Jaspers
Vita e opere
Nato a Oldenburg il 23 febbraio 1883, fin da giovane seriamente malato (di bronchiettasia polmonare e insufficienza cardiaca), Karl Jaspers studiò dapprima giurisprudenza a Heidelberg e Monaco (dove prese anche lezioni di grafologia da Klages), quindi medicina a Berlino, Gottinga e Heidelberg, dove si addottorò (1908).
Medico alla clinica psichiatrica della stessa città (1910-15), conseguì nel 1913 la libera docenza in psicologia con Windelband.
Nello stesso anno uscì la Allgemeine Psychopathologie (Psicopatologia-generale).
Nel 1916 venne nominato professore di psicologia a Heidelberg.
Nel 1919 pubblicò la Psychologie der Weltanschauungen (Psicologia delle visioni del mondo), opera che segna il suo passaggio a interessi filosofici, e di cui Heidegger, con il quale iniziò allora un'amicizia interrotta nel 1933, scrisse una lunga recensione critica, ma senza pubblicarla.
Nel 1922 divenne ordinario di filosofia a Heidelberg. Del 1923 è Die Idee der Universität (L'idea dell'università), più volte riedita.
Nel 1931 pubblicò un fortunato libello Die geistige Situation der Zeit (La situazione spirituale del nostro tempo).
Del 1932 è l'esposizione sistematica della filosofia dell'esistenza: Philosophie (3 voli.).
Nonostante le difficoltà col regime nazionalsocialista (la moglie, Gertrud Mayer, era ebrea), tanto che dal 1937 al 1945 fu radiato dall'insegnamento, continuò a pubblicare: Vernunft und Existenz (Ragione ed esistenza, 1935), Nietzsche (1936), Existenzphilosophie (Filosofia dell'esistenza, 1938). Dopo la guerra, nel 1948, pubblicò Von der Wahrheit (Della verità) e si trasferì a Basilea.
Del 1949 è Vom Ursprung und Ziel der Geschichte (Dell'origine e del fine della storia).
Negli anni Cinquanta e Sessanta, oltre a pubblicare numerose opere di interpretazioni storico-filosofiche, intervenne attivamente nelle questioni di attualità con discorsi e libelli.
Ricevette numerose onorificenze e si pensò a lui come candidato alla presidenza della Repubblica Federale Tedesca. Nel 1967 restituì in segno di protesta il passaporto tedesco.
Morì a Basilea il 26 febbraio 1969.
La situazione-limite
La prima presentazione dei motivi e dei capisaldi dell'incipiente filosofia dell'esistenza è data nella Psicologia delle visioni del mondo (1919).
Jaspers intende comprendere la vita psichica e le sue manifestazioni, facendo riferimento ai suoi «orizzonti estremi», cioè a quelle situazioni·limite (il dolore, la lotta, la morte, la disgrazia, la colpa) in cui le forme fisse e irrigidite della vita si sciolgono per lasciare scorrere e fluire le sue «forze ultime».
L'esposizione completa e matura della filosofia dell'esistenza viene però fornita da Jaspers nel trattato Filosofia (1932), articolato in tre volumi - Philosophische Weltorientierung (Orientamento filosofico nel mondo), Existenzerhellung (Chiarificazione dell'esistenza), Metaphysik - e incentrato intorno a tre concetti fondamentali: mondo, esistenza, trascendenza.
La loro successione indica la direzione del procedere della filosofia, che, oltrepassando il mondo degli oggetti, va all'esistenza, nel suo essere se stessa, e vi trova la possibilità di riconoscere la trascendenza come fondamento di tutto l'essere. Il mondo è costituito dalla totalità degli oggetti che, come tali, vengono indagati dalle scienze.
Il sapere di queste ultime allarga sempre più i confini del conoscere umano, ma l'orientamento scientifico nel mondo non arriva e non può arrivare a superare il suo limite intrinseco, cioè il fatto che la scienza conosce sempre e soltanto un determinato aspetto del mondo, ma mai il mondo come tale nella sua interezza.
