del primo e funziona come transizione dal primo al secondo (a differenza che in Hegel, qui non c'è processo dialettico e quindi non c'è opposizione tra uno stadio e l'altro, ma soltanto movimento dall'uno all'altro, secondo il progressivo evolversi della conoscenza) - "gli agenti soprannaturali sono sostituiti da forze astratte, vere entità, astrazioni personificate, inerenti ai diversi esseri del mondo e concepite come capaci di produrre tutti i fenomeni che cadono sotto la nostra osservazione".
Nello stadio positivo, invece, l'uomo rinuncia ad una conoscenza assoluta e a ricercare l'origine e il destino dell'universo, rinuncia alle cause assolute, per stabilirne con esattezza le leggi. Nel Discorso del 1844 preciserà: "Lo spirito umano, avendo spontaneamente constatato da quelle esercitazioni preparatorie la completa inanità delle spiegazioni vane e arbitrarie proprie della filosofia iniziale, sia teologica sia metafisica, rinuncia ormai alle ricerche assolute che convenivano soltanto all'infanzia, e circoscrive il suo sforzo entro il dominio sempre più vasto della vera osservazione, sulla quale soltanto si fondano le conoscenze veramente accessibili e rispondenti ai nostri bisogni reali". Quindi, per Comte, ogni proposizione che non sia strettamente riducibile alla semplice enunciazione di un fatto, particolare o generale, non offre alcun senso reale e intelligibile. Nello stadio "maturo" dell'umanità, coincidente con il dominio delle scienze, si sostituisce "alla inaccessibile determinazione delle cause propriamente dette la semplice ricerca delle leggi"; non ci si chiede più perché vi siano i fenomeni, bensì come precisamente si svolgano. Come già aveva detto Saint-Simon, l'essenziale della scienza è saper prevedere: e solo la conoscenza delle leggi, non una più o meno plausibile spiegazione delle cause, permette di prevedere. Lo stadio teologico e quello metafisico avevano il loro conforme ordinamento sociale (rispettivamente la monarchia e la sovranità popolare): lo stesso deve avere lo stadio positivo, che troverà la propria organizzazione in una società spirituale, non dissimile da quella del cristianesimo primitivo (come in Saint-Simon). Comte osserva che, nel suo tempo, alcune scienze sono già entrate nella fase positiva, altre no. Fra tutte le scienze quella che è ancora maggiormente lontana dal suo stadio positivo è la scienza dell'organizzazione sociale, dove regna un'anarchia intellettuale che porta inevitabilmente con sé il disordine morale e politico. A ciò si deve porre rimedio. Ma, per questo, occorre fare della sociologia una scienza, altrettanto positiva quanto la fisica: una sorta di "fisica sociale", che permetta di porre fine, su basi scientifiche, alle crisi rivoluzionarie non ancora superate.
C'è, dunque, necessariamente una classificazione delle scienze. Una volta distinte la scienza dalle sue applicazioni (dunque lo scienziato dall'ingegnere), e le scienze astratte da quelle concrete, si deve trovare come si sono storicamente e necessariamente costituite e sviluppate le scienze fondamentali. La fisica inorganica si suddivide in fisica celeste (astronomia) e fisica terrestre (fisica in senso stretto e chimica); la fisica organica si distingue in fisiologia (o biologia) e in fisica sociale (o sociologia). Le matematiche costituiscono più un metodo generale che una scienza fondamentale, "sorgente primitiva di tutte le altre". L'andamento logico va di pari passo con lo storico, essendo il filo conduttore fornito dal principio seguente: le scienze si succedono secondo un ordine di generalità decrescente e di complessità crescente, ciascuna essendo irriducibile alla precedente. La psicologia non ha un posto a sé, non potendo l'osservazione della propria coscienza offrire risultati scientifici: essa va studiata attraverso la fisiologia o la sociologia, non certo attraverso l'introspezione come si sosteneva in quel momento in Francia. Quanto alla filosofia, se la si intende come metafisica, nello stadio positivo non avrà alcuna ragion d'essere, per definizione. Anche qui si deve passare allo stadio positivo. Che cosa si intende, dunque, per filosofia positiva? Comte sostiene che fondare una filosofia positiva sarà "fare dello studio delle generalità scientifiche un'ulteriore grande specialità". Allora alla filosofia non spetterà altro che unificare e coordinare i risultati delle altre scienze, senza avere un suo dominio proprio? In una lettera del 1832, però, Comte parla dello "studio filosofico delle scienze" e dell' esame "dei procedimenti realmente impiegati per le diverse conoscenze esatte", cosa che apre il discorso sulla filosofia della scienza. In Comte, insomma, c'è una certa esitazione nell'uso del termine filosofia; una certa ambiguità. Tuttavia, una cosa è certa: "Il vero spirito positivo non è meno lontano, in fondo, dall' empirismo che dal misticismo" (cosa, questa, ben chiara quando aveva detto che la scienza si compone di leggi e non di fatti). Tutte le scienze passano attraverso i tre stadi dello spirito umano tanto più rapidamente quanto più in basso stanno nella scala; e, raggiunto lo stadio positivo, trovano un'immediata applicazione pratica, perché "dalla scienza la previsione, dalla previsione l'azione". I fenomeni seguono leggi necessarie, e la conoscenza delle leggi dispensa dall'accertare volta per volta i fatti: sicché la scienza positiva aderisce strettamente ai fatti, pur accrescendo sempre più la sfera razionale rispetto a quella empirica. Si ha, così, un progresso indefinito: poiché, per quanto i fatti siano concepiti come qualcosa di assoluto, le teorie che ne esprimono le leggi sono sempre soggette a revisione e potranno rappresentare sempre meglio, in formule teoriche, l'insieme delle osservazioni. Tuttavia oltre un certo limite, fissato dai nostri bisogni intellettuali e pratici, Comte ritiene che sia inutile, anzi dannoso spingere la minuzia delle indagini. Nelle opere tarde egli auspica addirittura una disciplina imposta da sacerdoti del futuro regime sociocratico, che limiti gli eventuali eccessi di curiosità dei ricercatori.
