La fine è prossima. Solo il mare che la cinge su tre lati, le mura di Teodosio e l’eroismo di settemila uomini hanno impedito sinora alle armate turche di prendere Costantinopoli, millenaria capitale d’un impero svanito, pezzo dopo pezzo, nelle loro fauci. Da due mesi Maometto II, poco più che ventenne, assedia la città con duecentomila uomini: Costantino XI Dragase, l’ultimo imperatore, assiste impotente alle loro manovre.
Per aggirare la catena di ferro che sbarra l’accesso al Corno d’Oro, l’insenatura che protegge la capitale a settentrione, il sultano ha ordinato di portare in secco settanta navi e di farle avanzare a forza di braccia, attraverso la penisola di Pera, sino alle acque del braccio di mare.
Costruitovi un ponte galleggiante che consente il passaggio di cinque uomini affiancati, moltiplica gli attacchi da ogni lato: i difensori, esausti e decimati, non reggono più. Il 29 maggio 1453, alle quattro del mattino, l’assalto finale: abbattute mura e porte, un’ondata d’assedianti sciama nella città.
L’imperatore cade combattendo presso la porta di San Romano: il saccheggio, che infuria per tre giorni, frutta ai turchi sessantamila prigionieri e un ricchissimo bottino. L’Islam, incalzato ad occidente, rientra in Europa da oriente: l’Asia si vendica delle crociate. Le armate ottomane s’apprestano ora a dilagare, minacciando Venezia e Vienna.
L’impero bizantino, che affida la propria difesa a un esercito mercenario, è privo di autonomia economica, in virtù del monopolio sul commercio di transito esercitato dagli italiani, in particolare genovesi e veneziani. Ciò lo rende esposto alle brame di conquista dei turchi ottomani, che hanno preso il posto dei turchi selgiuchidi. Nel 1301, muovendo dalla Bitinia, regione dell’Asia minore, un tal Othman si proclama signore di un’ampia fascia di territorio a ridosso della stessa Costantinopoli; ma la capitale è difficile da prendere, e i turchi si espandono allora sui Dardanelli, conquistando nel 1354 la penisola di Gallipoli.
Di qui, con Murad I, dilagano sul continente europeo, conquistando nel 1362 Adrianopoli e Filippopoli nel 1363. Eccoli quindi in Bulgaria; in seguito battono l’esercito serbo e gli alleati bosniaci e albanesi nella battaglia della Piana del Merlo, presso Pristina, capitale del Kossovo (1389), conquistando Serbia, Bosnia, Erzegovina e Montenegro. Il figlio di Murad, Bajazit I, sgomina un esercito di crociati, inviato da re Sigismondo d’Ungheria, sul campo di Nicopoli (28 settembre 1396), a ridosso del principato cristiano di Valacchia, arrivando a minacciare l’Ungheria stessa.
Fortunatamente per i bizantini e per gli altri stati dell’Europa orientale sopraggiunge Tamerlano, che, alla testa dei suoi mongoli, per 35 anni sconvolge l’Asia Minore e le terre circonvicine, creando un effimero stato affacciato sul mar Nero. Nel 1402 il conquistatore mongolo batte ad Ankara Bajazid I, tenendolo prigioniero sino alla morte e frenando la spinta espansionistica ottomana. Alla morte di Tamerlano (1405) il suo impero crolla e i turchi riprendono la loro politica aggressiva, grazie a soprattutto a Murad II (1421-1451), che si vale dei temuti giannizzeri.
Dopo aver posto invano l’assedio a Costantinopoli, Murad conquista Salonicco (1430), assale l’Ungheria, e nel 1438 irrompe in Transilvania e dilaga in Serbia, attaccando nel 1440 Belgrado, che resiste. Un’azione di controffensiva ungherese infligge ai turchi una sonora sconfitta presso Nish, costringendo Murad a un armistizio decennale. Ma re Ladislao III rompe la tregua, e i turchi lo sconfiggono a Varna nel 1444; quattro anni dopo è la volta di Giovanni Hunyadi, sconfitto il 19 ottobre 1448 nella seconda battaglia della Piana del Merlo.
