La rifrazione è il fenomeno che si osserva quando la luce passa da un oggetto trasparente (come l'aria) ad un altro oggetto trasparente (come l'acqua).
In questi casi osserviamo che nel passaggio da un mezzo all'altro la luce viene deviata, formando un angolo.
La rifrazione è alla base del funzionamento delle lenti (diottri) e la branca dell'ottica geometrica che se ne occupa è detta diottrica.
Abbiamo reperti storici di lenti antichissime. Nell'area mediterranea, particolarmente interessanti quelle rinvenute a Creta e datate intorno al VI secolo a.C. , probabilmente usate come acciarini.
La tecnologia per creare lenti di buona qualità è molto più tarda, e bisogna aspettare il medioevo arabo perché Ibn Sahl intorno all'anno 1000 formulasse la legge corretta.
Nell'Europa moderna, la fabbricazione di lenti iniziò intorno al 1500, in particolare in Olanda. Nel 1608 in Olanda venne inventato in cannocchiale, poi perfezionato da Galileo (che così ottenere una cattedra ed un lauto stipendio dalla repubblica di Venezia) e ancora da Keplero.
Keplero pensava, erroneamente, che l'angolo di rifrazione fosse proporzionale all'angolo di incidenza (vedi figura).
Con il nostro esperimento vogliamo dimostrare che si sbagliava.
Per l'esperimento disponiamo di una lente semicilindrica su cui faremo incidere un raggio, avendo cura che passi per il centro esatto del diametro. In questo modo evitiamo di dover studiare la rifrazione del raggio all'entrata nella lente, concentrandoci solo sulla deviazione in uscita.
Infatti, quando il raggio di luce passa per il centro del diametro, entrando nella lente incide perpendicolarmente alla superficie e non viene deviato.
Viceversa, uscendo dalla lente, forma un angolo non nullo con la parte piatta della lente.
Abbiamo anche un foglio su cui sono già tracciate alcune semirette e un semicerchio su cui andrà posizionata con molta precisione la lente, fissandola con nastro biadesivo.
Usiamo una lampada che produce uno stretto fascio di luce (di larghezza stimata di 0±1 mm) , che modellizziamo con un raggio luminoso.
Ruotando il foglio su cui abbiamo incollato la lente, facciamo il modo che il raggio rifratto che esce dalla lente si sovrapponga perfettamente alle diverse semirette già disegnate sul foglio.
Per ogni raggio rifratto, segniamo un riferimento sul foglio, che ci permetterà, una volta rimossa la lente, di disegnare i diversi raggi incidenti con l'aiuto di un righello.
Misuriamo, con un goniometro di sensibilità 1°, gli angoli di incidenza e di rifrazione.
Le incertezze in queste misure sono dovute
alla sensibilità del goniometro,
alla larghezza del fascio di luce
e alle difficoltà sperimentali di disporre la lente esattamente in sede
e di far incidere il raggio esattamente nel centro.
Riportiamo le misure e le incertezze in una tabella.
Rappresentiamo in un grafico cartesiano gli angoli di incidenza e quelli di rifrazione con le relative incertezze.
La legge che vogliamo falsificare è una relazione di proporzionalità diretta, rappresentata sul piano cartesiano da una retta passante per l'origine.
Dunque per dimostrare che la legge proposta da Keplero è falsa, dobbiamo mostrare che non esiste una retta che attraversi tutti i rettangoli che rappresentano i dati sperimentali.
Notiamo comunque che per angoli non troppo grandi (inferiori a 50°) il modello di proporzionalità diretta descrive bene la rifrazione.
Tracciamo le rette di massima e minima pendenza relative agli angoli di rifrazione minori di 50° e ne calcoliamo il coefficiente angolare, cui diamo il nome di indice di rifrazione.
La semisomma e la semidifferenza dei coefficienti angolari delle rette forniscono rispettivamente l'indice di rifrazione misurato e la sua incertezza.