C’era un grande paese ad oriente dell’Europa che stava rapidamente cambiando alla fine del '600. Il suo sovrano, lo zar Pietro I il Grande, il Padre della Patria, come lui stesso volle farsi chiamare, aveva in mente di trasformare la Russia da paese asiatico a potenza occidentale. Figlio dello zar Alessio Michailovic, Pietro Velikij, passato alla storia come Pietro il Grande, della dinastia dei Romanov, nacque a Mosca nel 1672, e assunse i pieni poteri nel 1689. Le due grandi linee guida che caratterizzarono il lungo regno dello zar (durò fino al 1725) possono essere così sintetizzate: in primo luogo far uscire la Russia dall'isolamento culturale nei confronti dell'Europa; in secondo luogo creare un organismo statale forte ed efficiente capace di trasformare il paese da stato asiatico a stato europeo, modellato, politicamente, sull'assolutismo, sorretto da una economia di tipo mercantilistico e da un esercito efficiente ed avanzato.
Un momento topico dell’esperienza governativa di Pietro fu il 1692 quando intraprese un lungo viaggio in incognito nell’Europa occidentale per aggiornarsi sulle moderne tecnologie. Pietro tornò in patria riportando con se un piccolo esercito di tecnici di ogni nazionalità che avrebbero dovuto rimodernare lo stato.
Le riforme
Nonostante le resistenze che il mutamento di costumi e di mentalità provocò nella società russa, il sovrano non esitò ad imporre con la forza la sua volontà, reprimendo la rivolta degli strelizti, la sua guardia personale e facendo uccidere suo figlio Alessio, avverso alle novità paterne.
Poté così procedere velocemente sulla via delle riforme che avrebbero reso la Russia uno stato assoluto. Sciolta la Duma, l’assemblea dei boiari che limitava il potere degli zar, istituì un piccolo senato formato da nove membri, scelti personalmente dal sovrano e controllati da un procuratore.
Organizzò una numerosa burocrazia per controllare e amministrare le provincie e i distretti in cui venne suddiviso il paese. Costituì un forte esercito ed una efficiente marina. Ridusse all'obbedienza e pose sotto il suo controllo la chiesa ortodossa (istituendo un Santo Sinodo direttamente sorvegliato).
Lo sforzo di occidentalizzare il paese coinvolse anche le abitudini sociali: furono imposti il taglio della barba, il vestiario all’europea e l’obbligo, per tutti gli aristocratici, di imparare a leggere e a scrivere.
Nel 1699 Pietro abbandona anche il tradizionale calendario russo, in cui l'anno inizia il primo settembre, in favore del Calendario Giuliano. Anche il calcolo degli anni viene riformato e come punto d'inizio viene abbandonata la supposta data della creazione del mondo in favore di quella della nascita di Cristo.
La Tavola dei Ranghi
Lo sforzo compiuto da Pietro I per rinnovare l’assetto politico, sociale e istituzionale della Russia riguardò anche gli usi ed i costumi del paese. Una legge del 1722 istituì la cosiddetta Tavola dei Ranghi, con la quale venivano equiparate la nobiltà di nascita e quella conseguita per meriti. Ogni funzionario dell’amministrazione civile poteva godere di un titolo nobiliare personale fino dai medi livelli; una volta raggiunti i gradi più alti delle cariche amministrative il rango nobiliare diveniva ereditario. Per i militari l’accesso all’aristocrazia avveniva invece fin dal più basso grado di ufficiale
La volontà dello zar di creare una grande potenza si ripercosse in campo economico: furono imposti monopoli statali, in difesa della produzione nazionale di tessuti, legname, prodotti minerari e fu incoraggiata l'immigrazione di manodopera specializzata.