L’impero bizantino, erede dell’impero romano d’Oriente, ha veduto nei secoli il proprio territorio erodersi sino a ridursi ai soli domini europei; caduti anche questi in mano turca, si è ridotto in pratica al nucleo storico della capitale. Sono perdute da tempo l’Anatolia, la Bulgaria, parte della Grecia e tutte le terre sino alla Serbia e alla Bosnia, e la Valacchia sino ai confini d’Ungheria. Costantinopoli ha già respinto, trent’anni prima, un assedio turco durato tre mesi.
La millenaria città, sopravvissuta fin qui solo per l’eccezionalità strategica del suo sito, resiste, ma sa di essere condannata. La capitale di Costantino e Teodosio occupa una penisola triangolare lambita su tre lati dalle acque del Bosforo e dell’insenatura del Corno d’Oro, ed è tutta cinta dalle mura (duplici, dal lato occidentale prospiciente la terra) erette da Teodosio nel V secolo. Al di là del Corno d’Oro vi sono i quartieri di Galata e di Pera, anch’essi cinti di baluardi e torri.
La gloria di conquistare Costantinopoli malgrado l’eroica resistenza dei difensori spetta al sultano Mahmed II (1430-1481), ossia Maometto II, salito al trono nel 1451 e detto Fatih ("il conquistatore"), che il 29 maggio del 1453 pone fine all’esistenza dell’impero bizantino. L’evento è considerato dai contemporanei come un segno del castigo divino per la corruzione della cristianità e un presagio di ulteriori sciagure. Maometto e i suoi funzionari non infieriscono sui sudditi ortodossi, limitandosi a tenerli in stato d’inferiorità rispetto ai musulmani e a imporre loro l’haradj, la tassa riservata agli infedeli, senza cancellarne le tradizioni religiose e culturali.
Gli ottomani danno allo stato una solida struttura amministrativa, ricalcata su quella bizantina. Ben presto l’impero si espanderà ancora conquistando tutta la Grecia (1458), l’Albania (1457), la regione del basso Danubio e la Crimea, chiudendo in una morsa il Mediterraneo orientale, il mar Nero e tutte le vie verso l’Oriente. L’assedio di Belgrado, del 1456, viene respinto dai cristiani; ma è solo il prologo ad altre conquiste, contro Venezia e l’impero asburgico.
L’avanzata ottomana non si arresta dopo l’occupazione di Costantinopoli e la caduta dell’impero bizantino, che diventa anzi il trampolino di lancio per l’espansione verso Occidente. Dopo la conquista turca della Grecia e dei suoi arcipelaghi, fino ad allora sotto il controllo di Venezia, la superiorità della Serenissima sui mari corre seri pericoli. L’avanzata ottomana accerchia progressivamente il Mediterraneo, minacciando le popolazioni costiere, condizionandone la vita e la cultura.
Dopo la penetrazione turca nei Balcani, dal 1480, vi è un momento in cui sembra che l’Italia stessa debba essere la prossima preda; le armate turche sbarcano a Otranto nel 1481. Il sultano Solimano I il Magnifico porta l’impero al massimo splendore. Queste le tappe: nel 1521 cade Belgrado, nel 1522 Rodi e, dopo la battaglia di Mohács, nella quale l’Ungheria perde l’indipendenza, nel 1529 è Vienna ad essere assediata. Le conquiste turche tagliano i legami che uniscono l’Europa con la Grecia e il Levante, chiudendo la via dell’Oriente e favorendo così indirettamente le grandi scoperte e la circumnavigazione del globo.
Dopo decenni in cui le iniziative dei pontefici, che predicano a più riprese la crociata contro i turchi, falliscono sistematicamente, la vittoria della lega cristiana, fortemente voluta dal papa, sulla flotta turca, nella battaglia navale di Lepanto del 1571, sarà salutata in tutto il mondo cristiano con grande giubilo.
La vittoria di Lepanto significa il trionfo sull’infedele, ma soprattutto la fine della supremazia turca sui mari, anche se i benefici non sono immediatamente evidenti. Venezia tratta in segreto con i turchi per riprendere i propri commerci, e Filippo II di Spagna si trova impegnato su altri fronti.