Sono già i contemporanei a ritenere Filippo Brunelleschi (1377-1446) il primo artista moderno, colui che rompe con la tradizione medievale per tornare alle fonti greco-romane. Moderno, beninteso, nel senso corrente del termine, dato che fra gli artisti e gli architetti dell’Umanesimo l’aggettivo "moderno" è riferito in senso spregiativo agli esponenti del gotico internazionale.
Architetto e pittore, inventore di talento e pioniere della tecnologia applicata, Brunelleschi può essere definito il primo ingegnere, amico di matematici come Giannozzo Manetti e Paolo del Pozzo Toscanelli, il geografo che applica le sue concezioni architettoniche alla cartografia.
Allievo dell’orafo Lunardo, Filippo intraprende all’inizio la carriera di scultore. Nel 1401 partecipa al concorso per la seconda porta del battistero di Firenze, con la famosa formella del sacrificio di Isacco che segna una rottura definitiva col linguaggio gotico; ma la giuria propende per la prova del Ghiberti e l’opera è commissionata a quest’ultimo.
Un viaggio a Roma, verosimilmente fra il 1402 e il 1404 (ma qualcuno lo colloca fra il 1404 e il 1409), consente a Filippo di studiare gli antichi monumenti; i suoi innovativi metodi di rilievo, che rivelano un marcato interesse per il dato planimetrico, le proporzioni degli elementi e le tecniche di costruzione, palesano un’inclinazione verso l’architettura che diverrà in breve scelta professionale e di vita.
A partire dal 1417 Brunelleschi affronta il problema della costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore, la cattedrale fiorentina; ser Filippo ne seguirà costantemente i lavori sino alla morte. Nella chiesa di Santa Felicita progetta la cappella Barbadori, la cui struttura si rispecchia nell’architettura dipinta della Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella.
Si va precisando il suo credo architettonico; l’adozione degli ordini classici, codificati da Vitruvio, consente la razionalizzazione geometrica della casistica progettuale, orientata alla creazione di strutture modulari basate su elementi del lessico antico (colonna, pilastro, parasta, trabeazione, l’arco romano a tutto sesto). Così è per lo Spedale degli Innocenti (iniziato nel 1419 e terminato nel 1444), un orfanotrofio commissionato dall’Arte della Seta, semplice e lineare nella progettazione, celeberrimo per il porticato con archi a tutto sesto retti da colonne corinzie, di concezione rigorosamente modulare.
Il modulo-base, ossia l’"unità di misura" delle parti dell’edificio, è il diametro della colonna. Il complesso è dominato dal ritmo geometrico della proporzione, sottolineato dalla bicromia, che evidenzia le strutture portanti in pietra serena nel contesto delle superfici murarie a intonaco bianco.
Lo Spedale risponde a una duplice esigenza urbanistica e prospettica; la modulazione dei piani e la profondità delle arcate fondono in un tutto unico l’edificio e la piazza, inquadrata dalle fughe delle vie laterali.
San Lorenzo e Santo Spirito
Nel progetto della chiesa medicea di San Lorenzo (1418), intervento di ristrutturazione di un edificio esistente, convergono nuove ricerche, evidenziate dalla razionalizzazione della planimetria mediante il ricorso all’impianto basilicale.
Il ritmo che governa la distribuzione degli elementi portanti, che spiccano come segni grafici grazie al risaltare della pietra serena sull’intonaco, si riflette nel gioco dei pieni e dei vuoti, accentuato dallo sfondamento delle cappelle. I lavori, iniziati nel 1419 e ripresi nel 1422, saranno terminati nel 1470 dal Manetti.
La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo (1422-28), un dado coperto da una cupola a ombrello divisa in dodici spicchi con pennacchi, è la sintesi dei due elementi fondamentali dell’architettura classica, la sfera e il cubo. Nel 1434 Brunelleschi elabora il progetto dell’incompiuta rotonda di Santa Maria degli Angeli, rivisitazione della pianta centrale svolta attraverso la meditazione di esempi classici.
Nel 1436 sviluppa definitivamente il progetto della chiesa di Santo Spirito, abbozzato nel 1428; i lavori, seguiti direttamente dall’architetto fra il 1440 e il 1446 sino all’altezza delle campate laterali, avranno termine solo dopo la sua morte.