L'espansionismo
La politica estera si fece progressivamente più aggressiva e il dispotismo del sovrano si tradusse in uno sforzo espansivo che portò la Russia a cercare i suoi spazi vitali in direzione del Mar Nero e dei Balcani, verso la zona del Mar Caspio, nell'area del Mar Baltico, aprendo numerosi fronti di conflitto.Allo scopo di migliorare la posizione della Russia sul mare Pietro cerca di ottenere il controllo di un maggior numero di sbocchi. In un primo tempo la Russia possiede sbocco solamente sulMar Bianco mentre il Mar Baltico è saldamente controllato dalla Svezia. Pietro decide allora di puntare verso sud e cerca di acquisire il controllo del Mar Nero, ma per fare ciò deve prima espellere i Tartari dalle aree circostanti. Il primo obiettivo di Pietro è la cattura della fortezza di Azov nei pressi del fiume Don. Nell'estate del 1695 organizza la campagna d'Azov per conquistare la fortezza ma i suoi tentativi si concludono con un fallimento. Pietro ritorna a Mosca nel novembre dello stesso anno ed immediatamente ordina la costruzione di grandi navi. Nel 1696 lancia una nuova offensiva appoggiata da una flotta di circa trenta navi e nel luglio 1696 cattura Azov. Successivamente rivolge nuovamente le sue attenzioni al Mar Baltico il cui controllo è stato acquisito dall'Impero svedese nella metà del XVII secolo. Pietro, con l'appoggio di Danimarca, Norvegia, Sassonia e Regno di Polonia, dichiara quindi guerra alla Svezia che è guidata dal sedicenne re Carlo XII.
La grande guerra del Nord
La Russia scopre ben presto di essere scarsamente preparata per affrontare la Svezia ed il primo tentativo di conquistare le coste del Baltico finisce nel disastro della battaglia di Narva (1700), che sembra mettere fuori gioco la Russia. Carlo XII approfittando del momento indirizza la sua azione contro Polonia e Sassonia.Nel frattempo Pietro riorganizza il suo esercito e conquista quella che attualmente è conosciuta come Estonia. Sicuro di poterlo battere in qualsiasi momento, il re di Svezia ignora l'azione dello zar e continua a combattere in Polonia e Sassonia. Mentre polacchi e svedesi sono impegnati a combattersi, Pietro fonda la grande città di San Pietroburgo (in onore di San Pietro apostolo) in Ingria, una regione catturata agli svedesi nel 1703. In seguito alle numerose sconfitte il re di Polonia Augusto II abdica nel 1706 lasciando libero Carlo XII di rivolgere nuovamente le sue attenzioni alla Russia che invade nel 1708. Dopo il suo ingresso in Russia Carlo sconfigge Pietro nella battaglia di Golovčin, nel luglio 1708, ma nella seguente battaglia di Lesnava subisce, per la prima volta gravi perdite, quando Pietro distrugge una colonna di rinforzi svedesi proveniente da Riga. Privato del loro aiuto Carlo deve abbandonare il suo piano di marciare verso Mosca. Non accettando l'idea di ritirarsi in Polonia o di tornare in Svezia, Carlo invade l'Ucraina. Abilmente Pietro si ritira verso sud distruggendo tutto ciò che potrebbe servire agli svedesi che vengono così a trovarsi in una difficile situazione a causa della mancanza di rifornimenti e della rigidità dell'inverno.
