In un’ideale triade di padri dell’arte rinascimentale, accanto a Masaccio pittore e Brunelleschi architetto, Donatello è il patrono della scultura. Al pari di Leonardo e Michelangelo, fa parte d’un ristretto numero d’artisti che, pur essendo emblematici del proprio tempo, si propongono come personalità di portata universale che sfuggono a definizioni e classificazioni. In Donatello, prolifico, modesto, solitario e capace di mettersi in discussione e di rinnovarsi continuamente, prende vita una nuova figura d’artista, del tutto autonomo nella propria creatività. Grande sperimentatore, introduce importanti novità come il "rilievo stiacciato", traduzione plastica delle leggi prospettiche.
Donatello rompe decisamente con la tradizione tardogotica, privilegiando i moderni valori dell’indagine sulla realtà naturale e della riscoperta delle forme antiche.
Studioso dell’arte classica, rilancia generi perduti come il ritratto e il monumento equestre, ma senza copiare pedissequamente: grande conoscitore dell’arte classica - le cosiddette "anticaglie" — è nondimeno artista originale e innovatore che sceglie autonomamente il proprio lessico, senza ritenersi vincolato all’imitazione dei modelli classici, considerati come spunti con cui misurarsi.
Donatello gareggia con gli antichi in armonia, forza e maestà, aspirando a mostrarsi più creativo, più abile, più fantasioso e più ispirato di ogni predecessore.
Artista poliedrico, energico e severo, giocoso e solenne, plasma madonne e peccatrici, putti e santi, angeli e profeti, eroi giovinetti e accigliati condottieri, facendo di ciascun personaggio, con penetrazione psicologica pari all’abilità espressiva, un individuo compiuto e risolto nei propri caratteri. Sotto la sua mano la materia, qualsiasi materia, marmo e argilla, bronzo e legno, intona l’inno dell’arte.
Grande personalità, fiorita in coincidenza con un momento di prosperità di Firenze tra le due crisi verificatesi nella seconda metà del Trecento e alla fine del Quattrocento, Donatello sfugge alle definizioni; è artista profondamente fiorentino, campione del classicismo umanistico, eppure la sua statura e il suo influsso sono molto più ampi. È uomo del Rinascimento, ma la sua opera non si lascia racchiudere in un periodo. È scultore, ma nel suo rilievo stiacciato fonde l’arte dello scultore, del pittore e dell’architetto. Dotato di grande capacità di penetrazione psicologica, ha un approccio del tutto personale al soggetto; ogni statua occupa nello spazio il posto che solo ad essa compete, anzi, designa essa stessa il proprio spazio, imponendo la propria individualità all’osservatore.
Le opere di Donatello, specie quelle della maturità, non sono esercitazioni su temi dati, ma creazioni singolari, appartenenti all’artista più che al committente. Specie nell’ultimo periodo, Donatello lavora come in estasi, giocando con le forme, la luce, il movimento, usando la materia in modo modernissimo. Le grandi questioni intellettuali dell’arte del tempo, sollevate da Brunelleschi e Masaccio, sono certamente presenti sullo sfondo; ma la personalità di Donatello, la sua soggettività creativa, la sua capacità di mettersi in discussione, configurano un nuovo spazio e una nuova autonomia per l’artista. L’artefice domina le proprie creazioni e in esse traspare, con intensa partecipazione emotiva.
Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello, nasce a Firenze fra il 1383 e il 1386. La sua prima formazione ha luogo verosimilmente presso il cantiere dell’opera del Duomo;tra il 1402 e il 1404 si colloca il viaggio a Roma, ricordato dal Vasari, insieme a Filippo Brunelleschi, amico e collaboratore.
I due prendono misure e confrontano tecniche, ammirano la finitura dei marmi e il polimento dei bronzi, l’eleganza dei movimenti e il trattamento del nudo. Disegnano sui taccuini le antiche rovine e misurano le membra degli edifici classici, indagandone i procedimenti costruttivi.
Dopo l’apprendistato quale scultore e bronzista presso Lorenzo Ghiberti (1404-7), le prime prove di Donatello sono in legno, come il crocifisso di Santa Croce, e in marmo; il David del 1408 segna il trapasso dagli ideali ghibertiani di bellezza cortese, legati agli stilemi del gotico internazionale, a una nuova attenzione per il corpo umano che annunzia l’adesione alla cultura umanistica, attenzione confermata dal San Giovanni evangelista (1409-11), il cui complesso panneggio non mortifica la vigoria delle membra sottostanti, dal San Giorgio (1417), marziale e intensa figura di giovane in armi che testimonia la volontà di superare il gotico in nome di un ritorno all’antico, e finalmente dal Profeta Abacuc, detto lo Zuccone (1423-25), destinato con altre effigi marmoree di profeti alle nicchie del Campanile di Giotto.
Qui l’idealizzazione è del tutto scomparsa a vantaggio di una resa realistica, nella quale non manca il riferimento alle statue romane di retori.
Di particolare rilevanza nella carriera di Donatello, com’è noto, è il bassorilievo che decora la base del San Giorgio (1416-17), raffigurante il santo che lotta col drago. È evidente la connotazione pittorica dell’opera; la prospettiva brunelleschiana, marcata dal porticato a destra, conferisce spessore realistico e unitarietà all’episodio, ed è ottenuta ricorrendo alla tecnica dello stiacciato, ossia di un rilievo che presenta minime variazioni di spessore rispetto al fondo.
