Nato a Breslau il 21 novembre 1768 e morto a Berlin il 12 febbraio 1834. Figlio di un pastore protestante, dal 1782 studia all'istituto di Herrnhut della comunità dei fratelli Moravi dove, dopo una profonda crisi che segnò il suo distacco dall'ortodossia, ottenne il permesso di studiare nell'Università di Halle. Dal 1793 al 1796 è predicatore e cappellano a Landsberg da dove si sposta a Berlin dove fu pastore riformato alla Berliner Charité. Qui stringe amicizia con Fr. Schlegel ed entra in contatto con il circolo dei romantici. In questo clima prende forma il primo scritto di Schleiermacher, pubblicato anonimo, Über die religion. Reden an die Gebildeten unter ihren Verächtern, che, a causa delle sue idee innovative, gli costa l'allontanamento da Berlin nel 1802. Dopo un periodo come cappellano a Stolp, ritorna a Halle come docente di filosofia e teologia. Ritornato a Berlin nel 1807 diventerà tre anni dopo docente di teologia nella nuova università, restandovi sino alla morte.
L'opera complessiva di Schleiermacher aveva già riscosso un notevole successo tra i suoi contemporanei, successo che si è accresciuto nel tempo sino a farlo divenire uno dei riferimenti obbligati, dell'attuale dibattito teologico, soprattutto grazie alle sue opere Dialektik e Philosophische Ethik. Ma tutta l'opera di Schleiermacher è una riflessione sul significato della teologia e dell'ecclesialità, specialmente sulle condizioni di possibilità della fede e sul significato della dottrina teologica rispetto alla fede stessa. Schleiermacher definisce la religione come organo del sentimento e dell'intuizione dell'universo. Soprattutto negli scritti giovanili, Schleiermacher, richiamando per un verso Kant e per l’altro Spinoza, considera l’intuizione dell'universo come il risultato del giudizio riflettente, kantianamente inteso come possibilità soggettiva non coincidente con un'oggettività reale, che ha in sé il senso e il gusto dell'infinito. L’intuizione si basa dunque su un sentimento di dipendenza passiva che pur non dipendendo dai dati sensibili non è comunque in grado di fondarli da sé. Si tratta dunque di una passività originaria della coscienza nel quale il ruolo attivo è svolto dall'universo, il quale, a sua volta, non deve essere inteso come un oggetto determinato ma piuttosto come il fondamento correlativo della coscienza: essa infatti non è sovrana in sé ma presuppone il suo riferimento al mondo e alla natura. Questa intuizione originaria che scaturisce dunque dal sentimento originario di appartenenza, si trasforma nell'attività più propria della coscienza che deve modellare il suo agire, come un'autentica opera d’arte al servizio dell'umanità infinita.
Qui si inserisce la dimensione propria del cristianesimo che secondo Schleiermacher rappresenta la forma più adeguata della religione infinita, non perché eserciti un primato intellettuale sulle altre ma perché la sua forma comprende la dimensione propriamente storica legata alla persona di Gesù. Questo fa si che il modello della religiosità trovi nella persona di Gesù un fondamento storico capace di abbracciare e racchiudere tutte le infinite realizzazioni storiche anche individuali della religiosità, a partire dall’intuizione dell'umanità infinita. Con questi presupposti Schleiermacher sfodera una notevole confutazione dei principali argomenti antireligiosi dell'illuminismo, criticando quello che egli considera un umanesimo decurtato perché ridotto a un puro edonismo che non dà la vera misura della persona: solo la religione rettamente intesa è umanizzante. Questa prima speculazione non ha sullo sfondo solo le problematiche aperte dal dibattito sul kantismo in Germania e la reazione romantica all’eccesso di razionalismo ma si nutre della stessa cultura religiosa pietista dove lo stesso Kant ha le sue radici spirituali. Così come il movimento pietista, Schleiermacher sviluppa la sua ansia d'infinito come esigenza di non chiudere il cristianesimo in una semplice ortodossia di natura intellettuale ma come bisogno autentico di non perdere di vista il desiderio profondo di verità che nel cristianesimo è dato dal carattere eminentemente etico del suo messaggio di comunione e apertura all’altro. Per questo egli polemizza con le costruzioni teologiche delle chiese storiche troppo spesso intente a rendere legalistica e dottrinaria l’esperienza cristiana che non può perdere di vista il suo nucleo originario vitale che è l’amore. Pertanto, in una visione radicale, non si può offrire nessuna scienza teologica della rivelazione perché la concettualizzazione teologica scaturisce dall'esperienza interiore di dipendenza del singolo da Dio. Su queste basi, Schleiermacher teorizza la riunificazione non dottrinaria delle Chiese protestanti e una maggior attenzione verso le altre religioni. Negli scritti della maturità Schleiermacher si sposta sempre più verso una focalizzazione più attenta di Cristo e della comunità ecclesiale.