Nell'estate del 1709 Carlo rinnova i suoi sforzi per conquistare l'Ucraina ma si trova ad affrontare un nemico molto aggressivo e nella battaglia di Poltava (27 giugno 1709) Pietro raccoglie i frutti di anni di lavoro per potenziare l'esercito russo infliggendo al nemico gravi perdite (10.000 morti) e catturando poi quanto rimane
dell'esercito svedese.L'esito di questa battaglia ribalta le sorti della guerra: in Polonia Augusto II rioccupa il trono mentre Carlo si rifugia nell'Impero Ottomano dove opera per convincere il sultano Ahmed III ad aiutarlo a riprendere la guerra. Pietro incautamente dichiara guerra agli ottomani nel 1711 ma la campagna a sud ottiene risultati fallimentari al punto che la Russia, per ottenere la pace, deve cedere i porti sul Mar Nero conquistati nel 1697. In cambio il sultano espelle il re di Svezia. A nord gli eserciti di Pietro hanno maggior fortuna e conquistano la Livonia respingendo gli svedesi all'interno della Finlandia, che verrà occupata in larga parte nel 1714. La flotta russa riesce anche a violare le acque svedesi. Nell'ultima fase della guerra Pietro riceve anche l'aiuto dell'Hannover e del regno di Prussia. Malgrado le sconfitte Carlo XII continua a combattere e solo la sua morte in battaglia, nel 1718 permetterà l'apertura di trattative di pace. Nel 1720 la Svezia firma la pace con tutti i belligeranti tranne che con la Russia con cui firma poi il trattato di Nystad, nel 1721, che mette fine a quella conosciuta come la Grande guerra del nord. La Russia ottiene l'Ingria svedese, l'Estonia svedese, la Livonia e parte della Carelia in cambio versa due milioni di riksdaler e rinuncia a parte della Finlandia. Allo zar viene comunque permesso di conservare alcuni terre finlandesi intorno a San Pietroburgo che dal 1712 è divenuta capitale.
Nel 1725, Pietro I il Grande moriva a Pietroburgo, la città da lui fondata nel 1703 e proclamata capitale della Russia nel 1712.
Caterina II non era la prima donna che nel corso del Settecento era stata incoronata imperatrice
dell’immenso impero russo. Prima di lei si erano infatti avvicendate Caterina I, moglie di Pietro il Grande, sul trono degli zar dal 1725 al 1727, e, dopo il breve regno del nipote Pietro II, Anna ed Elisabetta, rispettivamente nipote e figlia di Pietro I. La prima governò dal 1730 al 1740, in un periodo connotato da forti instabilità politiche e da conflitti con la Turchia, che avevano portato la Russia a conquistare finalmente, con la città di Azov, lo sbocco sul Mar Nero.
Elisabetta, che le successe nel 1741, durante il lungo regno conclusosi nel 1762, riprese le mire espansionistiche paterne verso il Baltico, soffocando sul nascere ogni tentativo della Svezia di recuperare le perduta egemonia su questi territori. I successi in politica internazionale furono tuttavia raffreddati dal clima sociale russo, sempre più difficile da gestire. Le grandi famiglie dell’aristocrazia vicine alla corte si contendevano il potere all’interno del Consiglio privato supremo, istituito nel 1726, che proprio in questi anni sanciva per i nobili l’esenzione dal servizio obbligatorio nell’esercito e nell’amministrazione civile.
Una tedesca sul trono di Russia: Caterina II
Con l’assassinio di Pietro III, salì al trono Caterina II, portata ad esempio in tutta Europa quale "sovrana assoluta illuminata". La zarina cercò infatti di mettere a frutto i propositi della nuova cultura dei Lumi, senza però mai porre in discussione l’impianto dispotico del suo stato. In una lettera al filosofo Diderot, che la sollecitava ad abolire la servitù della gleba e a promuovere la formazione di una classe borghese, ella scriveva infatti: "Con tutti i vostri grandi principi si possono fare dei bei libri e dei pessimi affari. Voi lavorate soltanto sulla carta, mentre io, povera imperatrice, lavoro sulla pelle degli uomini, che è ben altrimenti delicata e irritabile". Alla sua morte nel 1796, salì al trono il sospettoso e violento figlio Paolo, che si impegnò a disfare tutto quanto l’odiata madre aveva costruito.