Nel fonte battesimale del battistero di Siena (1425-27), col famoso pannello bronzeo del Banchetto di Erode, le figure del proscenio sono fuse a bassorilievo in modo da accentuarne lo spessore drammatico, mentre lo stiacciato domina virtuosisticamente lo sfondo, in una fuga prospettica che dà grande respiro alla scena.
La creatività di Donatello, che abbandona progressivamente il marmo, raggiunge nuovi traguardi, testimoniati, dopo il San Ludovico di Tolosa (1423 ca.) in cui il corpo, pur nascosto dal panneggio, è percepibile sotto le vesti quale armoniosa struttura organica, dal David bronzeo (1430 ca.) del Bargello, commissionatogli (a quanto si dice, insieme ai tondi in stucco policromo della Sacrestia vecchia di San Lorenzo) da Cosimo de’ Medici per il palazzo di via Larga.
Il primo nudo di grandi dimensioni del Rinascimento è un raffinato capolavoro che, nel resuscitare modelli e linguaggio classici, rivela anche un acuto realismo.
L’interesse per gli antichi è confermato dal tabernacolo della cosiddetta Annunciazione Cavalcanti in Santa Croce (1433 ca.), che mostra l’allargarsi del repertorio decorativo del maestro; la scena, essenziale e come sospesa, è incorniciata in un’architettura di pura ascendenza classica, allontanandosi in modo innovativo dal linguaggio tradizionale del tabernacolo.
In questo periodo Donatello fa "compagnia" con l’architetto Michelozzo, col quale collabora alla tomba dell’antipapa Giovanni XXIII nel battistero fiorentino, alla tomba Brancacci in Sant’Angelo a Nilo a Napoli e al pulpito del Sacro Cingolo della cattedrale di Prato (1433-38).
Nella celebre cantoria (1433-39), eseguita con l’aiuto di collaboratori, fonde una molteplicità di spunti classici e medievali in un risultato di assoluta libertà creativa e compositiva, in cui si risentono gli influssi del secondo soggiorno romano degli anni 1430-33, che segna il progressivo distanziarsi dal Brunelleschi.
La fama internazionale di Donatello è dovuta alle monumentali opere realizzate nel corso del lungo soggiorno patavino (1443-1453), opere che incideranno profondamente sul corso dell’arte nell’Italia settentrionale. Il monumento equestre al condottiero Erasmo da Narni, detto il Gattamelata (1445-50), ispirato senza dubbio al Marco Aurelio capitolino, è l’ennesima conferma che Donatello non copia il passato, ma lo reinterpreta, traendone spunti, idee, soggetti.
Il monumento, di carattere non funerario, ma essenzialmente celebrativo, esalta l’individuo eroico, corrucciato e altero, ponendosi a capostipite di una serie infinita di monumenti equestri in tutto il mondo.
Le sette statue bronzee a grandezza naturale e i ventun rilievi, anch’essi in bronzo, dell’altar maggiore della Basilica del Santo (1446-1450), oltre a quello in pietra della Deposizione, concepiti originariamente entro una struttura architettonica progettata dallo stesso Donatello (distrutta nel Cinquecento e infedelmente ricostruita nel 1895), sono un capolavoro plastico e architettonico.
La solennità ieratica della Vergine, in posa frontale, si staglia fra le figure umane e concrete dei santi Francesco e Antonio. Fra i rilievi che ornano l’Altare del Santo, la Deposizione in pietra di Nanto, pur rielaborando modelli classici di sarcofaghi romani, esprime un sentimento di intensa commozione, espressa nei gesti accorati dei personaggi.
I quattro rilievi bronzei con le Storie di sant’Antonio, apice assoluto dell’arte di Donatello, piegano il rilievo, con somma abilità, alla raffigurazione di ampie masse umane (sino a 100 personaggi!) in strutture architettoniche e fondali paesaggistici senza precedenti per complessità e respiro, nei quali sembra rivivere lo spirito solenne dell’antichità.
L’ultima fase della vita creativa di Donatello, attanagliato a quanto pare da crisi depressive, si svolge prevalentemente, salvo per l’esecuzione del San Giovanni battista ligneo dei Frari e per una breve permanenza a Siena, nella natia Firenze, dove egli porta a compimento la propria parabola d’artista libero e rivoluzionario.
Drammaticità e religiosità si fondono in lavori di grande impatto emotivo. Nel Martirio di san Lorenzo, rilievo in marmo e bronzo per uno dei due pulpiti di San Lorenzo (1460-66) commissionatigli dai Medici, colpiscono la forte emotività del martirio, descritto con brutalità, e il trattamento antinaturalistico e volutamente rozzo.
La Maddalena lignea, originariamente colorata e dorata, concepita in un linguaggio nettamente anticlassico, totalmente estraneo a ogni canone di grazia e avvenenza, comunica una straziante angoscia, analogamente al San Giovanni battista bronzeo del duomo di Siena.
l gruppo di Giuditta e Oloferne (1455 ca.), concepito per la cattedrale di Siena ma acquistato in seguito dai Medici, la cui copia orna i gradini di Palazzo Vecchio (l’originale si trova invece all’interno), rispecchia l’universalità dell’ultimo Donatello, compendiando i principi formali del primo Rinascimento in un’opera statica e mossa al tempo stesso.
La morte coglie Donatello il 13 dicembre del 1466, mentre lavora ai pulpiti di San Lorenzo, che restano incompiuti.