Conoscenza e limite
La formazione di un'immagine unitaria del mondo (tentata ad esempio dal positivismo) è destinata allo scacco per l'incompiutezza e l'inconcludibilità di principio del nostro conoscere.
Alla coscienza di questo limite, per cui al conoscere diretto agli oggetti non è mai dato l'essere nella sua totalità, si accompagna inoltre la consapevolezza che a tale conoscere si sottrae pure il mio essere proprio, cioè l'esistenza, di cui tale sapere oggettivo non coglie la vera origine.
È compito dell'orientamento filosofico del mondo mostrare, passando per la conoscenza scientifica degli oggetti, il limite con il quale essa si scontra e rinviare all'essere che sta oltre di esso.
Per cogliere l'esistenza nel suo essere proprio è necessaria quella che Jaspers chiama la chiarificazione dell'esistenza.
Esistenza è anzitutto situazione, non nel senso che l'uomo sia ciò che di fatto è, bensì che, a partire da ciò che di fatto è, può diventare se stesso.
Per Jaspers l'esistenza è essenzialmente «essere nel mondo», cioè presenza nel contesto naturale delle cose e degli eventi, in cui ci siamo anche noi; per questo il suo primo atteggiamento è quello dell'orientamento nel mondo, per cui ricorre alla ricerca razionale e specialmente alla conoscenza scientifica.
La scienza, tuttavia, è «sapere di oggetti che ci sono», non riesce cioè a spiegare se non aspetti particolari e limitati della realtà, non la realtà nel suo complesso; perciò essa fornisce un orientamento nel mondo, non un orientamento sul mondo.
Quanto più la scienza estende la propria considerazione, infatti, tanto più l'orizzonte della realtà si rivela ampio e inafferrabile: il mondo, come «totalità che tutto abbraccia» (Umgreifende, concetto analogo all'àpeiron di Anassimandro) rimane sempre al di là di essa; e la scienza, e la ricerca razionale in genere, devono dichiarare il proprio scacco.
«Nessun essere conosciuto è l’essere ... L'essere resta per noi incircoscrivibile ... L'infinita comprensività è ciò che sempre soltanto si annuncia negli oggetti che ci sono presenti e negli orizzonti, ma che non diviene mai oggetto».
Il primato dell'esistenza
D'altra parte la scienza, con i suoi metodi oggettivi, risulta incapace di comprendere l'esistenza nella sua irriducibile soggettività.
«L'esistenza è ciò che non può mai divenire oggetto, è l'origine a partire dalla quale penso e agisco».
L'orientamento nel mondo, quindi, deve lasciare il posto ad un atteggiamento in cui prevalga il punto di vista dell'individuo, dal quale solamente può venire la chiarificazione dell'esistenza.
Tale atteggiamento, secondo Jaspers, può essere raggiunto solo con un salto al di là del «sapere intellettivo e oggettivo».
L'esistenza è dunque quel poter essere proprio dell'uomo che, nel suo pensare, nel suo decidere e nel suo agire, diventa nelle situazioni concrete del vivere l'origine della sua essenza.
Centro della chiarificazione dell'esistenza è la libertà, che è la sua caratteristica costitutiva.
Ora, essa per un lato sembra assoluta, in quanto espressione dell'individuo; per un altro, tuttavia, risulta determinata dal fatto che l'individuo non può essere se non ciò che è e non può fare le sue scelte se non assumendo le condizioni nelle quali si svolge la sua esistenza («il mio io è identico al luogo della realtà in cui mi trovo»).
In altri termini, la scelta non può risolversi che nell'accettazione di ciò che è e di ciò che si è (in una specie di amor fati).
Questa situazione, secondo Jaspers, riflette la storicità che è intrinseca all'esistenza.
In ragione di essa, appunto, la scelta non può essere assoluta, ma sempre relativa a una situazione, in rapporto alla quale l'individuo si esprime e insieme si costruisce: ma questa relatività non lo limita, anzi lo garantisce nella sua concretezza. In questa consapevolezza, secondo Jaspers, culmina la chiarificazione dell'esistenza.
