Gli Stati baltici

Alla fine del Seicento, la Svezia dominava l’intero Mar Baltico. Il regno della corona svedese si estendeva non soltanto alla Svezia, ma anche alla Finlandia, all’Ingria, all’Estonia, alla Lettonia, comprendendo pure alcune città della Germania del nord, quali Stettino e Brema. Era un impero dai confini molto vasti, che non poteva non attirare le brame territoriali della Russia di Pietro I il Grande. La vicina e rivale Danimarca allargava invece i propri domini sulla Norvegia e sulla lontana Islanda. Al contrario della Svezia, dove frequenti per tutto il secolo furono le crisi dinastiche dovute all’assenza di eredi al trono, essa era favorita da una situazione politica stabile, che vedeva al governo il regime assolutistico della famiglia degli Oldenburg.

Carlo XII di Svezia

Carlo XII ascese al trono di Svezia nel 1697 all’età di quindici anni, trovandosi a governare uno stato assolutistico creato dal padre Carlo XI, sovrano dal 1660 al 1697. L’assolutismo monarchico svedese permise al giovane re di avviare un ambizioso progetto, che avrebbe permesso alla nazione di stabilire la propria egemonia su tutta l’Europa del Nord. Dotata di un forte esercito e di una potente flotta navale, la Svezia estendeva allora i propri domini sulla Finlandia, l’Estonia, la Lettonia e su parte della Pomerania, territori contesi tra Danimarca, Polonia e Russia. Proprio per fronteggiare il pericolo di un conflitto con questi paesi, che contavano sulla gioventù e sull’inesperienza del re, Carlo XII strinse nel gennaio 1700 un’alleanza con l’Inghilterra e le Province Unite dei Paesi Bassi, pochi mesi prima che il sovrano di Danimarca, Federico IV, invadesse le sue terre. Ebbe così inizio la guerra del Nord, conclusa soltanto dopo ventuno anni tra alterne fortune e disfatte. La pace di Nystad, che pose fine nel 1721 al conflitto, sancì irrimediabilmente la fine della grande potenza svedese, che aveva ormai perduto tutti i suoi territori esterni.

Federico I di Assia, re di Svezia

Ucciso in battaglia nel 1718, Carlo XII lasciò il trono alla sorella minore Ulrica Eleonora, moglie di Federico di Assia, la quale abdicò nel 1720 in favore del marito, che prese il nome di Federico I. Prima di essere incoronata, la regina Eleonora dovette giurare solennemente di abbandonare il regime assolutistico e di governare assieme al Parlamento, il Riksdag, secondo un sistema democratico che si conserverà fino al 1772, data del colpo di stato assolutista di Gustavo III. Federico I, fin dalla sua ascesa al trono, aveva dovuto fronteggiare una difficile politica interna: perduto il ruolo egemone sul Mare del Nord, alla monarchia assoluta la Svezia aveva sostituito un regime monarchico costituzionale-parlamentare. Il potente Consiglio di Governo, il Rad, che fino ad allora approvava in libertà ogni atto del sovrano, era stato sottoposto al controllo di una Dieta che ne nominava i membri. Nonostante le istituzioni più democratiche, la tranquillità sociale in Svezia tardava a giungere. Nel governo si erano create due opposte fazioni perennemente in lotta tra loro: gli Hattar, ovvero gli "elmi", i bellicisti, e i Mösser, i "berretti da notte", convinti pacifisti.

Gustavo III di Svezia

I gravi conflitti politici che travagliarono la Svezia nella prima metà del Settecento si accrebbero con l’ascesa al trono nel 1746 di Gustavo III, il quale cercò di avviare una serie di riforme, sulla scia di quanto avveniva nella Prussia di Federico II, suo zio materno. Le difficoltà e gli ostacoli creati dalla nobiltà, che controllava l’intero parlamento svedese, fecero sì che il sovrano attuasse, nel 1772, un vero e proprio colpo di stato, il quale emarginava dal potere i partiti politici. La Dieta poteva essere convocata soltanto su iniziativa del sovrano e i suoi ambiti di competenza erano limitati alla politica fiscale. Il re abolì inoltre ogni privilegio degli aristocratici, aprendo le carriere burocratiche anche ai ceti sociali più bassi e favorendo la crescita della proprietà privata dei contadini. Ispirato dal trattato di Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Gustavo III abolì nel paese la tortura, una pratica introdotta nell’epoca del predominio parlamentare. La vendetta della nobiltà si fece attendere, ma giunse inesorabile: il re fu infatti ucciso da un ufficiale aristocratico nel 1792.

Cristiano VII di Danimarca

Il tranquillo regno della casata degli Oldenburg, nella prima metà del Settecento, permise alla Danimarca di attraversare una fase di benessere economico che non aveva eguali nell’area del Baltico. Enormi vantaggi erano venuti alla nazione dalla vittoriosa guerra del Nord combattuta contro la Svezia, a scapito della quale erano stati conquistati territori costieri che aumentavano le entrate doganali dello stato. Nel 1766 era salito al trono il re Cristiano VII, succeduto al padre Federico V. Conclusi gli accordi territoriali con la Russia, in base ai quali Cristiano cedeva la contea di Oldenburgo, ricevendo in cambio i ducati di Schleswig e di Holstein, il sovrano non si occupò mai direttamente di politica. Uomo dal carattere debole e malato di mente, Cristiano lasciò governare il proprio medico personale, nonché amante della regina Carolina Clotilde, il conte Johann Friedrich Struensee (1737-1772). Lo Struensee approfittò della propria importanza politica per varare una serie di riforme ispirate dalla filosofia illuminista: migliorò la vita dei contadini, abolì la tortura e le corporazioni. Tuttavia, il suo riformismo incontrò la reazione dell’aristocrazia e dell’alto clero, tanto che egli stesso ne fu travolto: mentre la regina venne esiliata, egli fu accusato di complotto e condannato a morte. Le sue riforme furono portate avanti dal nuovo sovrano danese, Federico, a cui il padre Cristiano VII, ormai impossibilitato a governare, aveva lasciato il trono nel 1784.