Non bisognerà mai separare scienza e politica. Già in una lettera del 1819 Comte aveva detto: "I miei lavori saranno di due ordini, scientifici e politici". Il fine ultimo della sua fatica - come appare anche nel ponderoso Corso di filosofia positiva - è la fondazione di una "fisica sociale" (sociologia) che ci conduca dalla conoscenza del mondo a quella dell'uomo. Egli parla di uno sviluppo dell'intelligenza e della socialità che tende sempre più a trasformare artificialmente la specie in un solo individuo immenso ed eterno, dotato di un'azione costantemente progressiva sulla natura esterna. La "fisica sociale", o "sociologia", consta di due parti: la statica e la dinamica sociale, aventi per oggetto rispettivamente l' "ordine" e il "progresso".
Nell'ambito della statica sociale, Comte afferma la naturale socievolezza dell'uomo ed attribuisce particolare valore alla famiglia ed alla proprietà, che considera condizioni indispensabili alla sopravvivenza della società. A proposito, in particolare, della famiglia, egli insiste sulla sua necessaria indissolubilità, opponendosi vivamente al divorzio, nonché sulla necessaria subordinazione della donna all'uomo e dei figli ai genitori. Comte si oppone sia alla libertà illimitata, che considera un principio non scientifico (nella fisica e nella chimica, infatti, non c'è libertà), sia all'uguaglianza, che considera causa di anarchia, cioè di disordine sociale, perché porta ad attribuire qualsiasi funzione a qualsiasi individuo. Da ciò le sue riserve nei confronti delle dottrine democratiche e socialistiche sostenute dai rivoluzionari del 1848.
Nell'ambito della dinamica sociale, Comte costruisce una vera e propria filosofia della storia, affermando che nell'antichità e nel medioevo l'umanità è vissuta nello stadio teologico, in cui il potere materiale era gestito esclusivamente dai militari e quello spirituale esclusivamente dai sacerdoti. Questo stadio è entrato in crisi anzitutto con la Riforma protestante, ma si è concluso definitivamente soltanto con la Rivoluzione francese, con la quale, secondo Comte, ha avuto inizio lo stadio metafisico della storia dell'umanità. In esso, infatti, si è cercato di fondare la società su princìpi astratti, quali le dichiarazioni universali dei diritti dell'uomo e il potere assoluto della ragione. L'età rivoluzionaria, tuttavia, è per Comte soltanto un'età critica (in ciò egli riprende la terminologia di Saint-Simon), ossia un'età di transizione, che non ha saputo generare un nuovo ordine sociale positivo, cioè organico. Quest'ultimo, secondo Comte, può cominciare a realizzarsi soltanto nell'età con temporanea, grazie soprattutto al contributo della filosofia positiva. In esso l'intera vita della società deve essere regolata dalla scienza, cioè dal sapere positivo; inoltre il potere politico, prima gestito dai militari, deve essere affidato agli industriali, cioè a tutti coloro che partecipano all'attività produttiva, e deve sparire qualsiasi forma di schiavitù, sia quella antica, esercitata sui prigionieri di guerra, sia quella moderna, esercitata dai paesi industriali sui popoli coloniali e dai capitalisti sugli operai.
Il progresso storico passa attraverso una serie di stati sociali, ciascuno dei quali è "il risultato necessario del precedente e il motore indispensabile del successivo". In ciascuno stato l'umanità è esattamente quella che deve essere in quel momento; ma, appunto per ciò, essa non può fermarvisi, perché la situazione dell'epoca successiva sarà diversa. Raggiunta tuttavia la perfezione del regime sociologico, il progresso dovrà arrestarsi, per mancanza di un gradino superiore; e allora anche la libertà di cercare verrà meno. "L'universale diritto d'esame" è al suo posto solo nello stato intermedio, transitorio, della metafisica: qui serve a scalzare i dogmi teologici dello stadio precedente; ma una volta raggiunto lo stadio positivo, non avrà più ragione d'essere.