La futura zarina, figlia del principe tedesco di Anhalt-Zerbst, nata nel 1729 e battezzata come Sofia Federica Augusta, assunse il nome di Caterina nel 1745, in occasione delle sue nozze col granduca Pietro Fiodorovic, l’erede dell’impero russo. Il marito ascese al trono con il nome di Pietro III nel 1761, alla morte della madre, l’imperatrice Elisabetta, colei che aveva ripreso il programma di espansione del padre Pietro I il Grande verso il Baltico ed il Mar Nero. Il regno di Pietro III durò solo pochi mesi. Deposto nel 1762 da una rivolta militare, egli fu assassinato ed il potere venne assunto da Caterina, che seppe stroncare tempestivamente ogni tentativo di opposizione. Sull’esempio del grande predecessore Pietro I, anch’ella si volse a riformare lo stato russo. Nel 1767 costituì una Commissione legislativa, formata dai rappresentanti di tutti i ceti sociali, con la sola esclusione dei servi della gleba, perché compilasse una lista di tutte le necessità più urgenti da sottoporre alla sua attenzione e alla sua decisione. Sebbene la Russia fosse una monarchia assoluta, la zarina dimostrò simpatie nei confronti della filosofia illuminista.
Ebbe rapporti personali con Voltaire e Diderot e tentò invano di attirare alla sua corte Cesare Beccaria, perché approntasse una riforma della giustizia penale russa. Portata ad esempio quale "sovrana assoluta illuminata", ella cercò di mettere a frutto i propositi della nuova cultura dei Lumi, senza però mettere in discussione l’impianto dispotico del suo stato.
Nel privato, Caterina amò circondarsi di persone colte e fidate, accogliendo nel suo salotto il principe Grigorij Potemkin, i fratelli Orlov, il conte Alexander Stroganov e Ekaterina Dashkova, una delle sue poche amicizie femminili. Ebbe una condotta di vita a dir poco spregiudicata, ma non permise mai ai numerosi favoriti, spesso più giovani di lei, di condizionare le sue scelte.
Amante delle belle lettere, sino all’acquisto nel 1764 della collezione Gotzkovski, che costituì il primo nucleo del Museo dell’Ermitage, Caterina non aveva dimostrato un particolare interesse per le arti. Da allora ella desiderò sempre più affermare la sua immagine di monarca illuminata e non volle essere da meno di nessun altro sovrano occidentale.
Agenti speciali furono incaricati di selezionare e acquistare opere in tutta Europa. La sua vera passione non erano i quadri o le sculture, bensì le pietre lavorate. Unica al mondo era la sua collezione di gemme intarsiate. Riconosciuta come una delle maggiori menti politiche d’Europa, tanto da meritare l’appellativo di Alekseevna, la Grande, alla sua morte, avvenuta nel 1796, ella lasciava al figlio Paolo I un impero i cui confini si erano espansi verso la Polonia, la Scandinavia e i Balcani.
La rivolta di Pugacëv
Nonostante il regno di Pietro III sia durato solo pochi mesi, alcune popolazioni dello sterminato impero per molti anni continuarono a ritenerlo vivo. Sfruttando tale leggenda, il cosacco Pugacëv, che aveva a lungo combattuto al servizio degli zar, riuscì a spacciarsi per il sovrano morto. Nel 1773 egli radunò un esercito di venticinquemila uomini, quasi tutti contadini, ancora servi della gleba, lanciandosi alla conquista delle città di Orenburg e di Kazan.
Il malcontento delle popolazioni rurali, che con entusiasmo si arruolavano nelle truppe di rivoltosi, favorì il progetto rivoluzionario del cosacco, il quale fu però sconfitto dalle milizie regolari russe nell'agosto del 1774 vicino a Tsaritsyn mentre marciava su Mosca.
Il 14 settembre 1774 gli stessi cosacchi di Pugačëv lo catturarono mentre cercava di fuggire sugli Urali e lo consegnarono all'esercito. che lo mandò a Mosca, dove fu giustiziato pubblicamente il 10 gennaio 1775.
Questa celebre rivolta dei cosacchi, che dimostrava la totale estraneità dei contadini nei confronti delle riforme illuministiche di Caterina II, verrà descritta, sessant’anni più tardi, dallo scrittore russo Aleksandr Puskin nel romanzo La figlia del capitano.