La teorizzazione di questi due aspetti si ha rispettivamente nelle due opere postume Dialektik e Philosophische Ethik. Soprattutto la prima è di grande importanza teologico fondamentale perché Schleiermacher si impegna in una disamina attenta della fondazione religiosa del sapere. Partendo dal recupero del concetto platonico di dialettica, come arte di rappresentazione della verità, Schleiermacher individua in essa l'organon del sapere in stretta correlazione con la filosofia. Nella moderna trattazione della dialettica si è però inserito prepotentemente il problema dell'unità del sapere in relazione con la coscienza religiosa dell'assoluto. Si tratta della coscienza del sapere originario che guida e sviluppa il sapere stesso nel superamento dialettico dei conflitti fino all'unità. Questo superamento non è filosofico: Schleiermacher rifiutando la tesi hegeliana del punto di arrivo filosofico della dialettica considera filosofia e religione come attività complementari della dialettica. In questo modo si delinea una precisa relazione di rapporti tra filosofia e teologia: se la filosofia copre l'estensione della dialettica che resta, però, in linea di principio, più estesa e universale in virtù della sua coscienza religiosa dell'assoluto, la teologia non potrà se non svilupparsi come insieme dell'esperienza religiosa originaria messa in luce dalle caratteristiche della dialettica e della riflessione filosofica. La coscienza religiosa dell'assoluto non raggiunge mai immediatamente questa intuizione dell'infinito, anzi, essendo legata all'azione e al pensiero, essa è sempre coscienza finita. In questo modo mentre egli conferma la tesi della specificità dell'intuizione religiosa del sapere, dall'altra è ricondotto dalla polemica antihegeliana a considerare la religione come esperienza finita dell'assoluto. Infatti, il pensiero è il polo ideale del nostro rapporto col reale. Ma esiste un limite interno anche al pensiero che ne ridimensiona il ruolo, affiancandolo con la volontà e l'intuizione religiosa. Ogni pensiero, infatti, è volontà di comunicazione come ogni azione è spinta da un pensare: ogni relazione incontra dunque il suo limite che la dialettica non elimina ma riporta da altezze sempre nuove al sentimento dell'assoluto che è sia fondamento della relazione sia oggetto della conoscenza (finita) della relazione originaria. Il risvolto teologico di queste affermazioni è sviluppato in rapporto alla dimensione ecclesiale della religione e del sapere teologico. Partendo dalla coscienza cristiana del peccato e della grazia, Schleiermacher riconduce la triplice dipendenza sviluppata nella Dialettica dalla relazione ideale-reale, a partire dalla finitezza della coscienza - nell'autocoscienza dell'uomo, nella relazione col mondo e nella relazione con l'assoluto medesimo - come dipendenza ecclesiale dalla Parola (S. Scrittura), dalla tradizione confessionale e dalla dogmatica. La dogmatica in particolare diviene lo strumento di attuazione della dialettica, in quanto coscienza critica del sapere teologico confessionale. L'ipotesi è approfondita in senso epistemologico per mezzo della classificazione della teologia in filosofica, storica (ivi compresa la dogmatica) e pratica. La teologia è qui definita come il lavoro scientifico interdisciplinare che studia il cristianesimo come fatto determinato storicamente nelle sue forme.