Comte è maturo, ormai, per quella divinizzazione della storia e dell'umanità che ci si fa incontro quando passiamo dal Sistema di filosofia positiva (1842) al Sistema di politica positiva o trattato di sociologia istituente la religione dell'Umanità (1851 e segg.) a cui egli si preparava già da tempo sostituendo mentalmente, nella lettura dei mistici, ogni volta la parola umanità alla parola Dio. Questa religione - dal termine latino religio - è vista come il principio di duplice unificazione: fornisce lo statuto di ogni natura individuale e riunisce tutte le nature individuali. La morale che deriva da questa religione ha per fine non semplicemente di reprimere le passioni dell'individuo, ma soprattutto di condurlo a subordinare la sua attività al fine ultimo, che è l'Umanità: "La sintesi fondata sull'Umanità è la sola completa e duratura [. .. ] Rapportando tutto all'Umanità, l'affezione, la speculazione e l'azione sviluppano subito le loro relazioni normali". Bisognerà far sempre prevalere la socialità sulla personalità, l'altruismo sull' egoismo vivendo per gli altri. L'Umanità è il "Grande Essere" o "l'insieme di tutti gli esseri passati, presenti e futuri, che concorrono a perfezionare l'ordine universale". Per una provvidenza immanente, di cui si può sempre meglio ammirare la saggezza, l'Umanità si sviluppa progressivamente fino a rivelare la propria divinità. Anche le altre specie animali sono "un Grande essere (cioè un'umanità) più o meno abortito": perciò esse trovano la loro verità nell'uomo, così come del resto anche la stessa. natura inanimata (che Comte chiama il "Grande Feticcio"). Infatti, non a caso il "feticismo" (come lo chiama Comte) concepisce la natura inanimata come una manifestazione divina, perché anch'essa rivela incoativamente il "Grande Essere". Il Grande Essere insieme al Grande Feticcio (la terra) e al Grande Mezzo (lo spazio) forma una trinità positivistica, del cui culto il "pontefice" Comte fissa il calendario, i santi, le funzioni ecc.
Le fantasie dell'ultimo Comte non ci devono ingannare: esse fanno emergere una preoccupazione oggettiva. Venendo meno il Dio cristiano, Comte trattiene i valori sociali del cattolicesimo (valore = potere di unificazione), senza conservarne il dogma. Ma, nello stesso tempo, si avvede che senza dogmi non è possibile mantenere coesione nella società, non bastando a ciò la pura scienza. Se il dogma non ha più alcun valore speculativo (visto che si è entrati nello stadio positivo, lasciandoci alle spalle quello metafisico), lo conserva però a livello sociale. Alla mistica cristiana è quindi stata da lui sostituita la mistica della scienza, del progresso, dell' Umanità. Egli vedeva, come esito auspicabile e in qualche modo necessario del tempo moderno, un ordine vigilato da una sociocrazia sacerdotale. Ciò non risponde allo spirito iniziale del sistema, poiché non si può sapere, in base alle conoscenze attuali, se e fino a che punto potranno essere utili conoscenze future. Ma Comte è preso da una contraddizione comune anche a Hegel: l'assoluto posto come termine del progresso dovrebbe chiudere una volta per tutte il progresso, mentre, per un altro verso, lo stesso progresso è inteso come assoluto. Lo mostra la divinizzazione della storia dell'umanità da parte dell'ultimo Comte.
Ma i suoi seguaci preferirono lasciar cadere queste sue visioni, che parevano loro frutto di esaltazione malata, e conservare al loro entusiasmo per la scienza una veste più sobria. Ancora vivente Comte infatti, la scissione si operò tra ortodossi (Pierre Laffitte e Robinet, per esempio) e coloro che, come Émile Littré (1801-1881), abbandonarono la Società Positivi sta (1852). Salvo in casi sporadici, il positivismo fu ricevuto dalla cultura francese nella forma divulgata appunto dal Littré, che censurò gli esiti mistici del comtismo. In tutti i domini, il positivismo suscitò il proposito di "stare ai fatti", di diffidare delle costruzioni metafisiche, di rimanere agnostici su tutto ciò che la scienza non avesse ancora accertato. In questa versione - che certo non rispetta la linea di Comte ed esce fuori dal clima della Restaurazione per avvicinarsi agli sviluppi dell'empirismo inglese - il positivismo sembrava la dottrina adatta a far da contrappeso alla speculazione idealistica. Ma erano propositi che non sempre vennero rispettati: i positivisti si ritrovarono a loro volta sulle posizioni di una metafisica tanto più acritica quanto meno consapevole, e scambiarono spesso per "scienza" generalizzazioni arbitrarie di un metodo aprioristicamente accettato. Una naturale simpatia per il positivismo nacque nell'empirismo inglese, che aveva tradizioni proprie, e che giungerà ad elaborare una forma di positivismo meno geniale, ma più facile da accettare, che quella di Comte. Anche in Italia il positivismo arriverà, tardi, con il nostro sviluppo industriale e tecnologico-scientifico, più attraverso gli autori inglesi che i francesi.