Il Ducato di Savoia, comprendente la Savoia francese, le terre ginevrine, il Principato del Piemonte e la contea di Nizza, aveva condotto nel corso del Seicento una politica di difficile equilibrio tra la Francia e la Spagna, le due nazioni confinanti con i propri domini, stringendo alleanze ora con l’una, ora con l’altra potenza nel tentativo di estendersi territorialmente.
Una guerra civile aveva segnato il XVII sec. Alla morte di Vittorio Amedeo I, avvenuta nel 1637, il Ducato passò sotto la reggenza della moglie Cristina di Borbone, figlia del re di Francia Enrico IV, esposto all’ingerenza politica e militare della Francia. Ne scaturì un conflitto tra la fazione dei "madamisti", i seguaci della duchessa, e quella dei "principisti", coloro che appoggiavano i fratelli del defunto duca.
Cristina riuscì a conservare il potere, che alla sua morte, nel 1663, passò al figlio Carlo Emanuele II. Egli abolì immediatamente ogni privilegio ai cortigiani della madre, con la quale non era mai stato in buoni rapporti e rafforzò il controllo centrale sull’amministrazione dello stato, riorganizzando l’esercito. Il potere della dinastia reale dei Savoia si consolidò sempre più ed il regno sabaudo divenne, al pari di quello francese, una monarchia assoluta.
Il successore di Carlo Emanuele II, Vittorio Amedeo II (1666-1732), proseguì sulla via dell’assolutismo monarchico, ma anche del riformismo. Egli creò il Consiglio di Stato e i ruoli di Segretario agli affari esteri, agli affari interni e alla guerra, mentre per risanare le finanze pubbliche istituì un catasto ed eliminò i privilegi nobiliari. Sollecitato dal re di Francia, Luigi XIV, Vittorio Amedeo II non poté esimersi dal perseguitare la minoranza valdese, circa quindicimila persone insediate nella val Chisone e nella val Pellice, vietando il loro culto, distruggendo le chiese e intimando loro l’abiura o l’esilio nel nome di una concezione confessionalistica dello stato. L’esercito piemontese, assieme a truppe francesi, penetrò nelle valli massacrando oltre duemila valdesi che erano rimasti nelle loro terre, imprigionando gli altri e confiscando loro i beni. Dopo pochi anni, tuttavia, mutate le alleanze sabaude a favore di Spagna, Svezia, Prussia e Impero germanico contro la Francia, il duca emanò un editto di tolleranza del culto dei valdesi (1694), accogliendoli nuovamente sul suo territorio.
Il conflitto con la Francia, la cui minaccia per il territorio sabaudo diveniva sempre più forte, proseguì ancora per qualche anno, fino al 29 agosto 1696, quando con la pace di Torino il duca di Savoia uscì dall’alleanza antifrancese in cambio della restituzione di alcuni possessi perduti nella guerra della lega d’Augusta. Il 3 settembre 1730 Vittorio Amedeo II abdicò a favore del figlio Carlo Emanuele III. Dopo pochi mesi, ebbe un ripensamento, ma il suo tentativo di riconquistare il trono indusse il figlio ad esiliarlo a Rivoli, dove egli morirà due anni più tardi. Grazie all’abilità di ministri come Giovanni Battista Bogino e ad un apparato burocratico efficiente allestito dal padre, Carlo Emanuele III, che tra i suoi domini, dal 1713, annoverava la Sardegna e che si poteva fregiare del titolo di re, portò a compimento la riforma dei tributi fondiari.
La rilevazione catastale nei confronti delle proprietà ecclesiastiche portò ad uno scontro con la Santa Sede, risolto a favore dei Savoia, con una drastica limitazione delle immunità del clero. I progetti riformisti sabaudi si arrestarono con l’ascesa al trono nel 1773 di suo figlio Vittorio Amedeo III, che licenziò i ministri più impegnati nelle riforme.