Il progetto di Santo Spirito, evoluzione di quello di San Lorenzo, dimostra l’equilibrio raggiunto dal Brunelleschi nella gestione unitaria dello spazio, dominato da un modulo metrico che risolve in continuità anche il marcato contrasto fra le cappelle laterali a nicchia e i volumi accentuati delle colonne. Nel 1440 Brunelleschi progetta la cappella dei Pazzi, attigua alla basilica di Santa Croce, terminata nel 1444, in cui riprende soluzioni già sperimentate nella sagrestia di San Lorenzo.
Secondo alcuni, è suo il progetto originario di Palazzo Pitti; gli sono attribuite invezioni meccaniche (sistemi di sollevamento e deviazione di corsi d’acqua) e opere di architettura civile e militare a Mantova, Ferrara e soprattutto a Pisa, di recente acquisita allo stato fiorentino, dove nel progettare le mura adotta soluzioni assolutamente innovative.
Se è evidente il suo influsso su Masaccio, d’altronde reciproco, altri pittori ne seguono la lezione, assimilando il linguaggio della prospettiv;: tra essi Filippo Lippi, che la interpreta in senso empirico e naturalista, e il Beato Angelico, che la concilia con la dottrina tomista dello spazio e della luce. Col Brunelleschi la figura dell’architetto assume un nuovo rilievo artistico e sociale.
L’architetto non è più il capo di una squadra di persone specializzate nei diversi mestieri, ma l’inventore del progetto e della tecnica di realizzazione: "non è solo il consulente ad alto livello di un corpo collettivo di esecutori, ma l’unico responsabile della forma, della decorazione, della struttura e dell’organizzazione del cantiere" (L. Benevolo).
Filippo Brunelleschi non ha fra i contemporanei seguaci della sua statura, ma solo divulgatori come Michelozzo: in direzioni diverse si muovono Donatello e l’Alberti.
La prospettiva
Cos’è la prospettiva? In termini geometrici, l’unione di tutte le rette ortogonali alla superficie del dipinto, parallele fra loro, verso un punto di fuga posto in corrispondenza della visuale dell’osservatore (i punti di fuga, come accade in alcuni dipinti, possono anche essere più d’uno, purché alla medesima altezza).
In termini pittorici, essa consiste nell’illusione di profondità spaziale data dalla scorciatura dei piani e dalla diminuzione proporzionale delle dimensioni dei corpi a seconda della rispettiva distanza virtuale dall’osservatore.
Fissati un punto di vista e una distanza prospettica, è facile, grazie ai teoremi sulla similitudine dei triangoli, stabilire proporzioni e dimensioni, anche senza possedere approfondite conoscenze geometriche.
Tutte le fonti concordano nell’assegnare al Brunelleschi la scoperta delle leggi della prospettiva - una delle conquiste fondamentali del Rinascimento - la loro applicazione all’architettura e la loro trasmissione alla pittura e alla scultura, dove si risolvono problemi lasciati insoluti dai tentativi empirici degli artisti trecenteschi.
La scoperta brunelleschiana presuppone la conoscenza dell’abbondante letteratura sulla fenomenologia della visione e l’applicazione dei principi dell’ottica medievale legati alle proprietà degli specchi, valendosi dei quali ser Filippo inventa persino uno strumento per studiare la prospettiva e dimostrarne empiricamente l’effetto ottico.
Dal punto di vista architettonico, la prospettiva si traduce in norma che detta la distribuzione a intervalli regolari degli elementi portanti dell’edificio, regolando l’equilibrio fra masse e spinte in un sistema unitario.
In realtà, oltre che espediente matematico e sapiente illusione ottica, la prospettiva è soprattutto la testimonianza di una nuova visione del mondo, com’è evidente soprattutto in ambito pittorico.
La rappresentazione prospettica lineare imperniata sul punto di fuga scelto dall'artista consente infatti a quest’ultimo di organizzare la scena raffigurata in modo razionale e realistico.
Se si vuole un esempio del dialogo che si istituisce fra prospettiva architettonica e pittorica, che rispecchiano una stessa visione del mondo e dell’arte, si confronti la cappella Barbadori (1418) di Santa Felicita, dove il Brunelleschi si cimenta nella copertura di uno spazio quadrato mediante una cupola in cui le marcate membrature architettoniche agli angoli suggeriscono l’espansione laterale dello spazio, con l’architettura dipinta della Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella (1424 ca.), in cui si ritrova lo stesso motivo.