La condizione concreta in cui vive mette l'individuo anche in rapporto con gli altri: e «l'uomo singolo non può mai per sé solo diventare veramente uomo»; secondo Jaspers, anzi, il filosofare stesso non può essere che un confilosofare.
La prospettiva che per l'individuo non c'è che il suo punto di vista, invero, riduce la verità ad una verità esistenziale, cioè soggettiva, e rende problematica la comunicazione; essa può essere garantita solo dalla comune tensione alla verità (in questo senso Jaspers riprese il problema nel saggio Sulla verità).
Esistenza e libertà
L'esistenza è dunque al tempo stesso colpa e libertà, ed è in tal senso un paradosso: è «colpevole», in quanto non può non assumere su di sé e scontare fatalmente i limiti della situazione in cui si trova ad essere; è libera, in quanto ogni situazione viene «scelta», cioè accettata e assunta come propria.
Compito della chiarificazione dell'esistenza è di rendere consapevole l'uomo del suo possibile essere se stesso, colpevole e libero al tempo stesso, al fine di realizzarlo nelle situazioni di vita in cui si trova ad esistere, al fine di «diventare ciò che egli è» secondo l'espressione di Nietzsche (mutuata da Pindaro).
Per l'autorealizzazione dell'esistenza è poi indispensabile la comunicazione, in quanto solo attraverso l'altro io posso arrivare ad essere consapevole di me stesso.
La comunicazione esistenziale è un reciproco riconoscere e spingere a manifestarsi il «me-stesso» nell'altro.
Ma anche la comunicazione rivela in fondo un aspetto paradossale, in quanto se è vero che solo nell'altro l'esistenza arriva a se stessa, è altrettanto vero che ogni esistenza è unica e irripetibile.
La vera esperienza dell'esistenza si ha allora solo con le situazioni limite (la morte, il dolore, la colpa).
In esse l'assenza di vie d'uscita e l'incombere del naufragio pongono l'esistenza nuda di fronte a se stessa.
Con l'esperienza di tale nudità e della possibilità dello scacco e del naufragio si spalanca un baratro che manifesta tutta la precarietà dell'esistere umano lasciato a se stesso, ma che apre con questo la possibilità della trascendenza. Il termine dello slancio dell'esistenza è l'origine donde essa scaturisce.
La trascendenza non può però essere né oggettivata né dimostrata mediante il ragionamento o il pensiero.
Essa può essere solamente esperita mediante l'interpretazione delle cifre, cioè dei simboli, che nell'immanenza ad essa rinviano.
La cifra è l'essere che porta la trascendenza nel presente, senza che con ciò la trascendenza divenga essere oggettivo e l'esistenza essere soggettivo"; non è dunque cifra l'impressione personale, ma la cifra va comunque interpretata, e non può diventare oggetto di analisi scientifica né principio di spiegazione razionale.
Tali cifre sono di due tipi: quelle che appartengono alla sfera oggettiva - e che sono date nell'esperienza della natura, nei miti religiosi o nei sistemi metafisici - e quelle che appartengono alla sfera soggettiva, cioè all'esistenza, come la libertà, o anche lo scacco e il naufragio dell'esistenza, autenticamente esperiti.
Le cifre rimandano a quell'essere che tutto abbraccia (das Umgreifende) nel quale ogni ente ha la sua origine.
La sua struttura verrà chiarita ulteriormente da Jaspers in Della verità.
Jaspers ha approfondito il rapporto tra "verità" e rappresentazioni di essa nelle varie filosofie e religioni, cercando di evitare da un lato il dogmatismo e il fanatismo della verità unica, dall'altro lo scetticismo e il relativismo delle verità molteplici.
A questo scopo, nel volume Sulla verità ha presentato la verità come un limite mai raggiungibile e mai esauribile,di cui le molteplici filosofie sono interpretazioni, in rapporto tra loro in virtù della comunicazione; nel volume La fede filosofica ha presentato la fede come fondata, al di là delle visioni diverse in cui è colto sul rimando all'Umgreifende.