E in questo contesto si possono inserire le considerazioni dell’Hermeneutik, altra fondamentale opera postuma che raccoglie scritti sull'argomento dal 1805 al 1833. Qui l’evoluzione del pensiero di Schleiermacher e le sue implicazioni teoretiche e teologiche si colgono piuttosto nitidamente in filigrana dietro la suggestiva riflessione sulla teoria dell’interpretazione che da sistema di regole retorico grammaticali dell'interpretazione testuale giunge con lui al piano di un’ermeneutica generale. Se il sentimento rappresentava sul piano ontologico l'organon della recezione-attivazione nella coscienza del senso dell'infinito che si esplicava mediante l’etica e la dialettica, qui l'infinito si ritrova come compito dell'interpretazione e il sentimento si ripropone come il passivo essere presi dentro l'atto interpretativo costitutivo della conoscenza che supera la dimensione propriamente intellettuale del conoscere per arretrare sino all'atto originario e sorgivo di ogni comprensione che è nel linguaggio. Ogni atto di comprensione è atto linguistico perciò ogni atto propriamente conoscitivo riflesso, in realtà presuppone il linguaggio e il suo milieu di comprensione del reale che è già dato prima di ogni atto individuale di linguaggio. In tal senso la pre-comprensione che ci costituisce e ci riferisce a un mondo linguisticamente già dato è una condizione ineludibile che richiama per analogia la passività che è presente nel sentimento dell’infinito. E nella stessa direzione va anche detto che ogni atto individuale di interpretazione è l’apertura verso un compito infinito di comprensione nell’interpretazione. Che l’ermeneutica sia un tentativo di superare anche le strettoie del rapporto fede pensiero, non rinnegando quell’istanza pietistica, ma anche della tradizione mistica patristica e medievale, che si ritrova nell’esigenza della Chiesa semper reformanda, lo dimostra il fatto del suo ritrovarsi nella prospettiva dell’Ethik. Nel riflettere sui rapporti tra natura e cultura Schleiermacher affermava che l’azione simbolica con cui la ragione plasma la natura corrisponde sul piano individuale all’azione con cui si plasma la personalità del singolo che attraverso la muta reciprocità dell’amore corrisponde all’orizzonte della dimensione ecclesiale. Un dato significativo se rapportato con l’idea ermeneutica già esposta e con l’affermazione che anche l'ermeneutica è affine all’arte in quanto essa si propone come un'intuizione del processo plastico creativo nel quale l’opera d'arte letteraria trova la sua forma. Così il processo dell'interpretazione è dato nel legame vitale che si stabilisce tra l'estetica dell’opera letteraria, oggetto dell'interpretazione, e l'estetica, ma anche etica, dell’operare creativo con cui l'interprete cerca di ricostruire il nesso vitale tra la precomprensione che accompagna il suo lavoro ermeneutico e il suo singolo atto di recezione interpretazione. Analogia piuttosto eloquente che deve far riflettere sulle implicazioni ecclesiali che l'ermeneutica così intesa possiede.
BIBLIOGRAFIA. OPERE: Über die religion. Reden an die Gebildeten unter ihren Verächtern, Berlin 1799, trad. it., Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la disprezzano, Queriniana Brescia 1989; Der Christliche Glaube nach den Grundsätzen der evangelischen Kirche im Zusammenhange dargestellt, Berlino 1821-22 redazione finale 1830-31, trad. it. in Opere scelte: La dottrina della fede, 2 voll. Paideia Brescia 1981-85; Kurze Darstellung des theologischen Studiums, ivi 1830, trad. it. Lo studio della teologia, Queriniana Brescia 1978. Le opere di Schleiermacher sono state raccolte recentemente a cura di H. J. Birkner e altri in Kritische Gesamtausgabe, Berlin/ New York 1980ss.
STUDI: G. VATTIMO, Schleiermacher filosofo dell'interpretazione, Mursia, Milano 1968; R. OSCULATI, Schleiermacher. L’uomo, il pensatore, il cristiano, Queriniana Brescia 1980; AA.VV., Schleiermacher, «Archivio di filosofia» LII (1984) 1-3; G. PENZO M. FARINA, F.D.E. Schleiermacher (1768-1834). Tra teologia e filosofia, Atti del convegno di Trento 11-13 aprile 1985, Morcelliana Brescia 1990; RINGLEBEN J., Theologenlexicon. Von den Kirchenvätern bis zur Gegenwart, München 1987 (trad. it. Lessico dei teologi, Brescia 1991, pp. 271-274, con bibl.); ZANARDO A., in M. DAL PRA (a cura di) Storia della filosofia, Milano 1975-'76, vol. IX pp. 37-41, bibl. p. 537; ABBAGNANO N., Storia della filosofia, Torino 31974, vol. III, pp. 32-42, con bibl.
FRANCESCO FRANCO