La cupola di Santa Maria del Fiore: il progetto
La cupola della cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore è il capolavoro, l’opera sublime che occupa tutta la carriera di Filippo Brunelleschi, dal 1417 sino al 1446, anno della sua morte. La cupola propriamente detta è iniziata nel 1420 e terminata nel 1436; nel 1438 comincia la costruzione delle tribune, mentre il modello della lanterna che corona il monumento risale al 1432.
La cattedrale fiorentina, vanto della città, iniziata nel 1296 da Arnolfo di Cambio, cresce nei secoli successivi (non senza profonde modifiche del progetto originale in corso d’opera, dovute anche all’avvicendarsi di più maestri alla direzione del cantiere) sino alla realizzazione della grande tribuna absidale (1367) e del tamburo (1413).
Nel 1418 è bandito dall’Opera del Duomo il concorso per la realizzazione della cupola, vinto congiuntamente da Brunelleschi e Ghiberti. Ma nel 1420, col principio dei lavori, scoppiano i dissensi, e nel 1426 Brunelleschi si assume la totale responsabilità del cantiere.
La cupola deve interpretare e simboleggiare le nuove ambizioni di Firenze e al tempo stesso legittimarsi in quanto manufatto autonomo.
Nelle intenzioni di ser Filippo, dovrà avere una forma la più "gonfia" possibile; non una calotta appoggiata sulla chiesa, ma una struttura "di creste e di vele" che la proietti in estensione e in altezza, levandosi come un’immensa corona nel cielo che domina la città medievale. Tali ragioni "poetiche" concorrono all’adozione di una struttura autoportante, ossia in grado di reggersi da sola durante la costruzione, dato che l’altezza del manufatto impedisce l’uso di centine.
Il progetto brunelleschiano meraviglia per novità e audacia; per la prima volta una cupola è costruita senza ricorrere a monumentali impalcature in legno, del tipo di quelle impiegate nelle cattedrali gotiche. Ser Filippo opta per una doppia calotta; quella esterna poggia su ventiquattro supporti impostati sugli spicchi dell’interna.
... e la realizzazione
Brunelleschi è onnipresente, spingendo lo scrupolo sino a recarsi di persona presso le fornaci per constatare la qualità dei mattoni. Man mano che il lavoro procede, non contento d’aver valutato attentamente il rischio sisimico e d’aver predisposto addirittura i sostegni destinati ai ponteggi necessari per affrescare l’interno della cupola, ne controlla sistematicamente la curvatura, inventando su due piedi ingegnose soluzioni pratiche ai problemi di volta in volta posti dall’immane opera.
Per aumentare, ad esempio, l’efficacia delle macchine per il sollevamento dei pesi, già in uso dai tempi delle cattedrali gotiche, egli vi applica il sistema dei moltiplicatori desunto dai meccanismi degli orologi. Alcuni espedienti tecnici utilizzati da Brunelleschi, come ad esempio i mattoni a spina di pesce o angolati a squadra, rivelano un approfondito studio delle tecniche costruttive antiche.
Dopo sedici anni di lavoro, la cupola è consacrata solennemente da papa Eugenio IV il 25 marzo 1436; Leon Battista Alberti la definisce tanto ampia che sembra "choprire chon sua ombra tutti i popoli toscani". Brunelleschi ha realizzato un monumento adeguato all’orgoglio di una città che non è più un comune, ma un piccolo stato che ambisce ad assumere dimensioni regionali.
Dal punto di vista concettuale, la cupola è ancora legata allo spirito del gotico, perché intende "toccare il limite delle possibilità insite in un dato sistema costruttivo" (Benevolo), basandosi sul calcolo di forze strutturali in equilibrio; ma è al tempo stesso il frutto di una nuova mentalità, in quanto ridisegna e sottomette l’edificio e il territorio circostante.
Anche all’interno, la cupola riproporziona e riequilibra i pieni e i vuoti della chiesa, sviluppando in altezza la profondità longitudinale delle navate e collegandole alle espansioni laterali delle tribune "in forma di fiore".